Accordo tra vicesindaco e associazione bocciofila: vantaggio per la collettività o abuso d’ufficio?

In materia di reato di abuso d’ufficio non è corretto ricavare l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale conseguito, dall’ingiustizia della condotta del pubblico agente è necessaria una doppia e autonoma valutazione dei due elementi. In altri termini, sul piano del rimprovero penale, è errato stabilire un’equivalenza fra lo strumento utilizzato e il risultato-evento.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1332/2016, depositata il 14 gennaio. Il caso. In primo grado il Giudice dell’udienza preliminare condannava il vicesindaco per i reati di concussione e abuso d’ufficio la decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Torino che assolveva l’imputato dal reato di concussione con conseguente rideterminazione della pena per il reato di abuso d’ufficio. L’imputato ricorreva in Cassazione ritenendo la decisione meritevole di riforma anche riguardo all’abuso d’ufficio. Nel dettaglio, l’imputato, quale vicesindaco, era accusato di essersi accordato preliminarmente con il presidente dell’unica società bocciofila presente sul territorio affinché questa potesse gestire, per la durata di 15 anni, anche la parte di bocciodromo costruita a spese della collettività. A parere della Corte territoriale, l’esecuzione dell’opera era stata affidata alla società con una suddivisione ritenuta artificiosa di due lotti operativi senza la procedura prevista dal Codice degli Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE d.lgs. 163/2006, detto anche Codice appalti . Abuso d’ufficio ipotesi residuale e libera. Come noto, la fattispecie – pur mutata a seguito delle riforme che si sono succedute in tema di reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione – resiste nel catalogo dei reati e assume un’importanza centrale quale fattispecie di chiusura” del sistema, che consente di perseguire condotte che non rientrano nel tipo” di quelle previste da altre norme. Da ultimo, la legge 6 novembre 2012 n. 190 Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione , su impulso di spinte comunitarie e internazionali, è tornata a rimettere mano al codice penale nella parte in cui prevede la punibilità dei reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Anche la riforma del 2012 ha ribadito l’importanza della fattispecie pur lasciandone inalterata la struttura, ha elevato i limiti edittali di pena. Confini soggettivi. La fattispecie si rivolge a due categorie soggettive i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio intraneus – figure soggettive oggetto di specifica definizione normativa contenuta nello stesso codice penale – pur essendo ammessa l’incriminazione di soggetto extraneus ”. È richiesto che i soggetti attivi abbiano agito, fatta salva l’integrazione di altro più grave reato, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, allo scopo intenzionale di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale ingiusto o di arrecare ad altri un danno ingiusto. È necessario, poi, che la condotta si connoti per essere contraria a legge o regolamento violazione di legge che il soggetto attivo è tenuto a rispettare, proprio in ragione della qualifica rivestita e, segnatamente, quando agisce nello svolgimento delle funzioni o del servizio. Violazione di legge. Per violazione di legge si intende la condotta del pubblico ufficiale connotata dal contrasto con le norme che regolano l’esercizio del potere nonché quelle condotte dirette a realizzare un interesse configgente con quello per il quale il potere è conferito si verifica, in altri termini, uno sviamento della funzione. Invero, il potere non è esercitato secondo lo schema normativo che ne legittima l’attribuzione bensì per fini alieni e privati. Dallo sviamento all’elemento soggettivo. Tale situazione consente di rilevare l’elemento psicologico del dolo intenzionale che sorregge la fattispecie e che è caratterizzato dalla rappresentazione e dalla volizione dell’evento quale conseguenza immediata e diretta della condotta dell’agente e obiettivo primario dallo stesso perseguito. Il reato in discussione, infatti, richiede il dolo intenzionale che sussiste quando l’agente si rappresenta e vuole l’evento di vantaggio patrimoniale proprio o