Crollo di costruzioni: per la qualificazione del reato serve il pericolo per l’incolumità pubblica

Ai fini dell’integrazione dell’illecito di cui agli artt. 434 e 449 c.p., per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la caduta violenta ed improvvisa della stessa, accompagnata dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone. Si deve, dunque, trattare di un avvenimento di gravità tale da costituire un pericolo concreto per la vita delle persone, indeterminatamente considerate.

Con la sentenza n. 4480/2016, depositata il 3 febbraio, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta in tema di crollo di costruzioni ribadendo i contorni della fattispecie delittuosa. Il crollo di costruzione, totale o parziale. Secondo gli Ermellini, ai fini dell’integrazione del reato di cui agli artt. 434 e 449 c.p., per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la caduta violenta ed improvvisa della stessa, accompagnata dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone, senza che sia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell’edificio. Si deve trattare in definitiva di un avvenimento di gravità tale da costituire un pericolo concreto per la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante, cioè della potenza espansiva del nocumento, connotazioni che, invece, non sussistono nella contravvenzione di rovina di edifici in cui mancano sia la diffusività del fenomeno sia il pericolo per la pubblica incolumità. Si è, perciò, affermato che il disastro innominato di cui all’art. 434 c. p. è un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo concreto di disastro è idonea a consumare il reato, mentre il verificarsi dell’evento funge da circostanza aggravante. Grave colpa e previsione dell’evento. Nel caso di specie, la Corte di appello territoriale confermava la pronuncia di condanna resa dal Tribunale nei confronti dei tre imputati per il reato di cui agli artt. 110, 434 e 449 c. p. per avere, l’amministratore unico della società aggiudicatrice dei lavori di manutenzione straordinaria di una scuola elementare e i progettisti e direttori dei lavori, causato per grave colpa e previsione dell’evento il pericolo di crollo dell’edificio scolastico a seguito della cattiva esecuzione dei lavori. Nella motivazione della pronuncia di conferma della condanna il giudice di merito si soffermava in primo luogo sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto, rilevando come, nella specie, non potesse essere messo in discussione il cedimento di una parte del tetto dell’edificio scolastico, tecnicamente accertato dai consulenti del P.M. Sul punto di qualificazione giuridica del fatto, si focalizza la difesa dei tre imputati rilevando l’erroneità della indicazione di crollo”, ai senSi dell’art. 434 c.p., in luogo di quella di rovina di edifici” ai sensi dell’art. 676 c.p. Nessun danno concreto alle persone. Come si è visto poco sopra, i giudici del Palazzaccio” richiamano gli elementi caratterizzanti la qualificazione giuridica del fatto contestato, evidenziando la correttezza dell’operato dei giudici di merito. Infatti, a fronte dell’affermazione dei ricorrenti che non vi sia stato in concreto alcun danno alle persone, i giudici della Corte di Cassazione ribadiscono che per la configurabilità del reato di disastro innominato colposo, la concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità si individua in un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a determinate categorie di soggetti. In buona sostanza, per i giudici di Piazza Cavour, l’effettività della capacità diffusiva del nocumento – il c.d. pericolo comune – deve essere, con valutazione ex ante, accertata in concreto, ma la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, eventualmente e casualmente – così i giudici di legittimità – l’evento dannoso non si sia verificato ciò perché si tratta pur sempre di un delitto colposo di comune pericolo, il quale richiede per la sua sussistenza soltanto la prova che dal fatto derivi un pericolo per l’incolumità pubblica e non necessariamente anche la prova che derivi un danno. