Ai fini penali, il professionista attestatore del concordato non è un pubblico ufficiale

Il professionista attestatore, designato ai sensi dell’art. 161 comma terzo legge fallimentare dal debitore per la stesura della relazione attestante la conformità ai dati aziendali e la fattibilità del piano contenente la descrizione delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo, non ha la qualifica di pubblico ufficiale in quanto non opera come ausiliario del giudice e, inoltre, tale qualifica è espressamente conferita dalla legge fallimentare al curatore art. 30 l.f. , al commissario giudiziale art. 165 l.f. e al commissario liquidatore art. 199 l.f. , ma non al professionista attestatore.

Questo l’importante principio chiarito dalla Cassazione con la pronuncia n. 9542/16, depositata l’8 marzo. La centralità della figura del professionista attestatore. Non vi è dubbio alcuno che la trasformazione di recente vissuta dal diritto fallimentare, un tempo avente essenzialmente finalità liquidatoria, verso procedure concordatarie spesso rivolte alla salvaguardia di almeno una parte dell’attività imprenditoriale abbia portato alla ribalta nuove figure prima sconosciute, o quasi, nelle procedure concorsuali. Fra di esse spicca, senza dubbio, quella del professionista attestatore, che ha assunto un ruolo di primo piano e di evidente responsabilità nelle procedure negoziate” della crisi d’impresa, costituite dal piano attestato, dal concordato preventivo, dagli accordi di ristrutturazione dei debiti e dal concordato con continuità aziendale. A tali innovazioni si è accompagnata l’introduzione del reato di falso in attestazioni o relazioni con il d.l. n. 83/2012 conv., con modif., nella l. n. 134/2012 , che punisce con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro il professionista che, nelle relazioni o attestazioni di cui agli artt. 67, comma 3, lett. d 161, comma 3 182- bis , 182- quinquies e 186- bis l. fall., espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti . Profili ulteriori di penale responsabilità. Evidentemente il pur importante presidio sanzionatorio fornito dal legislatore non è stato ritenuto sufficiente ed adeguato, nel caso di specie, dalla Procura della Repubblica, che oltre al reato proprio di cui all’art. 236- bis l.f. aveva infatti contestato al professionista attestatore la fattispecie di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, di cui all’art. 479 c.p., e quella di corruzione in atti giudiziari, correlando il compenso percepito dal professionista alle false attestazioni rilasciate. Invero, appare di tutta evidenza, a chi scrive, che fra le diverse fattispecie contestate cumulativamente nella impostazione accusatoria potrebbe porsi un problema di concorso apparente di norme, profilo che tuttavia non è oggetto della disamina operata dalla pronuncia in esame, che, come si vedrà, risolve a monte” la questione. Si duole, infatti, il pubblico ministero ricorrente esclusivamente della mancata attribuzione da parte del giudice di merito al professionista attestatore della qualifica di pubblico ufficiale, che, come noto, è requisito essenziale per la contestazione del delitto di cui all’art. 479 c.p., e di quello di corruzione in atti giudiziari, che è reato proprio. Il professionista attestatore pubblico ufficiale? Argomenta il pubblico ministero che ha errato il gip nel negare la qualifica di pubblico ufficiale al professionista attestatore in quanto lo stesso ha senza dubbio poteri certificativi inerenti alla formazione della volontà della autorità giudiziaria chiamata a pronunciarsi sulla domanda di concordato. Le sue funzioni, prosegue l’ufficio della pubblica accusa, sono del tutto assimilabili a quelle dell’ausiliario del giudice e caratterizzate da una posizione di indipendenza oltre che disciplinate da norme di diritto pubblico. Contro tali dati a nulla rileverebbe il fatto che la nomina del professionista attestatore provenga dal debitore e, dunque, da un privato e che la qualifica di pubblico ufficiale non venga espressamente attribuita allo stesso dalla legge fallimentare. O no? Le motivazioni spiegate dal pubblico ministero non convincono gli Ermellini. Infatti, ricorda la Cassazione, da un lato, i poteri certificativi del professionista attestatore non vincolano in alcun modo il controllo di legittimità che deve esercitare il giudice sulla fattibilità della proposta di concordato preventivo, mentre, dall’altro, la valutazione sul merito della domanda di concordato resta affidato ai creditori, che hanno nella relazione del professionista un mero parametro di giudizio, rispetto al quale neppure loro sono dunque in alcun modo vincolati. Lo stesso potere dei creditori di valutare le probabilità di successo del piano economico ed i rischi correlati preclude la correttezza della conclusione della strumentalità dell’attività del professionista attestatore al solo esercizio dell’attività giudiziaria. In conclusione, osserva la Corte, l’attività del professionista attestatore appare per molti versi assimilabile a quella del consulente tecnico, che senza dubbio e come evidente non ha la qualifica di pubblico ufficiale. Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacui. Laddove non fossero sufficienti le, invero, convincenti argomentazioni sopra cennate, conclude la Corte, soccorre il dato normativo della legge fallimentare. Infatti, la qualifica di pubblico ufficiale è espressamente conferita dalla legge fallimentare al curatore art. 30 l.f. , al commissario giudiziale art. 165 l.f. e al commissario liquidatore art. 199 l.f. , ma non al professionista attestatore. La mancata attribuzione di detta qualifica da parte del legislatore non può dunque essere frutto di una mera dimenticanza o svista, ma l’esito di una precisa e consapevole scelta che ha privilegiato il ruolo privatistico di tale pur importante figura professionale. È appena il caso di rilevare, in questa sede, che la questione della attribuzione di tale qualifica soggettiva al professionista attestatore era stata oggetto di diffusa disamina in ambito dottrinario Bersani, Guerini Consulich , dove, parimenti, si era giunti alla conclusione, abbastanza condivisa, che il professionista-attestatore, a differenza del curatore e del commissario giudiziale, non è né pubblico ufficiale, né incaricato di pubblico servizio, ma al più esercente un servizio di pubblica necessità. Ad analoghe conclusioni era pervenuta peraltro, nelle per ora isolate pronunce note, anche la giurisprudenza di merito Trib. Rovereto, 12 gennaio 2012 . Un ruolo già ampiamente presidiato. Infine, l’importanza e la centralità del ruolo rivestito dal professionista attestatore non immuta quanto appena osservato. Anzi, il legislatore, conscio di tale dato, è intervenuto introducendo una nuova fattispecie criminosa, gravemente sanzionata, l’articolo 236- bis della legge fallimentare, che colpisce esplicitamente il professionista attestatore e che, nella lettura fornita dagli Ermellini, rende palese come lo Stato ha, per tale via, assicurato tutela penale a interessi la cui offesa non è stata ritenuta riconducibile ad altre ipotesi criminose . L’introduzione del reato proprio, dunque, è avvenuta in quanto in precedenza difettava la tutela penale derivante dalla applicazione di altre fattispecie criminose, quali il falso ideologico del pubblico ufficiale e la corruzione in atti giudiziari, che dunque devono essere ritenute inapplicabili alla figura del professionista attestare. Non va dimenticato, infatti, che sia le pene principali, sia quelle accessorie una per tutte l'interdizione, da un mese a cinque anni, dall'esercizio della professione ex artt. 30 e 31 c.p. previste dalla specifica fattispecie incriminatrice, sia, infine, gli altri effetti derivanti da un’eventuale condanna penale a titolo meramente esemplificativo l'impossibilità di essere nominato amministratore o sindaco di società ex artt. 2382 e 2399 c.c. hanno un’afflittività tale, per il libero professionista che si renda responsabile del reato, da rappresentare già di per sé un munito presidio di natura penale che rende assolutamente superfluo, per non dire sovrabbondante, il ricorso ad ulteriori ipotesi criminose.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 dicembre 2015 – 8 marzo 2016, n. 9542 Presidente Marasca – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nuoro del 28/03/2015, con la quale venivano fra l’altro rigettate le richieste del pubblico ministero di applicazione di misure custodiali nei confronti N.A. , B.A.L. , C.F.S. , A.A. , Ar.Em. , Ba.Fr. , Ca.Gi. , c.s. , D.G. , F.G. , M.G. e P.P. per i reati di cui agli artt. 216, 223 e 236-bis r.d. 16 marzo 1942, n. 267, 476, 479, 640, 319-ter e 372 cod. pen. e 2, 10-bis d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, ipotizzati come commessi dal N. , dall’A. , dalla Ar., dalla D. , dal F. e dalla P. concorrendo nell’attestazione di false informazioni e nell’omissione di informazioni rilevanti nella relazione ai