altrui o il danno altrui, evento che costituisce conseguenza immediata e diretta della condotta e obiettivo primario perseguito. Tale elemento non sussiste quando il pubblico ufficiale intende invece perseguire l’interesse pubblico quale obiettivo primario. Violazione di legge elemento necessario ma non sufficiente. Per integrare il reato non è, dunque, sufficiente verificare la violazione di legge l’ingiustizia del mezzo adottato , ma è necessario accertare anche l’evento il vantaggio ingiusto . Sul piano del rimprovero penale, è errato stabilire un’equivalenza fra lo strumento utilizzato e il risultato-evento. Abuso d’ufficio è reato d’evento. Il reato di abuso d’ufficio è delitto proprio dei pubblici ufficiali caratterizzato da evento”, sicché la valutazione della configurabilità in concreto della fattispecie deve volgersi unicamente al concreto verificarsi – reale o potenziale – di un ingiusto vantaggio patrimoniale, che il soggetto attivo procura a se stesso o ad altri oppure, in alternativa, un ingiusto danno procurato a terzi. Non rileva, invece, la condotta di per sé, vale a dire l’adozione, da parte del pubblico ufficiale agente, di atti amministravi illegittimi. Dalla doppia ingiustizia È noto che il reato presuppone la c.d. doppia e autonoma ingiustizia la condotta deve connotarsi quale violazione di norme di legge o di regolamento mentre l’evento si concreta nel vantaggio patrimoniale indebito cioè non corrispondente ai canoni del diritto oggettivo . alla doppia valutazione. Diventa necessario, in ragione della struttura della fattispecie, operare una duplice e distinta valutazione. Non è corretto, infatti, ricavare l’ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall’accertata illegittimità della condotta. Violazione di legge sì, ma c’è l’evento? La Corte territoriale limitava a valorizzare la violazione di legge segnatamente art. 122, comma 7, Codice dei Contratti pubblici che, comunque, facoltizza le stazioni appaltanti nel caso in verifica, il Comune ad utilizzare la procedura negoziata, con selezione dell’appaltatore, mediante gara informale anziché con bando di gara, per l’assegnazione di lavori d’importo complessivo inferiore a un milione di euro, senza previo invito a presentare le offerte rivolto a dieci o cinque operatori economici a seconda del valore dei lavori pubblici . Veniva, invece, omessa la verifica in merito al fatto che la società assegnataria della convenzione avesse o meno titolo per la gestione della bocciofila in altri termini, non si verificava se sussistesse il vantaggio ingiusto in concreto, specie rispetto al dato, pacificamente emerso nel procedimento, che in paese vi era una sola associazione che si occupava del gioco delle bocce. Da approfondire la sussistenza del dolo intenzionale. La pronuncia è stata, quindi, annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio alla Corte territoriale perché il giudice di merito non aveva esplicitato le ragioni per cui ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la volontà dell’agente fosse orientata proprio a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società bocciofila e non a perseguire in via esclusiva gli interessi della cittadinanza del piccolo Comune piemontese a che la struttura potesse continuare a rimanere aperta al pubblico.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 novembre 2015 – 14 gennaio 2016, n. 1332 Presidente Agrò – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento del 27 gennaio 2014, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Vercelli, la Corte d'appello di Torino ha assolto perché il fatto non sussiste R.E. dal reato di concussione contestato al capo 2 ed ha rideterminato in mesi cinque e giorni dieci di reclusione la pena inflitta per il residuo reato di abuso d'ufficio contestato al capo 1 per essersi, quale vicesindaco del comune di , accordato preliminarmente con il Presidente della locale società bocciofila denominata omissis , affinché questa potesse gestire per quindici anni anche la parte del bocciodromo costruito a spese della collettività, in violazione dell'art. 122, comma 7, D.Lgs. n. 163/2006, in epoca successiva e prossima al 23 luglio 2010 . A sostegno della decisione, la Corte d'appello ha evidenziato come l'esecuzione dell'opera sia stata affidata direttamente alla società omissis - fra l'altro con un'artificiosa suddivisione in due lotti operativi con non pochi oneri a carico del Comune e vantaggi per la società privata -, senza la procedura prevista dagli artt. 122, comma 7-bis e 57, comma 6, D.Lgs. n. 163/2006, non potendosi ritenere la condotta scriminata dal fatto che il Comune avesse in passato concluso analoghe convenzioni o che - come dichiarato dall'imputato - in paese fosse presente una sola associazione bocciofila. 