Scontro con sorella e cognato, va dai carabinieri per tornare in carcere: condannato per evasione

A provocare l’improvvisa decisione dell’uomo è la difficile convivenza con la sorella e col marito di lei. La conflittualità caratteriale lo spingono a raggiungere la stazione dei Carabinieri per chiedere di essere riportato in carcere. Giustificazione, questa, che non rende meno grave la violazione dei domiciliari.

Scontro familiare col cognato. L’uomo, costretto ai ‘domiciliari’ a casa della sorella, non riesce più a gestire la convivenza, e, in preda alla rabbia, decide di lasciare l’abitazione recarsi alla stazione dei Carabinieri. Obiettivo è tornare in carcere. Ciò nonostante, l’azione dell’uomo non è giustificabile, né comprensibile. Consequenziale la condanna per il reato di evasione Cassazione, sentenza n. 8614/2016, Sezione Sesta Penale, depositata il 2 marzo 2016 . Familiari. Unica soddisfazione per l’uomo è la riduzione, decisa in Appello, della pena stabilita in Tribunale solo due mesi di reclusione . Assolutamente indiscutibile, invece, la sua colpevolezza egli è responsabile del reato di evasione , essendosi allontanato arbitrariamente dall’abitazione della sorella e del cognato, dove si trovava ristretto in regime di arresti domiciliari . Per i giudici di secondo grado è irrilevante la giustificazione addotta dall’uomo, che ha spiegato di essersi sì allontanato dalle mura domestiche a causa del conflitto col cognato, ma per recarsi direttamente alla stazione dei Carabinieri e chiedere di essere condotto nel carcere di Poggioreale . E anche nel contesto della Cassazione la linea difensiva dell’uomo viene ritenuta fragile, e comunque non sufficiente ad evitare la condanna. Sia chiaro, non viene messa in discussione la veridicità del conflitto con la sorella e col cognato , ma tale elemento è valutato comunque come secondario rispetto alla evasione realizzata. Su questo fronte, in particolare, i giudici tengono a ribadire che è giusto parlare di evasione anche in caso di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri per essere ricondotto in carcere . Ciò perché non possono avere rilievo né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della improvvisa decisione, come, ad esempio, il deterioramento del rapporto con i familiari conviventi . Peraltro, va tenuto presente, in questa vicenda, che non è dimostrato che l’uomo si recò direttamente, e per la via più breve, alla più vicina stazione dell’Arma , essendo plausibile, invece, che egli maturò solo in seguito il convincimento posto in essere, che si era ben guardato dal rappresentare preliminarmente alle forze dell’ordine .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 febbraio – 2 marzo 2016, n. 8614 Presidente Rotundo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 14.02.2014 la Corte di Appello di Napoli riconosceva ad U.A.C. la circostanza attenuante di cui all'art. 385 co. 4 cod. pen., con conseguente riduzione a mesi due di reclusione della pena inflitta dal Tribunale monocratico della stessa città al prevenuto, di cui pertanto confermava la declaratoria di colpevolezza in ordine al reato di evasione, contestato all'imputato per essersi allontanato arbitrariamente dall'abitazione della sorella Lucia, ove trovavasi ristretto in regime di arresti domiciliari. 2. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il C. personalmente, deducendo violazione della legge penale, in relazione all'art. 385 cod. pen., per avere la Corte napoletana omesso di considerare che, essendosi egli recato direttamente presso la stazione dei Carabinieri di Sant'Antimo, cui chiedeva di essere tradotto nel carcere di Poggioreale in ragione della situazione di conflitto determinatasi con la sorella ed il di lei marito, a causa della incompatibilità caratteriale con quest'ultimo, tale sviluppo della vicenda era significativo del fatto che non vi fosse stata una rilevante soluzione di continuità dello stato di restrizione , né alcuna connotazione dolosa nel proprio comportamento, che non aveva comportato la sottrazione alla sfera di controllo degli organi di vigilanza e dunque la lesione dell'interesse giuridico protetto dall'art. 385 c.p. . Considerato in diritto 1. II ricorso non è fondato, per le ragioni di seguito esposte. 