fini dell’ammissione al concordato preventivo della N.G. s.r.l., addebitate quali violazioni sia dell’art. 236-bis legge fall. che dell’art. 479 cod. pen. capo 9 , tentando con tale condotta di conseguire ingiusto profitto inducendo in errore i creditori della N. e concorrendo nella promessa di utilità all’A. quale professionista incaricato della relazione dal N. indicando elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni fiscali presentate per la N. Costruzioni s.r.l. e omettendo di versare ritenute fiscali per la N.G. s.r.l. dal N. , dal B. , dal Ca. e dal M. distraendo beni, sottraendo la contabilità e cagionando il fallimento della Appalti e Costruzioni s.r.l. dal N. , dal M. e dalla Carta distraendo beni, falsificando la contabilità e cagionando il fallimento della Gabbiano Immobiliare s.r.l. dal N. , dalla Ar., dalla Carta e dal F. distraendo beni, esponendo passività inesistenti e falsificando la contabilità della fallita NG Costruzioni s.r.l. dal B. e dal C. distraendo beni, sottraendo la contabilità e cagionando il fallimento della Planetal s.r.l. e formando una falsa copia di un verbale di consegna di documenti nel corso di una verifica fiscale nei confronti della Mediai s.r.l. dal B. affermando il falso o tacendo il vero in una deposizione resa dinanzi al Tribunale di Nuoro in un procedimento nei confronti del C. dal B. , dal Ba. e dal Ca. distraendo beni, sottraendo la contabilità e cagionando il fallimento della Cento Case s.r.l. e dal N. , dalla Ar., dal M. e dalla Carta distraendo beni e cagionando anche per effetto di false comunicazioni sociali il fallimento della San Pietro s.r.l Il Procuratore della Repubblica ricorrente deduce 1. violazione di legge sulla ritenuta insussistenza dei reati di falso ideologico e corruzione in atti giudiziari nella relazione ai fini della richiesta di concordato preventivo per la N.G. s.r.l. la decisione, fondata sull’esclusione della qualità di pubblico ufficiale nei confronti del professionista incaricato della relazione ai sensi dell’art. 161, comma terzo, legge fall., sarebbe contraddittoria rispetto a quanto osservato nello stesso provvedimento impugnato sulla titolarità in capo a detto professionista di poteri certificativi inerenti alla formazione della volontà dell’autorità giudiziaria, di funzioni assimilabili a quelle dell’ausiliario del giudice, di una posizione di indipendenza e di un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico, elementi determinanti ai fini del riconoscimento delle predetta qualità, non essendo invece rilevante il riferimento del Tribunale alla nomina del professionista ad opera di una parte privata 2. vizio motivazionale e travisamento del fatto sulla ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari a questi fini sarebbe stata illogicamente esclusa la sussistenza della condotta di distrazione postfallimentare di beni della NG Costruzioni per la possibilità che ignoti avessero sottratto i beni dal cantiere della fallita, omettendo di valutare le dichiarazioni dei testi Co. e S. , i quali riferivano di essere stati incaricati dalla Carta di asportare le merci, e di quella di omessa consegna delle scritture contabili dei fallimenti N.G. , Appalti e Costruzioni e Cento Case per l’eventualità che dette scritture non fossero state tenute, non ipotizzabile in società aventi le dimensioni ed il volume di affari di quelle in esame. 3. Nell’interesse degli indagati A. , C. , D. , F. e P. sono state depositate memorie a sostegno delle richieste di inammissibilità o rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. I motivi dedotti sulla ritenuta insussistenza dei reati di falso ideologico e corruzione in atti giudiziari nella relazione ai fini della richiesta di concordato preventivo per la N.G. s.r.l. sono infondati. La questione posta dal ricorrente verte sulla possibilità di riconoscere la qualità di pubblico ufficiale, e la conseguente soggettività attiva dei reati in esame, nella figura del professionista designato dal debitore, ai sensi dell’art. 161, comma terzo, legge fall., per la stesura della relazione attestante la conformità ai dati aziendali e la fattibilità del piano contenente la descrizione delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo, da allegare alla relativa domanda. Nel provvedimento impugnato, come osservato dal ricorrente, si dava atto in effetti che tale professionista è incaricato dello svolgimento di funzioni in parte assimilabili a quelle di un ausiliario del giudice, e