Se muore il difensore domiciliatario la notifica deve essere effettuata direttamente all’imputato

Nell’evenienza della morte del difensore di fiducia presso cui è stato eletto o dichiarato domicilio, cui consegue la designazione di un difensore d’ufficio ai sensi dell’articolo 97 c.p.p., qualora non vi è prova agli atti della conoscenza da parte dell’imputato dell’evento infausto, la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio deve essere eseguita ai sensi degli articolo 157 e 159 c.p.p. e non nelle modalità di cui all’articolo 161, quarto comma, ultimo periodo, c.p.p

Così ha statuito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 13417/2016, depositata il 4 aprile u.s., pronunciandosi in tema di notificazioni con connesse problematiche relative all’elezione di domicilio da parte dell’imputato. Il caso. Nella specie, la Corte d’appello di Torino con sentenza del 19 dicembre 2014, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal gup territoriale a seguito di rito abbreviato, emetteva provvedimento di condanna nei confronti di due soggetti accusati di una serie di reati gravi diminuendo, tuttavia, il trattamento sanzionatorio comminato in primo grado previa riqualificazione di alcune fattispecie delittuose. La peculiarità della fattispecie in disamina è da rapportare al principio del giudizio d’appello, allorquando veniva accertata la morte del difensore di fiducia degli imputati, eletto anche domiciliatario. Nell’occasione, il Collegio giudicante decideva di disporre la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio nei confronti dei due soggetti presso lo studio del difensore d’ufficio, all’uopo designato ai sensi dell’articolo 97 comma 4 c.p.p., secondo le modalità contemplate dall’articolo 161, comma 4, ultimo periodo c.p.p Avverso siffatto provvedimento ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, i cui difensori eccepiscono violazione di legge con riferimento agli articolo 157, 161, 162, 163, 174, 171, 601 c.p.p., nonché la nullità della sentenza ai sensi degli articolo 178, lett.c e 179 c.p.p., a causa delle modalità di rinnovazione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, in quanto avvenuta ai sensi dell’articolo 161, comma 4, c.p.p., direttamente presso il difensore d’ufficio nominato dalla Corte d’appello in ragione dell’acclarata morte dell’originario difensore di fiducia. Impossibilità della notificazione. Secondo i Giudici della Sesta sezione della Corte di legittimità le doglianze difensive vanno accolte per ragioni ben evidenti. Inconfutabile è l’avvenuta deduzione in appello della mancata conoscenza da parte dei prevenuti del decesso del proprio difensore. Ciò posto, in relazione alle preesistenti disposizioni del codice di rito, nell’ipotesi appena contemplata ricorre un evidente ipotesi di impossibilità della notificazione, sopravvenuta a causa della morte del domiciliatario. L’impossibilità deriva da una situazione oggettivamente impeditiva, non ricollegabile al comportamento del destinatario della notificazione, sicchè, qualora non risulti dagli atti, né sia altrimenti desumibile, la circostanza che l’imputato sia venuto a conoscenza della morte del suo difensore di fiducia preso il quale aveva eletto domicilio, non è applicabile la norma di cui all’articolo 161, comma 4, c.p.p., bensì deve procedersi secondo le forme di cui agli articolo 157 e 159 c.p.p., non potendosi ritenere che l’imputato sia stato nell’effettiva condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto come domicilio. Per tali motivi, la sentenza della Corte d’appello viene cassata con rinvio ad altra sezione per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 marzo – 4 aprile 2016, n. 13417 Presidente Citterio – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. B.C. e F.M. hanno personalmente proposto, con separati atti, ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino del 19 dicembre 2014 che, in parziale riforma della sentenza pronunciata all’esito di giudizio abbreviato dal G.u.p. presso il Tribunale di Torino in data 11 novembre 2008, ha rispettivamente ridotto nei loro confronti a mesi otto di reclusione la pena per i residui reati di resistenza aggravata e truffa di cui ai capi C e D il primo e a mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il reato di truffa di cui al capo N il secondo , confermando nel resto la sentenza impugnata. Entrambi i ricorrenti hanno dedotto violazioni di legge con riferimento agli articolo 157, 161, 162, 163, 174, 171, 601 cod. proc. pen., e la nullità della sentenza ai sensi degli articolo 178, lett. c e 179 cod. proc. pen., a causa delle modalità di rinnovazione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, poiché avvenuta, ai sensi dell’art. 161, quarto comma, cod. proc. pen., direttamente presso il difensore d’ufficio nominato a seguito del decesso dell’originario difensore di fiducia nonché domiciliatario dei ricorrenti , anziché secondo le modalità previste dall’art. 157 cod. proc. pen 2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d’appello, che in riforma della stessa sentenza di primo grado rideterminava la pena in mesi dieci, giorni venti di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reato di truffa contestato sub