La tenuità del fatto nel giudizio di legittimità

La Corte di Cassazione affronta il tema della compatibilità tra la natura del giudizio di legittimità ed il riconoscimento, avanti la Suprema Corte, della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto. Ciò affermando la natura sostanziale dell’istituto.

In questo senso la sentenza n. 13738/2016, depositata il 6 aprile scorso. Il ricorso. L’impugnazione alla base della pronuncia commentata riguarda una sentenza della Corte d’appello di Palermo del 2014, emessa a conferma di una condanna del 2012 del Tribunale del capoluogo siciliano, per il reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. d della l. n. 218/2010, in materia di trasporto e smaltimento di rifiuti. I ricorrenti richiedevano - tra l’altro - l’applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in considerazione del fatto che l’istituto fosse sopravvenuto sia al giudizio di primo grado che a quello d’appello. La particolare tenuità del fatto. La natura sostanziale dell’istituto. La pronuncia esaminata, ponendosi nel solco di altre sentenze della Suprema Corte tra le altre, Sez. III n. 38380 del 15 luglio 2015 , afferma la natura sostanziale dell’istituto. Quest’ultimo risulta, dunque, applicabile retroattivamente ex art. 2, comma 4, c.p. quale norma penale di favore e non è invece assoggettata al principio tempus regit actum valevole per le regole processuali. Conseguentemente l’applicazione della normativa sopravvenuta può essere applicata anche d’ufficio, in sede di giudizio di legittimità ex art. 609, comma 2, c.p.p L’esigenza di non tradire la natura del giudizio di legittimità. Quanto appena affermato richiede però un adeguamento alla fisionomia del giudizio della Corte di Cassazione, che, com’è noto, è limitato alle questioni prettamente giuridiche. Gli estremi che integrano la fattispecie della causa di esclusione di punibilità devono emergere quindi ‘neutralmente’ dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata. Il vaglio sulla non astratta incompatibilità dell’istituto. La Corte conclude quindi molto prudentemente, affermando come l’apprezzamento non può che essere limitato ad un vaglio di astratta non incompatibilità dei tratti della fattispecie [della particolare tenuità del fatto], come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici indicati dalla novella [] . La sentenza della Corte di Cassazione torna quindi a confermare la natura del giudizio di legittimità quale vaglio sulla tenuta giuridica dell’ iter motivazionale delle sentenze di merito. Tant’è che - anche sul punto della tenuità del fatto - per definizione ancorato a valutazioni concrete-fattuali, la stessa può pronunciarsi nel senso dell’annullamento con rinvio al giudice di merito. Non sorprende, dunque, come la Suprema Corte scrutinando la fondatezza dell’applicazione del diritto oggettivo giunga – indirettamente – a fornire indicazioni sulla valutazione del fatto concreto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 gennaio – 6 aprile 2016, numero 13738 Presidente Ramacci – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. D.F.A. e G.G. hanno proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte d’Appello di Palermo di conferma della sentenza del Tribunale di Palermo in data 30/1/2012 di condanna per il reato di cui all’articolo 6, comma 1, lett. d , della l. numero 210 del 2008 per avere, in concorso tra loro, trasportato, in mancanza di autorizzazione, su autocarro Piaggio Porter rifiuti speciali costituiti da una massa di fil di ferro di circa 4 metri cubi. 2. Lamentano con un primo motivo la violazione dell’articolo 6 della l. numero 210 del 2008 in relazione all’articolo 5, comma 1, della l.numero 225 del 1992 e al d. P. C. M. del 09/07/2010 nonché omessa insufficiente o illogica motivazione in relazione alla vigenza dello stato di emergenza all’epoca dei fatti 23/06/2011 , in realtà prorogato solo fino al 31/12/2010 né potrebbe rilevare il d.P.C.M. del 09/07/2010 con cui si è dichiarato fino al 31/12/2012 lo stato di emergenza in in materia di gestione e non di smaltimento dei rifiuti mentre, al contrario, i due precedenti decreti ovvero sia il d.P.C.M. del 16/01/2009 sia il d.P.C.M. del 13/01/2010 avevano decretato lo stato di emergenza proprio per lo smaltimento dei rifiuti e non per la loro gestione. Lamentano quindi che la Corte d’Appello abbia ritenuto che il d.P.C.M. del 09/07/2010 sia stato emanato ai sensi dell’articolo 5 l. numero 225 del 1992 senza considerare che ai fini dell’articolo 6 cit. è necessaria la preventiva dichiarazione ex lege numero 225 del 1992, dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. 