La Cassazione convalida la nozione restrittiva della c.d. “quasi flagranza”

Secondo un’interpretazione restrittiva della quasi flagranza”, l'inseguimento del prevenuto deve derivare dalla diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria.

Con la sentenza n. 11374/16, depositata il 17 marzo, la Suprema Corte interviene su un tema eminentemente procedurale, incluso tra i punti nevralgici in cui si scontrano rapidità d'intervento della polizia giudiziaria – corollario della funzione di ricerca degli autori dei reati – e garanzie per la libertà personale. In particolare, analizza il requisito della c.d. quasi flagranza, in un caso in cui le indagini di poco successive all'evento avevano condotto gli investigatori al prevenuto. Lo fa, confermando l'esegesi ad oggi prevalente, ratificata anche, almeno apparentemente, dal recente intervento delle Sezioni Unite del quale, tuttavia, ignora l’ iter motivo, essendo attualmente disponibile la sola informazione provvisoria . Il caso. L'inchiesta si era sviluppata nel breve volgere di una notte all'interno di una residenza universitaria milanese, infatti, uno studente, dopo essersi ubriacato, decideva di recarsi presso la camera della sua ex fidanzata giunto dinanzi alla porta, cominciava a bussare insistentemente, costringendo la ragazza, per fermare il frastuono e chiedergli di andarsene, ad affacciarsi sulla soglia della stanza. Avutane la possibilità, tuttavia, faceva irruzione e, dopo aver gettato la vittima sul letto, metteva in atto la contestata violenza sessuale, generando le lesioni confermate dalla visita ginecologica operata presso il locale nosocomio, al quale la vittima era stata accompagnata dai poliziotti intervenuti. Questi ultimi, raccolte le sue dichiarazioni e visionato il filmato delle videocamere di sicurezza presenti nell'edificio – che mostravano fotogrammi coerenti con il racconto della persona offesa – avevano rintracciato circa due ore dopo l'aggressore, che dormiva profondamente nella sua stanza, procedendo all'arresto. Il competente Giudice per le Indagini Preliminari, però, non convalidava la misura precautelare, ritenendo da un lato, che fosse frutto non di quanto emerso nel corso dell'intervento della pattuglia, ma dei successivi accertamenti compiuti, sul luogo, dagli operanti dall'altro, che la persona offesa avesse sporto querela solo a mattina inoltrata e mancasse pertanto, al momento della sua applicazione, uno dei presupposti indefettibili previsti dall'art. 381, comma 3, c.p.p Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica, lamentando, per un verso, l'erronea applicazione della legge processuale, che, secondo l'insegnamento della stessa Corte di legittimità, includerebbe nella nozione di inseguimento il complesso delle attività poste in essere dalla polizia giudiziaria una volta appresa la notitia criminis e, per l'altro, che l'arrestato era stato sorpreso, in ogni caso, con tracce dalle quali appariva di poco antecedente la consumazione del delitto. La sentenza. La III Sezione – su parere conforme del Procuratore generale – rigetta il ricorso, approvando l'operato del gip ambrosiano. Nel rituale riepilogo del giudizio a quo , l’Estensore dà conto della requisitoria scritta presentata dall'Ufficio Inquirente, in cui, riprendendo le argomentazioni utilizzate dal Giudice della cautela, si esprime la netta preferenza per l'alternativa più garantista espressa dalla giurisprudenza di ultima istanza. La parte motiva, dopo aver riassunto rapidamente i contrapposti indirizzi ermeneutici, spiega in modo convincente le ragioni che supportano la scelta degli Ermellini, descrivendo gli interessi sottesi alle diverse opzioni ed i rischi di un’opinione divergente. L'istituto della c.d. quasi flagranza”. Il cuore della pronuncia insiste proprio sulla nozione di quasi flagranza”. Si tratta della condizione che, a mente dell'art. 382, comma 1, c.p.p., riguarda chi, subito dopo il reato, sia inseguito – tanto dalla polizia giudiziaria, quanto da altri – ovvero sorpreso con cose o tracce dalle quali risulti sostanzialmente in modo indiscutibile la commissione