La liberazione anticipata speciale può essere applicata solo ai detenuti in carcere

L’istituto della liberazione anticipata speciale prevede una distinzione tra il condannato in detenzione intramuraria e quello che sia stato ammesso a misura alternativa.

Popolazione carceraria e residente fuori dal circuito carcerario. Con la sentenza n. 11148 depositata il 16 marzo 2016, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione interviene sul tema della liberazione anticipata speciale, ribadendone l’applicabilità a quella che potremmo definire come popolazione carceraria” rispetto a chi si trovi all’esterno del circuito carcerario. Nel caso di specie, il Tribunale di Sorveglianza territoriale rigettava il reclamo del ricorrente avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza, che aveva riconosciuto il beneficio della liberazione anticipata per soli 45 giorni per un semestre, ma che soprattutto aveva ritenuto inapplicabile la liberazione anticipata speciale, considerato che per rilevanti meriti collaborativi e comportamenti era stato ammesso alla liberazione condizionale. In definitiva, il Tribunale aveva ritenuto di dover fare applicazione del disposto della legge n. 10 del 21 febbraio 2014, art. 4, comma 5, che stabilisce la non possibilità di accordare la liberazione anticipata nella misura di giorni 75 per semestre con riguardo a periodi di esecuzione della pena, avvenuti in regime di affidamento in prova o di detenzione domiciliare o comunque di detenzione presso il domicilio. Infatti, secondo il giudice del Tribunale il legislatore aveva inteso circoscrivere il beneficio per un periodo ben individuato ai soli detenuti in carcere e lo aveva escluso per i condannati in diverso regime di esecuzione penale, non avendo incluso i liberi condizionali. Ciò perché a differenza di quanto avviene per gli affidati in prova e per i detenuti domiciliari nessuna espressa disposizione di legge ne prevede la possibilità di accesso alla liberazione anticipata. Liberazione anticipata speciale. Al riguardo, secondo il Tribunale, risultava del tutto coerente l’applicazione estensiva del divieto alla liberazione anticipata per la similarità con l’affidamento in prova. In buona sostanza, per il Tribunale di Sorveglianza territoriale, nel giustificare la diversità di trattamento – con riferimento all’applicabilità della liberazione anticipata speciale - tra il detenuto in carcere ed il soggetto sottoposto a regimi alternativi evidenzia la diversità di situazione in cui tali soggetti vengono a trovarsi. Infatti, la scelta a fondamento di questo istituto da parte del legislatore era quella di incidere sul sovraffollamento carcerario e di compensare la condizione di detenuti con l’esclusione dei ristretti per titoli di cui all’art. 4 bis O.P Da qui il ricorso per cassazione e annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, anche per permettere la valutazione di questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, d.l. n. 146/2014 per assoluta irragionevolezza con il disposto di cui all’art. 3 e 27 Cost., nella parte in cui non si prevede per il detenuto in regime di liberazione condizionale di accedere al beneficio della liberazione anticipata speciale, anche in riferimento alle preclusione di cui al sopra citato art. 4 bis O.P Investita della questione, la Corte di Cassazione non può fare a meno di dichiarare infondato il ricorso, richiamandosi alla precedente giurisprudenza sul punto. Infatti – sostengono gli Ermellini – l’istituto della liberazione anticipata speciale prevede una distinzione tra il condannato in detenzione intramuraria e quello che sia stato ammesso a misura alternativa. E’ questo il motivo della intrinseca specialità della misura, che assume i connotati di uno strumento apprestato al fine di contribuire alla soluzione dell’annoso problema del sovraffollamento carcerario. Funzioni deflattive e risarcitorie. Pur non negando il perseguimento di finalità rieducative del condannato, visto il suo carattere di eccezionalità derivante anche dalla necessità di adeguarsi a pronunce della Corte Europea per i Diritto dell’Uomo, l’istituto risulta caratterizzato essenzialmente dall’assolvimento di funzioni deflattive e risarcitorie. Tale caratteristica – come si legge nel corpo della sentenza - segna lo scopo della misura che per essere realizzato in concreto postula l’effettiva permanenza del condannato presso gli istituti penitenziari, nei periodi di riferimento. Secondo i giudici di Piazza Cavour, non risulta sufficiente a tale scopo la sola protrazione