Maltrattamenti subiti nelle carceri del Paese d’origine: confermata comunque l’estradizione

Accolta la richiesta delle autorità della Georgia. Irrilevante e generico il richiamo fatto dall’uomo a violenze da lui sopportate in precedenti esperienze nelle strutture penitenziarie del Paese d’origine. Impossibile parlare di situazione allarmante.

Brutte esperienze nelle carceri del Paese d’origine. Ciò nonostante, è confermato il ‘via libera’ alla estradizione dello straniero presente in Italia. L’uomo dovrà scontare in patria la condanna emessa per i reati di omicidio e detenzione e porto illegali di arma da fuoco Cassazione, sentenza n. 4977/2016, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Condanna. Nessun dubbio per i giudici di merito vi sono tutti i presupposti per l’ estradizione del cittadino georgiano presente in Italia, e colpito da sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Tbilisi . Gravissime le contestazioni a suo carico in anni diversi, l’uomo è stato ritenuto colpevole di omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto illegali di arma da fuoco . Secondo il legale, però, la decisione emessa in Appello è frettolosa e superficiale. Due gli argomenti messi sul tavolo in Cassazione primo, violazione del diritto di difesa in Georgia secondo, condizioni discutibili nelle carceri georgiane. Carceri. Ma le obiezioni difensive si rivelano fragilissime. E ciò conduce alla conferma della estradizione . Da un lato, emerge che l’autorità giudiziaria georgiana ha accertato che l’uomo era al corrente dell’avvio di un procedimento penale a suo carico , e per l’intera durata del procedimento penale, la sua difesa è stata comunque garantita da un avvocato, che ha avuto accesso agli atti e ha preso parte alla formazione delle prove, incluso l’esame dei testimoni . Peraltro, alla luce del diritto georgiano , l’uomo, giudicato in absentia , ha la possibilità, sottolineano i giudici della Cassazione, di impugnare la sentenza e di essere sottoposto a nuovo processo . Dall’altro lato, invece, generico pare il richiamo alle esperienze di maltrattamento subite dall’uomo nelle carceri georgiane , esperienze che, secondo i giudici, possono essere del tutto contingenti . Di conseguenza, non vi sono elementi per ritenere allarmante la situazione delle strutture penitenziarie in Georgia, nonostante il difensore abbia citato anche alcune relazioni di Amnesty International .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 dicembre 2015 – 8 febbraio 2016, n. 4977 Presidente Agrò – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1.O.D. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata,con cui è stata dichiarata la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dalle Autorità della Georgia, in esecuzione della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Tbilisi, il 12-3-2012, per i reati di omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto illegali di arma da fuoco, commessi nel 2004 e nel 2011. 2. II ricorrente si duole, con il primo motivo, di non aver mai avuto notizia del procedimento penale a suo carico, in Georgia, e di non aver potuto pertanto difendersi in alcun modo. La Corte d'appello, a fronte delle scarne ed equivoche informazioni contenute nella richiesta di estradizione, non ha svolto alcun accertamento tendente alla verifica delle forme di notificazione adottate per mettere l'imputato contumace al corrente della sentenza di condanna, avverso la quale non è dato comprendere se sia stata proposta impugnazione. Né è dato comprendere se la sentenza sia stata comunicata al difensore d'ufficio. Nessun accertamento, in violazione dell'art. 704, comma 2, cod. proc. pen., è stato svolto dal giudice della estradizione neanche in ordine all'asserita possibilità dei condannato di esperire un rimedio assimilabile alla restituzione in termini, non essendo sufficiente affermare che il condannato potrà ottenere un nuovo processo, senza verificare i requisiti formali e le modalità procedimentali di tale asserita possibilità d'impugnazione. Ci si trova infatti in presenza di una violazione dei diritti fondamentali dell'individuo e dei principi generali dell'ordinamento, anche perché non vi sono, nello Stato richiedente, norme a tutela del diritto di difesa. 2.1. Peraltro la sentenza non presenta le caratteristiche tipiche della decisione irrevocabile e anche sotto tale profilo la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre approfondimenti. 