La rilevanza penale delle false informazioni alla Polizia Giudiziaria delegata

Non si configura il delitto di false informazioni al Pubblico Ministero nell’ipotesi in cui il mendacio sia recepito dalla Polizia Giudiziaria, anche se delegata dal magistrato inquirente diversamente, si opererebbe un’interpretazione analogica vietata dall’ordinamento penale.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza n. 12832 depositata il 30 marzo 2016. Il bastone e la carota. Due soggetti, con minacce e blandizie, inducevano una terza persona, offesa dal reato di violenza sessuale, a rendere false dichiarazioni alla Polizia Giudiziaria che, in quella occasione, agiva su delega del magistrato del Pubblico Ministero. Processati, venivano condannati per concorso in intralcio alla giustizia – attuale denominazione del vecchio delitto di subornazione – proposto ricorso per Cassazione, la questione veniva trasferita al Palazzaccio. Primo la subornazione sussiste se Il primo errore di diritto rilevato dalla Suprema Corte riguarda proprio l’individuazione degli esatti confini dell’ipotesi di reato di intralcio alla giustizia. Rilevano gli Ermellini, in accordo con i ricorrenti, che la subornazione – per configurarsi – presuppone che le blandizie o le minacce cui è sottoposto il soggetto chiamato a rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria non abbiano sortito effetto. Nel caso di specie, invece, il soggetto dichiarante” aveva in un primo momento reso false dichiarazioni. Ergo, non si può parlare di subornazione. Potrebbe ricorrere un’altra delle fattispecie a tutela dell’amministrazione della giustizia false dichiarazioni al P.M., al difensore, falsa testimonianza o falsa perizia. Ma giammai subornazione. A questo punto, però, si apre un altro problema le false dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria delegata dal P.M. possono far scattare l’ipotesi di reato di false informazioni al Pubblico Ministero? . Secondo l’analogia in diritto penale non ha diritto di cittadinanza. È uno dei primi approcci al diritto penale sostanziale l’analogia, specialmente quella in malam partem , non è ammissibile. Il principio di legalità che domina il nostro sistema delle norme incriminatrici lo vieta di conseguenza, non è possibile fare uso della norma che punisce le false informazioni al P.M. per reprimere analoghe condotte nelle quali la destinataria del mendacio sia la Polizia Giudiziaria, quand’anche operante su delega del magistrato titolare delle indagini. In questo senso è orientata la giurisprudenza di legittimità che, da oltre venti anni, ripete, appunto, la propria soluzione rigorosa fedeltà assoluta al dettato normativo, quindi. La scelta operata dagli Ermellini è secondo noi pienamente condivisibile, poiché la chiarezza della norma incriminatrice lascia davvero pochissimi spazi a soluzioni diverse da quelle prospettata. Certo, stupisce che il periodico riproporsi della medesima questione – la rilevanza delle false informazioni alla Polizia Giudiziaria – non abbia ancora spinto il legislatore, che puntualmente oseremmo dire continuamente rimaneggia il codice di rito a colmare un evidente vuoto di tutela. Resta ferma, è chiaro, la possibilità di contestare il favoreggiamento personale a chi manda fuori strada” la Polizia Giudiziaria, ma anche questa soluzione non è del tutto ottimale l’aiuto ad eludere le investigazioni dell’Autorità va dimostrato e, nel caso concreto, non si può escludere che una buona difesa potrebbe anche dimostrare l’irrilevanza di un mendacio inoffensivo”. Al di là di questi rilievi, però, ciò che conta è che la Suprema Corte abbia ricordato ancora una volta che il principio di tassatività della fattispecie penale non è affatto passato di moda.