Anche il direttore dei lavori può violare le norme tecniche ex art. 95 T.U.E.

In tema di reati edilizi-urbanistici, il reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 380/2001 può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e dall’assuntore dei lavori.

Lo ha ribadito la Terza sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49991, depositata il 18 dicembre 2015. Il ruolo del direttore dei lavori Il direttore dei lavori è tra i soggetti destinatari del divieto di esecuzione dei lavori in difetto della preventiva autorizzazione in virtù della posizione di controllo a lui affidata su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità e risponde anche del reato di omesso deposito del progetto per le costruzioni edificate in zona sismica, per non aver controllato il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa antisismica. Inoltre, in materia di costruzioni in zone sismiche, il direttore dei lavori risponde del reato previsto dall'art. 95 d.P.R. n. 380/2001, per l'esecuzione di interventi edilizi in assenza del previo deposito del progetto presso il Genio Civile, in virtù della posizione di controllo affidatagli su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità e del conseguente obbligo di verificare il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa in materia. Anche secondo analogo orientamento, il reato di omesso deposito del progetto per le costruzioni edificate in zona sismica art. 17 e 20 l. 2 febbraio 1974 n. 64 può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare l'obbligo imposto e, quindi, anche dal direttore dei lavori che non abbia controllato il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa antisismica. e la disciplina della prescrizione. La sentenza in commento offre spunti interessanti anche con riguardo alla regolamentazione della prescrizione dei reati edilizi. Secondo la giurisprudenza prevalente, la permanenza del reato di edificazione abusiva termina, con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi, ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l'accertamento e fino alla data del giudizio, in quello della emissione della sentenza di primo grado. Pertanto, il momento consumativo del reato di abuso edilizio si realizza con l’ultimazione dei lavori, coincidente con la realizzazione delle finiture esterne ed interne. Occorre pure rammentare l’incidenza dell’eventuale inammissibilità del ricorso per cassazione sull’eccezione di prescrizione. L’inammissibilità preclude ogni possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice. Sempre nell’ambito della prescrizione nel giudizio di Cassazione, la giurisprudenza di legittimità ha altresì stabilito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p L’analisi dell’art. 129 c.p.p. offre interessanti spunti di riflessione anche in relazione al secondo comma del citato articolo. Tanto in fase predibattimentale cfr. art. 469 c.p.p. , come in qualsiasi altro stato e grado del giudizio, può sempre procedersi all’anticipata definizione del procedimento, quando risulti evidente che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Il legislatore ha dunque congegnato la disposizione de qua in modo che, ove ricorra una delle cause di estinzione del reato nella sentenza in commento si trattava della prescrizione , il proscioglimento nel merito è vincolato ad una situazione di evidenza, così come emerge allo stato degli atti del procedimento, cioè nel momento in cui si verifica il fatto estintivo dell’illecito penale. Da tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si sono interrogate circa il rapporto fra la declaratoria di estinzione del reato e quella di una causa di non punibilità nel merito. Orbene, la regola di giudizio, prevista dall'art. 530, comma 2, c.p.p. - cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità - è dettata esclusivamente per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale, con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti. Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale infatti la regola di cui all'art. 129 c.p.p., in base alla quale l'inizio di prova, ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell'imputato, non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve positivamente .risulta evidente art. 129 comma 2 c.p.p. emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli cfr. Cass. pen., sez. I, 30 giugno 1993, Mussone .