Spese di mantenimento in carcere: niente remissione del debito per il detenuto ‘ammonito’

Respinta la richiesta dell’uomo. Fondamentale la valutazione della condotta da lui tenuta durante il periodo di detenzione. Decisiva la sanzione disciplinare dell’ammonimento subita dietro le sbarre.

Ammonimento” per il detenuto. E quella sanzione disciplinare ha ripercussioni notevoli essa rende non proponibile la richiesta di remissione del debito” presentata dall’uomo e relativa alle spese di mantenimento in carcere Cassazione, sentenza n. 593, sezione Prima Penale, depositata l’11 gennaio . Condotta. Per il magistrato di sorveglianza non ci sono dubbi l’ istanza di rimessione del debito presentata da un ex detenuto è non accettabile. Esclusa, quindi, la possibilità per l’uomo di non provvedere al pagamento delle spese di mantenimento in carcere . Decisiva la valutazione del curriculum dell’uomo egli, durante il periodo di detenzione, ha subito una sanzione disciplinare , ossia un ammonimento . E ora tale visione viene condivisa dalla Cassazione. Inutili le obiezioni mosse dall’ ex detenuto. Anche per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, centrale è la circostanza che l’uomo durante la detenzione carceraria abbia subito la sanzione disciplinare dell’ammonimento . Di conseguenza, la condotta non completamente corretta tenuta in carcere impedisce, secondo i magistrati, la concessione della remissione del debito . Su questo fronte, in particolare, viene ribadito che sì la concessione della remissione del debito non richiede la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione , tuttavia tale beneficio presuppone comunque la regolarità della condotta mantenuta durante la detenzione . E l’ipotesi della regolarità viene meno quando, come in questa vicenda, il detenuto ha commesso infrazioni disciplinari oggetto di sanzione .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 novembre 2015 – 11 gennaio 2016, numero 593 Presidente Vecchio – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con ordinanza emessa il 12/05/2014 il Magistrato di sorveglianza di Avellino rigettava l'istanza di remissione del debito presentata da A.F. relativamente alla remissione del debito per le spese di mantenimento in carcere conseguenti al periodo di detenzione sofferta nell'arco temporale compreso tra il 28/02/2009 e il 27/02/2009. Questo provvedimento di rigetto veniva adottato sul presupposto che, nel caso di specie, non sussistevano i presupposti di buona condotta necessari per l'accoglimento dell'istanza di remissione presentata, atteso che, sulla base degli atti, risultava che nei confronti del F., in data 08/05/2009, durante la sua detenzione presso la Casa di reclusione di N.P., era stata emessa una sanzione disciplinare. 2. Avverso tale ordinanza il F. ricorreva personalmente per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'insussistenza dei presupposti per la remissione del debito invocato, che erano stati valutati dal Magistrato di sorveglianza di Avellino con un percorso motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico, tenuto conto dei parametri normativi affermati dall'art. 56 Ord. Penumero , che erano stati palesemente disattesi dal magistrato di sorveglianza. Queste ragioni processuali imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato. Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all'inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione cfr. Sez. U, numero 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611 . Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso del F. - pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di legge e pur dovendosi evidenziare la congruità delle doglianze difensive relative all'unicità della condotta ostativa alla concessione del beneficio richiesto - non individua singoli aspetti dell'ordinanza impugnata da sottoporre a censura giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una rivalutazione del merito dei presupposti per l'accoglimento dell'istanza di remissione dei debito che era stata rigettata dal Magistrato di sorveglianza di Avellino sulla base di un percorso motivazionale immune da censure. L'ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penale, soffermandosi in particolare sulla circostanza che al F., durante la detenzione carceraria patita presso l'istituto penitenziario di N.P., in data 08/05/2009, veniva irrogata la sanzione disciplinare dell'ammonimento, ponendo in tal modo una condotta ostativa alla concessione della remissione del debito richiesta, conformemente a quanto previsto dall'art. 6 del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, che ha sostituito l'art. 56 Ord. Penumero , secondo cui Se l'interessato è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi dell'articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio 1975,numero 354 . Queste conclusioni, del resto, appaiono conformi alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale, sebbene la concessione della remissione del debito non richiede la partecipazione del condannato all'opera di rieducazione attivata nei suoi confronti - viceversa rilevante ai fini dell'applicazione della misura alternativa alla detenzione della liberazione anticipata - tale beneficio penitenziario presuppone comunque la regolarità della condotta mantenuta durante la detenzione dell'esecutato, certamente insussistente nelle ipotesi in cui il detenuto ha commesso infrazioni disciplinari oggetto di sanzione. Sul punto, si ritiene utile richiamare il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui L'accoglimento della richiesta di remissione del debito non implica la revisione critica da parte dei condannato della sua vita anteatta, ma soltanto la costanza nella tenuta di un comportamento corretto cfr. Sez. 1, numero 18686 del 23/04/2009, Branca, Rv. 243781 . 2. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Alfredo F. deve essere rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.