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 – 30 marzo 2016, numero 12832 Presidente Carcano – Relatore Capozzi Considerato in fatto 1. Con sentenza del 24.6.2015 la Corte di appello di Catanzaro - a seguito di gravame interposto dagli imputati Z.G. e P.M. avverso la sentenza emessa in data 20.12.2011 dal Tribunale di Cosenza - ha confermato la decisione con la quale i predetti sono stati riconosciuti colpevoli e condannati a pana di giustizia in ordine al reato di cui agli artt. 110, 377, commi 1 e 3, cod. penumero perché agendo in concorso tra loro, lo ZAZZARO assumendo un atteggiamento intimidatorio e la P. promettendole del denaro, tentavano di indurre M.C. a commettere i reati di cui agli artt. 371 bis e 372 cod. penumero in particolare, con tali condotte tentavano di indurre la M. a ritrattare le dichiarazioni rese agli inquirenti il 24.7.2008, e a non farle dire quanto a sua conoscenza in merito agli atti sessuali a cui lo Z. aveva costretto R.L. in data 22.7.2008. 2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, con unico atto, deducendo 2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 377 e 371bis cod. penumero . Il reato di cui all’articolo 377 cod. penumero presuppone che il fine della violenza, minaccia o promessa non sia conseguito laddove le false dichiarazioni, invece, siano rese, il subornatore risponderà, a titolo di concorso con l’autore del falso, dei reati previsti e puniti dagli artt. 371bis, 371 ter, 372 e 373 cod. penumero . Nella specie, le false dichiarazioni erano state rese dalla M. in data 22.9.2008, così realizzandosi il reato di cui all’articolo 378 cod. penumero nel quale non potevano concorrere lo Z. - in ragione della non ipotizzabilità dell’autofavoreggiamento - né la moglie di questi, la P. , stante l’operatività nei confronti di quest’ultima della causa di non punibilità prevista dall’articolo 384 cod. penumero . A tali deduzioni mosse in appello la sentenza non avrebbe idoneamente risposto, omettendo di considerare l’avvenuta resa delle false dichiarazioni alla p.g. delegata da parte della M. . La quale, inoltre, non aveva rivestito la qualità di teste o di persona chiamata a rendere dichiarazioni al P.M. procedente, così dovendosi escludere in radice la condotta ipotizzata di intralcio alla giustizia. Ed erronea sarebbe la dilatazione delle qualità previste dalla norma incriminatrice anche al soggetto chiamato a rendere dichiarazioni davanti alla p.g. sulla base della sola potenzialità ad assumere la qualità di testimone in un celebrando dibattimento, essendo escluso - dalla indicazione dei reati di cui agli artt. 371bis, 371ter,372 e 3737 cod. penumero - il soggetto chiamato a rendere dichiarazioni a norma dell’articolo 351 cod. proc. penumero , anche se operante su delega del pubblico ministero altrimenti incorrendosi in una analogia in malam partem . Del resto militerebbe in favore della tesi difensiva esposta ampia giurisprudenza di legittimità in relazione al reato di cui all’articolo 371bis cod. penumero escluso nelle ipotesi in cui le false dichiarazioni siano state rese alla p.g. delegata dal P.M 2.2. Mancanza e contraddittorietà della motivazione travisamento delle prove. La Corte di merito non avrebbe considerato la doglianza difensiva che aveva evidenziato come la M. aveva reso in dibattimento dichiarazioni del tutto conformi a quelle rese il 22.9.2008 alla p.g. e ritenute false, dovendosi - pertanto e sulla veridicità delle prime - escludersi la falsità delle seconde. Infine, la valutazione del complessivo compendio dichiarativo della M. affermata in sentenza in ordine alla sua valenza confermativa della contestazione sarebbe in palese contrasto con il contenuto probatorio degli atti richiamati. Considerato in diritto 1. Il ricorsi sono fondati. 2. Il primo motivo è fondato. 