Eroina in macchina e marijuana a casa: corretta l’accusa di spaccio per il tossicodipendente

Fatali il controllo in strada e la successiva perquisizione domiciliare. Rinvenute due diverse tipologie di droga. Illogica la tesi di una scorta destinata esclusivamente all’uso personale. Decisiva la constatazione delle scarse disponibilità economiche dell’uomo.

Eroina in macchina e marijuana a casa. Droghe destinate allo spaccio, non certo al consumo personale. Irrilevante lo stato di tossicodipendenza della persona finita sotto accusa. Significative, invece, le sue scarse disponibilità economiche Cassazione, sentenza n. 9878/2016, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Droghe. Controllo in strada fatale per un uomo, beccato dai carabinieri con della eroina, divisa in sette involucri occultata nel vano motore della autovettura . A renderne più grave la posizione, poi, anche il ritrovamento di marijuana, suddivisa in quarantaquattro dosi, avvolte in carte di alluminio nella sua abitazione. Non trascurabile, infine, il rinvenimento , durante la perquisizione domiciliare , di denaro 275 euro catalogato come profitto di precedenti cessioni di droga . Tutto ciò conduce a una condanna per spaccio pena quantificata dai giudici d’appello in ventidue mesi di reclusione e 10mila euro di multa . Denaro. E anche in Cassazione viene respinta ogni obiezione difensiva finalizzata a mettere in discussione la responsabilità dell’uomo. Per i Giudici di terzo grado, in sostanza, è illogica l’ipotesi, delineata dal legale, di una finalità meramente personale delle sostanze stupefacenti. Inequivocabili, in questa ottica, le modalità di occultamento, il confezionamento e la suddivisione in plurime dosi, la variegata tipologia, il rinvenimento di strumentazione per il confezionamento e la commercializzazione delle dosi , spiegano i Giudici. E, va aggiunto, la circostanza che l’uomo fosse tossicodipendente non può giustificare il possesso della sostanza sequestrata . Decisiva, su questo fronte, la sua ridotta capacità di spesa , logica conseguenza del fatto che egli non svolge attività lavorativa, se non occasionalmente . Quadro chiarissimo, quindi. Resta, però, ancora un dubbio davvero i 250 euro ritrovati nella cassaforte dell’abitazione sono frutto di precedenti cessioni di sostanze stupefacenti ? Su questo punto sarà necessario un approfondimento in appello, alla luce del quadro probatorio a carico dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 febbraio – 9 marzo 2016, n. 9878 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6 luglio 2011, la Corte di appello di Cagliari riformava parzialmente la sentenza del 19 maggio 2009 del Tribunale di Cagliari, Sezione distaccata di Sanluri, che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato S.M. responsabile del reato di cui agli artt. 81, primo comma, cod. pen e 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 per la messa in vendita, trasporto, cessione e detenzione a fini di spaccio di vari quantitativi di eroina e di marijuana. In particolare, la Corte adita riduceva la pena inflitta al M. ad un anno e dieci mesi di reclusione e 10.000 euro di multa, confermando nel resto. In ordine al merito delle imputazioni, era risultato che il M. nel corso di un controllo su strada era stato sorpreso dai Carabinieri in possesso di eroina, divisa in 7 involucri occultati nel vano motore della sua autovettura punto 2 del capo di imputazione , e di marijuana, di cui una parte suddivisa in 44 dosi avvolte in carta di alluminio, occultata presso la sua abitazione punto 3 . Nella perquisizione domiciliare venivano altresì rinvenute somme di danaro rispettivamente 275 euro , ritenute profitto di pregresse cessioni di stupefacenti punto 5 del capo di imputazione . In primo grado, il Tribunale aveva accertato la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente sequestrata sulla base delle modalità di presentazione della droga e del rinvenimento di buste e di materiale per il confezionamento, e aveva ritenuto di non applicare la contestata recidiva e di riconoscere l'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, T.U. stup. In appello, la Corte distrettuale, rilevando che, con la scelta del rito, l'imputato aveva accettato l'utilizzazione del narcotest, confermava il giudizio di responsabilità in ordine alla detenzione