del rapporto esecutivo, quando la sua attuazione avvenga con modalità che assicurano la permanenza all’esterno del circuito carcerario. Per questo motivo – chiosano i giudici del Palazzaccio – il legislatore, tenuto conto dalla equiparazione concettuale tra detenzione domiciliare e detenzione carceraria, ha precisato all’art. 4, comma 5, legge n. 10/2014 che dal beneficio speciale restano esclusi i condannati ammessi alla detenzione domiciliare, all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovassero agli arresti domiciliari, cioè a tutti i soggetti che a vario titolo sono ristretti in ambito domiciliare, in quanto categoria che, sotto tutti gli altri profili, sarebbe stata assimilabile a quella dei detenuti in carcere. L’assimilazione non può ravvisarsi, al contrario, per la distinta categoria dei soggetti ammessi a fruire della misura alternativa dell’affidamento in prova. In questo caso l’omessa inclusione della liberazione condizionale non costituisce il frutto di una lacuna o di una svista del legislatore, ma la necessaria conseguenza dell’intento di riservare il beneficio, eccezionale e temporaneo, della liberazione anticipata speciale ai soli detenuti in carcere. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 novembre 2015 – 16 marzo 2016, numero 11148 Presidente Cortese – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa in data 11-14 novembre 2014 il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava il reclamo, proposto dal C.G. , avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza di Roma del 4 luglio 2014, che aveva riconosciuto il beneficio della liberazione anticipata per soli giorni 45, per il semestre 17.11.2013, 17.5.2014 ed aveva ritenuto inapplicabile la liberazione anticipata speciale, considerato che il condannato per rilevanti meriti collaborativi e comportamentali era stato ammesso alla liberazione condizionale. Il Tribunale aveva ritenuto di dover fare applicazione del disposto della I. 21 febbraio 2014, numero 10, art. 4, che al comma 5 ha stabilito che la liberazione anticipata nella misura di giorni settantacinque per semestre non può essere accordata con riguardo a periodi di esecuzione della pena, avvenuti in regime di affidamento in prova o di detenzione domiciliare o comunque di detenzione presso il domicilio. Il divieto si sarebbe esteso anche alla liberazione condizionale. Il legislatore aveva inteso circoscrivere il beneficio per un periodo ben individuato ai soli detenuti in carcere e lo aveva escluso per i condannanti in diverso regime d’esecuzione penale. Non aveva incluso i liberi condizionali perché, a differenza di quanto avviene per gli affidati in prova art. 47 comma 12 bis ord. Penumero e per i detenuti domiciliari art. 54 comma 1 secondo periodo nessuna espressa disposizione di legge ne prevede la possibilità d’accesso alla liberazione anticipata ricavata invece in via ermeneutica, dalla giurisprudenza . Era, pertanto, coerente l’applicazione estensiva del divieto alla liberazione anticipata per le similarità con l’affidamento in prova. Del resto ammettere la liberazione anticipata speciale rispetto al libero condizionale ed escluderla rispetto all’affidato si sarebbe risolto in una ingiustificata incoerenza del sistema. Dichiarava, poi, il Tribunale di sorveglianza manifestamente infondata la questione subordinata di legittimità costituzionale, rilevando che la disciplina normativa della liberazione anticipata speciale è frutto di determinazioni discrezionali assunte dal legislatore nell’ambito dei propri poteri e che la sua ratio dà conto del diverso trattamento giuridico, spettante a costoro. Osservava che il detenuto in carcere e il soggetto sottoposto a regimi alternativi sono interessati da un rapporto di esecuzione penale ciò, tuttavia, non significa che le due categorie di soggetti si trovino nella stessa situazione. Non sarebbe, pertanto, corretto il richiamo all’art. 3 Cost La scelta a fondamento dell’istituto era quella di incidere sul sovraffollamento carcerario e di compensare la condizione di detenuti con esclusione dei ristretti per titoli di cui all’art. 4 bis O.P. D’altro canto l’esclusione dal maggior beneficio dei soggetti in espiazione di pena ex art. 4 bis O.P. non inciderebbe sull’intento compensativo, perseguito con la disciplina in discorso, né risulterebbero violazioni della parità di trattamento, poiché resta salva per i condannati in parola la possibilità di valersi del rimedio risarcitorio. Né l’esecuzione penale svolta in regime diverso vede mortificate le proprie finalità rieducative, giacché si riconosce, comunque, l’operatività della liberazione anticipata ordinaria per giorni 45 in ogni semestre. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del suo difensore, che ha dedotto a violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. penumero per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 4 D.L. numero 146 del 2013, anche nel testo convertito dalla l. numero 10/2014, 47 ter e 54 ord. penumero , alla L. numero 82 del 1991, art. 16-nonies, nonché agli artt. 3 e 27 Cost Ha quindi sostenuto che aveva domandato il riconoscimento della liberazione anticipata speciale, che il magistrato di sorveglianza aveva negato, solo perché si trovava in liberazione condizionale e, dunque, in esecuzione di pena in misura alternativa, peraltro non in via ordinaria, ma ai sensi della normativa speciale di cui all’art. 16-nonies della l. 82/1991, condizione che, prevedendo il requisito del ravvedimento, superava anche le preclusioni di cui all’ad 4-bis O.P Il rapporto esecutivo permaneva immutato nella sua natura, sia in esecuzione di pena, in regime di detenzione intramuraria, sia in espiazione in misure alternative non vi erano ragioni che potessero giustificare il diniego della liberazione anticipata per i semestri scontati in regime extra moenia . Criticava l’argomento secondo cui unica ratio della liberazione anticipata speciale fosse quello di ristorare i condannati reclusi in carcere per le pessime condizioni di restrizione , là dove si fosse al tempo ammesso che di ristoro siffatto non potessero fruire i condannati per delitti di cui all’art. 4-bis O.P. che per notorio sono sottoposti a regimi di maggiore restrizione e disagio . L’applicazione, poi, del regime di cui all’art. 16-nonies della L. 82/1991 imponeva una valutazione approfondita anche perché esso superava le preclusioni derivanti dall’art. 4-bis O.P Si è richiesto, dunque, accoglimento del ricorso e annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, anche per permettere la valutazione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 d.l. 146/2013 nel testo convertito dalla legge 10/2014, 47 ter e 54 ord. penumero , alla L. numero 82 del 1991, art. 16-nonies, per assoluta irragionevolezza della normativa, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui non prevede per il detenuto in regime di liberazione condizionale di accedere al beneficio della liberazione anticipata speciale anche in riferimento alla preclusioni di cui all’art. 4-bis o.p 3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta in data 13 aprile 2015 depositata il 24 aprile 2015 ha chiesto annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. 4. Nell’interesse del ricorrente in data 8-10-2015 è stata depositata memoria difensiva con cui si sono ribaditi gli argomenti a sostegno della tesi esposta nei motivi di ricorso. In difetto si è prospettata questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 27 Cost Osserva in diritto Il ricorso è infondato. 1. La decisione impugnata, sul pacifico presupposto che il C. nel periodo intercorso tra il 17.11.2013 ed 17.5.2014 aveva espiato pena detentiva in regime di liberazione condizionale, ai sensi dell’art. 16-nonies della legge nr. 8 del 1991, ha respinto il reclamo proposto dal condannato, odierno ricorrente. 1.1 Sul tema dell’applicabilità della liberazione anticipata speciale ai condannati sottoposti al regime della libertà condizionale questa sezione ha avuto già modo di pronunciarsi, in senso negativo, con le recenti sentenze numero 30102 del 26/3/2015, C. e nr. 34109 del 14/04/2015, Maiolino, entrambe non massimate, dai cui principi non si ritiene di potersi discostare. 1.2 L’art. 4 del d.l. numero 146 del 23 dicembre 2013, nel testo coordinato con la legge di conversione numero 10 del 21 febbraio 2014, stabilisce che, ad eccezione dei condannati per i delitti previsti dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, numero 354, e successive modificazioni, per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall’articolo 54 della stessa legge è estesa a settantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. Il quinto comma dell’art. 4 prescrive poi che Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai condannati ammessi all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, relativamente ai periodi trascorsi, in tutto o in parte, in esecuzione di tali misure alternative, né ai condannati che siano stati ammessi all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti domiciliari ai sensi dell’articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale . L’esecuzione della pena detentiva in regime di liberazione condizionale non è espressamente inserita tra le cause di inapplicabilità dell’istituto invocato. Ciò, tuttavia, non può indurre le conclusioni prospettate con l’impugnazione. 