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 dicembre 2015 – 3 febbraio 2016, n. 4480 Presidente Zecca – Relatore Menichetti Considerato in fatto 1. Con sentenza in data 12.3.2014 la Corte d'Appello di Catania confermava la pronuncia di condanna resa dal Tribunale di Siracusa nei confronti di P.P. , M.G.N. e B.S. , per il reato di cui agli artt. 110, 434, 449 c.p. per avere, il P. , nella qualità di amministratore unico della Srl Pegaso, società aggiudicatrice dei lavori di manutenzione straordinaria della scuola elementare I Circolo Didattico ed esecutrice dei lavori nel corso dell'anno 2002, il M. e il B. , nella qualità di progettisti e direttori dei lavori medesimi, cagionato per grave colpa e previsione dell'evento il pericolo di crollo dell'edificio scolastico a seguito della cattiva esecuzione dei lavori. Condotte consistite in particolare per il P. , nell'aver inserito nella struttura travetti lignei di dimensioni più piccole di quelle previste nel progetto, nell'aver realizzato collegamenti nei nodi delle capriate d'angolo eccentriche determinando sollecitazioni non previste nel progetto sui nodi delle capriate diagonali totalmente difformi per le dimensioni da quelle previste dal progetto 80x80 mm2 le previsioni di progetto e 70x70 mm2 le sezioni messe in opera e determinando l'effettivo crollo della struttura del tetto nella zona d'angolo per il M. e il B. , nell'aver previsto nel progetto dell'opera pubblica l'uso di chiodature a norma Din del tipo di aderenza migliorata, assolutamente inadeguati nel caso specifico trattandosi di travetti molto sottili che non consentivano collegamenti efficienti, con delle chiodature laddove si sarebbero dovute utilizzare tecniche più moderne quali dispositivi a piastra metallica funzionali, Din 1.052, previa sperimentazione con prove di laboratorio per accertare l'effettivo carico portante, e nell'aver omesso, nella qualità di direttori dei lavori, di intervenire sia per modificare l'erroneità del progetto e dei calcoli, sia per verificare la corretta esecuzione delle opere strutturali che non era avvenuta da parte della impresa aggiudicatrice a regola d'arte, e con tale comportamento aver determinato, inoltre, il crollo strutturale della zona d'angolo e il dissesto dell'altra zona d'angolo simmetrica, nonché la sconnessione, per effetto domino, di tutto il resto delle capriate, ivi comprese quelle delle zone rettilinee. Fatto avvenuto in Siracusa nel novembre 2005. 2. Nel motivare la pronuncia di condanna, in risposta alle specifiche ragioni di gravame, la Corte territoriale riteneva in primo luogo corretta la qualificazione giuridica del fatto rilevando come, nella specie, non potesse essere messo in discussione il cedimento di una parte del tetto dell'edificio scolastico, tecnicamente accertato dai consulenti del P.M. e su cui aveva ampiamente riferito in dibattimento il prof. ing. Ba.An. , ordinario di tecnica delle costruzioni alla facoltà di ingegneria dell'Università di XXXXXXX esponeva poi, in ordine alla dinamica del fatto, che dopo le piogge verificatesi nel mese di ottobre 2005 erano state riscontrate nell'istituto scolastico delle infiltrazioni d'acqua piovana provenienti dal tetto di copertura dell'edificio, che dal sopralluogo effettuato in data 15.10.2005 era stato constatato un avvallamento del tetto per una superficie di circa 100 mq. e, data la pericolosità dei luoghi, erano stati eseguiti lavori di somma urgenza per la messa in sicurezza del tetto descriveva quindi con dettagliate considerazioni tecniche le cause del cedimento, la disgregazione della struttura portante del tetto che, benché collassata, era stata trattenuta in modo precario e temporaneo dal controsoffitto, e l'oggettivo pericolo di un crollo di più vaste dimensioni idoneo a porre in pericolo la pubblica incolumità. 3. Propongono ricorso gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia. 3.1. Primo motivo, comune, attiene alla inosservanza o erronea applicazione della legge penale e al vizio di motivazione relativamente alla qualificazione giuridica del fatto contestato come crollo ai sensi dell'articolo 434 c.p. e non quale rovina di edifici , ai sensi dell'articolo 676 c.p 3.2. Con un secondo motivo, del pari comune, i ricorrenti si dolgono del difetto di motivazione relativamente alla dinamica del sinistro. 3.3. Infine, con riferimento alle singole posizioni soggettive, il P. censura la pronuncia di responsabilità attribuitagli quale direttore tecnico dell'impresa esecutrice dei lavori e come tale tenuto a garantire la loro esecuzione a regola d'arte il B. ed il M. muovono analoga censura, con riferimento alla loro posizione di direttori dei lavori, che avrebbero omesso la necessaria vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere. Ritenuto in diritto 4. I ricorsi sono infondati e vanno respinti. 