Tra moglie e marito … il riciclaggio di proventi illeciti

L’intestazione di due immobili derivanti dallo scioglimento di una società di cui si è beneficial owner, già acquistati utilizzando proventi illeciti, integra il reato di riciclaggio tanto dal punto di vista oggettivo che soggettivo, essendo nota all’imputato l’illecita provenienza del denaro utilizzato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 50163, depositata il 21 dicembre 2015. Il caso. L’imputato era accusato di riciclaggio. In particolare per la tesi accusatoria la provvista per l’acquisto di due immobili proveniva da attività illecite realizzate dalla moglie dell’imputato, il quale ne era a conoscenza e intenzionalmente acconsentiva alla ripulitura” delle somme con cui gli immobili erano stati acquistati. In un primo momento l’accusato, che era beneficial owner di una società titolare di due appartamenti in Milano, aveva acquistato gli appartamenti con il denaro proveniente dalle attività illecite della moglie successivamente scioglieva la società provvedendo a re-intestarsi, a titolo personale, gli appartamenti. A seguito di rito abbreviato, il giudice per l’udienza preliminare assolveva l’imputato con la formula perché il fatto non costituisce reato . A seguito di gravame proposto dalla pubblica accusa, la Corte territoriale condannava l’imputato, concedendo le circostanze attenuanti generiche e diminuente per la scelta del giudizio abbreviato. Anatomia del riciclaggio la clausola di salvezza. La fattispecie contiene una clausola di salvezza fuori dai casi di concorso nel reato che sta a significare che un soggetto non è punibile nel caso in cui abbia commesso o concorso nel reato presupposto, vale a dire il reato rectius , delitto da cui deriva la disponibilità di denaro o altra utilità di provenienza illecita. Il soggetto è punibile solo se diverso dai partecipi ai delitti dai quali il denaro, i beni o le altre utilità provengono. Il reato precedente è presupposto. È necessario che vi sia il c.d. reato presupposto, cioè un altro e diverso fatto delittuoso, di natura dolosa, rimanendo estranei alla previsione quale reato presupposto” i delitti colposi e le contravvenzioni. Idoneità dissimulatoria in concreto? Secondo la giurisprudenza di legittimità, per configurare il reato non è necessario che la condotta di reimpiego abbia concreta idoneità dissimulatoria la fattispecie è volta a tutelare lo sviluppo fisiologico del mercato che deve essere preservato dall’inquinamento che deriva dall’immissione di capitali illeciti che consentono agli operatori di intervenire sul mercato alterando la concorrenza e i meccanismi fisiologici. Impedire o ostacolare. La Corte d’appello, nella sentenza di condanna, ha sottolineato che integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni destinate tanto ad impedire in modo definitivo quanto ad ostacolare o rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni e delle altre utilità qualsiasi espediente che consiste nell’aggirare la libera e normale esecuzione dell’attività posta in essere è idonea ad essere incriminata quale riciclaggio. Motivazione rafforzata per superare il ragionevole dubbio. La sentenza di appello, nel caso di riforma della sentenza di assoluzione di primo grado, se si basa su una diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito, deve esprimere una forza persuasiva superiore tale da rimuovere ogni ragionevole dubbio in ordine alla responsabilità dell’imputato. Nel caso esaminato, ad avviso della Suprema Corte di Cassazione la sentenza impugnata non è censurabile perché la Corte territoriale ha disarticolato in fatto e in diritto la motivazione di primo grado adempiendo all’onere motivazionale rafforzato”, pertanto, escludendo ogni ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza del reato e alla sua riconducibilità in capo all’imputato. Il ricorso pertanto è stato rigettato con condanna alle spese a carico del ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 dicembre – 21 dicembre 2015, n. 50163 Presidente Esposito – Relatore Davigo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4.3.2013 il G.U.P. del Tribunale di Milano, all'esito di giudizio abbreviato, assolse V.M.M.F. dell'imputazione di riciclaggio perché il fatto non costituisce reato. 