2.2.Con l'ultimo motivo, il ricorrente deduce mancanza delle condizioni per l'estradizione,in relazione alla situazione riscontrabile nel sistema penitenziario georgiano, caratterizzato dalla violazione dei diritti umani, secondo quanto si desume dai rilievi formulati nella memoria difensiva ritualmente depositata nel giudizio di fronte alla Corte d'appello e corroborati mediante il riferimento a fonti documentali, costituite da relazioni di Amnesty International, Georgian Dream,Ocse, Gyla, East Journal, che riportano di continuo aggiornamenti sui trattamenti disumani, costantemente posti in essere all'interno delle carceri georgiane. Lo stesso ricorrente, che era detenuto nella sezione numero 5 dei carcere di Tbilisi, in cui più frequenti sono gli abusi, ha, più volte, subito violenze da parte delle Forze dell'ordine, riportando anche lesioni al setto nasale, mai segnalate dalle autorità georgiane. Ricorre dunque la causa di rifiuto di cui all'art. 705, comma 2, lett. c cod. proc. pen. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1.La prima doglianza è manifestamente infondata. La Corte d'appello ha infatti evidenziato che l'Autorità giudiziaria georgiana ha accertato che l'O. era al corrente dell'avvio di un procedimento penale a suo carico. Per l'intera durata dei procedimento penale, la sua difesa è stata comunque garantita da un avvocato, che ha avuto accesso agli atti e ha preso parte alla formazione delle prove, incluso l'esame dei testimoni. In ogni caso, il ricorrente, in quanto giudicato in absentia, ha, per il diritto georgiano, la possibilità di impugnare la sentenza e di essere sottoposto a un nuovo processo. Nel caso di specie, è stata dunque fornita una garanzia di natura non politica ciò che sarebbe irrilevante ma giuridica, fondata cioè sull'esistenza, nell'ordinamento dello Stato richiedente, di norme che consentono la rinnovazione del giudizio in absentia. È pertanto sufficiente che l'interessato abbia la possibilità di chiedere un nuovo processo Cass. Sez 6, n. 17643 del 28-4-2008, Rv. 239650 , in quanto, una volta accertato che l'ordinamento dello Stato richiedente garantisce alla persona condannata in contumacia il diritto a un nuovo giudizio,può procedersi alla consegna. Cass. Sez. 6,n. 34480 dei 17-4-2007 , Rv. 237796 Sez 6 , n 1109/09 dei 6-11-2008, Rv 242135 Sez 6, n. 45523 del 20-12-2010,Rv. 248967 . 2. II secondo motivo è generico, non avendo il ricorrente dedotto alcuna argomentazione a sostegno della tesi secondo cui la sentenza, sulla base della quale è stata richiesta l'estradizione, non è esecutiva, limitandosi a lamentare che la Corte d'appello non abbia disposto approfondimenti in tal senso e ad affermare che la pronuncia non presenta le caratteristiche tipiche della decisione irrevocabile , senza null'altro specificare al riguardo e senza indicare le ragioni per le quali egli ritiene che non si sia formato il giudicato. 3. La terza doglianza non può trovare ingresso in questa sede. Il divieto di pronuncia favorevole, che l'art 705, comma 2, lett. c , pone allorché vi sia motivo di ritenere che l'estradando verrà sottoposto a pene o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona,opera unicamente in presenza di una situazione allarmante, riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee a orientamenti istituzionali e rispetto alle quali sia comunque possibile una tutela legale Cass. , Sez 6, n. 21985 del 24-5-2006, Rv. 234767 . Incombe comunque sull' estradando l'onere di allegare elementi idonei a fondare il timore che l'estradizione preluda alla sottoposizione dello stesso, nello Stato richiedente, a un trattamento incompatibile con il rispetto dei diritti fondamentali della persona Cass. , Sez 6, n. 35896 dei 12-7-2004, Rv. 230016 , dovendosi escludere che il giudice possa decidere sulla base di semplici congetture Cass. , Sez 6, n. 38850 del 18-9-2008, Rv. 241261 . Orbene, nel caso di specie, non risultano elementi per ritenere la sussistenza dell'anzidetta situazione allarmante, non essendo sufficiente, in quest'ottica, la mera al legazione, sfornita di prova, di esperienze di maltrattamento subite dall'imputato presso le carceri georgiane,che ben possono essere dei tutto contingenti. Non è pertanto ravvisabile la condizione ostativa di cui al combinato disposto degli artt. 698, comma 1, e 705, comma 2, lett. c , cod. proc. pen., anche se la problematica potrà essere vagliata dall'Autorità ministeriale, alla quale spettano, nell'ottica delineata dall'art. 708 cod. proc. pen., le valutazioni inerenti all'opportunità di procedere alla consegna del ricorrente, anche alla luce della situazione del sistema carcerario georgiano. Trattasi infatti di apprezzamenti di natura squisitamente politica, che si collocano pertanto al di fuori dell'area del sindacato demandato all'Autorità giurisdizionale. 4. II ricorso va dunque dichiarato inammissibile, a norma dell'art. 606, comma 3, cod. proc. pen., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. Vanno inoltre espletati gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della casa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art 203 disp. att. cod. proc. pen.