5. Appare innanzi tutto corretta la qualificazione giuridica del fatto. 5.1. Questa Corte si è già pronunciata nel senso che ai fini dell'integrazione del reato di cui agli artt. 434 e 449 c.p., per crollo di costruzione, totale o parziale, deve intendersi la caduta violenta ed improvvisa della stessa, accompagnata dal pericolo della produzione di un danno notevole alle persone, senza che sia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell'edificio Sez. IV, 21.1.2012, n. 2390 deve trattarsi cioè di un avvenimento di gravità tale da costituire un pericolo concreto per la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante, cioè della potenza espansiva del nocumento, connotazioni che invece non sussistono nella contravvenzione di rovina di edifici in cui mancano sia la diffusività del fenomeno sia il pericolo per la pubblica incolumità Sez. IV, 4.5.2015, n. 18432 Sez. III, 29.2.2008, n. 9418 . 5.2. Si è perciò affermato che il disastro innominato di cui all'articolo 434 c.p. è un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo concreto di disastro è idonea a consumare il reato, mentre il verificarsi dell'evento funge da circostanza aggravante Sez. IV, 11.10.2011, n. 36626 . 5.3. A fronte dell'affermazione dei ricorrenti che non vi è stato in concreto alcun danno alle persone, giova poi ribadire che per la configurabilità del reato di disastro innominato colposo, la concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità individua in un giudizio di probabilità relativo all'attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti. A tal fine l'effettività della capacità diffusiva del nocumento c.d. pericolo comune deve essere, con valutazione ex ante , accertato in concreto, ma la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, eventualmente e casualmente, l'evento dannoso non si sia verificato ciò perché si tratta pur sempre di un delitto colposo di comune pericolo, il quale richiede, per la sua sussistenza, soltanto la prova che dal fatto derivi un pericolo per l'incolumità pubblica e non necessariamente anche la prova che derivi un danno Sez. IV, 18.5.2007, n. 19342 Sez. IV, 25.2.2010, n. 7664 . 6. La Corte di Catania ha fatto buon governo di tali principi, che si attagliano perfettamente alla fattispecie concreta, esaminata tecnicamente in maniera approfondita, con argomentazioni logiche, congrue e del tutto condivisibili. Aderendo - in modo ragionato - alle conclusioni cui erano pervenuti i consulenti del P.M., i giudici di appello hanno evidenziato che la copertura dell'immobile adibito a scuola aveva subito un crollo localizzato nell'angolo ovest in seguito a diversi cedimenti delle capriate portanti dovuti alle seguenti cause carente esecuzione dei collegamenti tra le varie aste delle capriate lignee non eseguite secondo la norma Din prescritta dal calcolista in quanto insufficienti sia per gli spessori delle piastre metalliche, sia per il numero e il diametro delle viti, e la realizzazione di collegamenti non in piano bensì su travetti di spessore diverso dimensioni difformi di alcuni travetti lignei dal progetto esecutivo, e anche se le difformità non erano elevate per alcuni elementi, pari a pochi millimetri, avevano penalizzato le prestazioni strutturali, trattandosi di struttura realizzata con componenti molto snelle inadeguatezza delle sezioni di alcuni elementi, in particolare per le sezioni del corrente inferiore della capriata diagonale vi era una difformità pesante tra le dimensioni di progetto e quelle messe in opera eccentricità dei collegamenti dei nodi delle capriate d'angolo, messe in atto in fase esecutiva, che avevano provocato sollecitazioni non previste dal calcolista. Respingendo le doglianze espresse dai difensori in ordine ad un'ipotetica approssimazione delle misurazioni in base alle quali erano stati effettuati i calcoli, la Corte d'Appello evidenziava poi come tale aspetto fosse stato già affrontato e risolto dal Tribunale, in base a quanto specificato nella relazione tecnica, che riportava puntualmente la descrizione delle metodiche e degli strumenti tecnici utilizzati, nonché le formule matematiche applicate, pervenendo a risultati di certo non frutto di accertamenti superficiali ed approssimativi. Non sussiste pertanto il denunciato vizio di motivazione l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. Un., 2.7.1997, n. 6402 . Con specifico riguardo poi alla consulenza tecnica, non spetta a questa Corte stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dai giudici di merito e, quindi, l'esattezza della tesi accolta, ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica, se sia stata cioè seguita una corretta metodologia nell'approccio al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto. Ne deriva che in questa sede di legittimità non è possibile operare una differente valutazione degli esiti della consulenza, contestata dai ricorrenti, trattandosi di un accertamento in fatto congruamente motivato e come tale insindacabile Sez. V, 16.2.2015, n. 6754 . 