2. Anche di recente, questa stessa sezione ha avuto modo di affermare che Integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere. Nel caso di specie l'imputato aveva giustificato il proprio comportamento in ragione di una lite con il direttore della Comunità terapeutica presso la quale era ristretto così Cass. Sez. 6, sent. n. 22109 del 13.05.2014, Rv. 262537 , significando, con il conforto di ulteriori precedenti di legittimità, che qualsiasi condotta di volontario allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari, in difetto di previa autorizzazione da parte della competente A.G., vale ad integrare il reato previsto e punito dall'art. 385 cod. pen., comportando la lesione dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice al rispetto dell'autorità delle decisioni giudiziarie, a tale riguardo non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della determinazione dei soggetto agente, ove pure riconducibili al deterioramento del rapporto con i familiari conviventi, trattandosi di situazione ad esempio ovviabile mediante la richiesta di mutamento del domicilio della restrizione cfr., in particolare, Cass. Sez. 6, sent. n. 29679 del 13.03.2008, Rv. 240642 . Non ignora la Corte l'esistenza di precedenti di segno difforme, che tuttavia non sono indicativi di alcuna reale diversità di orientamento, in ragione della peculiarità delle fattispecie di volta in volta sottoposte all'attenzione del giudice di legittimità. Così, nella vicenda di cui alla sentenza n. 32668 del 02.03.2010 Sez. 6, Rv. 247997 era accaduto che il soggetto agente, anche in quel caso costituitosi presso la stazione dei Carabinieri per essere ricondotto in un istituto di pena, con comportamento motivato dalla volontà di evitare che una lite poco prima insorta in ambito familiare potesse degenerare, aveva tuttavia fatto precedere la propria condotta da una telefonata ai militari per essere urgentemente ricondotto in carcere, salvo poi, non avendo avuto la tempestiva presenza degli stessi, raggiungere personalmente la vicina caserma, colto da un irrefrenabile stato d'ansia onde la ritenuta assenza di una effettiva e concreta violazione dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice, che mira a garantire la corretta attuazione della pretesa punitiva dello Stato o le esigenze caute/ari , esclusa dalla descritta dinamica del fatto. E, analogamente, nel caso oggetto della sentenza n. 16673 del 13.04.2010 Sez. 6, Rv. 247051 , l'imputato, sempre in ragione dell'addotta impossibilità di protrarre la convivenza con i familiari, aveva richiesto telefonicamente l'intervento del personale di p.g. preposto ai controlli, che aveva successivamente atteso stazionando sull'uscio di casa dopo aver preannunciato che l'avrebbe varcata al precipuo scopo di essere tratto in arresto, in tal caso essendosi esclusa la sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice. Infine, nell'ipotesi cui si riferisce la pronuncia richiamata dallo stesso ricorrente Cass. Sez. 6, sent. n. 25583 del 05.02.2013, Rv. 256806 , la sentenza è chiara nel significare essere emerso con certezza in punto di fatto, alla stregua di quanto accertato dai giudici di merito, che l'imputato usci dalla sua abitazione per l'impossibilità di protrarre la convivenza con i familiari e giunse, immediatamente dopo, per la via più diretta, alla stazione dei Carabinieri, dove gli arresti domiciliari tramutarono in consegna al/a forza pubblica , evidenziando dunque, anche in tal caso, come non vi fu alcuna reale sottrazione alla sfera di vigilanza degli organi di controllo e, dunque, alcuna sostanziale soluzione di continuità dello stato di restrizione del prevenuto. Per contro, nel caso di specie, pur non essendo stata messa in dubbio l'effettività della motivazione alla base dell'agire del C., nondimeno è del tutto ignoto il momento in cui egli ebbe ad allontanarsi dall'abitazione in cui era sottoposto al regime degli arresti domiciliari e, correlativamente, se lo stesso si recò direttamente e per la via più breve presso la più vicina stazione dell'Arma, ovvero se maturò solo in seguito il convincimento posto in essere, che ben si era guardato dal rappresentare preliminarmente alle Forze dell'Ordine. Alla stregua di tale quadro, l'unico dato certo è costituito dall'indebito allontanamento dal luogo della restrizione domiciliare, sul quale i giudici del merito hanno correttamente fondato la propria concorde statuizione, che appare quindi immune da censure di sorta. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 25.02.2016