Truffa un venditore “spacciandosi” per amministratore di una società: colpevole anche di sostituzione di persona

Il reato di sostituzione di persona è compatibile con il reato di truffa, diversi essendo gli elementi costitutivi e la natura dei beni giuridici protetti, sicché nell’ipotesi in cui con la stessa condotta si vulneri, da un lato, sia la fede pubblica e/o la persona sostituita” e, dall’altro, si induca in errore la vittima di truffa, non si ricade nel divieto di bis in idem bensì si configura concorso formale di reati.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11918/2016, depositata il 21 marzo. Il caso. Un uomo era condannato per il delitto di sostituzione di persona per essersi attribuito falsamente la qualità di amministratore di una società a responsabilità limitata che aveva coinvolto nell’acquisto di alcuni beni prefabbricati. Due anni prima l’imputato era stato altresì condannato per il reato di truffa in danno di un’altra società a responsabilità limitata, commesso proprio attraverso un’ingannevole e falsa attribuzione della qualità di amministratore della società a responsabilità limitata. Davanti alla Corte di Cassazione è censurato il provvedimento di condanna per sostituzione di persona sostenendo che non avrebbe dovuto farsi luogo a nuovo giudizio in quanto vi sarebbe stato il medesimo fatto” diversamente qualificato nei due procedimenti penali. Ne bis in idem. Come noto, un processo penale non può essere azionato per un fatto” a carico di una persona” qualora sia già pendente un altro procedimento, anche se in fase e grado diversi, a condizione che sia la medesima sede giudiziaria e lo stesso ufficio del pubblico ministero. Il divieto può trovare applicazione anche successivamente alla fase delle indagini, qualora si dimostri che uno stesso soggetto è stato giudicato in qualsiasi sede giudiziaria due volte per lo stesso fatto. Argine ai rischi di abuso del processo”. Il divieto di bis in idem costituisce un rimedio a prassi deviate note come abuso del processo”. Il divieto ha carattere di principio generale dell’ordinamento e sono previsti, prima ancora della censura davanti alla Corte di Cassazione, strumenti atti ad evitare, già durante le indagini, la duplicazione dei procedimenti. Se c’è concorso formale di reati il divieto di bis in idem non opera. La preclusione non opera tra fatti già giudicati e irrevocabili e altri fatti ancora da giudicare se tra i primi e i secondi è configurabile un’ipotesi di concorso formale di reati. La configurabilità stessa dell’istituto del concorso formale di reati attesta la possibilità di perseguire e condannare uno stesso soggetto che, con un unico fatto, abbia realizzato più reati. Come noto sussiste concorso formale o ideale tra reati quando un soggetto, con un’unica azione od omissione, realizza più reati se la norma incriminatrice violata è la stessa si parla di concorso formale omogeneo, se più sono le norme violate con l’unica azione od omissione si avrà concorso formale eterogeneo . In altri termini, nell’eventualità di concorso formale di reati la stessa fattispecie di fatto” può infatti essere riesaminata sotto il profilo di differente violazione di legge, eventualmente non contestata nel primo procedimento. L’unico limite è rappresentato dalla circostanza che nel procedimento precedente sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell’imputato. La ratio della preclusione è evidente deve essere evitato un contrasto tra giudicati che abbiano genesi in un unico fatto se è proprio la sussistenza del fatto ad essere messa in discussione dal primo giudicato. Corrisponde, del resto, al predicato del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. il fatto che non solo debba esserci rispetto delle regole sulla ragionevole durata del processo e della parità delle parti in contraddittorio ma anche il diritto dell’imputato a non essere perseguito più d’una volta per l’identico fatto. Il primo procedimento riguardava il reato di truffa. Il procedimento penale oggetto di giudicato concerneva il reato di truffa commesso facendosi consegnare due box prefabbricati con la promessa di pagamento differito, dopo essersi presentato al venditore con la qualifica di amministratore di una società a responsabilità limitata. Il fuoco del primo giudizio, pertanto, si è consumato intorno all’artificio consistito nell’indurre il venditore ad accettare un mezzo di pagamento non idoneo perché non sorretto da adeguata provvista e del correlativo danno alla persona offesa la società venditrice . Il nuovo giudizio, invece, riguardava in via esclusiva l’attribuzione della falsa qualifica che costituisce fatto diverso e ulteriore rispetto a quello della condanna irrevocabile. Dalla fisionomia del reato di sostituzione di persona. Per consumare il reato è necessario che vi sia induzione in errore di una persona che sia gravida di effetti giuridici è infatti necessario che dalla sostituzione di persona o dalla falsa attribuzione di falso nome, falso