illecita, avvalorato dalla circostanza del rinvenimento presso l'abitazione dell'imputato dello stesso materiale dei confezionamento delle dosi trovate nell'autovettura, e non contrastato dalla tossicodipendenza di questi, considerate le sue limitate capacità di spesa, che non giustificavano la destinazione della droga ad un uso esclusivamente personale. Quanto alle pregresse cessioni di stupefacenti, la Corte di appello rilevava che l'imputato non aveva nemmeno allegato una diversa provenienza delle somme rinvenute. In ordine al trattamento sanzionatorio, i Giudici dell'appello ritenevano l'imputato non meritevole delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione dei precedenti ostativi penali e della sua personalità delinquenziale, riducendo soltanto la pena base inflitta in primo grado p.b. un anno e dieci mesi di reclusione e 10.000 euro di multa, con l'aumento, ex art. 81, primo comma, cod. pen., di mesi tre di reclusione e 3.000 euro di multa . 2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, articolando tre motivi di annullamento e segnatamente - la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 73 T.U. stup. e 192, comma 2, cod. proc. pen., e per vizio della motivazione difetterebbe la prova della natura stupefacente della sostanza in sequestro, risultando carente l'accertamento effettuato con il narcotest nel quale non risulterebbe specificata la sostanza esaminata e il criterio scelto - la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 73 T.U. stup. e 192, comma 2, cod. proc. pen., e per vizio della motivazione non vi sarebbe la prova della destinazione allo spaccio della sostanza in sequestro e la sentenza impugnata sul punto avrebbe motivato in modo illogico, non prendendo in considerazione contrarie deduzioni difensive attività lavorativa e stato di tossicodipendenza dell'imputato - la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 95, 88, 89 e 133 cod. pen. la Corte di appello non avrebbe motivato adeguatamente sulla richiesta di applicazione delle attenuanti generiche e sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato, nonché sulla sussistenza del reato di cui al punto 5 del capo di imputazione cessioni di stupefacente . In ordine al trattamento sanzionatorio, il Giudice di secondo grado, nel ridurre la pena, avrebbe operato una reformatio in peius, rispetto a quanto ritenuto in primo grado. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato nei limiti e per i motivi di seguito illustrati. 2. Manifestamente infondato è il primo motivo, in quanto per stabilire l'effettiva natura stupefacente di una determinata sostanza è sufficiente il narcotest, senza che sia indispensabile far ricorso ad una perizia chimica tossicologica, che è necessaria, invece, ove occorra valutare l'entità o l'indice dei principi attivi contenuti nei reperti Sez. 3, n. 22498 del 17/03/2015, Ristucchi, Rv. 263784 . Nel caso in esame, non aveva rilevanza stabilire l'entità dei principio attivo, avendo i Giudici di merito ricondotto la condotta nell'ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma 5, T.U. stup. In ogni caso, considerato che il giudizio si è svolto con il rito abbreviato, allo stato degli atti, era onere dell'imputato eventualmente subordinare il rito all'espletamento di una perizia. 3. La prova della penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati contestati ai punti 2 e 3 del capo di imputazione è stata fondata dai Giudici di merito su una serie di circostanze, che costituiscono i parametri normativi apprezzabili per escludere una finalità meramente personale della detenzione modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione in particolare sono state indicati come significativi le modalità di occultamento, il confezionamento e la suddivisione in plurime dosi, la variegata tipologia, il rinvenimento di strumentazione per il confezionamento e commercializzazione delle dosi. Non sono fondate le deduzioni sulla carenza di motivazione in ordine a circostanze indicate nell'atto di appello, posto che la Corte adita le ha esaminate, ritenendole, con argomenti privi di manifeste illogicità, non decisive. In particolare, i Giudici dell'appello hanno affermato che la circostanza che il M. fosse tossicodipendente non giustificava verosimilmente il possesso della sostanza sequestrata, attesa la sua ridotta capacità di spesa, non svolgendo questi attività lavorativa, se non occasionalmente nei motivi di appello, invero, l'imputato aveva dichiarato di aver lavorato per il fratello solo per un limitato periodo, percependo 400 euro . 