Coniuge viola obblighi assistenziali: redditi della famiglia non computabili per l’ammissione al gratuito patrocinio

L’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art 76 del d.P.R. n. 115/2002, non deve basarsi sul complessivo reddito del nucleo familiare, qualora il richiedente sia imputato di reati contro la famiglia.

Lo ribadisce la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n 11902/2016, depositata il 21 marzo. La revoca del beneficio sulla base delle informazioni dell’Agenzia delle Entrate sul mancato computo dei redditi familiari. Con il provvedimento del gip del Tribunale di Campobasso, emesso in data 8 luglio 2015, era revocata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in quanto l’Agenzia delle Entrate segnalava con propria nota che il complessivo reddito dell’imputato superava i limiti stabiliti dalla legge in quanto non erano stati computati anche i redditi percepiti dal componenti del nucleo familiare. I redditi familiari non sono computabili qualora siano contestati reati contro la famiglia all’imputato. Sul punto, sia l’imputato che il Procuratore Generale deducevano che erroneamente l’ufficio finanziario chiedeva di computare i redditi percepiti dal nucleo familiare in quanto erano contestati all’imputato reati contro la famiglia, in particolare la violazione dell’art 570 c.p. tanto che la ex moglie e i figli assumevano il ruolo di persone offese nel giudizio. Pertanto non poteva tenersi conto dei redditi percepiti dal coniuge in stato di separazione di fatto. La IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie il ricorso sul punto, ribadendo come la Corte regolatrice ha affermato che nella determinazione del reddito complessivo, rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge in stati di separazione di fatto, giacché quest’ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare sez. IV, sentenza n 29302 del 24 aprile 2014 . Pertanto richiamando tale principio al caso di specie, posto che l’imputato è imputato del reato di cui all’art 570 c.p. a danno dei figli e della moglie, tale circostanza oggettiva non può non far propendere per l’insussistenza delle condizioni per computare, ai fini della determinazione del reddito riferibile al soggetto richiedente l’ammissione al patrocinio, del patrimonio dei componenti del nucleo familiare.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 – 21 marzo 2016, n. 11902 Presidente Blaiotta – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. P.F., nella sua qualità di amministratore di sostegno di P. L., ha proposto ricorso per cassazione, avverso il provvedimento del G.i.p. dei Tribunale di Campobasso, emesso in data 8.07.2015, con il quale è stata revocata l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già disposta dal G.i.p. procedente, con provvedimento del 4.03.2011, in favore di P. L La ricorrente denuncia la violazione dell'art. 76, d.P.R. n. 115/2002 . Osserva che la revoca dei beneficio è stata disposta sulla base delle informazioni rese dalla Agenzia delle Entrate, con nota in data 8.07.2015, dalla quale emergeva che il complessivo reddito dei nucleo familiare di L. P. superava i limiti stabiliti dalla legge per l'ammissione al patrocinio. La parte osserva che erroneamente l'Ufficio finanziario ha computato anche ì redditi percepiti dai componenti dei nucleo familiare, anziché il solo reddito percepito dall'esponente, in violazione dell'art. 76, comma 4, d.P.R. n. 115/2002, giacché nel caso sussiste un conflitto tra gli interessi dei richiedente e quelli degli altri componenti del nucleo familiare. Ciò in quanto al P., nell'ambito dei presente procedimento, si contestano reati contro la famiglia, tanto che la ex moglie ed i figli hanno assunto la qualità di parti offese. 2. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha rilevato che effettivamente il P. risulta rinviato a giudizio per il reato di cui all'art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie e che, conseguentemente, ai fini della ammissione al beneficio, non può tenersi conto dei redditi percepiti dal coniuge in stato di separazione di fatto. Sulla scorta di tali rilievi, la parte pubblica ha chiesto l'annullamento senza rinvio dei provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso che occupa muove alle considerazioni che seguono. Si osserva primieramente che la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha chiarito che l'impugnabilità dei decreto di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, mediante ricorso per cassazione, attiene alla sola ipotesi di revoca disposta su richiesta dei competente ufficio finanziario, come avvenuto nel caso di specie il giudice ha provveduto su conforme richiesta della Agenzia delle Entrate in data 19.05.2015 . Siffatto approdo ermeneutico, sostenuto dalle Sezioni unite di questa Corte nell'assetto normativo antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito in legge 17 agosto 2005, n. 168 cfr. Cass. Sez. U 14 luglio 2004 n. 36168, Rv. 228666 , va mantenuto anche con riguardo alla nuova formulazione del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 112 e 113, di guisa che il ricorso immediato per cassazione deve ritenersi ammesso nella sola ipotesi di revoca dell'ammissione al patrocinio in seguito a richiesta dell'Agenzia delle Entrate, mentre in tutte le altre ipotesi occorre proporre ricorso ex art. 99, d.P.R. n. 115 del 2002, al Presidente dell'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha disposto la revoca. Detta ricostruzione del sistema è avvalorata, sul piano letterale, dalla limitazione dei ricorso per cassazione al solo decreto che decide sulla richiesta di revoca ai sensi dell'art. 112, comma 1, lett. d - ove il termine richiesta allude evidentemente a un'iniziativa dell'ufficio finanziario competente - e, sul piano sistematico, dalla considerazione che la revoca d'ufficio solitamente comporta una serie di valutazioni in fatto difficilmente contrastabili in sede di legittimità. 2. Ciò posto, deve rilevarsi che il ricorso risulta fondato. La Corte regolatrice ha affermato che nella determinazione del reddito complessivo, rilevante ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge in stato di separazione di fatto, giacché quest'ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare Sez. 4, Sentenza n. 29302 del 24/04/2014, dep. 04/07/2014, Rv. 262236 . Orbene, applicando il richiamato principio di diritto al caso di specie, deve rilevarsi che P. è chiamato a rispondere del delitto di violazione degli obblighi assistenziali di cui all'art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie, evenienza indicativa della insussistenza delle condizioni per computare, ai fini della determinazione del reddito riferibile al soggetto richiedente l'ammissione al patrocinio, gli emolumenti percepiti dai singoli soggetti che formalmente compongono il nucleo familiare. Si osserva che la motivazione posta a fondamento del provvedimento oggi impugnato - basata sul mero riferimento alla nota della Agenzia delle Entrate, sopra richiamata - induce a rilevare che il giudicante abbia decretato la revoca del beneficio sulla base dei superamento dei limiti reddittuali, evidenziato dalla Agenzia delle Entrate, proprio in ragione del computo degli emolumenti percepiti dai diversi componenti del nucleo familiare dei P 3. In conclusione, si impone l'annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Campobasso, per nuovo esame. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Campobasso.