del fatto. Due gli orientamenti sviluppatisi negli anni secondo una prima corrente, sarebbe sufficiente una correlazione tra l’azione illecita e la restrizione della libertà che, seppur non con immediatezza, consenta di ricondurre il fatto alla persona, sulla base della continuità del controllo del reo da parte degli operanti per altri, invece, può integrare l’inseguimento solo l’immediata, autonoma e diretta percezione del fatto da parte degli agenti, che non può, quindi, trovar causa nella denuncia della persona offesa, in sommarie informazioni rese dai presenti o in dichiarazioni autoaccusatorie dello stesso prevenuto. Il Collegio, richiamando il precedente arresto del Massimo Consesso interpretativo Cass., SS. UU. Pen., 25 novembre 2015, Pres. Santacroce, Rel. Davigo, P.M. in proc. Ventrice , propende per la seconda linea ermeneutica, tanto per la maggior coerenza con l’ordinamento processuale, che richiede, per disporne la cautela, un collegamento inequivoco tra reato e reo, quanto per l’indispensabile bilanciamento tra l’eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria del potere di incidere su una libertà costituzionalmente pluri tutelata e la quasi certezza della colpevolezza di chi sia oggetto di tale provvedimento. L'assenza della condizione di procedibilità. A margine di tali assorbenti notazioni, la Corte conferma anche sotto altro profilo la decisione del gip lombardo, precisando, coerentemente con l’impostazione prevalente degli interpreti e la lettera della norma, che l’arresto facoltativo in flagranza non può essere eseguito, per reati procedibili a querela, quando tale condizione non sia già integrata al momento della misura – anche oralmente nell’immediatezza dei fatti – com’era nel caso di specie l’indagato era stato bloccato alle 6.30, mentre la querela era stata sottoscritta solo alle 10.40 . Conclusioni. La decisione in esame, resa in un contesto nel quale la stessa Procura Generale ha censurato l’impostazione del Pubblico Ministero locale, rappresenta una delle prime applicazioni di un principio di diritto da poco espresso dalle Sezioni Unite Penali, che restringe la nozione di quasi flagranza, facendo giustizia di un’esegesi che, sebbene minoritaria, risultava potenzialmente pericolosa in una materia così delicata. In motivazione, fa buon governo degli strumenti interpretativi, esponendo sinteticamente le coordinate della questione e prendendo posizione in modo lineare ed organico, fornendo, così, indicazioni chiare ai magistrati territoriali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 febbraio – 17 marzo 2016, numero 11374 Presidente Amoresano -–Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza adottata il 24.2.2015 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano non convalidava l’arresto di P.G. , operato da personale della Polizia di Stato di Milano il 22.2.2015, in relazione al reato di cui agli artt. 609 bis, 609 ter, comma 1 numero 5 quater cod. penumero perché con violenza costringeva M.D.N.M.O. , cui era stato in precedenza legato da relazione affettiva, a subire atti sessuali reato commesso in omissis . Come si evince dal contenuto del provvedimento impugnato, il 22.2.2015, alle ore 6.30 circa, una volante della Polizia di Stato di Milano, su richiesta del Servizio chiamate d’emergenza 113, si era recata presso il Campus universitario omissis , sito in via omissis , dove, come segnalato, una ragazza era stata vittima di violenza sessuale. Giunti sul posto gli agenti operanti avevano immediatamente individuato la persona offesa M.D.N.M.O. , cittadina panamense in Italia per motivi di studio. La predetta riferiva che intorno alle ore 5.00 P.G. , dopo averla chiamata al telefono, si era presentato alla porta della sua camera, bussando con insistenza per evitare che ciò arrecasse disturbo agli altri ospiti della struttura, aveva socchiuso la porta per invitarlo ad andarsene, ma il P. , visibilmente ubriaco, entrava nella stanza e gettava la ragazza sul letto, ove perpetrava l’atto di violenza sessuale, toccandole il seno, infilandole le dita in vagina e provocandole un