2 Vanno, di converso, disattese le obiezioni mosse in ricorso. L’istituto della liberazione anticipata speciale prevede una distinzione tra il condannato in detenzione inframuraria e quello che sia stato ammesso a misura alternativa. Proprio in ciò sta l’intrinseca specialità della misura, che assume i connotati di uno strumento apprestato al fine di contribuire alla soluzione dell’annoso problema del sovraffollamento carcerario. Valga l’inserimento dell’iniziativa nel contesto di misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria . Il legislatore è intervenuto nel settore penitenziario, per le sollecitazioni derivate dalla pronuncia della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo nel noto caso Torreggiani c/ Italia dell’8 gennaio 2013 e dalla Corte Costituzionale con la sentenza nr. 279 del 9 ottobre 2013. La prima pronuncia si pone quale antecedente vincolante, avendo imposto allo Stato Italiano l’adozione entro un anno di misure volte alla riduzione del numero di persone incarcerate. Anche il profilo sistematico conferma la specialità del nuovo regime premiale, inserito dal legislatore, non nel già esistente art. 54 ord. penumero , che si occupa della liberazione anticipata ordinaria, ma in norma espressamente dedicata, ad evidenziarne la natura di rimedio eccezionale e temporalmente delimitato nella sua applicazione in favore dei detenuti per il solo periodo di due anni dalla vigenza del provvedimento legislativo che l’ha disposto e di quanti abbiano già fruito della liberazione anticipata nel periodo decorso dal 1 gennaio 2010. Pur non negandosi il perseguimento di finalità rieducative del condannato l’istituto è caratterizzato essenzialmente dall’assolvimento di funzioni deflattive e risarcitorie. Caratteristica siffatta segna lo scopo della misura che, per essere realizzato, in concreto, postula l’effettiva permanenza del condannato presso gli istituti penitenziari, nei periodi di riferimento. In tal senso militano una pluralità di elementi - il preambolo del d.l. nr. 146/2013, il quale indica l’obiettivo di ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario quale primaria esigenza dai caratteri di straordinaria necessità ed urgenza, cui si è inteso far fronte attraverso misure straordinarie e temporanee in tema di liberazione anticipata - la relazione al disegno di legge di conversione del d.l. nr. 146/2013 A.C. nr. 1921, la quale riporta l’indicazione che quello previsto si atteggia a rimedio compensativo, secondo le indicazioni della Corte europea di Strasburgo della violazione del diritti dei detenuti in conseguenza della situazione di sovraffollamento carcerario e, più in generale, del trattamento inumano e degradante che, per carenze strutturali, possono essersi trovati a subire. Si tratta, pertanto, di una misura la cui adozione è indispensabile ai fini dell’adeguamento alle indicazioni della già menzionata sentenza Torreggiani c/ Italia della Corte europea. Ed è questa la ragione che ha indotto ad individuare il termine di efficacia nel 1 gennaio 2010, data in cui si è determinata la situazione di emergenza detentiva - il parere espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura ai sensi dell’art. 10 L. nr. 195 del 1958 con deliberazione del 23 gennaio 2014, il quale al punto a2 ha evidenziato che il diretto legame tra la negativa evoluzione delle condizioni di vita carcerarie ed il riconoscimento di una più consistente detrazione sulla pena da scontare spiega perché al comma 5 dell’art. 4 sia stata esclusa, con previsione difforme rispetto a quella che regola la liberazione anticipata ordinaria, l’applicazione dell’istituto eccezionale ai condannati affidati in prova ed in regime domiciliare e che ha sollecitato l’estensione del divieto di accesso all’istituto anche a quanti si trovino in detenzione domiciliare ex L. nr. 199/2010 ed agli arresti domiciliari esecutivi, indicazioni poi recepite nella legge di conversione. Conferma testuale delle finalità deflattive e compensative a vantaggio dei soli condannati ristretti in carcere si trae dalle disposizioni che limitano la vigenza temporale della liberazione anticipata speciale. Sotto il primo profilo, viene in rilievo la decorrenza iniziale dal 1 gennaio 2010, ossia dal momento