Il dolo specifico richiesto nel trasferimento fraudolento di valori

Lineamento essenziale della fattispecie criminosa è pertanto la consapevole determinazione, in qualsiasi forma realizzata, di una situazione di difformità tra titolarità formale, meramente apparente, e titolarità di fatto di un determinato compendio patrimoniale, qualificata dalla specifica finalizzazione fraudolenta normativamente descritta.

Con la sentenza n. 50293/15 depositata il 22 dicembre, la Seconda sezione Penale della Corte di Cassazione si pronuncia in materia di trasferimento fraudolento di valori, ribadendo la giurisprudenza consolidata sul punto. In particolare, per i giudici di Piazza Cavour , integra la fattispecie criminosa di trasferimento fraudolento di valori la condotta di partecipazione societaria, quale socio occulto, per l’esercizio di un’attività economica preesistente, che faccia assumere la contitolarità della proprietà aziendale e degli utili prodotti, e che sia finalizzata all’elusione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale in quanto l’interposizione fittizia ricorre anche quando sia riferibile solo ad una quota del bene in oggetto. Modifiche societarie soltanto formali. Nel caso di specie la Corte d’appello territoriale aveva confermato la condanna alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione in ordine al reato di cui sopra. Da qui il ricorso dei due coimputati, le cui difese contestano in primo luogo la erronea applicazione della legge penale in relazione all’elemento soggettivo, dolo specifico, richiesto dall’art. 12- quinquies del d.l. n. 306/1992. In particolare, uno dei due ricorrenti lamenta il fatto che i primi giudici non hanno valorizzato le testimonianze e le dichiarazioni acquisite in dibattimento, ritenendo al contrario la rilevanza delle dichiarazioni rese dall’altro coimputato, non riscontrate con elementi esterni. Inoltre, la difesa contesta la natura di reato permanente attribuita dalla Corte al reato contestato, anche perché le modifiche societarie poste in essere dopo la costituzione della società interessata debbono considerarsi modifiche formali, dove dovrebbe essere dimostrata la natura delle finalità elusive per ogni singola operazione compiuta. Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità, i ricorsi sono infondati con riferimento particolare alla sussistenza del reato di cui all’art. 12- quinquies d.l. n. 306/1992, dedotta da entrambi i coimputati. La struttura e il fine della norma. Al riguardo osserva la Corte di Cassazione che con il reato de quo è punita l’intestazione fittizia o il fraudolento trasferimento di denaro, beni o altre utilità posti in essere al fine di eludere le disposizioni di legge sulle misure di prevenzioni patrimoniali o sul contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati inerenti alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza. Il riferimento alle mere disposizioni di legge anziché alle misure evidenzia in modo netto, secondo i Giudici di legittimità, l’abbassamento della soglia di punibilità della fattispecie, ancor prima che una misura di prevenzione patrimoniale sia stata emessa od anche solo richiesta. La particolare ampiezza dell’elemento materiale trova un corretto bilanciamento nella specifica configurazione dell’elemento psicologico, la cui illiceità viene puntualmente qualificata, individuando come illecita una condotta altrimenti penalmente irrilevante. Le finalità di politica criminale – prosegue la Corte di Cassazione – della norma rivelano pertanto che l’oggetto giuridico del delitto in questione consiste nell’evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, cosicché la concreta emanazione di queste ultime non integra l’elemento materiale del reato né una sua condizione oggettiva di punibilità, ma può costituire mero indice sintomatico di eventuali finalità elusive sottese a trasferimenti fraudolenti o ad intestazioni fittizie di denaro, beni o altri utilità che connotano il dolo specifico richiesto. Socio occulto in una attività già esistente. Come si è visto poco sopra, data la definizione offerta dalla Suprema Corte della struttura e dei limiti del reato di cui si sta parlando, emerge la condivisibilità – così si legge nel corpo della sentenza in commento - sul piano giuridico dell’argomentazione svolta nella sentenza impugnata, che valuta la sussistenza dell’interposizione fittizia sulla base dei complessivi elementi indiziari emergenti dagli atti, non solo nella ipotesi in cui essa concerna il patrimonio nella sua interezza, ma anche nella ipotesi in cui un soggetto divenga socio occulto in una attività già esistente e, perciò, compartecipe della proprietà aziendale e degli utili. A parere dei Giudici del Palazzaccio, pertanto, i giudici di merito hanno ricostruito con adeguata coerenza il collegamento tra l’attività degli imputati e il reato contestato. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 settembre – 22 dicembre 2015, numero 50293 Presidente Gentile – Relatore Diotallevi Ritenuto in fatto S.V. e Z.P.D. hanno proposto ricorso per cassa zione avverso la sentenza, in data 20 novembre 2014, della Corte d'appello di Reggio Calabria, con la quale è stata confermata la condanna alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p., 12 quinquies d.l. 8 giugno 1992, numero 306 A sostegno dell'impugnazione il S., con due distinti ricorsi ha dedotto una serie di motivi, che verranno esposti unitariamente a Violazione dell'art. 606 lett. b cod, proc. penumero in relazione all'art. 12 quinquies d.l. 8 giugno 1992, numero 306. II ricorrente ha contestato la ritenuta sproporzione tra le possibilità economiche dimostrate e quelle effettive dichiarate e con il secondo ricorso la sussistenza della effettiva disponibilità d ei beni in ordine ai quali è stata contestata la inte stazione fittizia dei medesimi punto 2 2 Mancanza e contraddittorietà della motivazione risultante da atti dei processo specificamente indicati nei motivi di gravame e conseguente erronea applica zione della legge penale in relazione all'elemento soggettivo, dolo specifico, ri chiesto dall'art. in esame. Il ricorrente lamenta che nonostante il deposito di una perizia dimostrativa della provenienza dei beni sono stati sequestrati beni che non erano di esclusiva pro prietà del ricorrente e comunque non erano attinenti all'attività imprenditoriale svolta bensì alla pastorizia. Il ricorrente lamenta l'assenza di motivazione nei provvedimenti adottati dalla Corte reggina e il fatto che i primi giudici non hanno valorizzate le testimonianze e le dichiarazioni acquisite in dibattimento con il secondo ricorso ha censurato, al contrario, la ritenuta rilevanza delle dichiarazioni rese dal coimputato di reato connesso A.M., che non sono state riscontrate con elementi esterni punto 3 . 3 Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 518 e 522 cod. proc. penumero con riguardo alla variazione della data commissi delicti. Il ricorrente censura la natura di reato permanente attribuita dalla corte al reato contestato, anche perché le modifiche societarie poste in essere dopo la costitu zione della società interessata debbono considerarsi modifiche formali, dove do vrebbe essere dimostrata la natura delle finalità elusive per ogni singola opera zione compiuta. 4 erronea applicazione della recidiva Il ricorrente lamenta l'omessa motivazione in ordine all'applicazione della recidi va 5 richiesta di declaratoria di prescrizione. In assenza di cause di interruzione della decorrenza della prescrizione deve rite nersi maturato il termine di estinzione dei reato per tale motivo tale motivo è stato dedotto anche con il secondo ricorso, al punto 1, partendo dalla data di co stituzione della società Euroservizi Ma.Gi.Ca. del 12 luglio 1999, e della Treesse del 4 maggio 2004. Z.P.D. ha dedotto a Violazione dell'art. 606 lett. b cod. proc. penumero in relazione all'art. 12 quinquies d.l. 8 giugno 1992, numero 306. Lo Z. è stato presidente della soc. Cooperativa Ma.Gi.Ca. che ha stipulato un contratto di collaborazione con il S. quale consulente tecnico per la lavo razione della pietra. Non vi sarebbe stato alcun accordo con il S. per rea lizzare attività elusive dal punto di vista patrimoniale, utilizzando lo schermo so cietario della Ma.Gi.Ca. La presenza del S. nel cantiere della Ma.Gi.Ca. deve ricondursi all'attività di collaborazione svolta in favore della società. Considerato in diritto 1.I ricorsi sono infondati e i motivi dedotti dai due ricorrenti verranno trattati u nitariamente stante la stretta connessione motivazionale concernente i motivi stessi. 1.1 In particolare in ordine alla sussistenza del reato di cui all'art. 12 quinquies d.l. 8 giugno 1992, numero 306 dedotta sia del S. che dallo Z. la Corte ri leva che la motivazione della sentenza impugnata è stata adottata sulla base di una interpretazione normativa condivisibile, sorretta peraltro da una analisi pun tuale degli elementi probatori presenti nel procedimento, che hanno consentito una verifica articolata, approfondita e coerente rispetto alla disciplina normativa e alla consolidata interpretazione giurisprudenziale in ordine all'esistenza delle condizioni legittimanti la ritenuta sussistenza del reato de quo. Con logica argomentazione, i giudici di merito hanno evidenziato come il reato previsto dall'art. 