3. Con un secondo motivo D.F. lamenta l’inosservanza dell’articolo 6 del d.l. numero 172 del 2008 in relazione all’articolo 256, comma 5, del d.lgs. numero 152 del 2006 e la mancanza di motivazione in ordine alla prova delle intervenuta decadenza del diritto all’esercizio del commercio ambulante di rottami metallici posto che lo stesso era in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie per lo svolgimento dell’attività di commercio ambulante di rottami ferrosi segnatamente denuncia di inizio attività inoltrata al S.u.a.p. di Palermo il 23/06/2010 e non essendo applicabile, in forza di quanto previsto dall’articolo 226, comma 5, del d.l. numero 152 del 2006, allo svolgimento di attività in forma ambulante limitatamente ai rifiuti oggetto del commercio, la disposizione dell’articolo 212 che richiede l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali. La Corte territoriale ha tuttavia ritenuto essere l’imputato decaduto dal diritto all’esercizio del commercio in forza di determina dirigenziale del 15/03/2011 in realtà mai notificatagli contrariamente a quanto attestato da nota del Comune di Palermo del 12/10/2011. In tal modo, non risultando alcuna prova materiale di detta notifica, la Corte ha però invertito, sulla base della sola nota in questione, l’onere della prova della notifica. 4. Con un terzo motivo lamentano l’inosservanza dell’articolo 6 cit. in relazione all’articolo 240 c.p. e la mancanza di motivazione avendo la Corte territoriale proceduto alla confisca e alla vendita dell’autocarro, già dissequestrato, nonostante la sua appartenenza ad un terzo estraneo al reato, ritenendo la misura obbligatoria, in tal modo tuttavia violando il principio di prevalenza del diritto di proprietà del terzo estraneo. Considerato in diritto 5. Il primo motivo, caratterizzato in ogni caso da censura riguardante violazione di legge, è infondato. Va rammentato che la dichiarazione di stato di emergenza in materia di smaltimento dei rifiuti con riferimento al territorio della provincia di Palermo ha trovato una prima consacrazione, dapprima, con il d.P.C.M. del 16/01/2009 nel quale, infatti, si prevedeva la dichiarazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, numero 225, fino al 31 dicembre 2009 dello stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nella provincia di Palermo e, successivamente, con il d.P.C.M. del 13/01/2010, che, sempre all’articolo 1, prevedeva, sempre ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, numero 225 , la proroga, fino al 31 dicembre 2010, dello stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti urbani nella provincia di Palermo . Successivamente ancora, con d.P.C.M. del 09/07/2010, all’articolo 1, si è prevista, sempre ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, numero 225 , la dichiarazione fino al 31 dicembre 2012 dello stato di emergenza in materia di gestione dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi nel territorio della regione Siciliana . Ciò posto, la Corte d’Appello, per confutare il ragionamento dei ricorrenti secondo cui l’ultimo decreto tra quelli appena menzionati avrebbe decretato lo stato di emergenza relativamente alla sola gestione e non anche allo smaltimento dei rifiuti il che condurrebbe, secondo tale prospettazione, a far ritenere penalmente lecita la condotta contestata , ha affermato che il riferimento all’articolo 5 della legge numero 225 del 1992 sarebbe di per sé indicativo del fatto che nella regione siciliana vigeva invece tale stato senza considerare, tuttavia, la irrilevanza, a tali fini, di un detto richiamo, di per sé unicamente espressivo della possibilità che il Consiglio dei Ministri, al verificarsi degli eventi di cui all’articolo 2, comma 1, lett. c della medesima L. numero 225 del 1992, deliberi lo stato di emergenza fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale come appunto contemplato dall’articolo 5 della stessa legge . Ciononostante, l’assunto del ricorrente, valutabile direttamente da questa Corte indipendentemente dalla inconferenza della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi, come già detto, di censura deducente violazione di legge cfr., Sez. 2, numero 3706 del 21/01/2009, p.c. in proc. Haggag, Rv. 242634 , è ugualmente infondato. Va infatti ribadito che lo stato di emergenza in materia di rifiuti, la cui dichiarazione legittima il ricorso ai mezzi e poteri straordinari previsti dalla I. 24 febbraio 1992, numero 225, riguarda tutte le attività connesse alla gestione dei rifiuti, ivi inclusa l’attività di smaltimento Sez. 3, numero 25049 del 25/05/2011, Geraci, Rv. 250619 , sicché la circostanza che il d.P.C.M. del 9 luglio 2010, in vigore sino al 31 dicembre 2012, abbia riferito, a differenza dei decreti precedenti, lo stato di emergenza dichiarato, letteralmente, alla gestione dei rifiuti, non può intendersi espressione della volontà di escludere da detta dichiarazione lo smaltimento dei rifiuti stessi. Ed invero l’espressione gestione dei rifiuti ha un significato sicuramente più ampio e comprensivo di quella di smaltimento , atteso che all’articolo 183, comma 1, lett. n , vigente al momento del fatto, nella gestione dei rifiuti il legislatore ha espressamente ricompreso la raccolta, il trasposto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti e tale definizione è stata mantenuta anche successivamente alle modifiche attuate con la legge numero 116 del 2014, di conversione del d.l. numero 91 del 2014 . Le medesime attività comprese nel concetto di gestione dei rifiuti sono, poi, analogamente specificate nel D.L. numero 172 del 2008, articolo 6, comma 1, lett. d , convertito, con modificazioni nella L. numero 210 del 2008. 