La delibera comunale può “salvare” l’immobile abusivo, se …

In tema di reati edilizi, e specificamente in materia di ripristino o demolizione dello stato dei luoghi anteriore alla realizzazione del fabbricato abusivo, l'ordine di demolizione da parte del giudice penale è atto dovuto, e la relativa esecuzione non può essere impedita dalla situazione particolare che viene a determinarsi in conseguenza di una deliberazione comunale che sottrae l'opera abusiva al suo normale destino, che è la demolizione, la quale peraltro presuppone che la valutazione effettuata dall'amministrazione comunale sia estremamente rigorosa e, oltre a rispettare le condizioni indicate dalla giurisprudenza, deve essere puntualmente riferita al singolo manufatto, il quale va precisamente individuato, dando atto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta, dovendosi escludere che possano assumere rilievo determinazioni di carattere generale riguardanti, ad esempio, più edifici o fondate su valutazioni di carattere generale.

Lo ha stabilito la Terza sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12914, depositata il 31 marzo 2016. La disciplina dell’ordine di demolizione nei reati edilizi Preliminarmente, occorre ricordare che l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa di natura ablatoria e giurisdizionale, la cui esecuzione compete all’autorità giudiziaria, non essendo ipotizzabile, né logicamente spiegabile, che l’esecuzione di un provvedimento, adottato dal giudice penale, venga affidato alla pubblica amministrazione. Peraltro, l’ordine di demolizione, pur avendo natura amministrativa, è atto giurisdizionale che deve essere disposto dal giudice con la sentenza di condanna. Ne consegue che, in caso di mancata statuizione in tal senso, il dispositivo della sentenza potrà essere integrato solo dal giudice di appello. Infatti la procedura di cui all’art. 130 c.p.p. relativa alla correzione di errori materiali nel provvedimento emanato può essere applicata solo per porre rimedio ad errori od omissioni rilevabili dal contesto del provvedimento, e di natura tale da non modificare il contenuto essenziale dello stesso, mentre l’omissione in questione integra un vitium iudicando rettificabile solo in sede di impugnazione a seguito di rituale investitura del giudice di essa. Inoltre, l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo della originaria costruzione. L'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001 è sanzione caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale il relativo esercizio è attribuito, ma sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio, che il giudice deve disporre anche nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p A tale sentenza, sono ricollegabili tutti gli effetti di una sentenza di condanna, ad eccezione di quelli espressamente indicati dall'art. 445, comma primo, c.p.p., fra i quali non è compresa la sanzione in oggetto non trattandosi di pena accessoria nè di misura di sicurezza . e la revoca o la sospensione del ripristino dello stato dei luoghi. Come è noto, la natura di sanzione amministrativa accessoria, propria dell’ordine di demolizione, comporta che, laddove intervenga la sanatoria del manufatto e quindi l’amministrazione abbia ritenuto di regolarizzare l’opera, il predetto ordine può essere revocato, anche eventualmente in sede esecutiva laddove sia divenuta definitiva la sentenza di condanna. Rimane naturalmente immutato il potere del giudice dell’esecuzione di controllare la legittimità dell’atto concessorio, sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. Nel caso in cui sia stata presentata soltanto una domanda di condono o sanatoria, il giudice può disporre la sospensione dell’esecuzione laddove ritenga prevedibile che, in un breve lasso di tempo, l’autorità amministrativa adotti un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione. In particolare, il giudice dell'esecuzione, al quale sia richiesto di revocare l'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale, che dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato. Nello specifico, il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive di cui all'art. 31 d.P.R. n. 380/2001, in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare a il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento b la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 febbraio – 31 marzo 2016, n. 12914 Presidente Ramacci – Relatore De Masi Ritenuto in fatto Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza del 18/2/2000, irrevocabile il 31/3/2000, applicava ex art. 444 c.p.p. a N.L. la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione e £. 400.000 di multa, per aver - tra l'altro - violato l'art. 20 lett. c della L. n. 47 del 1985, e disponeva la sospensione condizionale della pena subordinando il beneficio al ripristino dello stato dei luoghi. Il prevenuto non ottemperava all'ordine di demolizione ed il Comune di La Maddalena rigettava la domanda di condono edilizio presentata dal N., trattandosi di opere realizzate successivamente al 10 gennaio 2014, data di entrata in vigore della legge n. 10 del 1994 istitutiva del Parco nazionale dell'arcipelago di La Maddalena, per cui venivano avviate le procedure prodromiche all'esecuzione della sentenza, interessanti anche N. G., nuovo proprietario per intervenuta donazione dell'immobile. Con ordinanza dell'1/4/2014, il Giudice dell'esecuzione accoglieva il ricorso del N. e sospendeva l'ordine di demolizione contenuto nella suindicata sentenza sul rilievo che avverso il diniego della sanatoria di cui al provvedimento in data 11/11/2013 del Comune di La Maddalena pende ricorso straordinario al Presidente delle Repubblica e che non vi sono ragioni per ritenere che lo stesso verrà definito in tempi lunghi. Avverso I' ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico ed articolato motivo, con il quale deduce, ai sensi dell'art. 606, c.1, lett. b , c e d c.p.p., sotto il profilo della violazione di legge e dei vizio motivazionale, l'erroneità della decisione alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui spetta al giudice penale - e quindi anche al giudice dell'esecuzione - verificare la sussistenza dei presupposti dell'applicabilità della normativa del c.d. condono edilizio , potendo l'ordine di demolizione essere revocato in presenza di determinazioni dell'autorità o giurisdizione