riveste una posizione di indipendenza. Non è invece esatto, come sembra trasparire nel ricorso, che la conclusione negativa sulla questione di cui sopra sia stata sostenuta dal Tribunale unicamente in base al dato della nomina del professionista in conseguenza della designazione di un privato, ossia del soggetto che richiede l’ammissione al concordato preventivo. Dell’assimilabilità delle funzioni del professionista a quella dell’ausiliario del giudice, in primo luogo, erano evidenziati i limiti posti nella stessa giurisprudenza civilistica citata in proposito nell’atto di appello del pubblico ministero Sez. U civ. n. 1521 del 23/01/2013, Rv. 624796 , nel momento in cui vi si afferma per un verso che l’attestazione del professionista non vincola il controllo di legittimità esercitato dal giudice sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, e per altro che rimane affidata ai creditori la valutazione nel merito su tale giudizio, avente ad oggetto le probabilità di successo economico del piano ed i rischi allo stesso inerenti derivandone una configurazione di dette funzioni riconducibile a quelle del consulente, ed una destinazione delle stesse alla formazione non solo del convincimento del giudice, ma anche di quello dei creditori, e tanto escludendone un’esclusiva strumentalità all’esercizio dell’attività giudiziaria. Ma, oltre a questo, il Tribunale poneva in risalto il dato normativo della mancanza di un’espressa attribuzione al professionista in oggetto della qualità di pubblico ufficiale dato reso significativo dalla circostanza per la quale ad altri soggetti delle procedure concorsuali tale qualifica è invece espressamente conferita dalla legge fallimentare, in particolare dall’art. 30 per il curatore, dall’art. 165 per il commissario giudiziale e dall’art. 199 per il commissario liquidatore. Questo elemento è stato già ritenuto determinante da questa Corte di legittimità nell’escludere la qualità di pubblico ufficiale per il liquidatore giudiziale nominato nella procedura di concordato preventivo, al quale pure la stessa non è attribuita dalla legge Sez. 5, n. 15951 del 16/01/2015, Bandettini, Rv. 263264 . E non diversamente deve opinarsi per il professionista incaricato della relazione sul piano di fattibilità nella stessa procedura, nei confronti del quale ricorre la medesima situazione normativa. Quest’ultima non è superata dalle considerazioni del ricorrente sulle funzioni ausiliarie e sulla posizione indipendente del professionista, delle quali il Tribunale individuava correttamente le limitazioni, le quali peraltro investono anche gli ulteriori riferimenti del ricorso ai poteri certificativi del professionista, dei quali pure i principi giurisprudenziali evocati nel provvedimento impugnato evidenziano la subordinazione ai penetranti controlli del giudice e dei creditori. Mentre la validità delle conclusioni dei giudici di merito è ulteriormente confermata dalla specifica previsione del reato di false attestazioni nella relazione in esame di cui all’art. 236-bis legge fall., chiaramente indicativa dell’intento legislativo di garantire tutela penale ad interessi la cui offesa non è stata ritenuta riconducibile ad altre ipotesi criminose. 2. Sono altresì infondati i motivi dedotti sulla ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari. Il ricorrente discute in proposito le osservazioni del provvedimento impugnato in ordine alla ravvisabilità delle condotte di bancarotta per distrazione postfallimentare di beni della NG Costruzioni e di omessa consegna delle scritture contabili delle fallita N.G. , Appalti e Costruzioni e Cento Case, le quali tuttavia assumevano rilevanza limitata nell’argomentazione motivazionale del Tribunale, fondata sull’incensuratezza degli imputati e sulla mancanza di elementi indicativi della concretezza e dell’attualità delle esigenze cautelari, in considerazione del fallimento di tutte le società riconducibili al N. , dell’applicazione di misure cautelari reali e sull’impossibilità di desumere l’esistenza di un concreto pericolo per l’acquisizione delle prove dalla mera falsificazione o sottrazione delle scritture contabili. Le censure contenute nel ricorso in ordine alla bancarotta postfallimentare si risolvono peraltro in valutazioni di fatto su elementi di prova peraltro non allegati mentre le ulteriori considerazioni dei giudici di merito non sono oggetto di doglianze specifiche. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso del pubblico ministero.