12 quinquies I. 356/1992 a carico degli imputati sia stato individuato anche con l'indicazione di fatti concreti,caratterizzati dagli elementi dell'attualità e della univocità interpretativa, anche rispetto alla sussistenza del dolo specifico, con riferimento alla possibile configurazione di comportamenti e lusivi della eventuale misura di prevenzione patrimoniale la ricostruzione dei fatti appare coerente nella dimostrazione di come tali comportamenti siano stati finalizzati a realizzare soluzioni di mascheramento del patrimonio, fondamentali per ostacolare un corretto giudizio di prevenzione, anche per ciò che riguarda l'accertamento della sproporzione tra l'entità dei redditi e del patrimonio da un lato e l'indice di arricchimento ingiustificato e di pericolosità che si ricava dalle sproporzioni rispetto ai rispettivi valori si veda il riferimento ai risultati dello svolgimento dell'attività ispettiva a fini previdenziali svolta all'interno della Coo perativa Ma.Gi.Ca. con la constatazione dell'unicità degli uffici tra la Cooperativa e quella della ditta individuale S. Graniti di V. S., l'ampio spettro delle attività svolte dal S., la riconducibilità del patrimonio azien dale della cooperativa a quello confiscato in precedenza alla Scavical di G.M.L. cognata del S., con decreto del Tribunale di Reggio Calabria numero 79 del 24 maggio 2000. I giudici di merito hanno fatto riferimento altresì alla copiosa documentazione sequestrata in base alla quale è stata ricostruita la complessa tela di commistioni esistente tra ì due centri di interesse commerciale v. pag. 3, 4 , sent. app. in base alla quale anche la soc. Treesse viene considera ta di fatto appartenente al S. v. pag. 5 della sentenza d'appello La valu tazione operata dai giudici di merito trova supporto anche nelle dichiarazioni dell'imputato di reato connesso M., e degli altri testimoni escussi, tra cui l’amministratore giudiziario M., lo stesso consulente dello Z., B. e tutte le altre circostanze di fatto, tra cui la condizione di evasore totale del S. e la circostanza che la cooperativa utilizzava un conto corrente intestato al S., che hanno fatto ritenere ai giudici di merito la sussistenza di un solido quadro di elementi su cui fondare un giudizio di colpevolezza v. pagg. 10 - 15 della sentenza impugnata . La coerenza logica motivazionale del provvedimento adottato e l'interpretazione della norma invocata alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale ap pare dunque adeguata rispetto alla valutazione degli elementi relativi alla confi gurabilità del delitto in esame. 2. Sotto questo profilo osserva la Corte che il D.L. 8 giugno 1992, numero 306, art. 12 quinquies, comma 1 convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, numero 356 punisce l'intestazione fittizia o il fraudolento trasferimento di denaro, beni o altre utilità posti in essere al fine di eludere le disposizioni di legge sulle misure di prevenzione patrimoniali o sul contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati inerenti alla circolazione di mezzi economici di illecita pro venienza. Il riferimento alle mere disposizioni di legge anziché alle misure già in essere o ancora sub iudice evidenzia in modo netto l'abbassamento della soglia di punibilità della fattispecie che è a forma libera cfr. Cass. Sez. I, 26 aprile 2007, numero 30165, CED Cass., numero 237595 Cass. Sez. I, 10 febbraio 2005, numero 14626, CED Cass., numero 231379 Cass. Sez. II, 9 luglio 2004, numero 38733 CED Cass., numero 230109 Cass. Sez. I, del 15.10.03, numero 43049, CED Cass., numero 226607 , ancor prima che una misura di prevenzione patrimoniale sia stata emessa od anche so Io richiesta. La particolare ampiezza dell'elemento materiale trova un corretto bi lanciamento nella specifica configurazione dell'elemento psicologico, la cui illicei tà viene puntualmente qualificata, individualizzando quindi come illecita una condotta altrimenti penalmente irrilevante e ponendo al riparo la norma da cen sura di illegittimità costituzionale per una eventuale indeterminatezza con riferi mento all'art. 25, comma 2 Cost. v., Cass., Sez. V, 25 settembre 2007, numero 39992, CED Cass., numero 238189 Cass., Sez. VI, 4 luglio 2011, numero 27666, CED Cass., numero 250356 Cass., Sez. II, 24/11/2011, numero 45 , CED Cass., numero 251750 . Le finalità di politica criminale della norma rivelano pertanto che l'oggetto giuridico del delitto in questione consiste nell'evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, sicché la concreta ema nazione di queste ultime o la pendenza del relativo procedimento non integra l'elemento materiale dei reato ne' una sua condizione oggettiva