Accertamento di responsabilità nel sinistro stradale: i criteri in sede civile e penale sono differenti

Nel procedere alla verifica della sussistenza dei profili di ascrivibilità colposa dell'imputato in un processo penale non possono applicarsi i criteri di presunzione di colpa sanciti dall'ordinamento a fini esclusivamente civilistici. Né il giudice può in sentenza travalicare i confini del factum cristallizzato nel reato contestato all'imputato.

E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione, sez. IV Penale, con la sentenza n. 13136/2016, depositata il 1° aprile. La sentenza di condanna e le motivazioni sottese. Un ufficio del giudice di pace aveva condannato l'imputato al pagamento della pena di euro 400 di multa per aver commesso il reato ex art 590 c.p Il decisum si basava sull'addebito, in capo a costui, di una corresponsabilità nell'investimento di un pedone. In particolare, si contestava all'imputato, che all'epoca dei fatti si trovava alla guida di un motoveicolo, di aver sorpassato la colonna di vetture, che lo precedevano nel medesimo senso di marcia, transitando sul lato sinistro della fila e di aver urtato, così, con lo specchietto retrovisore un pedone che stava attraversando la sede stradale. La donna, rovinata a terra, riportava lesioni personali dalle quali prendeva le mosse il processo penale de quo . Il punctum dolens. Il giudicante, nel pronunciare la condanna, rilevava che la condotta posta in essere dal motociclista aveva violato diverse norme, tra cui l'art. 191, comma 2, del cds, per non aver effettuato alcuna manovra di emergenza di fronte all'ostacolo rappresentato dal pedone in fase di attraversamento stradale mentre, al contrario, la normativa prevede che ai conducenti è fatto obbligo di garantire ai pedoni, che abbiano già iniziato l'attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza. Nonché l'art. 141 del cds che prescrive di regolare la velocità alle condizioni della strada e del traffico. Ed, infine, contestava anche la violazione dell'art. 148, commi 2 e 15, del cds, afferenti alle modalità di esecuzione ed alle precauzioni da assumere in caso di effettuazione di un sorpasso. Nella valutazione della vicenda concreta, il giudice riconosceva parimenti, in capo alla pedone, una corresponsabilità per aver attraversato di corsa la strada finendo per urtare lateralmente la moto che sopraggiungeva. I principi di diritto violati. La Cassazione ha osservato che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che la presunzione di colpa a carico di entrambi i conducenti di veicolo a motore coinvolti in un incidente stradale ex art. 2054 c.c. non può trovare applicazione in sede penale ma ha la funzione sussidiaria soltanto ai fini civilistici. Essa infatti è operante solo allorquando non sia possibile accertare in concreto le singole responsabilità. Pertanto, emergeva ictu oculi dalla sentenza impugnata che il giudice di pace, nel procedere alla verifica dell'esistenza di colpa nella condotta dell'imputato, aveva erroneamente fatto espresso riferimento alla presunzione di colpa sancita dalla normativa civilistica, facendo discendere da tale presupposto la condanna del reo. Per questo motivo la sentenza è stata annullata con rinvio. Le differenze rilevabili nell'accertamento delle responsabilità, in sede civile e penale, dipendono dalle diversità strutturali e funzionali dei due rami dell'ordinamento. Ad esempio, per la diversa loro funzione che è di tipo reintegratoria-risarcitoria nel diritto civile mentre risulta essere general o special-preventiva in sede penale. Ed ancora mentre la responsabilità penale deve essere qualificata e verificata sulla scorta di norme tipiche non così avviene nel processo civile, nel quale vengono richiamate anche norme atipiche, come l'art. 2043 c.c Inoltre, mentre al centro della responsabilità civile vi è il danneggiato sotto le luci del riflettore, nel diritto penale, vi è il reo. Tanto brevemente riassunto, senza voler approfondire l'argomento relativo alla causalità che, pur essendo certamente la medesima, soggiace però nei due eventuali processi a regole probatorie notevolmente differenti, potendo nel giudizio civile essere accertato anche sulla base di presunzioni. Circostanza assolutamente impossibile e vietata nel processo penale. Ma nel caso di specie esisteva, ad opera della sentenza impugnata, anche la violazione di un altro principio di diritto e, precisamente, del principio di necessaria correlazione tra la accusa contestata -oggetto del potere del pm - e la decisione