Cambia la legge e la pena diventa “illegale”: è d’obbligo la rideterminazione!

Nel caso di successione di leggi, come nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d. P.R. n. 309/1990, modificato dal d.l. n. 146/2013, convertito in l. n. 79/2014, è il novum normativo che deve trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 4 c.p., onde evitare l’applicazione di una sanzione divenuta illegale”, anche per i fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14725/2016, depositata l’11 aprile scorso. Il caso. All’imputato, condannato in primo e secondo grado, con sentenza del 15 febbraio 2012, per il reato di cui all’art. 73 d. P.R. n. 309/1990, per la detenzione di sostanze stupefacenti di diverso tipo, era stata, tuttavia, riconosciuta l’attenuante di cui al quinto comma, prevalente sulla contestata recidiva. Lo stesso proponeva ricorso per cassazione deducendo, in primo luogo, erronea applicazione della legge penale per avere la Corte ritenuto che la sostanza stupefacente fosse destinata ad un uso non esclusivamente personale, sulla scorta di un apprezzamento privo di consistenza probatoria in secondo luogo, invece, evidenziava l’intervenuta declaratoria di incostituzionalità della equiparazione tra droghe leggere” e pesanti”, con la conseguenza che, essendo state rinvenute sostanze rientranti in entrambe le categorie, la pena andasse, comunque, rideterminata. Uso non esclusivamente personale. La Corte, pronunciandosi in ordine a tali motivi, ha rigettato il primo, ritenendolo infondato. Invero, la Corte di merito ha correttamente valutato, ai fini della declaratoria di responsabilità penale, oltre il dato ponderale, anche la presenza di ulteriori elementi indicativi di un uso non esclusivamente personale delle sostanze capsule trasparenti, vuote o piene di sostanza stupefacente, attrezzatura per l’asciugatura della marijuana , strumenti atti alla pesatura, etc . D’altra parte, in ossequio al principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in materia di stupefacenti, la valutazione della destinazione della droga, ogni qualvolta non appaia indicativa dell’immediatezza del consumo, viene effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità solo sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione che, nel caso di specie, difetta. Pertanto, pur in presenza di un consumo massiccio di droghe da parte dell’imputato, come ritenuto dai giudici di merito, in effetti non può escludersi che una parte della sostanza sulla scorta delle modalità di presentazione e delle circostanze dell’azione fosse destinata alla cessione e costituisse il ‘volano’ per nuovi acquisti, al fine di implementare il reddito del soggetto . Illegalità” della pena. In ordine al secondo motivo, invece, la Corte ne ha dichiarato la fondatezza, essendo stata correttamente dichiarata la lieve entità del fatto. Oggi, come peraltro affermato dalla stessa Corte, la disciplina sanzionatoria di tali fatti è prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, modificato dal d. l. n. 36/2014, convertito nella l. n. 79/2014. La sanzione per tale reato è stata ulteriormente ridotta rispetto alla forbice in precedenza prevista, che andava da 1 a 5 anni di reclusione e della multa da euro 3.000 a 26.000 . Ed infatti, il nuovo” comma 5 prevede la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da euro 1.032 a 10.329. Nel caso di specie, seppure i fatti sono stati commessi sotto l’egida della vecchia previsione, la Corte ha ritenuto doversi applicare, in base al disposto di cui all’art. 2, comma 4, c.p., la nuova normativa, più favorevole per il reo, circostanza, questa, corroborata, oltre che dalla riduzione della sanzione penale, altresì dalla avvenuta reintroduzione della sostituibilità della pena principale con quella del lavoro di pubblica utilità. In definitiva, quindi, la Corte ha ritenuto che per i fatti lievi riguardanti sia droghe leggere che droghe pesanti la normativa applicabile risulta comunque essere quella prevista dalla normativa più recente che è da ritenersi più favorevole rispetto alla precedente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 febbraio – 11 aprile 2016, n. 14725 Presidente Amoresano – Relatore De Masi Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 15/2/2012, ha confermato la sentenza pronunciata, con rito abbreviato, dal G.I.P. dei Tribunale di Firenze il 4/5/2010, nei confronti di P.G., che aveva dichiarato l'imputato responsabile del reato di detenzione di differenti sostanze stupefacenti a fine di spaccio gr. 71,8 di marijuana, gr. 32 di M.D.M.A, gr. 0,3 di hashish, n. 3 piante di marijuana di altezza compresa tra m. 0,80 e m. 1,5 e, riconosciutagli l'attenuante di cui al quinto comma dell'art. 73 D.P.R. n. 309/1990, prevalente sulla contestata recidiva, lo ha condannato, con la riduzione dei rito, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.000 di multa. Avverso la sentenza il P., personalmente, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Con il primo motivo di doglianza, deduce, ai sensi dell'art. 606, c.1, lett. b , c.p.p., con riferimento all'art. 73, comma 1 bis, D.P.R. n. 309/1990, l'erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale ritenuto che la sostanza stupefacente sequestrata nell'abitazione dell'imputato fosse destinata ad un uso non esclusivamente personale, sulla scorta di un apprezzamento privo di ogni supporto probatorio, non essendo vero che la situazione reddituale fosse poco stabile, disponendo ìl P. di un lavoro presso una ditta di pelletteria, come la coimputata M.V., quest'ultima assolta per non aver commesso il fatto. Evidenzia altresì che il quantitativo di marijuana e di hashish è assolutamente minimo, considerate le soglie di cui alla Tabella ministeriale, e quindi che il numero di pasticche di M.D.M.A. ben poteva essere utilizzato nel tempo dal solo imputato. Con il secondo motivo di doglianza, deduce, con riferimento ali' intervenuta pronuncia di incostituzionalità dell'equiparazione legislativa tra sostanze stupefacenti c.d. leggere e pesanti , che a seguito della sentenza dei 25 febbraio 2014 n. 32 della Corte Costituzionale sono tornate a ricevere applicazione l'art. 73 dei citato D.P.R. e le relative Tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche di cui alle disposizioni impugnate e che, stante la natura dello stupefacente oggetto dei sequestro, che comprende anche droghe leggere , e l'avvenuto calcolo della pena finale inflitta, con riferimento invece alla pena edittale prevista per quelle pesanti reclusione da sei a 20 anni , si impone comunque la rideterminazione dei trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato. I Giudici di merito segnalano, oltre alla quantità della marijuana e dell' hashish, la presenza di sostanze stupefacenti di tipo diverso, di capsule trasparenti, vuote o piene di sostanza dei tipo MDMA, l'attrezzatura per l'asciugatura della marijuana, di strumenti atti alla pesatura la bilancia di precisione , tutti elementi che ben possono, unitamente ad un peso superiore al limite tabellare, escludi in maniera logica che lo stupefacente potesse essere destinato all'uso personale. In tal modo hanno dimostrato di aver fatto buon governo dei principio più volte affermato da questa Corte di legittimità secondo cui, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza dei consumo, viene effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive dei fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Rv. 241604 . E' ben vero infatti che il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l'eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73bis, comma 1, lett. a - non determina alcuna presunzione, nemmeno relativa, di destinazione della droga ad un uso non personale, potendo essere considerato un mero indizio Sez. 6, n. 39977 del 19/9/2013, Rv. 256611, Sez. 6 n. 12146 dei 12/2./2009, Rv. 242923, Sez. 6 n. 6575 del 10/1/2013, Rv. 254575 , ma ciò non di meno dal dato ponderale può, comunque, essere enucleato il numero di dosi ricavabili dallo stupefacente rinvenuto, anche se non già frazionato e certamente maggiore sarà tale numero, meno credibile sarà che si sia di fronte ad una scorta per uso personale , ed il giudice è comunque chiamato a valutare globalmente, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se, in