di punibilità, ma può costituire mero indice sintomatico possibile, ma non indispensabile di e ventuali finalità elusive sottese a trasferimenti fraudolenti o ad intestazioni fitti zie di denaro, beni o altre utilità, che connotano il dolo specifico richiesto. Non a caso esso viene descritto come fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e non già le misure in concreto disposte o richieste cfr., in motivazione, Cass. Sez. V, 15 gennaio 2009, numero 5541, CED Cass., numero 243163 . Questa conclusione trova una sua esegetica conferma nella considerazione che quando il legislatore ha inteso attribuire rilevanza, nella struttura materiale del reato, all'applicazione di misure di prevenzione o alla pendenza dei relativi procedimenti lo ha fatto esplicitamente, come nella figura delittuosa delineata nel corpo dello stesso art. 12 quinquies, al comma 2 cit. D.L In ragione della finalità suindicata è stato dunque affermato dalla giuri sprudenza che integra la fattispecie criminosa di trasferimento fraudolento di va lori la condotta di partecipazione societaria, quale socio occulto, per l'esercizio di un'attività economica preesistente, che faccia assumere la contitolarità della pro prietà aziendale e degli utili prodotti, e che sia finalizzata all'elusione delle dispo sizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, in quanto l'in terposizione fittizia ricorre anche quando sia riferibile solo ad una quota del bene in oggetto Cass., Sez. II, 8 marzo 2011,numero 23131, CED Cass., numero 250561 Cass., Sez. 1, del 15 ottobre 2003, numero 43049, CED Cass., numero 226607 . Lineamento es senziale dunque della fattispecie criminosa è pertanto la consapevole determina zione, in qualsiasi forma realizzata, di una situazione di difformità tra titolarità formale, meramente apparente, e titolarità di fatto di un determinato compendio patrimoniale, qualificata dalla specifica finalizzazione fraudolenta normativamen te descritta. Così definiti la struttura e i limiti del reato di cui si parla, emerge la condivisibilità sul piano giuridico dell'argomentazione svolta nella sentenza im pugnata, che valuta la sussistenza dell' interposizione fittizia sulla base dei com plessivi elementi indiziari emergenti dagli atti, e sopra individuati, e non solo nel le ipotesi in cui essa concerna il patrimonio nella sua interezza, ma anche nella diversa ipotesi in cui essa è riferibile solo ad una quota di esso, e, quindi, anche nell'ipotesi in cui un soggetto divenga socio occulto in una attività già esistente e, perciò, compartecipe della proprietà aziendale e degli utili. Per questo appare puntuale il riferimento ad una valutazione dinamica della vicenda alla luce degli importanti elementi acquisiti nel corso del presente procedimento e una volta confermata la natura permanente degli effetti scaturenti dal negozio incriminato cfr. Cass. Sez. Unumero 21 febbraio 2001, Ferrarese, numero 8, CED Cass., numero 218768 3. A parere della Corte, dunque, i giudici di merito hanno ricostruito con adegua ta coerenza il collegamento tra l'attività degli imputati e il reato contestato. Il provvedimento pertanto sotto il profilo giuridico appare indenne dalla necessità di una rivisitazione critica alla luce degli elementi di fatto e dei principi di diritto sopraesposti sia per quanto riguarda la motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi di responsabilità, sia in relazione ai termini prescrizionali, che con siderata la natura permanente del reato devono partire dall'ultima modifica for male della compagine societaria, chiaramente adottata a fini elusivi, e perfetta mente individuata nel provvedimento impugnato v. il calcolo della prescrizione effettuato a pag. 18 della sentenza impugnata . 4. Deve ritenersi manifestamente infondato il motivo concernente la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, dal momento che in ordine al la circostanza dei mutamento della data di perfezionamento del reato i ricorrenti hanno avuto ampia possibilità di difendersi, hanno accettato il contraddittorio e pertanto non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa. 5. II motivo concernente l'applicazione della recidiva, appare aspecifico rispetto al puntuale riferimento alla gravità dei fatti, alla personalità del prevenuto , qua le emerge dai criteri utilizzati per la dosimetria della pena e dagli elementi di responsabilità quali emergono dal complessivo quadro ricostruito dai giudici del merito. 6. Alla luce delle suesposte considerazioni devono essere rigettati i ricorsi del S. e dello Z. e gli imputati devono essere condannati al pagamen to delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.