giurisdizionale - oggetto del potere del giudice -. Tale ulteriore motivo, ritenuto anche esso assorbente rispetto a tutti quelli eccepiti dal ricorrente, viene contestato dalla Cassazione, per completezza argomentativa, al giudicante di prime cure. Gli Ermellini rammentano che gli artt. 521 e 522 c.p.p. hanno lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell'accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell'imputato. Le citate norme rispondono all'esigenza di evitare che l'imputato sia condannato per un fatto, da leggere come 'episodio di vita umana', rispetto al quale non abbia potuto difendersi. In tale ambito ricostruttivo si è chiarito che sussiste il mutamento del fatto quando la fattispecie concreta, nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, subisca una trasformazione radicale nei suoi tratti essenziali tanto da realizzare una incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa. Ebbene, nel caso di specie il giudice di pace aveva ascritto all'imputato profili di colpa specifica che erano del tutto estranei al contenuto dell'addebito per come scolpito nel capo di imputazione dal pubblico ministero.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 marzo – 1 aprile 2016, n. 13136 Presidente D’Isa – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di Pace di Mantova, con sentenza in data 01.04.2014, dichiarava R.M. colpevole del reato di cui all’art. 590 cod. pen. e lo condannava alla pena di Euro 400,00 di multa. Al prevenuto si addebita, alla guida del motociclo Suzuki GSR 600, di aver sorpassato la colonna di veicoli che lo precedevano, nel medesimo senso di marcia, transitando sul lato sinistro della fila e mantenendosi all’interno della propria carreggiata, di avere urtato con lo specchietto retrovisore D.V. che, a piedi, stava attraversando la sede stradale, così da fare rovinare a terra la predetta che, nell’occorso riportava le lesioni personali indicate in rubrica. Il giudicante rilevava che nel caso emergeva una corresponsabilità, del pedone e del motociclista, nella causazione del sinistro. Con specifico riguardo alla condotta posta in essere dall’odierno imputato, il Giudice di pace osservava che quest’ultimo non aveva effettuato alcuna manovra di emergenza di fronte all’ostacolo rappresentato dal pedone in fase di attraversamento stradale, in violazione degli artt. 191, comma 2, che prescrive ai conducenti di garantire, ai pedoni che abbiano già iniziato l’attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza e 141 cod. strada, che impone di regolare la velocità alle condizioni della strada e del traffico. Il giudice sottolineava che all’imputato era stata di converso contestata la violazione dell’art. 148, commi 2 e 15, cod. strada. 2. Avverso la sentenza del Giudice di Pace ha proposto ricorso per cassazione R.M. . L’esponente, dopo aver ripercorso i termini della complessiva vicenda processuale, caratterizzata dalla originaria richiesta di archiviazione, cui si opponeva la parte offesa, con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio motivazionale, in riferimento agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen La parte osserva che nel corpo della motivazione della sentenza impugnata, il giudice di pace ha erroneamente richiamato i principi civilistici in tema di presunzione di colpa, dettati dall’art. 2054 cod. civ., principi che non possono trovare applicazione in sede penale. Sotto altro aspetto, il ricorrente osserva che il giudice ha affermato la responsabilità dell’imputato per un fatto diverso da quello indicato nel capo di imputazione ed ha addebitato profili di colpa specifica ex artt. 148, comma 11 cod. strada e 191, comma 2, cod. strada non oggetto di contestazione, giacché il capo di imputazione fa riferimento, unicamente, alla diversa ipotesi di cui all’art. 148, commi 2 e 15, cod. strada. Con il secondo motivo viene denunciato il vizio di motivazione in riferimento all’apprezzamento delle prove dichiarative, funzionale alla ricostruzione della dinamica del sinistro. Osserva che il giudice di pace da un lato ha proceduto alla ricostruzione del fatto sulla base di mere congetture, secondo un inammissibile giudizio di verosimiglianza e che dall’altro ha ignorato circostanze di fatto di sicuro rilievo, per la ricostruzione della velocità di marcia del veicolo, come il fatto che il motociclista non sia caduto dopo l’impatto con il pedone. Con il terzo motivo, soffermandosi sui profili di colpa generica oggetto di contestazione, la parte osserva che l’imputato non era in