2. Il P.M. propose gravame e la Corte d'appello di Milano, con sentenza del 18.2.2014, in riforma della pronunzia di primo grado, dichiarò V.M.M.F. responsabile del reato ascrittogli e - concesse le circostanze attenuanti generiche, con la diminuente per il rito - Io condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed € 4.000,00 di multa. 3. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo 1. violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reato di cui all'art. 648 bis cod. pen. e segnatamente sull'idoneità della condotta contestata ad ostacolare l'identificazione della provenienza dei beni di origine asseritamente illecita il G.U.P., nonostante la formula assolutoria adottata aveva sostanzialmente escluso che la condotta contestata a V. fosse riconducibile alla fattispecie di riciclaggio, come risulta dalle p. 4 e 5 della sentenza di primo grado la Corte d'appello non ha motivato sul punto, limitandosi a richiamare alcune massime giurisprudenziali la questione è di puro diritto e secondo la giurisprudenza europea e di legittimità è imposto al giudice di appello di ricostruire il fatto in termini certi la Corte territoriale ha travisato il capo di imputazione attribuendo a V. condotte a lui non contestate come quelle dell'afflusso di denaro sul conto Barklays Bank di Londra e l'utilizzazione della provvista per l'acquisto in capo alla Goldcase di due immobili a V. erano infatti contestate solo lo scioglimento della Goldcase e la reintestazione a V. di due immobili nella memoria difensiva era stato segnalato il paradosso per il quale tale condotta era in realtà di facilitazione all'identificazione della provenienza le condotte contestate non sono idonee a ostacolare l'identificazione della provenienza delle somme, stante la piena evidenza e tracciabilità manca il tipico effetto dissimulatorio indispensabile ad integrare il reato di riciclaggio la capacità di ripulire il denaro è ineludibile connotato della condotta la idoneità della condotta è stata affermata in modo assertivo dalla Corte d'appello la condotta contestata a V. ha fatto emergere nominativamente ciò che in precedenza non emergeva la nota 17.12.2010 della G. di F. aveva evidenziato che l'assegnazione degli immobili al socio unico V. era stata conosciuta quasi in tempo reale dagli inquirenti in realtà la Corte territoriale ha condannato V. solo in ragione dell'origine delittuosa delle somme con le quali erano stati acquisitati gli immobili è paradossale ritenere che la reintestazione degli immobili al marito renda più difficile collegare mettere gli immobili, già di proprietà della Goldcase, in relazione a P.R. correttamente il G.U.P. aveva valorizzato la scelta di non lasciare i fondi all'estero ma di averli fatti rientrare in Italia in una logica familiare e cioè per l'acquisto di immobili da destinare alle figlie in tale contesto è irrilevante che l'attività imprenditoriale di V. legittimasse la dichiarata disponibilità di capitali all'estero tali conclusioni non sono inficiate dal ricorso allo scudo fiscale, trattandosi di condotta conforme alla legge 2. mancanza di motivazione e violazione dell'art. 43 comma 1 cod. pen. e degli artt. 533 comma 1 cod. proc. pen. e 6 CEDU è principio di diritto consolidato che in caso di riforma in appello di sentenza di assoluzione pronunziata in primo grado sia necessaria una motivazione rafforzata tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio nella specie tale motivazione rafforzata non esiste e la ricostruzione della Corte territoriale in punto di elemento soggettivo del reato non è l'unica plausibile la mancanza di elemento soggettivo e l'estraneità di V. risultano anche dalle dichiarazioni del Notaio Napoli Anna che ha riferito di neppure sapere chi fosse V. e di P.R. che ha riferito di essere stata lei operativa e che il marito faceva soltanto ciò che lei gli diceva allegate al ricorso e trascurate dalle Corte d'appello il ragionamento dei primo giudice in realtà non è stato scalfito perciò dalla motivazione della