uno con il dato quantitativo, le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione. Con una motivazione logica e congrua, immune pertanto dai denunciati vizi di legittimità, i Giudici dei gravame, che concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della sentenza con il Giudice di primo grado, danno conto anche del perché le spiegazioni in ordine alla disponibilità di adeguati mezzi economici da parte dell'imputato, in quanto dipendente di una pelletteria in Scandicci, per procedere all'acquisto di siffatte quantità di droga ad uso esclusivamente personale, appaiono inverosimili, tenuto conto dell'organizzazione dell'attività criminosa in forma imprenditoriale volta evidentemente ad implementare il già esistente reddito dei soggetto. È pacifico che nell'ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione ex multis, Sez. 3, n. 44418 del 4/11/2013 . Ebbene, anche il Tribunale di Firenze ha puntualmente precisato le ragioni per cui il consumo massiccio di droghe da parte dei P. non poteva comunque escludere che una parte di sostanza stupefacente fosse destinata alla cessione e costituisse il volano per nuovi acquisti, al fine di implementare il reddito del soggetto. Il secondo motivo di doglianza, che attiene alla dedotta sopravvenuta illegalità della pena, è fondato. Risulta che il fatto è stato ritenuto di lieve entità e la relativa disciplina sanzionatoria è rinvenibile ora nel disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, come da ultimo modificato dal D.L. n. 36 del 2014, convertito dalla L. n. 79 del 2014. La sanzione è stata ulteriormente ridotta, rispetto al precedente intervento realizzato con il D.L. n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 dei 2014 intervento con cui, peraltro, l'ipotesi attenuata era stata trasformata in un reato autonomo dalle pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da Euro 3.000 a Euro 26.000, si passa alle pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da Euro 1032 a Euro 10.329. Si tratta, a ben vedere, della stessa pena prevista per i fatti lievi riguardanti droghe leggere tabelle 2^ e 4^ già prevista nell'art. 73, comma 5 prima delle modifiche introdotte dalla Legge Fini Giovanardi. È il novum normativo più favorevole che deve trovare applicazione, ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 4, onde evitare l'applicazione di una sanzione divenuta illegale , anche per i fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile. In questa prospettiva, non è dubbio che sia il testo attuale quello più favorevole rispetto alle discipline previgenti. Ciò vuoi perché la natura di reato autonomo sottrae oggi la norma al bilanciamento con eventuali circostanze aggravanti, vuoi per il computo dei termini di custodia cautelare, vuoi per il computo della prescrizione, vuoi, soprattutto, sotto il profilo sanzionatorio le pene, già ridotte, con il D.L. n. 146 dei 2013, convertito nella L. n. 10 del 2014, sono state ulteriormente abbassate e sono decisamente più favorevoli a quelle previste dalla Fini-Giovanardi e dallo stesso D.P.R. n. 309 del 1990, nel testo originario, relativamente alle pene ivi previste per le droghe pesanti . Tra l'altro, l'avvenuta reintroduzione della sostituibilità della pena principale con quella del lavoro di pubblica utilità prevista dalla L. n. 49 del 2006, ma inopinatamente dimenticata nel D.L. n. 146 del 2013, convertito nella L. n. 10 del 2014 è ulteriore argomento a supporto del fatto che la normativa più favorevole in ' concreto è quella ora introdotta. In definitiva, è da ritenere che norma più favorevole non possa che essere, sia per i fatti lievi riguardanti droghe pesanti, che per i fatti lievi riguardanti droghe leggere, quella introdotta con la normativa di cui al D.L. n. 36 del 2014, convertito dalla L. n. 79 del 2014, sensibilmente più contenuta rispetto a quelle che nel tempo si sono susseguite. Si impone quindi l'annullamento con rinvio il giudice di appello, fermo il giudizio di responsabilità, per quanto detto, dovrà provvedere a rideterminare la pena. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.