Le Tabelle di Milano sono criterio di liquidazione del danno non patrimoniale

Nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi. Tale uniformità di trattamento è garantita dal riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale - e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa dei danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9556/16, depositata l’8 marzo. Il fatto. Il Tribunale di Pordenone, in parziale riforma della sentenza del giudice di pace, condannava l’imputato, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 590 c.p., e l’assicurazione, quale responsabile civile, in via tra loro solidale, al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile a seguito di incidente stradale, per le riportate lesioni personali. Contro tale decisione ricorrono congiuntamente in Cassazione i soccombenti, deducendo omessa valutazione in ordine al concorso di responsabilità della parte civile ed alla quantificazione del danno non patrimoniale. È escluso il concorso di colpa di parte civile. Il Collegio giudicante ritiene, al contrario, che la sentenza impugnata ha correttamente motivato in ordine al non riconosciuto concorso di colpa della parte civile, dando atto del carattere congetturale delle ipotesi prospettate in ordine alla causazione del sinistro dai ricorrenti. Ritengono, pertanto, i Giudici che sia da escludersi l’applicabilità della presunzione di cui all’art. 2054, comma 2, c.c. che può essere applicata solo quando rimanga incerto il comportamento specifico che ha causato il danno o nel caso in cui si ignora l’atto generatore del sinistro. La liquidazione del danno non patrimoniale. Per quanto riguarda, poi, la parte di motivo di ricorso con il quale i ricorrenti lamentano la omessa motivazione in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale, ritengono i Giudici che la motivazione data dalla Corte di merito sulla misura del danno biologico costituisce un accertamento di fatto non più sindacabile in sede di legittimità, in quanto logica, non contraddittoria e conforme alla legge. Infatti, osservano i Giudici, la decisione è fondata su un accertamento tecnico eseguito in sede civile nel contraddittorio tra le parti sulla cui base la Corte di merito ha liquidato il danno biologico secondo le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano. La Corte di Cassazione afferma, sul punto che nella liquidazione equitativa del danno, quale quella del danno non patrimoniale, per evitare che la relativa decisione sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo è necessario che il giudice indichi, almeno in modo sommario, i criteri che ha seguito per determinare l’entità del danno. Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità, la categoria generale del danno non patrimoniale - che riguarda la lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio - presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, quello biologico e quello esistenziale, dei quali - ove essi ricorrano cumulativamente - occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell'integrante del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto venga computato due o più volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni . L’applicazione della regola equitativa. Inoltre, continuano i Giudici, nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziali e che garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale - e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa dei danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono . Di conseguenza il valore punto risultante dalle tabelle deve essere adeguatamente personalizzato ed i criteri a riguardo indicati dalla Corte territoriale per la determinazione della personalizzazione del danno nella misura massima appaiono del tutto adeguati, facendo espresso riferimento, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, alle condizioni personali e soggettive della danneggiata. Per tali motivi, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 aprile 2015 – 8 marzo 2016, n. 9556 Presidente Bianchi – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza il Tribunale di Pordenone, in parziale riforma della sentenza dei giudice di pace di Maniago del 20 giugno 2012, appellata dalla parte civile ed, incidentalmente, dalla Vittoria Assicurazioni, condannava R.D. e la Vittoria Assicurazioni S.p.A. quale responsabile civile, in via tra loro solidale, al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile K.N Il R. in primo grado era stato ritenuto responsabile dei reato di cui all'art. 590 cod. pen. perché alla guida dell'autovettura Alfa Romeo tg. XX471KL, per imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale art. 148/2 lett. d e 15 C.d.S. ed, in particolare per aver effettuato la manovra di sorpasso senza avvedersi dei sopraggiungere dei veicolo Volkswagen Golf tg. XXG74743, condotto da K.N., in quel mentre marciante in senso opposto, così per colpa andava a collidere con il veicolo medesimo cagionando q quest'ultima conducente lesioni personale inizialmente diagnosticate come prognosi riservata . 