6. Anche il secondo motivo è infondato la Corte ha correttamente desunto l’intervenuta decadenza di D.F. dal diritto all’esercizio del commercio dal contenuto della determinazione dirigenziale del 15/03/2011, determinazione che la stessa Corte ha ritenuto notificata all’interessato in forza della nota del 12/10/2011 del Comune di Palermo agli atti né vale l’obiezione del ricorrente secondo cui una detta nota sarebbe insufficiente a fronte della necessità della materiale sussistenza in atti della documentazione comprovante l’iter notificatorio atteso che nella specie non di notificazione ritualmente intesa si è trattato ma di mera comunicazione conseguentemente evincibile anche sulla base della predetta nota proveniente dalla autorità amministrativa e sulla cui attendibilità o veridicità nulla viene detto in ricorso. 7. Il terzo motivo è manifestamente infondato atteso che la sentenza impugnata ha correttamente posto in rilievo la mancanza di legittimazione a richiedere la revoca della confisca obbligatoria del veicolo utilizzato per il trasporto sul presupposto dell’appartenenza del bene a terzo spetta infatti a quest’ultimo, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell’illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati come affermato da questa Corte in più occasioni, l’onere di provare la sua buona fede, ovvero che l’uso illecito della res gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente da ultimo, Sez. 3, numero 18515 del 16/01/2015, Ruggeri, Rv. 263772 . 8. È infine manifestamente infondata la richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità del reato per particolare tenuità del fatto formulata oralmente all’odierna udienza per conto di G.G. . Va ricordato che questa Corte ha anzitutto reiteratamente affermato che il nuovo istituto in questione è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, numero 28, stante la sua natura sostanziale e la natura di norma di favore come tale applicabile retroattivamente ex articolo 2, comma 4, c.p., e che le condizioni di applicabilità delle nuove norme ben possono essere astrattamente valutate anche di ufficio ex articolo 609, comma 2, c.p.p. essendo la questione in precedenza non deducibile dalla Corte di cassazione nel giudizio di legittimità sulla base di quanto emergente dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata con conseguente annullamento della sentenza con rinvio al giudice di merito in caso di valutazione positiva tra le altre, Sez. 3, numero 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo e altro, Rv. 264795 Sez. 4, numero 22381 del 17/04/2015, Mauri, Rv. 263496 Sez. 3, numero 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308 . Si è poi precisato che la astratta verifica, da parte della Corte, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto non può che avvenire alla stregua degli indici-criteri delineati dallo stesso articolo 131 bis cit., laddove, accanto a specifici limiti di pena potendo l’applicazione riguardare infatti i soli reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena , è stata indicata la particolare tenuità dell’offesa, articolata, a sua volta secondo la definizione della relazione al provvedimento , in due indici-requisiti , quali, da un lato, la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133, comma 1, c.p. natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato e intensità del dolo o grado della colpa e, dall’altro, la non abitualità del comportamento. Solo in tali casi, dunque, si è aggiunto, si potrebbe considerare il fatto di particolare tenuità sì da condurre, conseguentemente, ad esclusione della punibilità. Va infine precisato che in ragione della necessità di conciliare la possibilità di rilevazione della particolare tenuità del fatto anche nella presente sede con la fisiologia del giudizio di legittimità, che preclude a questa Corte di esprimere, come noto, valutazioni in fatto, spettanti al solo giudice di merito, l’apprezzamento della Corte non può che essere limitato ad un vaglio di astratta non incompatibilità dei tratti della fattispecie, come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici criteri e gli indici - requisiti indicati dalla novella e appena sopra menzionati. Ora, tuttavia, nella specie risulta che nei confronti del ricorrente è stata irrogata dal Tribunale una pena base pari ad anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 21.000 di multa, ovvero una sanzione, in particolare detentiva, pari al triplo del minimo edittale previsto indicativa della esclusione, quanto al fatto posto in essere, dei tratti, desunti dai criteri normativi più sopra illustrati, di particolare tenuità, avendo tra l’altro la sentenza di primo grado sottolineato, con un riferimento senza dubbio attinente alla modalità della condotta, il tentativo degli imputati di indurre in errore gli accertatori circa la perdurante validità della documentazione amministrativa portata con loro durante il trasporto. 9. Il ricorso degli imputati va conseguentemente rigettato con condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.