2. Nel ricorso proposto nell'interesse di R.E. , il difensore di fiducia Avv. Roberto Rossi, chiede che la sentenza sia cassazione per vizio di motivazione, per avere la Corte d'appello erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per assolvere l'imputato, quantomeno ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen., pur non essendo provata l'integrazione del contestato reato di abuso d'ufficio. Evidenzia il ricorrente a che la convenzione fra il Comune e la bocciofila è stata firmata dal sindaco G.E. , e non dall'imputato b che le cinque missive sottoscritte dal R. riguardano non la convenzione in oggetto, ma il mutuo da rilasciare da parte del credito sportivo per la realizzazione della struttura c che sia il precedente sindaco T.S. , sia il sindaco attuale G.E. hanno escluso che R. abbia imposto quella che era una decisione della giunta comunale, essendosi l'imputato limitato ad occuparsi dei contatti iniziali, informali e non vincolanti, con la società bocciofila d che, in ogni caso, manca la prova dell'elemento soggettivo. 3. Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, mentre la difesa del R. ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato con la conseguenza che la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino per un nuovo giudizio. 2. Ritiene invero la Corte che le censure mosse dal ricorrente colgano nel segno là dove denunciano una serie di lacune argomentative del provvedimento in verifica. 3. Sotto un primo profilo, deve essere rilevato come, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, ai fini del perfezionamento del reato di abuso d'ufficio non assume alcun rilievo, stante la sua natura di reato di evento, l'adozione di atti amministrativi illegittimi da parte del pubblico ufficiale agente, ma unicamente il concreto verificarsi reale o potenziale di un ingiusto vantaggio patrimoniale che il soggetto attivo procura con i suoi atti a se stesso o ad altri, ovvero di un ingiusto danno che quei medesimi atti procurano a terzi Sez. 6, n. 36020 del 24/05/2011, Rossattini, Rv. 250776 . Ne discende che il delitto di abuso d'ufficio è integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento, che dell'evento di vantaggio patrimoniale in quanto non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessità di una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato e, quindi, dall'accertata illegittimità della condotta Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che, in relazione alla condotta di un assessore comunale, consistita nell'assegnazione di un immobile di proprietà dell'ente per lo svolgimento di attività di ristorazione con delibera di giunta adottata senza il previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica, aveva ritenuto integrato il reato omettendo di verificare se il soggetto assegnatario avesse o meno titolo a conseguire la disponibilità dell'immobile per condurre l'attività di ristorazione Sez. 6, n. 10133 del 17/02/2015 - dep. 10/03/2015, Scassellati e altro, Rv. 262800 Sez. 6, n. 1733 del 14/12/2012 - dep. 14/01/2013, Amato, Rv. 254208 . Secondo il principio della c.d. doppia ingiustizia, è, quindi, necessario che ingiusta sia la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto sia l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia, di tal che occorre operare una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l'ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta Sez. 6, n. 35381 del 27/06/2006 Rv. 234832 Moro . La violazione di legge cui fa riferimento l'art. 323 cod. pen. riguarda non solo la condotta del pubblico ufficiale in contrasto con le norme che regolano l'esercizio del potere, ma anche le condotte che siano dirette alla realizzazione di un interesse collidente con quello per quale il potere è conferito, ponendo in essere un