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 novembre – 18 dicembre 2015, n. 49991 Presidente Franco – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del 3/3/2014, ha affermato la penale responsabilità di T.Q. , P.L.R. , G.R. e G.L. , che condannava alla pena dell'ammenda, in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 54 e 1161 Cod. Nav. accertato in omissis , 93 e 94 d.P.R. 380/01 accertato in omissis . I soli G.R. e G.L. , inoltre, venivano ritenuti responsabili anche del reato di cui agli artt. 65 e 72 d.P.R. 380/01 accertato in omissis . In particolare, il T. quale legale rappresentante di una società proprietaria di una struttura alberghiera, il P. quale progettista e direttore dei lavori ed i G. quali soci amministratori della società esecutrice dei lavori, venivano incolpati di aver realizzato innovazioni non autorizzate in un'area demaniale marittima di mq 40, destinata ad area scoperta zona verde , con sottostante ripostiglio interrato di mq 16,67 ed in concessione al T. , consistite nella realizzazione di uno sbancamento con demolizione del sottostante ripostiglio, nella demolizione di una pensilina, nella realizzazione di un unico vano interrato in cemento armato, nella realizzazione di una nuova pavimentazione dell'area scoperta con cemento armato e nella realizzazione, all'interno del vano, di due pozzetti di drenaggio collegati all'impianto di pompaggio posto nel retrostante locale. Dette opere risultavano, inoltre, realizzate in assenza della prescritta denuncia e attestato di deposito da parte dell'amministrazione provinciale competente. Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite rispettivi difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. T.Q. deduce, con un primo motivo di ricorso, l'intervenuta prescrizione del reato di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/01 di cui al capo C della rubrica, rilevando che la data di consumazione andrebbe individuata tenendo conto del momento in cui sarebbe stata presentata la domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento dell'albergo. Poiché detta domanda risulterebbe protocollata il 28/1/2009, il termine massimo di prescrizione sarebbe spirato il 29/1/2014. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando di essere in possesso del titolo per l'occupazione dell'area demaniale e per l'esecuzione degli interventi, che sarebbero stati realizzati in difformità dal titolo abilitativo, cosicché la violazione del codice della navigazione ipotizzabile a suo carico riguarderebbe la sola realizzazione di innovazioni non autorizzate, reato istantaneo per il quale sarebbe maturata la prescrizione. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della stessa nel certificato penale. 3. P.L.R. propone, nel proprio ricorso, le medesime questioni prospettate dal T. in termini perfettamente identici, con la sola ulteriore censura, riferita al reato di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/01, che ritiene ascrivibile al solo committente e non anche al progettista e direttore dei lavori. 4. G.R. e G.L. , i cui ricorsi risultano avere contenuti del tutto identici, deducono, con un primo motivo di ricorso, la violazione dell'art. 649 cod. proc. pen., affermando di essere stati già condannati per i medesimi fatti nell'ambito di altro procedimento penale nei loro confronti, celebrato nel medesimo Tribunale e definito con sentenza n. 1328/2013 del 4/12/2013, non ancora irrevocabile perché appellata. Con un secondo motivo di ricorso rilevano che era loro ignota la demanialità dell'area, della quale non erano stati informati da alcuno e che non era neppure intuibile in ragione delle specifiche caratteristiche della zona e che, ciò nonostante, il giudice del merito avrebbe dato per scontata tale conoscenza. Rilevano, inoltre, la natura istantanea e non permanente del reato di cui agli artt. 54 e 1161 Cod. Nav Con un terzo motivo di ricorso osservano che la contravvenzione di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/01 sarebbe ascrivibile al solo proprietario dell'opera e che, avuto riguardo alla data di presentazione della domanda per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento della struttura alberghiera, la prescrizione del reato sarebbe maturata il 24/1/2014. Con un quarto motivo di ricorso eccepiscono, per le medesime ragioni, anche la prescrizione del reato di cui agli artt. 65 e 72 d.P.R. 380/01. Con un quinto motivo di ricorso deducono la violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della stessa nel certificato penale. Tutti insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. 5. In data 26/10/2015 la difesa del T. e del P. ha fatto pervenire in cancelleria motivi aggiunti” consistenti nel deposito di concessione in sanatoria” rilasciata per le modifiche interne e prospettiche dell'immobile. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono solo in parte fondati. Va preliminarmente affrontata la questione relativa alla eccepita prescrizione dei reati di cui ai capi A e C della rubrica, di cui trattano il primo ed il secondo motivo dei ricorsi di T.Q. e P.L.R. ed il secondo ed il terzo motivo di ricorso di G.R. e G.L. , nonché, con riferimento al reato di cui al capo D , anche il quarto motivo dei ricorsi di questi ultimi. Va rilevato, a tale proposito, che nella sentenza impugnata viene dato atto di un dato fattuale determinante, poiché viene precisato che i lavori di cui all'imputazione erano in corso di esecuzione all'atto del controllo da parte della polizia giudiziaria, effettuato il 23 e 24 febbraio 2011 e che l'area veniva successivamente sottoposta a sequestro il successivo 4 marzo 2011. Risulta pertanto di tutta evidenza che, con riferimento alla violazione di cui al capo A della rubrica, pur volendosi ritenere che le illecite innovazioni non abbiano determinato alcuna limitazione alla fruibilità comune del bene demaniale, configurandosi così un rato istantaneo cfr. Sez. 3, n. 39455 del 22/5/2012, Giorgine Rv. 254332 Sez. 3, n. 20766 del 3/5/2006, Ferrante, Rv. 234481 , la consumazione della contravvenzione cessa con la ultimazione delle opere che costituiscono l'innovazione, ovvero, come nella fattispecie, se i lavori sono ancora in corso, con la sottrazione della disponibilità dell'area di intervento a seguito del sequestro della stessa. Poiché il sequestro, come si è detto, risulta eseguito il 4 marzo 2011, il termine massimo di prescrizione andrà a spirare, salvo sospensioni, il 4 marzo 2016. 2. Va aggiunto, con riferimento alla ulteriore questione dedotta nel ricorso dei G. circa la mancata loro conoscenza della demanialità dell'area, che, in disparte i riferimenti a circostanze di fatto non suscettibili di autonoma valutazione in questa sede di legittimità, la loro qualità di assuntori dei lavori presuppone la piena conoscenza della disciplina di settore ed un obbligo di puntuale e constante informazione, cosicché la dedotta ignoranza non può ritenersi in alcun caso scusabile. 3. Per ciò che concerne, invece, la violazione della normativa antisismica di cui al capo C dell'imputazione, la prevalente giurisprudenza di questa Corte qualifica come permanente il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti, osservando che la sua consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento edilizio Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738 Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Velia Pasquale, Rv. 255823, cui si rinvia anche per i richiami ai precedenti . Ne consegue che, anche in questo caso, la prescrizione non risulta ancora maturata. 4. Con riferimento a tale ipotesi contravvenzionale, peraltro, i ricorrenti hanno posto in discussione anche la riferibilità del reato alle loro posizioni soggettive. Segnatamente, come rilevato in premessa, la questione è stata sollevata dal P. , quale direttore dei lavori e progettista e dai G. , assuntori dei lavori. L'assunto, in entrambi i casi, è infondato. L'articolo 95 d.P.R. 380/01 attribuisce la responsabilità del reato a chiunque violi le disposizioni richiamate, cosicché la violazione assume la natura di reato comune, che può essere quindi realizzato dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro soggetto che abbia la disponibilità dell'immobile o dell'area su cui esso sorge, nonché da coloro che abbiano esplicato attività tecnica ed iniziato la costruzione senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007, Trozzo, Rv. 237537 Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999 dep. 2000 , Scardellato O, Rv. 215602 Sez. 3, n. 4438 del 10/4/1997, Biagiotti, Rv. 208031 . Con particolare riferimento alla figura del direttore dei lavori, si è affermato che . il direttore dei lavori risponde del reato previsto dagli artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380 del 2001, essendo anch'egli destinatario del divieto di esecuzione dei lavori in assenza della autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli artt. 52 e 83 del citato d.P.R., atteso che le disposizioni sulla vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ha determinato una posizione di controllo su attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei lavori” Sez. 3, n. 33469 del 15/6/2006, Osso ed altri, Rv. 235122. V. anche Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013 dep. 2014 , Damiano, Rv. 258854 Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011 dep. 2012 , Lo Presti, Rv. 252021 . A conclusioni analoghe si è pervenuti, come si è detto, anche con specifico riguardo agli assuntori dei lavori Sez. F, n. 35298 del 24/7/2008, Sparviero, Rv. 240665. Conf. Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007, Trozzo, Rv. 237537, cit. Sez. 3, n. 33558 del 6/6/2003, Mosca, Rv. 225555 . 5. Va pertanto ribadito il principio secondo il quale il reato di cui all'art. 95 d.P.R. 380/01 può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e dall'assuntore dei lavori. 