Spaccio gestito da tre persone, cedute bustine da mezzo grammo: plausibile l’ipotesi del ‘fatto lieve’

Possibile una riduzione della sanzione. Accolte le obiezioni mosse da uno degli uomini finiti sotto accusa. In discussione le valutazioni compiute dal gup prima e dai giudici d’appello poi alla luce dei quantitativi minimi di droga spacciati, pare reggere l’attenuante del ‘fatto di lieve entità’.

Cessione di droga organizzata, seppur in maniera artigianale, e realizzata da tre persone. Concreta l’ipotesi accusatoria dello spaccio. Allo stesso tempo, però, pare reggere anche la tesi difensiva, finalizzata a sminuire la gravità dei fatti decisiva la valutazione dei quantitativi di sostanza stupefacente messi in vendita Cassazione, sentenza n. 12805/2016, sezione Terza Penale, depositata oggi . Bustine. Condanna non discutibile, secondo i giudici di merito. Valutazioni condivise, quelle del gup e quelle della Corte d’Appello evidente la responsabilità di un uomo, ritenuto colpevole, assieme ad altri due persone, per avere detenuto e ceduto varie buste di marijuana . In discussione ora, nel contesto della Cassazione, non il reato di spaccio , ma l’ipotesi del fatto di lieve entità . Su questo punto è centrato il ricorso proposto dall’uomo. Dinanzi ai Giudici viene posto in evidenza il quantitativo irrisorio di stupefacente , appena mezzo grammo di marijuana a bustina. E tale elemento è sufficiente, secondo i Magistrati del ‘Palazzaccio’, per riconsiderare come plausibile la lieve entità . Fortemente in discussione l’ottica adottata sia dal gup che dalla Corte d’Appello, secondo cui il riconoscimento del fatto lieve è da escludere alla luce delle reiterate modalità di cessione non certo rudimentali, bensì organizzate col coinvolgimento di tre persone in tutto e con compiti ripartiti . Per i Giudici della Cassazione, difatti, l’aver commesso il reato con altri due soggetti e con suddivisione dei compiti non è sufficiente per ritenere che l’attività criminosa fosse organizzata in maniera non rudimentale. Allo stesso tempo, l’aver posto in essere una pluralità di condotte di cessione della droga, reiterate nel tempo non esclude, sempre secondo i giudici, l’applicazione della circostanza speciale del fatto di lieve entità . E tale prospettiva vale ancor di più in questa vicenda, perché le cessioni , documentate dalle forze dell’ordine, erano concernenti quantitativi verosimilmente non significativi di stupefacente , cioè, come detto, bustine di marijuana dal peso lordo complessivo di 0,5 grammi .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 febbraio – 30 marzo 2016, n. 12805 Presidente Grillo – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 maggio 2015, la Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza dei Giudice dell'udienza preliminare dei Tribunale di Napoli che aveva condannato G.B., con l'aumento per la recidiva, alle pene di legge, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod.pen. e 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per aver, in concorso con altri, detenuto e ceduto a terzi non identificati varie bustine di marijuana dei peso di loro di gr. 0,5, fatto commesso in Napoli il 24/09/2014. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso, personalmente, l'imputato e ne ha chiesto l'annullamento deducendo, quale unico motivo, la violazione di legge penale e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in presenza di un quantitativo irrisorio di sostanza stupefacente rivenuta, di un generico riferimento all'appostamento di P.G. e dell'assenza di individuazione dei soggetti acquirenti. La sentenza, sul punto, sarebbe anche carente nella motivazione delle ragione di diniego dei fatto di lieve entità. 3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerando in diritto 4.11 ricorso è fondato. La Corte d'appello, dopo aver esposto di aderire all'orientamento consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui la fattispecie dei fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, anche all'esito della formulazione normativa introdotta dal d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, art. 2, cony. nella legge 10 febbraio 2014, n. 10, può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione mezzi, modalità e circostanze dell'azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio Sez. 3, n. 27064 del 19/03/2014, Rv. 259664 Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Rv. 256610 , non dà adeguato conto delle ragioni per le quali, in applicazione della regola iuris, il fatto contestato al B. non possa essere ritenuto lieve. La corte territoriale, infatti, dopo aver richiamato le motivazioni della sentenza di primo grado che condivide, argomenta che il riconoscimento del fatto lieve ora ipotesi autonoma di reato è escluso dalle reiterate modalità di cessione non certo rudimentali bensì organizzate, in quanto unitamente ad altri due complici, ognuno con compiti ripartiti, effettuavano reiterate cessioni a terzi . Trattasi di motivazione assertiva che non espone il ragionamento logico in base al quale l'attività criminosa posta in essere dal B. fosse organizzata e l'organizzazione non fosse rudimentale, non potendo assumere rilievo decisivo il fatto di aver commesso il reato, in concorso, con altri due soggetti con suddivisione dei compiti. Non indica la corte quali elementi probatori ha preso in esame per ritenere che le cessioni sarebbero frutto di una attività organizzata e anche reiterata non essendo sufficiente il mero richiamo all'annotazione di PG del 24/09/2014 che descrive le modalità della cessione commessa dal ricorrente in concorso con V.G Peraltro, giova rilevare che, sotto altro profilo, secondo i consolidati principi di questa Corte, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità non può essere legittimamente esclusa sulla base dei mero presupposto che l'imputato abbia posto in essere una pluralità di condotte di cessione della droga reiterate nel tempo Sez. 6. n. 21612 del 29/04/2014, Villari, Rv. 259233 Sez. 6, n. 29250 del 01/07/2010, Rv. 249369 . Comprova la validità ditale conclusione il disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, che, nel prevedere in modo espresso l'associazione costituita per commettere fatti descritti dall'art. 73, comma 5, rende possibile qualificare come lievi anche i singoli episodi che costituiscano attuazione del programma criminoso associativo Sez. 6, n. 25988 del 29/05/2008, Rv. 240569 , donde il mero richiamo alla reiterazione delle condotte non può essere elemento sufficiente per escludere la configurazione dei fatto lieve. Nel caso in esame, la corte territoriale ha fondato il diniego in considerazione delle reiterate cessioni ed ha omesso di considerare che - a tenore della contestazione - il B. era imputato di una serie di cessioni di varie bustine come da correzione del capo di imputazione dei peso lordo complessivo di gr. 0,5 di marijuana, ed era stato arrestato in flagranza della cessione di una bustina di gr. 0,5. Dunque le cessioni che sarebbero documentate dall'annotazione di P.G. si consideri che il capo di imputazione non reca l'indicazione dell'art. 81 comma 2 cod.pen. erano concernenti quantitativi verosimilmente non significativi di stupefacente. Quantità di sostanza che il giudice a quo avrebbe dovuto attentamente valutare posto che il dato qualitativo e quantitativo della sostanza oggetto materiale della condotta costituisce fondamentale elemento connotante la circostanza attenuante in parola oggi fattispecie autonoma , da valutare congiuntamente ai mezzi, alle modalità e alle circostanze dell'azione. 5. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per un nuovo giudizio sulla configurabilità della fattispecie autonoma di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. P.Q.M. Annulla con rinvio la sentenza impugnata ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli limitatamente alla configurabilità della fattispecie di cui all'art. 73 comma 5 del D.P.R. 309/90.