vero e proprio sviamento della funzione Sez. 6, n. 43789 del 18/10/2012, Contiguglia ed altri, Rv. 254124 rispetto alla quale si configura l'elemento soggettivo del dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell'evento come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito Sez. 6, n. 35859 del 07/05/2008, Pro, Rv. 241210 Sez. 5, n. 3039 del 03/12/2010, Ma rotta e altri, Rv. 249706 . Tirando le fila dei principi di diritto sopra rammentati, la prova della integrazione del reato ex art. 323 c.p. non può esaurirsi nella verifica della violazione di legge, dunque dell'ingiustizia del mezzo adottato, stabilendo una erronea equivalenza fra lo strumento utilizzato ed il risultato-evento che l'incriminazione richiede per la sua consumazione, ma richiede altresì l'accertamento dell'evento di vantaggio ingiusto. 4. A tale insegnamento non si è conformato il Collegio torinese, là dove - contravvenendo ai principi appena ricordati - si è limitato ad argomentare in merito alla violazione del disposto dell'art. 122, comma 7, D.Lgs n. 163/2006 Codice dei contratti pubblici [che facoltizza le stazioni appaltanti nella specie il comune ad utilizzare la procedura negoziata, con selezione dell'appaltatore operata mediante gara informale anziché con bando di gara, per l'assegnazione di lavori di importo complessivo inferiore a un milione di Euro senza previo invito a presentare le offerte rivolto a dieci o cinque operatori economici a secondo del valore dei lavori ] ed ha, di contro, omesso di verificare se la società assegnataria della convenzione avesse titolo per la gestione della bocciofila, id est sia configurabile un vantaggio ingiusto. Verifica tanto necessaria nel caso di specie nel quale - come dichiarato dallo stesso imputato all'A.G. e dato atto dalla Corte distrettuale - già in passato l'amministrazione comunale aveva seguito un'analoga procedura in considerazione del fatto che, in paese, vi è una associazione sola che si occupa del gioco delle bocce . 5. La decisione in verifica si appalesa lacunosa anche sotto il diverso profilo del dolo. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nel reato di abuso di ufficio, l'uso dell'avverbio intenzionalmente per qualificare il dolo implica che sussiste il reato solo quando l'agente si rappresenta e vuole l'evento di danno altrui o di vantaggio patrimoniale proprio o altrui come conseguenza diretta ed immediata della sua condotta e come obiettivo primario perseguito, e non invece quando egli intende perseguire l'interesse pubblico come obiettivo primario Fattispecie relativa ad un sindaco che aveva rilasciato un'autorizzazione edilizia in violazione della normativa urbanistica sul risanamento del centro storico, allo scopo esclusivo di favorire il recupero di abitanti nella zona del borgo antico che si stava progressivamente spopolando con rischio di un definitivo abbandono . Sez. 6, n. 708 del 08/10/2003 - dep. 15/01/2004, Mannello, Rv. 227280 . In tema di abuso d'ufficio, per la configurabilità dell'elemento soggettivo è richiesto il dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell'evento come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito Sez. 5, n. 3039 del 03/12/2010 - dep. 27/01/2011, Marotta Rv. 249706 . Di tali principi di legittimità non ha fatto buon governo la Corte di merito, nella parte in cui, nel confermare il giudizio di colpevolezza in merito al reato di cui al capo 1 , ha omesso di esplicitare le ragioni sulla scorta delle quali sia possibile ritenere integrata una prova certa secondo il canone dell' al di là di ogni ragionevole dubbio codificato all'art. 533 cod. proc. pen., che la volontà dell'imputato fosse orientata proprio a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società omissis , e non piuttosto a perseguire in via esclusiva gli interessi della cittadinanza del piccolo comune di a che il bocciodromo potesse continuare a rimanere aperto al pubblico. 6. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino per nuovo giudizio. Nel nuovo giudizio, il Collegio di merito dovrà attenersi ai principi di diritto sopra esposti, con particolare riguardo alla necessità di verificare l'integrazione della c.d. doppia ingiustizia e l'intenzionalità del dolo. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino per nuovo giudizio.