7. I medesimi rilievi valgono in relazione alla qualificazione dell'evento come crollo, così definito dalla Corte di merito in base alla chiara ed inequivoca affermazione del consulente che ha parlato di un collasso della struttura, adagiatasi nella sua parte inferiore sulla contovoltina costituita di materiale ligneo e da cannozze e gesso, di spessore abbastanza consistente da poterci camminare sopra proprio tale consistenza della controsoffittatura aveva impedito la caduta di singoli elementi costruttivi nel locale sottostante, nonostante la effettiva disgregazione della struttura portante del tetto di copertura dell'edificio, che aveva perso la coesione tra i singoli elementi costruttivi. Un più grave disastroso evento dunque non si era verificato sia per il contenimento della parte crollata sia per la tempestiva esecuzione dei lavori di somma urgenza, circostanze che - per quanto si è già detto - non portano ad escludere la capacità diffusiva del nocumento che connota il delitto in esame. 8. Quanto poi al pericolo per la pubblica incolumità, tenuto conto del pericolo di crollo del tetto, ormai destrutturato, all'interno dell'edificio scolastico, non appare dubitabile l'effettivo rischio di danni ad un numero indeterminato di persone che avevano accesso alla scuola e dunque, a seconda del momento temporale di eventuale verificazione dell'ulteriore evento, insegnanti, alunni, genitori, personale amministrativo. 9. Ultimo profilo da esaminare attiene alle posizioni soggettive degli imputati. Anche sul punto le argomentazioni della Corte territoriale, che riprende, sintetizzandole, quelle del primo giudice, sono congrue e approfondite. In sede di stipula del contratto di appalto il geometra P. , amministratore unico della ditta appaltatrice, aveva assunto la responsabilità dell'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria della scuola alle condizioni stabilite dal contratto e dai relativi atti tecnici e amministrativi in sede di consegna dei lavori venivano nominati direttori dei lavori gli ingegneri M. e B. , ma il P. aveva mantenuto la qualità di direttore tecnico per l'impresa, con ciò in sostanza non conferendo ai predetti ingegneri una delega completa alla sovraintendenza esclusiva della esecuzione e quindi riservandosi poteri di generale e finale supervisione dell'opera. Il P. dunque avrebbe dovuto procedere alla esecuzione dei lavori secondo le migliori regole dell'arte e con i più aggiornati sistemi costruttivi e controllarne alla fine la regolare esecuzione in conformità alla progettazione, provvedendo nel tempo alle verifiche di manutenzione, che, qualora vi fossero state, avrebbero ragionevolmente evidenziato le deficienze strutturali, fatto emergere il conseguente stato di precoce logoramento della copertura ed evitato il rovinoso collasso. I direttori dei lavori hanno invece per colpa mancato di sovraintendere alla corretta e precisa esecuzione dei lavori previsti in progetto e di quelli funzionalmente ad essi connessi da parte dell'impresa di costruzione, lavori tra i quali rientravano la realizzazione di una perfetta e salda copertura, con le assi delle capriate delle dimensioni prescritte e con solidi e robusti collegamenti, colmando eventuali lacune del calcolista, provvedendo in fase di esecuzione alle eventuali necessarie modifiche idonee a realizzare una manufatto di perfetta solidità statica, in base ai doveri cogenti loro imposti dagli artt. 3 e 13 del R.D. n. 350/1859 sostituito dal D.P.R. n. 554/1999, che affermano la specifica responsabilità del direttore dei lavori in ordine alla accettazione dei materiali e all'esecuzione dei lavori a perfetta regola d'arte ed in conformità ai relativi progetti e contratti. Questi gli argomenti che hanno portato all'affermazione di responsabilità degli imputati. 10. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.