Litigi furibondi, lei prova a salvare il rapporto: ciò non ne rende meno attendibili i racconti

Restano gravi gli indizi a carico dell’uomo, sotto accusa per maltrattamenti ai danni della convivente. Per lui, però, non più la custodia in carcere. Adottata una misura più lieve il divieto di avvicinamento alla donna.

Litigi furibondi per la coppia. Lui arriva addirittura ad usare le mani, picchiando la compagna, ma lei prova, fino all’ultimo, a salvare il salvabile e ad evitare la separazione. Tale condotta della donna, poggiata sulla illusione di rimettere in piedi il rapporto, non può mettere in discussione la veridicità dei racconti relativi alle aggressioni subite dal compagno. Consequenziale, quindi, la contestazione del reato di maltrattamenti e l’applicazione del divieto di avvicinamento” alla donna. Cassazione, sentenza n. 11887/16, sezione Sesta Penale, depositata il 21 marzo 2016 . Violenze. Molto duro il provvedimento adottato dal gip per l’uomo, accusato di maltrattamenti ai danni della convivente , è decisa la custodia in carcere . Meno rigidi, invece, i giudici del Tribunale, che si limitano ad imporre l’obbligo di non avvicinarsi alla donna , di non frequentare l’abitazione e i luoghi da lei abitualmente frequentati e di non intrattenere con lei alcun tipo di comunicazione . Elemento comune, però, per il gip e per i giudici del Tribunale è la solidità delle accuse nei confronti dell’uomo. Plausibili, in sostanza, i racconti fatti dalla donna, e relativi alle violenze fisiche subite ad opera del compagno. Il difensore dell’uomo, però, col ricorso in Cassazione punta a mettere in discussione le parole della donna. Su questo fronte, in particolare, viene evidenziato che ella richiedeva ossessivamente attenzione e affetto dall’uomo, anche dopo la separazione e la nascita del figlio , senza mai fare cenno ad episodi di violenza o di maltrattamenti subiti . E, in questa ottica, viene anche sottolineato che la donna, ad aprile, nelle dichiarazioni rese ai carabinieri a seguito di un litigio , ha precisato che mai prima di allora era stata aggredita fisicamente o verbalmente dal compagno. Come si può, allora, domanda il legale, ritenere non discutibile la veridicità dei fatti di violenza denunciati dalla donna diversi mesi dopo? Divieto. A rispondere sono i Magistrati del ‘Palazzaccio’, ritenendo irrilevanti le obiezioni difensive . Ciò perché i comportamenti della donna, ritenuti ambigui dal difensore dell’uomo, sono sì sintomatici di un interesse per il compagno ma, in realtà, si giustificano pienamente nel contesto di una relazione sentimentale che progressivamente è divenuta conflittuale ma in cui ella non ha mai avuto alcuna intenzione di danneggiare l’ex compagno . In particolare, l’atteggiamento della donna era diretto ad evitare la separazione , nutrendo in cuor proprio il convincimento di una loro possibile riconciliazione . Questo contesto, però, sottolineano i Giudici, non possono condurre a ritenere non attendibile la donna. E i racconti fatti, relativi a ripetuti episodi di violenza in occasione di litigi furibondi , fanno emergere gravi indizi a carico dell’uomo. Confermato, quindi, l’obbligo di non avvicinarsi alla donna .

Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenza 4 febbraio – 21 marzo 2016, n. 11887 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento della richiesta di riesame dell'ordinanza cautelare del 16/10/2015 con cui il G.i.p. aveva disposto la misura della custodia in carcere nei confronti di G.G. per il reato di maltrattamenti ai danni della convivente, A. Z., ha disposto l'applicazione della meno afflittiva misura di cui all'art. 283-ter cod. proc. pen., prescrivendo all'indagato di non avvicinarsi alla Z., di non frequentare l'abitazione e i luoghi da questa abitualmente frequentati e di non intrattenere alcun tipo di comunicazione con la stessa. 2. L'avvocato M.M., difensore di fiducia dell'indagato, ha proposto ricorso per cassazione. 2.1. Con un unico motivo deduce l'inosservanza dell'art. 273 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, nella cui valutazione sarebbero stati omessi i risultati delle indagini difensive, sulla base di una ingiustificata dequotazione delle dichiarazioni raccolte, idonee a contrastare le accuse mosse dalla persona offesa. Secondo il ricorrente si tratta di elementi probatori trascurati dal Tribunale e che invece dimostrerebbero come la Z. richiedesse ossessivamente attenzione e affetto dall'indagato, anche dopo la separazione e la nascita del figlio, senza fare mai alcun cenno a episodi di violenza o di maltrattamenti subiti, ricostruzione che contrasta con quanto riferito in denuncia dalla stessa parte offesa, secondo cui la separazione sarebbe stata determinata dalle violenze fisiche subite. In altri termini, si assume la piena incongruenza tra quanto emerge da tali indagini difensive e il tenore della denuncia presentata, evidenziando il vizio di motivazione in cui è incorso il Tribunale e, di conseguenza, l'inattendibilità della persona offesa. 2.2. Sotto un diverso profilo si sottolinea un altro aspetto del travisamento della motivazione, evidente con riferimento alle dichiarazioni rese dalla Z. ai Carabinieri in data 8 aprile 2015, allorché nel riferire gli esiti di un litigio con l'indagato precisa che mai prima di allora era stata aggredita fisicamente ovvero verbalmente dal G., dichiarazione questa che mette in dubbio la veridicità dei fatti di violenza denunciati successivamente dalla persona offesa il 14 ottobre 2015. Del tutto trascurata sarebbe stata anche la dichiarazione resa da Laura Alfano in relazione all'episodio dell'incidente fortuito che avrebbe procurato alla Z. un ematoma all'occhio. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato. 2. Deve escludersi la sussistenza del dedotto vizio di motivazione. 2.1. II Tribunale ha evidenziato che le condotte oggetto della contestazione provvisoria sono state realizzate nell'ambito di una relazione sentimentale tra le parti ormai alla fine, che aveva portato la Z. a far ritorno presso la casa dei genitori, decisione che aveva provocato la reazione dell'indagato, concretizzatasi in atteggiamenti violenti, spesso determinati dalla gelosia. Così inquadrata la vicenda, appaiono irrilevanti le obiezioni difensive in ordine ai comportamenti della persona offesa, ritenuti sintomatici di un interesse verso l'indagato, fino a ritenere la inattendibilità della stessa nel momento in cui denuncia il G. l'ordinanza ha offerto una coerente spiegazione di questi comportamenti che possono sembrare ambigui, ma che, in realtà, si giustificano pienamente nel contesto di una relazione sentimentale che progressivamente è divenuta conflittuale e in cui appare evidente come la Z. non avesse alcuna intenzione di danneggiare l'ex compagno, considerazione questa valorizzata dal Tribunale che, anche per tale ragione, ha ritenuto dei tutto attendibile la persona offesa. Ancora, la circostanza che i fatti di violenza siano emersi solo con la denuncia del 14 ottobre 2015, dimostra quello che i giudici hanno sottolineato nell'ordinanza, cioè che l'atteggiamento della Z. era diretto ad evitare la separazione che è avvenuta suo malgrado nutrendo in cuor suo il convincimento di una loro possibile riconciliazione , ma questo non porta a dover ritenere inattendibile la donna. 2.3. Ciò che rileva è la esistenza di elementi probatori che dimostrino, a livello di gravi indizi, che l'indagato ha effettivamente posto in essere condotte violente nei confronti della convivente. Dalle dichiarazioni di quest'ultima risultano ripetuti episodi di violenza fisica e verbale realizzati dal G., compresi tra l'agosto 2014 e l'ottobre 2015 si è trattato di litigi furibondi determinati da ragioni di gelosia dell'indagato, il quale alla fine passava alle vie di fatto, colpendo la donna e schiaffeggiandola. Questa situazione ha determinato la separazione della coppia, ma anche dopo tale evento il G., secondo il racconto della persona offesa, ha continuato a porre in essere comportamenti persecutori, molestandola, telefonandole di continuo, seguendola, minacciandola, fino a cercare di tamponarla con l'autovettura. I vari episodi, come rilevato nell'ordinanza impugnata, hanno ricevuto i necessari riscontri documentati da relazioni di servizio redatte dalla polizia giudiziaria, fotografie e testimonianze, tutti elementi puntualmente indicati dal Tribunale dei riesame. Il ricorrente insiste sul fatto che in realtà è stata la Z. a subire la separazione e a porre anch'essa comportamenti petulanti e molesti nei suoi confronti si tratta di una situazione che è stata attentamente vagliata dai giudici del riesame, i quali l'hanno ritenuta irrilevante, ritenendo che la possibile reciprocità dei comportamenti molesti non vale ad escludere la possibile rilevanza penale delle condotte di maltrattamenti quando, come nel caso in esame, la posizione dei due antagonisti non risulta paritaria. Infine, riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi, così come motivati dal Tribunale, appare irrilevante la mancata considerazione delle dichiarazioni rese da Laura Alfano in relazione all'incidente fortuito che ha procurato un ematoma all'occhio della Z., dal momento che gli stessi giudici non attribuiscono alcun peso determinante a tale episodio. 3. In conclusione, l'infondatezza dei motivi proposti determina il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.