A , così riqualificata l’originaria imputazione di estorsione, e per quello di tentata truffa ascrittogli sub B , ha personalmente proposto ricorso per cassazione B.R. , deducendo violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento al mancato rispetto dei criteri normativi per la determinazione del trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto 1. I ricorsi di B.C. e F.M. sono fondati e vanno accolti per le ragioni di seguito indicate. È pacifica la circostanza della rituale deduzione in appello della mancata conoscenza dell’evento morte del difensore di fiducia, già domiciliatario dei predetti ricorrenti, cui ha fatto seguito la nomina di un difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 97, primo comma, cod. proc. pen., con la rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudizio direttamente presso lo studio di quest’ultimo ai sensi dell’art. 161, quarto comma, cod. proc. pen Ciò posto, deve rilevarsi come, nell’evenienza procedimentale ora considerata, ricorra una evidente ipotesi di impossibilità di notificazione sopravvenuta all’elezione del domicilio a causa della morte del domiciliatario v., in relazione al previgente codice di rito, Sez. 6, n. 10495 del 03/07/1987, dep. 08/10/1987, Rv. 176818 . L’impossibilità deriva da una situazione oggettivamente impeditiva, non ricollegabile al comportamento del destinatario della notificazione, sicché, qualora non risulti dagli atti, né sia altrimenti desumibile, la circostanza che l’imputato sia venuto a conoscenza della morte del suo difensore di fiducia, presso il quale aveva eletto domicilio, non è applicabile la norma di cui all’art. 161, quarto comma, primo periodo, cod. proc. pen., ma devono ritenersi applicabili le diverse disposizioni degli articolo 157 e 159 cod. proc. pen., non potendosi ritenere che l’imputato sia stato nella effettiva condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto arg. ex art. 161, quarto comma, ultimo periodo, cod. proc. pen. . L’evenienza procedimentale qui presa in esame differisce, pertanto, dalla situazione che ha costituito oggetto di altro precedente di questa Suprema Corte Sez. 4, n. 34377 del 13/07/2011, dep. 20/09/2011, Rv. 251114 , che, in un caso in cui gli imputati avevano eletto domicilio presso uno dei due difensori di fiducia, ha ritenuto legittima la notificazione effettuata, a seguito del decesso di quest’ultimo, mediante consegna dell’atto al secondo difensore di fiducia, rivestendo, in tal caso, il professionista non già la veste di domiciliatario, bensì quella di semplice consegnatario, e dovendosi ragionevolmente presumere che, nella specie, gli imputati ne avessero avuto immediatamente conoscenza, tenuto conto che il domiciliatario era anche uno dei due difensori di fiducia. Non condivisibile, tuttavia, deve ritenersi, con specifico riferimento alle implicazioni sottese alla peculiarità del caso qui esaminato, un passaggio argomentativo delineato nella motivazione della pronuncia ora menzionata, in cui si ritiene irrilevante la circostanza relativa alla conoscenza o meno dell’avvenuto decesso del domiciliatario, poiché di fronte ad una situazione di oggettiva impossibilità di notificazione degli atti al domicilio eletto, a causa della morte del difensore inizialmente domiciliatario, non è possibile ritenere che automaticamente conservi la sua validità una precedente dichiarazione di domicilio, effettuata dall’imputato in presenza di presupposti, oggettivi e soggettivi, del tutto diversi. Entro tale prospettiva, inoltre, è agevole rilevare come, nel caso in esame, non emergano dagli atti alcuna prova, né l’espletamento di alcun tipo di accertamento, in merito alla circostanza che i destinatari fossero a conoscenza della morte del proprio difensore domiciliatario e che, pertanto, essi fossero in grado di ottemperare all’onere di comunicazione di un nuovo domicilio dichiarato o eletto. 2. S’impone, dunque, limitatamente alle posizioni di B.C. e F.M. , l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza, per un nuovo giudizio che dovrà porre rimedio al vizio sopra indicato, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede stabiliti. 3. Inammissibile, di contro, deve ritenersi il ricorso di B.R. , poiché solo genericamente formulato ed orientato non a rilevare mancanze argomentative, ovvero illogicità ictu oculi percepibili, nelle modalità di determinazione del trattamento sanzionatorio, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative al riguardo compiutamente giustificate dai Giudici di merito, ed in questa Sede sotto nessun profilo sindacabili, avendo essi linearmente dato conto, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dall’art. 133 cod. pen., delle ragioni poste a fondamento della dosimetria della pena, considerate anche le implicazioni sottese alla riconosciuta recidiva reiterata e specifica. 4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso di B.R. deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro millecinquecento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata quanto a B.C. e F.M. e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino per nuovo giudizio. Dichiara inammissibile il ricorso di B.R. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.