4. Manifestamente infondate sono le doglianze riguardanti le richieste di attenuazione della pena e la reformatio in peius da parte dei giudice di appello. La Corte territoriale, in ordine al riconoscimento delle attenuanti generiche, ha fornito una logica motivazione, non inconciliabile con le affermazioni del primo giudice, che aveva escluso la rilevanza aggravatrice della recidiva per la natura e il numero dei precedenti penali. Lo stesso dicasi per il vizio parziale di mente, escluso dai Giudici di merito per la mancanza di provate indicazioni al riguardo, non certo superabile con la sola documentazione dello stato di tossicodipendenza Sez. 6, n. 1775 dei 16/12/2002, dep. 2003, Borrelli, Rv. 223349 . Quanto alla reformatio in peius, va osservato che il primo giudice, dopo aver ritenuto di poter concedere la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, T.U., secondo il testo allora vigente, ed aver escluso l'applicazione dell'aumento per la contestata recidiva, si è limitato ad affermare che non era necessario operare il bilanciamento richiesto dalla difesa con altre circostanze attenuanti tra le quali le attenuanti generiche e il vizio parziale di mente . Orbene, è evidente che il Giudice non intendeva in tal modo riconoscere le circostanze invocate dalla difesa, posto che non ha operato alcuna riduzione, salvo quella per l'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, cit. Pertanto non può ravvisarsi alcuna violazione del divieto della reformatio in peius. 5. Sono fondate invece le censure in ordine al vizio di motivazione per il reato di cui al punto 5 della imputazione. I Giudici dell'appello hanno tratto la prova delle pregresse cessioni di sostanze stupefacenti dal rinvenimento della somma di 250 euro nella cassaforte dell'abitazione, considerando decisiva la circostanza che di essa l'imputato non avesse giustificato la provenienza. In tal modo, la Corte adita ha disatteso il principio di diritto, secondo cui la negazione o il mancato chiarimento, da parte dell'imputato, di circostanze valutabili a suo carico nonché la menzogna o il semplice silenzio su queste ultime possono fornire al giudice argomenti di prova solo con carattere residuale e complementare ed in presenza di univoci elementi probatori di accusa, non potendo determinare alcun sovvertimento dell'onere probatorio tra le tante, Sez. 1, n. 2653 del 26/10/2011, dep. 2012, M., Rv. 251828 . Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata in ordine a tale imputazione, affinché, in piena libertà di giudizio, il Giudice dell'appello rivaluti il quadro probatorio a carico dell'imputato. 6. La sentenza impugnata deve essere annullata anche relativamente al trattamento sanzionatorio. Dopo la presentazione del ricorso per cassazione, il trattamento sanzionatorio per la fattispecie del fatto di lieve entità di cui al quinto comma dell'art. 73 T.U. stup. è stato modificato, in senso più favorevole all'imputato, dalla legge 16 maggio 2014, n. 79 di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36. La Corte di cassazione in tal caso può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, disponendo, ai sensi dell'art. 609 cod. proc. pen., l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative in melius e ciò anche nel caso in cui la pena inflitta rientri - come nel caso in esame - nella cornice edittale sopravvenuta Sez. U, n. 46653 del 26/06/2015, Della Fazia, Rv. 265110-1 . La sentenza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio, anche per una nuova determinazione della pena in base ai criteri indicati. 7. Conclusivamente sulla base di quanto premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al punto 5 dell'imputazione, nonché al trattamento sanzionatorio collegato alla fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari. Devono essere invece rigettati, per le considerazioni già svolte, i restanti motivi di ricorso proposti dal ricorrente. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al punto 5 dell'imputazione, nonché al trattamento sanzionatorio collegato alla fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari. Rigetta nel resto il ricorso.