2. Avverso tale decisione ricorrono con atto congiunto a mezzo dell'avvocato G.Z., R.D. e la Vittoria Assicurazioni deducendo la omessa motivazione in ordine al concorso di responsabilità della parte civile, alla quantificazione del danno non patrimoniale ed alla richiesta rideterminazione dell'ammontare delle spese. Considerato in diritto 3. II ricorso è infondato. Ed invero contrariamente all'assunto delle parti ricorrenti la gravata sentenza ha ampiamente motivato in ordine al non riconosciuto concorso di colpa della parte civile, dando atto del carattere meramente congetturale delle diverse ipotesi formulate in ordine alla causazione del sinistro di cui all'odierno ricorso. La sentenza impugnata infatti, con adeguata e congrua motivazione, ha esposto dettagliatamente le ragioni per cui non ha ritenuto condivisibile la tesi dell'imputato e dei responsabile civile secondo cui l’incidente si sarebbe verificato soltanto a causa del comportamento della persona offesa, evidenziando in particolare come la K. avesse cercato di eviatare la collisione con il veicolo condotto dall'imputato in clamorosa violazione dell'art. 148 C.d.S. I giudici della Corte territoriale hanno pertanto ritenuto che l'impatto sarebbe stato evitabile, in quanto da rapportare alla negligente violazione da parte del R. delle norme specifiche in materia di circolazione stradale di cui al capo di imputazione. Ad avviso del Collegio distrettuale, infatti, da un verso non vi è dubbio che il comportamento dei R. aveva determinato una condizione di pericolo e che soltanto successivamente e a causa di esso si era innestato il comportamento della parte offesa. E' quindi da escludersi l'applicabilità della presunzione di cui all'art. 2054 c.c., comma 2, che può trovare applicazione solo quando rimanga incerto il comportamento specifico che ha causato il danno o nel casi in cui si ignora l'atto generatore del sinistro tale principio è infatti solo un criterio di distribuzione della responsabilità che va superato quando si è pervenuti al compiuto accertamento delle responsabilità delle parti coinvolte. Lamentano inoltre i ricorrenti la omessa o apparente motivazione in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale ed, in particolare, con riferimento alla personalizzazione concessa in misura massima alla K Il motivo è infondato la motivazione dei giudici di merito sulla misura del danno biologico riportato dalla K. costituisce un accertamento di fatto non più rivalutabile in sede di legittimità in quanto logica, non contraddittoria e conforme alla legge. Difatti la decisione si fonda su un accertamento tecnico eseguito in sede civile nel contraddittorio delle parti del processo penale sulla cui base la Corte distrettuale ha liquidato il danno biologico secondo le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano. La Suprema Corte ha affermato secondo un orientamento richiamato anche dalla sentenza impugnata che nella liquidazione equitativa del danno, quale quella dei danno non patrimoniale, per evitare che la relativa decisione ancorché fondata su valutazioni discrezionali sia arbitraria e sottratta a qualsiasi controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e sia pure con l'elasticità propria dell'istituto e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che lo caratterizza, i criteri che egli ha seguito per determinare l'entità dei danno. Inoltre la categoria generale del danno non patrimoniale che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti o voci aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale identificabile nel patema d'animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell'illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana , quello biologico inteso come lesione del bene salute e quello esistenziale costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato , dei quali ove essi ricorrano cumulativamente occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell'integrante del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto o voce venga computato due o più volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni. Cass. civile, Sentenza n. 1361 del 23/01/2014. Inoltre nella liquidazione dei danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perche esaminati da differenti Uffici giudiziali e che garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa dei danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono , Cass. civile n. 28290 del 2011 e Cass. n. 12408 del 2011 . Di conseguenza il valore punto risultante dalle tabelle deve essere adeguatamente personalizzato ed i criteri a riguardo indicati dalla Corte territoriale per la determinazione della personalizzazione del danno nella misura massima appaiono dei tutto adeguati , facendo espresso riferimento contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti alle condizioni personali e soggettive della danneggiata. Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti lamentano l'omessa motivazione con riferimento alla rideterminazione dell'ammo tare delle spese di primo grado di udizio liquidate in favore della parte civile. ftche tale motivo è infondato, atteso, a un lato, che la nuova liquidazione operata dalla Corte territoriale era necessitata innanzitutto dall'integrale accoglimento dell'appello dalla stessa parte civile proposto a fronte di un accoglimento parziale della domanda risarcitoria in primo grado , dall'altro che, nell'operare detta rideterminazione la gravata sentenza ha fagto espresso riferimento alle tariffe professionali nel tempo vigenti. II motivo manca quindi di specificità non fornendo a riguardo alcuna diversa indicazione. 4. II ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile che liquida in complessivi € 2.500,00 oltre accessori come per legge.