in cui interviene la prima condanna dell’Italia da parte della Corte EDU per le condizioni detentive, considerate disumane e degradanti in contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione. Del fenomeno le autorità nazionali prendono atto quale stato di emergenza, apprestando i primi concreti rimedi, nonché la fissazione alla data del 23 dicembre 2015 quale momento finale, in cui si è presunto di conseguire il superamento dell’emergenza col ripristino di una situazione di generale vivibilità negli istituti penitenziari, compatibile con i diritti fondamentali dei detenuti. La natura riparatoria del beneficio rinviene un aggancio dimostrativo, sia nel fatto che rimedi siffatti erano stati già sollecitati dalla Corte EDU con la citata sentenza Torreggiani c/ Italia, laddove si era evidenziata la necessità che l’Italia prevedesse strumenti in grado di garantire sia effetti preventivi, che compensativi della patita violazione della Convenzione da parte di quanti dovessero o avessero espiato la pena in condizioni di sovraffollamento carcerario, sia dall’inserimento nel nuovo testo normativo della disposizione con efficacia retroattiva a far data dal 1 gennaio 2010, ossia da quando la situazione negli istituti penitenziari italiani ha assunto caratteri allarmanti e pregiudizievoli per i ristretti. Né in senso contrario varrebbe eccepire che, per essere coerente con tale intento riparatorio, la misura approntata dovrebbe essere applicata in modo indiscriminato a tutti i detenuti, compresi quelli condannati per i reati ostativi di cui all’art. 4-bis ord. penumero . Si deve osservare che, da un lato, la finalità compensativa non è l’unica perseguita, affiancandosi a quella riabilitativa del singolo condannato ed a quella deflattiva del sovraffollamento carcerario dall’altro, per le situazioni dell’art. 4-bis il legislatore, libero di determinare le linee di politica criminale ritenute più consone al bisogno, ha ritenuto di bilanciare gli interventi correttivi componendo la presenza nelle carceri e i diritti fondamentali dei detenuti. Nell’esercizio di discrezionalità siffatta si è inteso escludere i soggetti socialmente più pericolosi. Ciò, tuttavia, senza precludere loro in assoluto la fruibilità della liberazione anticipata ordinaria ed ostacolarne in tal modo il percorso riabilitativo. Né l’introduzione nell’ordinamento dei rimedi di cui all’art. 35-ter ord. penumero , operata con la legge nr. 92/2014, smentisce la chiara indicazione sopra citata. 2.1 Tanto premesso, ritiene questo Collegio che le finalità deflattive e risarcitorie prevalentemente caratterizzanti la natura dell’istituto postulano la permanenza del condannato presso gli istituti penitenziari nei periodi di riferimento. Non basta, dunque, la sola protrazione del rapporto esecutivo, quando la sua attuazione avvenga con modalità che assicurano la permanenza all’esterno del circuito carcerario. Per tali ragioni il legislatore, tenuto conto della equiparazione concettuale tra detenzione domiciliare e detenzione carceraria, al fine di evitare equivoci, ha precisato all’art. 4, comma 5 della l. 21 febbraio 2014, numero 10 che dal beneficio speciale risultano esclusi i condannati ammessi alla detenzione domiciliare .all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovassero agli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 10 , ossia tutti i soggetti a vario titolo ristretti in ambito domiciliare, in quanto categoria che, sotto tutti gli altri profili, sarebbe stata assimilabile a quella dei detenuti in carcere. 2.1 Tale assimilazione non potrebbe ravvisarsi per la distinta categoria dei soggetti ammessi a fruire della misura alternativa dell’affidamento in prova. Costoro non sono sottoposti a forme di detenzione e, ciò nonostante, sono accomunati ai detenuti domiciliari nell’esclusione dalla liberazione anticipata speciale. Il riferimento alla misura alternativa dell’affidamento in prova deve, dunque, ritenersi superfluo. Pertanto, l’omessa inclusione della liberazione condizionale non costituisce il frutto di una lacuna o di una svista del legislatore, ma la necessaria conseguenza dell’intento di riservare il beneficio, eccezionale e temporaneo, della liberazione anticipata speciale ai soli detenuti in carcere. 2.2 Quanto esposto consente di escludere che il Tribunale di sorveglianza, nel respingere il reclamo del C. , abbia proceduto all’applicazione analogica in malam partem , avendo offerto corretta applicazione dei canoni interpretativi dettati dall’art. 12 disposizioni sulla legge in generale, comma 1, di cui al R.D. 16 marzo 1942, numero 262, che prescrivono di attenersi al senso letterale delle locuzioni ed all’intenzione del legislatore. 