La fiducia nel rispetto altrui delle norme non esonera dalla responsabilità nel caso di incidente stradale

L’accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di uno degli utenti della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti generali di comune prudenza non può far presumere di per sé l’esistenza della causalità tra il suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quanto sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa ciò perché, per poter affermare la responsabilità, occorre non solo la causalità materiale tra la condotta e l’evento dannoso, ma anche la c.d. causalità della colpa, ossia la dimostrazione del nesso in concreto tra la condotta violatrice e l’evento.

Con la sentenza n. 11642 depositata il 18 marzo 2016 la Quarta sezione Penale della Corte di Cassazione interviene in tema di sinistri stradali pronunciandosi in materia di incidenti da circolazione stradale. Mancato rispetto dello stop. Nel caso di specie il ricorrente, sebbene assolto dal giudice di prime cure, era riconosciuto colpevole in sede di appello per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale commesso, a seguito di incidente stradale provocato mentre era alla guida del proprio autoveicolo, in quanto non avendo rispettato uno stop ed essendo avanzato significativamente oltre la linea dello stop, aveva determinato la vittima, conducente di un motoveicolo che procedeva sulla strada avente diritto di precedenza, ad una manovra improvvisa di frenata che determinava la perdita di controllo del mezzo e il successivo urto, con esiti mortali, con altro motoveicolo procedente nell’opposta corsia di marcia. Il giudice della Corte di appello territoriale motivava il suo giudizio ritenendo il ricorrente attuale colpevole sotto il profilo della colpa, evidenziando il suo comportamento violativo dell’art. 145 del codice della strada, quando era avanzato con la propria vettura oltre il segnale dello stop per due metri, senza che alcuna giustificazione potesse argomentarsi dalla presenza di un autobus posteggiato nei pressi dell’intersezione, che impediva la visuale. In realtà, proprio tale situazione attestava la determinazione consapevole dell’imputato di violare la regola cautelare suindicata. Prudenza e diligenza. Un ulteriore importante elemento di valutazione era fornito dal giudice di appello che escludeva rilievo interruttivo alla velocità tenuta in ipotesi dal conducente del motoveicolo, richiamando il principio secondo cui il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza nell’impegnare un crocevia deve usare la prudenza e diligenza necessarie ad eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti siano a loro volta gravati dall’obbligo di rallentare in prossimità dell’incontro, giacché l’eccessiva velocità di questi ultimi, può rappresentare solo una causa concorrente dell’incidente, di per sé non sufficiente ad escludere la responsabilità dello stesso conducente. In sede di ricorso, al contrario, la difesa dell’imputato contestava la determinazione di ricondurre l’incidente alla sola condotta dell’imputato, non essendo stato considerato che nello specifico si erano verificati i presupposti della causa sopravvenuta interruttiva del nesso causale rappresentata dalla condotta imprudente della vittima. Come si è già visto, i Giudici della Suprema Corte, pronunciandosi sul principio di diritto applicabile al caso concreto, evidenziano che il giudice di appello ha ritenuto che proprio la modalità con cui l’imputato aveva impegnato la strada, lungi dall’essere irrilevante, aveva determinato l’accadimento, in quanto il motociclista era stato determinato a quella improvvisa manovra di frenatura del mezzo che lo aveva portato a perdere il controllo dello stesso. Fiducia nel rispetto altrui delle norme. Precisano inoltre i Giudici di Piazza Cavour che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili e comunque colposi, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. In definitiva – come si legge nella sentenza in commento – il conducente risponde anche dei comportamenti altrui, sia pure non corretti, quando essi rappresentino prevedibili eventi nella circolazione stradale. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 febbraio – 18 marzo 2016, n. 11642 Presidente Romis – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto F.A. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con la quale la Corte di appello, riformando la sentenza assolutoria del Tribunale, l'ha riconosciuto colpevole dei reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulle circolazione stradale commesso in danno di G.L., a seguito di incidente stradale provocato mentre era alla guida del proprio veicolo, in quanto, non avendo rispettato uno stop ed essendo avanzato significativamente oltre la linea dello stop, aveva determinato il G., conducente di motoveicolo che procedeva sulla strada avente diritto di precedenza, ad una manovra improvvisa di frenata che determinava la perdita di controllo del mezzo e il successivo urto, con esiti mortali, con altro motoveicolo procedente nell'opposto corsia di marcia. Il giudice di appello, preso atto della incontestata ricostruzione degli accadimenti, ne traeva conseguenze diverse in punto di responsabilità e, in particolare, motivava il relativo giudizio sotto il profilo della colpa sottolineando il comportamento violativo dell'articolo 145 del codice della strada tenuto dall'imputato, allorquando era avanzato con la propria vettura al di là del segnale di stop per oltre due metri, senza che alcuna giustificazione [diversamente da quanto opinato in primo grado] potesse argomentarsi dalla presenza di un autobus posteggiato nei pressi dell'intersezione, che impediva la visuale anzi, proprio tale situazione attestava la determinazione consapevole dell'imputato di violare la regola cautelare suindicata. La Corte territoriale argomentava poi il giudizio relativo al nesso di causalità attraverso la ricostruzione della dinamica dell'incidente, che si riteneva originato proprio dall'improvvida manovra dell'imputato, che aveva determinato quella successiva dei conducente del motoveicolo poi deceduto. Il giudice di appello escludeva poi rilievo interruttivo alla velocità tenuta in ipotesi dal conducente del motoveicolo, richiamando il principio secondo cui il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza nell'impegnare un crocevia deve usare la prudenza e diligenza necessarie ad eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti siano a loro volta gravati dall'obbligo di rallentare in prossimità dell'incrocio, giacché l'eccessiva velocità di questi ultimi, se non costituisce un fatto sopravvenuto, può rappresentare soltanto una causa concorrente dell'incidente eventualmente occorso, di per sé non sufficiente ad escludere la responsabilità dello stesso conducente [Sezione IV, 8 luglio 2008, Ianniello ed altro]. E' stato quindi affrontato il tema della causalità della colpa , sostenendosi attraverso una ricostruzione degli eventi che l'evento dannoso aveva trovato la sua causa proprio nella violazione contestata all'imputato sotto il profilo di colpa specifica. Con il ricorso, articolato in diversi motivi, si contesta il giudizio di responsabilità. In particolare, sotto il profilo causale, si contesta la determinazione di ricondurre l'incidente alla sola condotta dell'imputato, mentre non sarebbe stato considerato che, nello specifico, si sarebbero verificati i presupposti della causa sopravvenuta interruttiva del nesso causale, rappresentata dalla condotta imprudente della vittima. In questa prospettiva, si sostiene, altresì, che la ricostruzione dell'incidente avrebbe accreditato il travisamento del giudicante, che non aveva considerato come la manovra dell'imputato aveva comunque lasciato al conducente del veicolo libera tutta la corsia esterna, sicchè la manovra di quest'ultimo era da addebitare solo alla condotta di guida imprudente [velocità inadeguata]. In ogni caso, la condotta di guida della vittima non era stata considerata neppure ai fini del trattamento sanzionatorio e a quella civili. Difettava infine motivazione sulla richiesta di non menzione. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Quanto al ricostruito giudizio di responsabilità, va ricordato che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determina zione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione Sezione IV, 5 dicembre 2007, Proc. Rep. Trib. Forlì in proc. Benelli nonché, Sezione IV, 12 dicembre 2008, Spinelli . Qui risulta che il giudicante ha fatto buon governo dei propri poteri valutativi, nel ricostruire l'incidente, attraverso una approfondita disamina delle risultanze sopra riportate. In tal modo, in modo logico e coerente è stato ricostruito l'addebito cautelare e, con esso, è stato dimostrato il nesso eziologico rispetto alla verificazione dell'incidente. In questa prospettiva, la doglianza è squisitamente di merito, perché suppone una rinnovata e diversa lettura degli elementi valutati a fini di prova dal giudice. Anzi va osservato come il giudice di appello, nel riformare la decisione liberatoria del primo giudice, ha rispettato il principio secondo cui, quando la sentenza di appello riforma in modo totale il giudizio assolutorio di primo grado, essa deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della sua decisione, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalle parti nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati Sezione IV, 17 gennaio 2014, Lo Turco ed altri . Di rilievo sotto questo profilo, la rinnovata considerazione delle evenienze fattuali dell'incidente, che ha portato a ritenere acclarate le posizioni dei veicoli, le modalità di guida, la violazione cautelare posta in essere dall'imputato [articolo 145 del codice della strada], la rilevanza di questa nella eziologia dell'incidente anche a fronte della condotta di guida tenuta dalla vittima. Attenta è stata la disamina della rilevanza causale della colpa come accertata [l'avere il prevenuto impegnato la corsia di pertinenza del motociclista, violando il disposto dell'articolo 145 del codice della strada], in ossequio al principio secondo cui, in materia di incidenti da circolazione stradale, l'accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di uno degli utenti della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti generali di comune prudenza non può di per sé far presumere l'esistenza della causalità tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa ciò perché, per poter affermare la responsabilità, occorre non solo la causalità materiale tra la condotta e l'evento dannoso, ma anche la c.d. causalità della colpa ossia la dimostrazione del nesso in concreto tra la condotta violatrice e l'evento Sezione IV, 18 maggio 2011, parte civile Longo ed altri in proc. Mercurio ed altro . Nella specie, con valutazione di fatto non rinnovabile, il giudice ha ritenuto che proprio la modalità con cui l'imputato aveva impegnato la strada, lungi dall'essere irrilevante, aveva determinato l'accadimento, giacchè il motociclista era stato determinato a quella improvvisa manovra di frenatura del mezzo che lo aveva portato a perdere il controllo dello stesso. Va anzi soggiunto, a completamento, l'ulteriore rilievo che, poichè le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili e comunque colposi [tema qui evocato in relazione alla prospettata condotta di guida dei motociclista che si assume in ricorso avrebbe tenuto una velocità inadeguata], la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. In altri termini, il conducente risponde anche dei comportamenti altrui, sia pure non corretti, quando essi rappresentino prevedibili eventi nella circolazione stradale Sezione IV, 14 febbraio 2008, Notarnicola ed altro circostanza che elide rilievo agli argomenti difensivi basati sulla attribuita rilevanza esclusiva del comportamento dei conducente della moto. La Corte di merito va poi osservato non ha affatto mancato di considerare [anche] la condotta di guida del motociclista [tra l'altro privo di casco], come assunto invece in ricorso, proprio anche ai fini del trattamento sanzionatorio. Poiché, peraltro, vi è stata solo condanna generica al risarcimento del danno, correttamente non si è in tale sede approfondito il rilievo della colpa della vittima infatti, il giudice penale, nell'ipotesi di condanna generica, deve pronunciarsi solo sull 'an debeatur , e non anche sul quantum , non essendo conseguentemente tenuto a stabilire la percentuale della colpa o della concorrente condizione posta in essere dall'autore dei fatto [Sezione III, 25 febbraio 2009, Mattiolo]. Infondata è, infine, la doglianza relativa alla mancata concessione anche dei beneficio della non menzione. Va ricordato che il beneficio della non menzione della condanna nel certificato dei casellario giudiziale è diverso da quello della sospensione condizionale della pena perché, mentre quest'ultima ha l'obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un'efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, sicché non è contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell'altro Sezione VI, 14 giugno 2012, Dei Gatto, rv. 253484 . In altri termini, il beneficio della non menzione della condanna di cui all'articolo 175 c.p. è fondato sul principio dell’ emenda , e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale, sicché la sua concessione è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena. Ciò che rileva, però, nel caso in esame, è che tale beneficio, come risulta dalla visione degli atti, ivi compreso il verbale contenente la precisazione delle conclusioni in appello, imposta dalla natura della censura, non è stato richiesto al giudice di appello, con la conseguente insussistenza dell'obbligo di motivazione da parte della Corte di merito, arg. ex Sezione III, 3 aprile 2014, Cangemi, rv. 259667 . Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e a rimborsare alla parte civile, presente all'odierna udienza, le spese sostenute per questo giudizio, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché a rimborsare alla parte civile le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.