acuto dolore e sanguinamento solo con estrema fatica la ragazza riusciva ad alzarsi dal letto ed a convincere il P. ad uscire dalla stanza. La M.D. veniva trasportata mediante autolettiga presso la Clinica omissis , ove veniva sottoposta a visita ginecologica presso il centro omissis , le cui risultanze confermavano l’episodio di violenza sessuale riferito, che successivamente veniva riportato nella querela. Il personale della Polizia di Stato, quindi, trovava il P. pesantemente addormentato all’intero della sua camera la numero 301 il P. , con pesante alito alcolico dichiarava di aver trascorso la serata insieme ad amici e di essere rientrato alle 5.00 e, poi, ammetteva di essere passato dalla stanza di una ragazza con cui aveva avuto una relazione sentimentale la visione da parte degli operanti del filmato, ripreso dalla telecamera di sicurezza installata presso la residenza universitaria, evidenziava che il P. era entrato nella camera della persona offesa alle 5.23.22 e ne era uscito alle ore 5.47.22, in orari e modi perfettamente compatibili con il racconto della persona offesa. Il giudice per le indagini preliminari, in sede di udienza di convalida, non convalidava l’arresto del P. , ritenendo che nel caso di specie non sussistesse il requisito della quasi flagranza , atteso che il personale della Polizia di Stato è intervenuto quando ormai era cessato lo stato di flagranza il P. era infatti già rientrato spontaneamente da qualche tempo nella propria stanza, non inseguito da alcuno, si era pesantemente addormentato e non recava su di sé alcuna traccia di quanto accaduto osservava, poi, che la querela della persona offesa era stata sporta solo alle 10.40 e che dal verbale di arresto non risultava indicata la volontà punitiva espressa da costei al momento dell’intervento della Volante, concludendo che ostava, comunque, all’arresto il disposto dell’art. 381 comma 3 cod. proc. penumero . 2. Avverso la summenzionata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, articolando i seguenti motivi ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b cod. proc. penumero inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 382 comma 1 cod. proc. penumero nella parte in cui si nega la sussistenza dei requisiti della quasi flagranza e erronea applicazione dell’art. 380 cod. proc. penumero nella parte in cui si assume l’insussistenza della querela. Il ricorrente deduce, quanto al primo profilo, che, secondo orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel concetto di inseguimento deve ricomprendersi il complesso dell’azione di ricerca, immediatamente posta in atto dalla polizia giudiziaria dopo essere venuta a conoscenza di un fatto reato, come avvenuto nella specie aggiunge che, inoltre, rileva, ai fini della configurabilità dello stato di quasi flagranza anche la circostanza, pure verificatasi nella specie, che l’arrestato venga sorpreso con tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima . Con le conclusioni scritte depositate il 19.5.2015, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione chiede che il ricorso sia rigettato, ritenendo che, tra i diversi orientamenti emersi nella giurisprudenza di legittimità, sia da preferire quello fatto proprio dal giudice per le indagini preliminari, in base al quale non sussiste la condizione di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi osserva, inoltre, che del pari condivisibile è la valutazione effettuata dal Giudice per le indagini preliminari in merito alla carenza di un presupposto preliminare ed assorbente rispetto alla ravvisabilità o meno della quasi flagranza e, cioè, del fatto che, ai momento dell’arresto, la persona offesa non aveva ancora presentato querela né espresso il proposito, anche soltanto orale, di presentarla, come poi avvenuto quattro ore dopo l’arresto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. va premesso che costituisce ius receptum il principio secondo il quale, in sede di convalida dell’arresto, il giudice, oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 c.p.p., comma 3 e art. 390 c.p.p., comma 1, deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. penumero , in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all’applicabilità delle misure cautelari coercitive , né l’apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito Sez. 6, numero 48471 del 28/11/2013, P.M. in proc. Eebrihim, Rv. 258230 Sez. 6, numero 25625 del 12/04/2012, P.M. in proc. Scalici, Rv. 253022 Sez. 3, numero 35962 del 07/07/2010, P.M. in proc. Pagano, Rv. 248479 Sez. 6, numero 6878 del 05/02/2009, P.M. in proc. Perri, Rv. 243072 Sez. 6, numero 21984 del 21/04/2008, P.M. in proc. Guidi, Rv. 240369 . Nella specie, il Giudice per le indagini preliminari ha negato la legittimità dell’arresto operando un sostanziale controllo proprio su uno dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto ossia sullo stato di quasi flagranza che la polizia giudiziaria aveva ritenuto erroneamente esistente per adottare il provvedimento precautelare. 3. Come è noto, lo stato di quasi flagranza è una delle forme che può assumere lo stato di flagranza, presupposto indefettibile per procedere all’arresto, obbligatorio art. 380 c.p.p. o facoltativo art. 381 c.p.p. , dell’autore di un reato da parte della polizia giudiziaria o del privato, nel caso contemplato dall’art. 383 c.p.p. . L’art. 382, comma 1 cod. proc. penumero dopo avere definito lo stato di flagranza in senso stretto, caratterizzante colui il quale viene colto nell’atto di commettere il reato, descrive come la quasi flagranza la condizione in cui versa chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima . L’esatta individuazione del significato della condizione di quasi flagranza è stata oggetto di diversa interpretazione da parte della giurisprudenza di legittimità. Secondo l’orientamento, richiamato dal pubblico ministero ricorrente, la quasi flagranza presuppone una correlazione tra l’azione illecita e l’attività di limitazione della libertà che pur superando l’immediata individuazione dell’arrestato sul luogo del reato, permetta comunque la riconduzione della persona all’illecito sulla base della continuità del controllo, anche indiretto, eseguito dagli agenti della sicurezza in particolare, ricorre lo stato di quasi flagranza quando la polizia giudiziaria abbia proceduto all’arresto in esito a ricerche immediatamente poste in essere non appena avuta notizia del reato, anche se non subito concluse ma protratte senza soluzione di continuità cfr. Cass., sez. 1, 11/06/2014, numero 28246 . Secondo tale orientamento, dunque, la nozione di inseguimento del reo, utile per definire il concetto di quasi flagranza, deve essere intesa in senso più ampio di quello strettamente etimologico di attività di chi corre dietro, tallona e incalza, a vista, la persona inseguita, esprimendo tale nozione un concetto comprensivo anche dell’azione di ricerca, immediatamente eseguita, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità, sulla base delle ricerche immediatamente predisposte sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti, cfr. Cass., sez. 2, 10/11/2010, numero 44369, rv. 249169 nonché, nello stesso senso, Cass., sez. 1, 24.11.2011, numero 6916, rv. 252915 Cass., sez. 5, numero 2738/99 Cass., Sez. 4, numero 4348/2003 Cass., sez. 4, 20/6/2006, numero 29980 Sez. 3, numero 22136 del 06/05/2015,Rv.263663 . Tale orientamento non è condivisibile. Secondo l’orientamento prevalente e che questo Collegio condivide non sussiste, invece, la condizione di cosiddetta quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato come nel caso in esame per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi cfr. Sez.3,numero 34899 del 24/06/2015, Rv.264734 Cass., sez. 1 numero 43394, del 3.10.2014 rv. 260527 , sez. 4, 7.2.2013, numero 15912, rv. 254966 Sez. 5, numero 19078 del 31/03/2010, Festa, Rv. 247248 Sez. 6, numero 20539 del 20/04/2010, P.M. in proc. R., Rv. 247379 Sez. 2, numero 7161 del 18/01/2006, P.M. in proc. Morelli, Rv. 233345 Sez. 4, numero 17619 del 05/02/2004, P.M. in proc. Sakoumi ed altro, Rv. 228180 Sez. 5, numero 3032 del 21/06/1999, Carrozzino, Rv. 214473 . Non sussiste, quindi, lo stato di quasi