condizione di avvedersi della presenza del pedone, che attraversò di corsa la strada, andando ad urtare lateralmente la moto che sopraggiungeva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Soffermandosi sul primo motivo di doglianza, si osserva che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che la presunzione di colpa a carico di entrambi i conducenti di veicoli a motore coinvolti in un incidente stradale, prevista dall’art. 2054 cod. civ., non può trovare applicazione in sede penale, ma ha funzione sussidiaria soltanto ai fini civilistici ed è operante solo se non sia possibile accertare, in concreto le singole responsabilità Sez. 4, Sentenza n. 2984 del 29/01/1992, dep. 17/03/1992, Rv. 189648 . Ciò posto, deve osservarsi che il Giudice di Pace di Mantova, nel procedere alla verifica circa l’eventuale sussistenza di profili di ascrivibilità colposa della condotta posta in essere dall’odierno imputato, ha fatto espresso riferimento vedi pag. 5 della sentenza impugnata alla presunzione di colpa sancita, a fini esclusivamente civilistici, dal richiamato disposto di cui all’art. 2054, cod. civ. Come si vede, nel caso di specie, il ragionamento sviluppato dal giudice penale, nella selezione delle colpe concorrenti, rispetto alla causazione del sinistro che occupa, poggia erroneamente sulla citata presunzione di colpa. La sentenza, per quanto detto, deve essere annullata, giacché l’intero percorso motivazionale risulta vulnerato dall’evidenziato errore di diritto, rispetto alla ritenuta operatività, nell’ambito del giudizio penale, di generali criteri presuntivi di colpa, a carico dell’imputato. Per completezza argomentativa, si osserva che l’impianto motivazionale posto a fondamento della sentenza ricorsa, evidenzia pure la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. Come noto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che le norme di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato, non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto da una modificazione dell’imputazione che pregiudichi le possibilità di difesa dell’imputato. La nozione strutturale di fatto , contenuta nelle disposizioni in questione, va cioè coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa. Il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata oggetto di un potere del pubblico ministero e decisione giurisdizionale oggetto del potere del giudice risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi Cass. Sez. 4, sentenza n. 41663 del 25/10/2005, Rv. 232423 . In tale ambito ricostruttivo, si è chiarito che sussiste il mutamento del fatto, quando la fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge subisca una radicale trasformazione nei suoi tratti essenziali, tanto da realizzare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa Cass. Sez. 6, sentenza n. 36003 del 14/06/2004, Rv. 229756 . Applicando i principi di diritto, ora richiamati, al caso di specie, deve osservarsi che il Giudice di Pace ha ascritto al R. profili di colpa specifica del tutto estranei dal contenuto dell’addebito, come scolpito nel capo di imputazione, in violazione del disposto di cui all’art. 521 cod. proc. pen Ed invero, nella sentenza impugnata si afferma che l’imputato non ebbe colposamente ad effettuare alcuna manovra di emergenza, di fronte all’ostacolo rappresentato dal pedone in fase di attraversamento stradale, in violazione degli artt. 191, comma 2, cod. strada, che prescrive ai conducenti di garantire, ai pedoni che abbiano già iniziato l’attraversamento impegnando la carreggiata, di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza, disposizione non richiamata nel capo di imputazione. Oltre a ciò, deve sottolinearsi che il giudicante, dopo aver espressamente rilevato che al R. era stato contestata unicamente la violazione dell’art. 148, commi 2 e 15 cod. strada, afferma che il motociclista ebbe, in realtà, ad invadere l’opposta corsia di marcia - condotta obiettivamente diversa da quella indicata in imputazione, ove si specifica che R. effettuò la manovra di sorpasso dei veicoli incolonnati mantenendosi all’interno della propria carreggia - e che, per tale ragione, l’imputato ebbe pure a rendersi responsabile della ulteriore violazione dell’art. 148, comma 11, cod. strada. 3. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Mantova per nuovo giudizio. La natura assorbente dei superiori rilievi assolve dal censire ogni ulteriore motivo di doglianza. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di Pace di Mantova, per nuovo giudizio.