3. Deve ritenersi manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. numero 10 del 2014, art. 4 sollevata con riferimento agli artt. 3 e 27 Cost Il Tribunale di sorveglianza ha esaminato la tematica in modo analitico e ne ha dato conto con puntuale sviluppo argomentativo, che merita piena condivisione, avendo ricondotto la previsione di legge soggettivamente limitata nel suo ambito di applicazione alle scelte discrezionali del potere legislativo, non contrastanti con i principi costituzionali di eguaglianza e di ragionevolezza, né con la funzione rieducativa della pena. 3.1 In particolare, va premesso che, come già osservato in modo convincente dalle pronunce di questa sezione numero 1650 del 22/12/2014, Mollace, rv. 261880 e numero 34073 del 27/06/2014, Panno, rv. 260849 la disposizione in questione estende, con alcune eccezioni, i vantaggi conseguenti ad un beneficio penitenziario ordinario, già previsto e reso accessibile a tutti i condannati. 3.2 Il trattamento di minor favore, riservato ai detenuti che hanno scontato la pena in ambiente esterno al carcere, non è ingiustificato né discriminatorio e non viola il principio di eguaglianza. Non sussiste alcuna sperequazione dal momento che non è equiparabile la condizione di chi abbia trascorso anni in carcere in una situazione emergenziale di sovraffollamento e quella di chi abbia goduto della libertà, sia pure con la soggezione ad alcune limitazioni. La constatazione della incidenza delle limitazioni alla libertà personale, della diversa qualità di vita e della ben maggiore afflittività in genere dell’esecuzione per i condannati effettivamente ristretti in ambito inframurario giustifica un trattamento di favore speciale per quanti abbiano subito condizioni oggettive di incrementata sofferenza, eccedenti la normale condizione restrittiva, e quindi anche la diversa protrazione della durata dell’espiazione, pur a parità di sanzione inflitta nel titolo esecutivo. Né muta la conclusione nel confronto tra le posizioni dei liberi condizionali e quelle dei condannati ammessi alla semilibertà ed ai permessi premio. Costoro possono beneficiare della liberazione anticipata speciale poiché sono in espiazione di pena con permanenza, ancorché parziale, all’interno degli istituti penitenziari. Vanno quindi inclusi nella popolazione carceraria. Non rivestono, dunque, la medesima condizione di chi sia libero, sia pur sottoposto a prescrizioni. 3.3 va, poi, escluso ogni contrasto tra la norma denunciata di incostituzionalità ed il principio di ragionevolezza. Ciò perché rispetto a chi si trovi in stato di libertà non è concepibile l’attuazione della descritta finalità deflattiva e compensativa che concorre a definire la ratio dell’istituto in esame. È, dunque, razionalmente giustificata l’esclusione dal beneficio, che, per quanto già esposto, non ha quale presupposto esclusivo per l’accesso il profilo della meritevolezza e della partecipazione al trattamento rieducativo. Né può condividersi l’assunto secondo il quale l’avere beneficiato delle previsioni dell’art. 16-nonies della legge nr. 82/91 dimostra in sé un’evoluzione maggiormente positiva e significativa della personalità del condannato, posto che non sussiste coincidenza di presupposti tra quanto preteso da detta norma e ciò che è richiesto per concedere la liberazione anticipata speciale, legata si è detto a funzione e scopo essenzialmente diverso. 3.4 Anche il distinto profilo di contrasto tra la disciplina dell’art. 4, comma 5, e la funzione rieducativa della pena non ha pregio se si considera che a quanti abbiano potuto godere della liberazione condizionale è, comunque, consentito avvantaggiarsi della liberazione anticipata ordinaria e quindi fruire di quello stimolo incentivante la fattiva partecipazione all’opera rieducativa, costituito dall’abbreviazione della pena nella misura di quarantacinque giorni per semestre di esecuzione Corte Cost., sentenza nr. 186 del 23/5/ 1995 . Né la ragione dell’esclusione dalla maggiore detrazione è stata individuata nell’impossibilità giuridica e fattuale di cumulare due benefici penitenziari, opportunità mai negata dal Tribunale di Sorveglianza, per la cui fruizione non sussiste nemmeno un ostacolo rinvenibile nella disciplina normativa in verifica. Per tutte le considerazioni svolte il ricorso va respinto ed al rigetto consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.