Quando si configura l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede?

L’espressione pubblica fede indica il senso di affidamento verso la proprietà altrui nel quale confida colui che debba lasciare un bene incustodito, anche per un breve periodo di tempo. La ratio dell’aggravamento della pena soggiace nella condizione di esposizione della cosa, non essendo, invece, connessa alla natura pubblica o privata del luogo ove il bene sia stato lasciato.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 8331/2016, depositata il 1° marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Torino, confermando la statuizione del gup competente in sede di rito abbreviato, condannava un’imputata per l’illecito di cui all’art. 625, numero 7, c.p. furto aggravato . All’imputata veniva rimproverato di aver sottratto un telefono cellulare, un portafogli contenente 20 euro e un paio di occhiali da sole, asportandoli dallo scomparto di un armadietto sito in un pubblico esercizio. La condannata ricorreva per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 625, numero 7, c.p., non essendo, a parere dell’impugnante, gli oggetti asportati esposti alla pubblica fede. Titoletto. La Suprema Corte ha sottolineato come i giudici di merito abbiano correttamente ritenuto sussistente l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. Gli Ermellini hanno chiarito che la necessità dell’esposizione deve intendersi non in senso assoluto, ovvero come impossibilità della custodia da parte del titolare del bene, bensì in senso relativo, ovvero in relazione alle circostanze particolari che possono aver indotto il soggetto a lasciare i beni incustoditi. L’espressione pubblica fede indica il senso di affidamento verso la proprietà altrui nel quale confida colui che debba lasciare un bene incustodito, anche per un breve periodo di tempo. La ratio dell’aggravamento della pena, ha chiarito il Collegio, soggiace nella condizione di esposizione della cosa, non essendo, invece, connessa alla natura pubblica o privata del luogo ove il bene sia stato lasciato. L’adozione di cautele da parte del proprietario del bene, peraltro, non incide sulla configurabilità dell’aggravante, in quanto non elide il pubblico affidamento della res lucchetti o antifurto, non rappresentano, a parere della Suprema Corte, un ostacolo tale da integrare un impedimento assoluto alla sottrazione del bene. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 luglio 2015 – 1 marzo 2016, n. 8331 presidente Bruno – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 11.6.2014 la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza con la quale il G.U.P. del locale Tribunale, all'esito del rito abbreviato, aveva condannato T.N., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi 8 di reclusione ed € 200,00 di multa, oltre al risarcimento danni in favore della parte civile, per il delitto di furto aggravato ex art. 625 n. 7 c.p. di un telefono cellulare, di un portafogli contenente € 20,00 e di occhiali da sole, sottraendoli a P.A. che li teneva custoditi in uno scomparto dell'armadietto situato nel locale block house, posto all'esterno della Casa Circondariale di Torino. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputata, a mezzo del suo difensore di fiducia, deducendo i vizi di cui all'art. 606, primo comma, lett. b ed e , c.p.p., per erronea applicazione della legge penale in riferimento all'art. 625, n. 7, c.p., nonché per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, atteso che costituisce fatto acclarato nella fattispecie in esame quello che l'armadietto era regolarmente chiuso con il lucchetto e che l'imputata lo apriva, seppur senza danneggiarlo, ma da ciò non è possibile ritenere che gli oggetti ivi riposti dalla persona offesa fossero esposti né per consuetudine, né per necessità alla pubblica fede, posto che l'affidamento alla pubblica onestà era stato ampiamente superato dalla condotta della persona offesa della chiusura a chiave dell'armadietto delle due l'una o si ritiene che la persona offesa non avesse chiuso a chiave l'armadietto, o l'avesse chiuso male, oppure l'imputata aveva aperto l'armadietto, rubando il contenuto che non poteva ritenersi esposto alla pubblica fede conseguentemente deve escludersi, anche implicitamente, la ricorrenza della condizione di procedibilità 3.La p.o., P.A., ha prodotto in data 23.6.2015 memoria concludendo per il rigetto del ricorso, essendo irrilevante ai fini della ricorrenza dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede che l'armadietto fosse chiuso o aperto. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato. 1.La ricorrente pone con l'unico motivo di impugnazione la questione di diritto relativa ali' impossibilità di configurare l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, nel caso in cui gli oggetti sottratti siano custoditi con sistema di chiusura mediante lucchetto, ma ovviamente la questione è estensibile a tutte le ipotesi in cui determinati accorgimenti impediscano l'immediato accesso al bene. Secondo la ricorrente risulterebbe pacifico, nella fattispecie in esame, che gli oggetti asportati erano stati collocati nell'apposito armadio posto all'esterno del carcere destinato al deposito degli effetti personali dei visitatori e che la p.o aveva apposto un lucchetto al relativo scomparto, aperto dal ladro senza segni di effrazione. 2. La questione posta dalla ricorrente è inammissibile, non solo perché non risulta essere stata posta nei termini in questione con l'atto di appello, in relazione al disposto di cui all'art. 606, terzo comma ultima parte, ma per essere, in ogni caso, completamente destituita di fondamento. 2.1.Ed invero, va innanzitutto evidenziato che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che l'armadietto contenente i beni sottratti alla P. fosse esposto alla pubblica fede, atteso che la necessità dell'esposizione deve essere intesa non in senso assoluto, come impossibilità della custodia da parte del titolare del bene, bensì relativo, cioè in rapporto alle particolari circostanze che possono indurre il soggetto a lasciare le proprie cose incustodite Sez. 4,n. 45488 del 08/07/2008 Sez. 5, n. 5226 del 19/11/2013 . In particolare, per pubblica fede deve intendersi il senso di affidamento verso la proprietà altrui sul quale fa affidamento chi deve lasciare una cosa, anche solo temporaneamente, incustodita Sez. 4, n. 5113 del 07/11/2007 e la ratio dell'aggravamento della pena, previsto dall'art. 625 n. 7, terza ipotesi, codice penale, non è correlata alla natura - pubblica o privata - del luogo ove si trova la cosa , ma alla condizione di esposizione di essa, sicchè tale condizione può sussistere anche se la cosa si trovi in luogo privato cui si possa liberamente accedere, Sez. 2, n. 11977 del 04/07/1989 . In tale contesto, non è idoneo ad incidere sulla configurabilità dell'aggravante in questione l'adozione, o meno, da parte del proprietario, di cautele, Sez. 2, n. 11977 del 04/07/1989,Sez. 2, n. 8504 del 16/05/1985 che non eliminano il pubblico affidamento della res. In ogni caso cautele che si traducono in congegni di chiusura quali l'apposizione di un lucchetto, una serratura con chiave, od un antifurto, non realizzano un ostacolo tale da costituire impedimento assoluto alla sottrazione del bene, attesa la limitata efficienza di tali congegni e la facilità con la quale possono essere superati, non costituendo un serio ostacolo all'azione furtiva, che non fa venir meno l'esposizione della cosa alla pubblica fede Rv. 123198 Rv. 131871 . 2.2. Più volte questa Corte ha affermato, invero, il principio secondo cui la chiusura a chiave degli sportelli di un'auto parcheggiata sulla pubblica strada, non costituendo un serio ostacolo all'azione furtiva, non fa venir meno l'esposizione della cosa alla pubblica fede, con la conseguenza che sussiste la relativa aggravante, nel caso in cui il furto venga consumato con modalità violente o fraudolente, che concorre con quella prevista dall'art 625 n 2 cod pen., avendo diversa obiettività giuridica. Rv. 141356 Rv.137830 Rv. 153618 Rv. 131871 Rv. 123198 . 2.3. Facendo applicazione dei suddetti principi emerge che nella fattispecie in esame correttamente è stata ritenuta sussistente l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 c.p. essendo all'uopo ininfluente l'adozione di un meccanismo di chiusura dello scomparto dell'armadio esposto alla pubblica fede contenente i beni sottratti, o la forzatura di esso. 3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 500,00, ai sensi dell'art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi € 500,00 oltre accessori come per legge e distrazione a favore dell'erario.