Corte d'appello. Considerato in diritto 1. II primo motivo di ricorso è infondato. Nel capo di imputazione è contestato all'imputato di aver quale beneficial owner della Goldcase Financial Llc, società titolare di due appartamenti in Milano, via Mosé Bianchi n.XX acquistato con denaro derivante da attività illecite della moglie R. P. nell'ambito della gestione del gruppo GETRACO e che provvedeva a sciogliere e mettere in liquidazione la predetta società, assicurandosi la reintestazione personale dei predetti immobili . Le due condotte non possono essere esaminate separatamente, come si suggerisce nel primo motivo di ricorso, incentrando l'attenzione sulla sola reintestazione degli immobili, ma devono essere valutate unitariamente. Infatti, nella sentenza impugnata, si afferma La tesi accusatoria è quindi che la provvista per l'acquisto dei due beni immobili provenga dalle attività illecite della P. e che V. fosse a conoscenza di ciò e abbia intenzionalmente acconsentito alla 'ripulitura' delle somme con cui gli immobili sono stati acquistati p. 5 sentenza impugnata . È irrilevante che la Gold Case Finance fosse rappresentata prima da O.G. e poi da Bianchi Ernesto, in quanto l'imputato era comunque beneficial owner p. 10 - 11 sentenza impugnata . Neppure è fondata la tesi difensiva secondo la quale l'imputato si sarebbe limitato ad assegnare a se stesso ciò che era già suo in quanto da un lato le somme versate alla Gold Case Finance erano della moglie P.R. e che il ruolo di beneficial ownwer di V. aveva natura fiduciaria p. 12 sentenza impugnata . Peraltro questa Corte ha chiarito che per configurare il reato previsto dall'art. 648 ter cod. pen., non è necessario che la condotta di reimpiego abbia una concreta idoneità dissimulatoria, essendo la fattispecie orientata in via principale a tutelare il fisiologico sviluppo dei mercato che deve essere preservato dall'inquinamento che deriva dalla immissione di capitali illeciti. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 37678 del 17/06/2015 dep. 17/09/2015 Rv. 264466 . 2. II secondo motivo di ricorso è infondato. Nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione, nella diversa valutazione dei materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, esprima una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio. far le altre Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6817 del 27/11/2014 dep. 17/02/2015 Rv. 262524 che ha esteso tale obbligo anche ai casi di impugnazione presentata dalle parti civili per le sole statuizioni civili . Nel caso in esame la Corte d'appello ha anzitutto corretto in diritto la motivazione del primo giudice richiamando giurisprudenza di questa Corte secondo la quale integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza dei denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell'aggirare la libera e normale esecuzione dell'attività posta in essere. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 16980 del 18/12/2007 dep. 24/04/2008 Rv. 239844. Fattispecie relativa all'effettuazione di versamenti di somme di denaro di illecita provenienza in favore di varie società controllate dagli imputati, attraverso il temporaneo utilizzo di una serie di conti di sponda su cui affluivano in modo da non conservare traccia delle operazioni, mancando gli elementi identificativi sia della provenienza delle somme confluite nelle società, sia della destinazione di quelle dalle stesse defluite . La Corte d'appello ha inoltre rilevato la illogicità della motivazione del primo giudice laddove faceva discendere l'assenza dell'elemento soggettivo del reato in capo a V. dal rapporto di coniugio con P.R. e richiamato gli elementi sulla scorta dei quali ha ritenuto provato il dolo, alcuni dei quali risalenti almeno al 2009, in cui vi fu la compravendita dell'appartamento sito in via Mosé Bianchi 71 Milano. In tal modo il giudice di appello ha adempiuto all'onere richiesto dalla richiamata giurisprudenza di legittimità disarticolando in diritto ed in fatto la motivazione della sentenza di primo grado. 3. II ricorso deve pertanto essere rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.