amministrativa incompatibili con l'abbattimento dei manufatto edilizio, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti, che un tale provvedimento sarà adottato in breve arco temporale. Evidenzia il ricorrente che la motivazione dell'impugnata ordinanza è dei tutto lacunosa e non contiene alcuna valutazione circa la condonabilità dell'opera, riposando la disposta sospensiva sulla mera possibilità che il proposto ricorso straordinario venga accolto. Con memoria difensiva depositata I' 1/2/2016, il N. espone di aver ricevuto in donazione dal padre LUIGI una piccola porzione non edificata dei suo fondo e che la domanda di sanatoria presentata al Comune di La Maddalena riguarda un manufatto dei tutto diverso da quello oggetto della sentenza di patteggiamento pronunciata nei confronti di quest'ultimo, sicché difetta un provvedimento sanzionatorio che lo riguarda, avendo la sentenza dei Tribunale di Tempio Pausania in data 18/2/2000 ad oggetto altro manufatto edilizio. Evidenzia che la predetta amministrazione comunale, attraverso la delibera consiliare n. 4 dei 15/1/2015, prodotta in copia, ha adottato il P.U.C. in adeguamento al P.P.R. ed al P.A.I., e che il Comune ritiene più consono non abbattere gli immobili abusivi ricadenti nella zona F2 e far pagare ai cittadini interessati una sorta di condono. Considerato in diritto II ricorso è fondato. Questa Corte ha più volte ribadito che il giudice dell'esecuzione, investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive di cui all'art. 31 d.P.R. d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto ad esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione dei procedimento amministrativo e, in particolare a il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento b la durata necessaria per la definizione della procedura, che può appunto determinare la sospensione dell'esecuzione nel caso di un suo rapido esaurimento ex multis, Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212 . La Corte di legittimità ha pure precisato, così distinguendo tra revoca da un lato e sospensione dall'altro, che mentre la prima è condizionata all'intervento di atti amministrativi incompatibili con la esecuzione della demolizione, la seconda discende dal fatto che sia ragionevolmente prospettabile che, nell'arco di breve tempo, questi stessi provvedimenti incompatibili vengano adottati Sez. 3, n. 24273 del 24/03/2010, P.G. in proc. Petrone, Rv. 247791 Sez. 3, n. 38997 del 26/09/2007, cit. . Nella specie, l'ordinanza impugnata, a fronte di prospettazione che il Comune di La Maddalena, con provvedimento in data 11/11/2013, aveva respinto la domanda di condono edilizio presentata da N. G., trattandosi di opere realizzate successivamente al 10 gennaio 1994, data di entrata in vigore della Legge n. 10 dei 1994 istitutiva dei Parco nazionale dell'arcipelago di La Maddalena, nonché in considerazione della non conformità delle stesse alla normativa urbanistica e che avverso il diniego della sanatoria pendeva ricorso straordinario al Presidente delle Repubblica, non ha invece proceduto ad alcuna delle valutazioni richieste, nei termini sopra ricordati, limitandosi a rilevare che non vi sono ragioni per ritenere che lo stesso il ricorso straordinario, n.d.r. verrà definito in tempi lunghi . Il Giudice dell'esecuzione, che dispone del potere di sindacare il condono o il permesso in sanatoria, non ha minimamente indicato su quali basi abbia ritenuto che il ricorso proposto al Capo dello Stato potesse avere una sollecita definizione, in ordine alla quale nessun elemento è stato allegato neppure dal ricorrente, e, prima ancora, nulla ha detto in merito all'astratta accoglibilità della domanda di condono, considerato che le opere abusive insistono in area vincolata e che, come questa Corte ha più volte ribadito, gli abusi edilizi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico non sono condonabili se non negli stretti limiti di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32 convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, in quanto la normativa regionale non può essere interpretata in un senso che si porrebbe in conflitto con la legge nazionale, ma deve ritenersi operativa soltanto per le costruzioni in zona non sottoposta a vincolo Sez. 3, n. 40198 del 2/7/2009, Rv. 244897, Sez. 3, n. 10703 del 9/1/2009, n. 10703, Perna, non massimata sul punto . La difesa del ricorrente ha richiamato la delibera consiliare n. 4 del 15/1/2015, prodotta in copia, con cui il Comune di La Maddalena, che ha adottato il P.U.C. in adeguamento al P.P.R. ed al P.A.I., si è espresso nel senso che sarebbe più consono non abbattere gli immobili abusivi ricadenti nella zona F2 e far pagare ai cittadini interessati una sorta di condono , ma l'allegazione non appare dirimente. Orbene, per quanto attiene alla eventuale incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato, questa Corte ha osservato che essa presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l'esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile si è osservato, e tale principio vale in special modo ove ci si trovi di fronte a meri atti di indirizzo Sez. 3, n. 11419 del 29/1/2013, Rv. 254421, Sez. Sez. 3, n. 13746 del 29/1/2013, Rv. 254752, Sez. 3 n. 41339 del 6/11/2008, non massimata . Si è precisato, inoltre, che sottraendo l'opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato. Ed una delibera di siffatto genere, che il giudice dell'esecuzione ha il potere di sindacare, può ritenersi legittimamente emanata solo qualora ricorrano le seguenti condizioni 1 assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo 2 adozione di una formale deliberazione dei consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti 3 la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc Sez. 3, n. 25824 del 22/5/2013, Rv. 257140 . Per quanto concerne, infine, la questione dell'esatta individuazione del bene da demolire, introdotta sempre con la memoria difensiva dell'1/2/2016, è appena il caso di osservare che essa attiene a rilievi dei tutto fattuali che involgono una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie in questa sede non consentita. Il provvedimento impugnato va dunque annullato con rinvio al Tribunale di Tempio Pausania per nuovo esame da condurre alla stregua dei criteri qui ribaditi. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio ai Tribunale di Tempio Pausania.