2.1. L’articolo 377 c.p. configura un reato di pericolo per la cui esistenza è sufficiente l’esercizio di violenza fisica o la formulazione di una minaccia, a prescindere dal grado di intensità della prima o dalla gravità della seconda il reato si consuma qualora il fine non sia conseguito , sintomo significativo del carattere non invincibile delle condotte violente o minacciose. Ove invece il fine venga conseguito, la condotta potrà integrare i reati di cui agli artt. 371 bis, 371 ter, 372 o 373 c.p. in quanto solo formalmente attribuibili ai destinatari delle condotte di cui s’è detto Sez. 6, numero 16799 del 20.10.2015, Ciarla, numero m. . Integra il reato di cui all’articolo 377, terzo comma, cod. penumero , qualsiasi condotta minacciosa posta in essere al fine - non raggiunto - di far commettere al soggetto passivo uno dei reati indicati nel primo comma del predetto articolo 377 false dichiarazioni al pubblico ministero o al difensore, falsa testimonianza, falsa perizia o interpretazione , indipendentemente dalla gravità della minaccia Sez. 6, numero 14862de1 26/02/2015,Musolino, Rv. 263117 . 2.2. Non è configurabile il reato di false informazioni al pubblico ministero di cui all’articolo 371-bis cod. penumero , introdotto dall’articolo 11 D.L. 8 giugno 1992 numero 306, nella condotta di chi renda false dichiarazioni alla polizia giudiziaria, neanche se questa operi su delega del P.M., giacché, diversamente opinando, si opererebbe un’interpretazione di tipo analogico su norma penale Sez. 6, numero 4227 del 27/11/1992, Donisi, Rv. 192946 ancora, le false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria non possono costituire l’oggetto materiale del reato di false informazioni al pubblico ministero Sez. 6, numero 2095 de106/05/1994, Accavone, Rv. 198757 . Infine, soggetto attivo del delitto di false informazioni al pubblico ministero può essere soltanto colui che sia stato richiesto personalmente dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini. Non è quindi, punibile a norma dell’articolo 371-bis, cod. penumero chi, richiesto dalla polizia giudiziaria - anche per delega del pubblico ministero - renda dichiarazioni false o reticenti. Conf. Sez. VI, 8 febbraio 1993, Malena Sez. 6, numero 696 del 10/03/1993,Frustaci,Rv. 194143 Sez. 5, numero 37306de1 14/07/2010, Martinelli, Rv. 248641 . 2.3. Nella specie è incontroverso che le minacce e le lusinghe ascritte ai ricorrenti nei confronti di colei che aveva reso dichiarazioni alla p.g. in ordine alle condotte di abuso sessuale commesse dallo stesso Z.G. , produssero le false dichiarazioni alla stessa p.g., delegata dal P.M., rese in data 22.8.2008 in ordine alle quali la stessa dichiarante M. , successivamente ed in data 8.10.2008, ebbe ad ammetterne la falsità ed al ricollegarle alle minacce e lusinghe predette. 2.4. Nonostante la questione dell’avvenuta verificazione delle false dichiarazione della sua incidenza sulla qualificazione giuridica del fatto sia stata sottoposta dalla difesa alla Corte territoriale, quest’ultima ha omesso qualsiasi considerazione a riguardo. E non v’è dubbio che, nella indiscussa costanza dell’accadimento evidenziato, la fattispecie - già per questo aspetto ed in conformità all’orientamento di legittimità richiamato - esuli dalla ipotesi di subornazione azionata. 2.5. È parimenti fondata la esclusione della fattispecie in questione anche sotto l’altro profilo evidenziato, questa volta sotto l’aspetto dell’oggetto materiale della condotta. È indiscusso che le dichiarazioni del 24.7.2008 - rispetto alle quali si ebbe a verificare la falsa versione del 22.9.2008 - furono rese dalla M. alla polizia giudiziaria. Ebbene, esula dal richiamato orientamento di legittimità che la Corte condivide, l’affermazione operata dalla sentenza impugnata che intende includere nell’ambito di operatività della ipotesi ex articolo 371bis cod. penumero anche le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero, facendosi erroneamente leva sulla natura di reato di pericolo della fattispecie ex articolo 377 cod. penumero che, evidentemente, non consente di estendere analogicamente l’oggetto della condotta. 2.6. Pertanto, la condotta dei ricorrenti esula dalla ipotesi azionata. 3. L’accoglimento del motivo assorbe ogni altra questione. 4. La sentenza nei confronti dei ricorrenti, quindi, deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.