stato o qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, sia perseguito il fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare un danno. Se l’induzione in errore non si verifica, può essere contestato solo il tentativo in presenza dell’idoneità e univocità degli atti realizzati . Le Sezioni Unite 2007 sono intervenute a dirimere un contrasto circa la natura del reato, giungendo alla conclusione che si tratta di reato plurioffensivo. Da un lato, è offeso l’interesse pubblico all’esatta individuazione, nello svolgimento della vita sociale e nei rapporti economici, della persona e delle sua qualità. La fattispecie tutela la pubblica fede in quanto gli inganni relativi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali costituiscono un’insidia alla fede pubblica e non solo alla fede privata e alla tutela civilistica del nome. Dall’altro, appunto, vi è offesa alla persona sostituita indebitamente esposta alle ripercussioni negative della sostituzione nel caso in esame la persona giuridica della società acquirente e il suo amministratore . all’esclusione del bis in idem. Dalla diversità dei beni giuridici oggetto di tutela penale deriva che non vi sia coincidenza tra sostituzione di persona e truffa neppure sotto il profilo del medesimo fatto” tra fatto giudicato e fatto da giudicare non vi è coincidenza dell’intera materialità degli elementi del reato condotta, nesso causale, evento , sicché, in definitiva, non sussiste la lamentata violazione di legge. Forse sarebbe stato più corretto chiedere la continuazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 gennaio – 21 marzo 2016, n. 11918 Presidente Bruno – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La corte d'appello di Lecce ha, con la sentenza impugnata, confermato quella emessa dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, che aveva condannato I.G. per essersi attribuito - falsamente - la qualità di amministratore della Mediterranea srl art. 494 cod. pen. . 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, lamentando la violazione dell'art. 649 cod. proc. pen Rileva di essere già stato condannato, con sentenza dei Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, del 28-3-2013, per il reato di truffa in danno della Anhanger Sud srl, commesso proprio attribuendosi falsamente la qualità di amministratore della Mediterranea sri. Pertanto, sostiene, non avrebbe potuto essere nuovamente giudicato, versandosi in una ipotesi di medesimezza dei fatto , seppur diversamente qualificato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. La preclusione del ne bis in indem non opera ove tra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un'ipotesi di concorso formale di reati , potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, salvo che nel primo giudizio sia stata dichiarata l'insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell'imputato Cass. n. 25141 del 15/4/2009 n. Vedi anche n. 50310 del 18-9-2014 . Nella specie, l'imputato è stato giudicato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa, commesso coi farsi consegnare due box prefabbricati con la promessa di pagamento differito, dopo essersi presentato al venditore con la qualifica di amministratore della Mediterranea srl. Il primo giudizio ha avuto ad oggetto, principalmente, l'artifizio consistito nell'indurre il venditore ad accettare un mezzo di pagamento inidoneo, perché non sorretto da adeguata provvista, e il danno per la persona offesa. II presente giudizio ha ad oggetto, esclusivamente, l'attribuzione della falsa qualifica, che costituisce fatto diverso e ulteriore rispetto a quello per cui è intervenuta condanna. L'art. 494 cod. pen. contempla, infatti, un reato plurioffensivo, in cui è compresa sia l'offesa ad un interesse pubblico l'esatta individuazione - nella svolgimento della vita sociale e dei rapporti economici - della persona o delle sue qualità , sia l'offesa alla persona sostituita in questo caso, la Mediterranea srl ed il suo amministratore , indebitamente esposta alle ripercussioni negative della sostituzione. La truffa è, invece, reato che offende il patrimonio. Univoco è, pertanto, l'indirizzo giurisprudenziale, che afferma la sussistenza dei concorso tra il delitto in esame e quello di truffa, sia per la diversità dei beni giuridici tutelati, sia perché la sostituzione di persona non costituisce un elemento necessario della truffa Cass., n. 49227 del 10/12/2009 Sez. 6, n. 9470 del 5/11/2009 Sez. 2, n. 35443 del 6/7/2007 . La diversità dei beni giuridici che sono oggetto della tutela consente quindi di affermare che, anche sotto il profilo dell'idem factum, non vi sia coincidenza tra la sostituzione di persona e la truffa, perché tra il fatto giudicato e quello da giudicare non vi è coincidenza dell'intera materialità dei reato nei suoi tre elementi, costituiti da condotta, evento e nesso causale, attenendo l'offesa all'evento del reato. Consegue a tanto che ilo ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.