flagranza, che rende legittimo l’arresto, se l’inseguimento da parte della polizia giudiziaria trovi causa non già nella diretta percezione dei fatti da parte della stessa polizia giudiziaria, ma nella denuncia della persona offesa, o nelle indicazioni di terze persone o, ancora, in dichiarazioni confessorie dello stesso accusato. In tali casi, infatti, come esplicitato in particolare, si richiederebbe inevitabilmente un apprezzamento di elementi probatori estranei alla ratio dell’istituto, caratterizzato, invece, da un’immediata, autonoma e diretta percezione dei fatti o delle tracce di da parte della polizia giudiziaria, nonché del loro collegamento inequivoco con l’indiziato Sez. 1, numero 6642 dell’11/12/1996, P.M. in proc. Palmarini, Rv. 207085 Sez.2, numero 35458 del 06/07/2007, Rv.237802 . Si è anche osservato che la dilatazione della nozione della quasi flagranza sino a prescindere dalla coessenziale correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso quantomeno attraverso le tracce rivelatrici della immediata consumazione, recate dal reo e il successivo intervento di privazione della libertà dell’autore del reato, deborda dall’ambito della interpretazione estensiva dell’art. 382 c.p.p., comma 1, in quanto l’eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria o al privato del potere di privare della libertà una persona trova concorrente giustificazione nella altissima probabilità e, praticamente, nella certezza della colpevolezza dell’arrestato. Ebbene, sono proprio la diretta percezione e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedenti all’arresto, che possono suffragare, nel senso indicato, la sicura previsione dell’accertamento giudiziario della colpevolezza Sez. 1 numero 43394, del 3.10.2014 rv. 260527, cit. . Le Sezioni Unite della Cassazione, con la recente decisione adottata in esito alla camera di consiglio dei 25 novembre 2015, Pres. Santacroce, Rel. Davigo, P.M. in proc. Ventrice informazione provvisoria , hanno avallato tale orientamento, fornendo soluzione negativa alla questione se può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nell’immediatezza dei fatti. 3. Neppure è condivisibile la deduzione del ricorrente in ordine alla ricorrenza dell’altra ipotesi di quasi flagranza, caratterizzata dalla sorpresa con cose o tracce dalle quali appaia che la persona abbia commesso il reato immediatamente prima. In tema di arresto nella quasi flagranza del reato, infatti, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato, pur non richiedendo la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la sorpresa non avvenga in maniera casuale, presuppone necessariamente l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o le tracce del reato e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o delle tracce Sez. 4, numero 46159 del 16/09/2008, Rv.241756 Sez. 4, numero 7305 del10/11/2009, dep. 23/02/2010, Rv. 246496 Sez. 5, numero 44041 del 03/07/2014, Rv. 262097 . Nella specie, difetta proprio l’elemento della stretta contiguità tra la commissione del fatto e la successiva sorpresa dell’autore di esso e, cioè, il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle tracce. 4. Risulta, infine, infondata anche la doglianza relativa alla ritenuta insussistenza della condizione di procedibilità. Il Giudice per le indagini preliminari ha correttamente rilevato che la querela era stata sporta solo successivamente all’arresto alle ore 10.40 e che dal verbale di arresto non risultava che la persona offesa al momento dell’intervento della volante avesse espresso la volontà punitiva. Questa Corte, infatti, ha affermato che è illegittimo l’arresto facoltativo in flagranza eseguito per un reato perseguibile a querela, qualora quest’ultima non sia stata proposta anche oralmente dalla persona offesa all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo, come richiesto dall’art. 381, comma terzo, cod. proc. penumero , non rilevando che essa sia stata sporta altrove nella stessa giornata Sez.3, numero 16385 del 28/03/2012, Rv. 252381 . 5. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso del P.M