6. Per ciò che riguarda, invece, la contravvenzione di cui agli artt. 65 e 72 d.P.R. 380/01, si tratta, in questo caso, di reato istantaneo con effetti permanenti, la cui consumazione coincide con la omissione degli adempimenti richiesti dalla norma, prima della esecuzione dei lavori, al fine di consentirne il controllo preventivo Sez. 3, n. 2289 del 10/12/1998 dep. 1999 , Bordonaro G, Rv. 213007 . Anche in questo caso i ricorrenti G. richiamano, a sostegno della propria tesi, dati fattuali non valutabili in sede di legittimità, facendo riferimento alla domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento dell'albergo, menzionata anche nei ricorsi del T. e del P. . La generica menzione dell'atto, neppure allegato in copia al ricorso, non consente a questa Corte alcuna verifica della fondatezza dell'assunto, poiché non è dato neppure rilevare quali siano stati i lavori di ristrutturazione autorizzati e se tra questi vi fossero quelli descritti nell'imputazione. La deduzione, inoltre, si pone in palese contrasto con quanto ritenuto in sentenza, ove viene dato atto della mancanza dei titoli abilitativi necessari per l'esecuzione degli interventi edilizi contestati. Per contro, deve rilevarsi che, come si è detto, nel provvedimento impugnato viene chiaramente indicato che i lavori erano incorso di esecuzione alla data dell'accertamento, tanto che la polizia giudiziaria rilevava, in data 23 e 24 febbraio 2011, la presenza di opere di sbancamento, cosicché l'esecuzione degli interventi, attesa anche la loro modesta entità, andava semmai ragionevolmente collocata nei giorni immediatamente precedenti a quelli dell'accertamento. Anche in questi caso, dunque, non vengono apportati dai ricorrenti elementi concreti per suffragare la tesi della prescrizione. È appena il caso di aggiungere che, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la prescrizione dei reati sarebbe maturata il 29 gennaio 2014, prima, quindi, della pronuncia della sentenza impugnata, ma non risulta dalla motivazione del provvedimento che della questione sia stato investito il giudice del merito. 7. Infondato risulta anche il primo motivo dei ricorsi presentati nell'interesse di G.R. e L. . La dedotta violazione dell'art. 649 cod. proc. pen. risulta palesemente destituita di fondamento poiché, come risulta chiaramente dalla mera lettura dell'imputazione, testualmente riprodotta ed oggetto della sentenza n. 1328/2013 del Tribunale di Pesaro, richiamata dai ricorrenti, le opere per cui sarebbe intervenuta condanna sono del tutto differenti da quelle descritte in rubrica nel provvedimento impugnato, riguardando lavori eseguiti sul fabbricato destinato ad albergo, mentre quelle per cui ora si procede risultano eseguite su un'area scoperta. Inoltre, le date di accertamento dei reati 12 maggio 2011 e 7 settembre 2011 sono successive rispetto a quelle indicate nell'imputazione riportata nella sentenza impugnata. Trattasi dunque, come è evidente, di fatti del tutto diversi. 8. A conclusioni differenti deve invece pervenirsi per ciò che riguarda il motivo, comune a tutti i ricorrenti, concernente la mancata concessione dei benefici di legge, che il giudice del merito ha motivato sulla base della ritenuta mancanza di interesse degli imputati in ragione della esiguità della sanzione pecuniaria irrogata. Come pacificamente emerge dalla sentenza impugnata, la difesa aveva rassegnato le proprie conclusioni richiedendo, all'esito della discussione, per tutti gli imputati, l'assoluzione con formula di giustizia e, in subordine, il minimo della pena ed i benefici di legge. Ciò posto, deve ricordarsi che, sull'argomento, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire come sia illegittima la decisione con la quale i benefici, richiesti dal difensore, siano negati dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l'imputato, poiché tale valutazione è di pertinenza esclusiva di quest'ultimo così Sez. 4, n. 9204 del 12/2/2014, Barletta, Rv. 259291. Nello stesso senso Sez. 1, n. 8560 del 18/11/2014 dep. 2015 , Merenda, Rv. 262553 . La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata sul punto. Ad avviso del Collegio l'annullamento deve essere effettuato con rinvio, poiché il giudice del merito si è limitato ad escludere l'interesse degli imputati ai benefici richiesti, ma non ha effettuato alcuna valutazione circa la sussistenza dei presupposti per la loro concessione. Tale valutazione, di natura discrezionale, concerne una prognosi di non recidività del condannato che non si ritiene di poter effettuare in questa sede, così aderendo all'indirizzo giurisprudenziale che esclude, in tali evenienze, la possibilità dell'annullamento senza rinvio con applicazione diretta dei benefici richiesti cfr. Sez. 3, n. 20264 del 3/4/2014, Cangemi e altro, Rv. 259667 Sez. 3, n. 19082 del 17/4/2012, Vitale, Rv. 252651 con richiami ai precedenti . 9. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio limitatamente alla concessione dei benefici richiesti e non concessi dalla Corte del merito, con l'ulteriore precisazione che il giudicato formatosi sull'accertamento del reato e della responsabilità impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla pronuncia d'annullamento. 10. Quanto ai motivi aggiunti”, di fatto consistenti nel mero deposito di provvedimento amministrativo in copia, rileva il Collegio che, riguardo ai reati contestati, eventuali sanatorie non producono alcun effetto estintivo, perché non previsto dalla legge ed, inoltre, non vi è alcuna possibilità di accertare, in questa sede di legittimità, l'esatta corrispondenza tra le opere descritte nei provvedimenti depositati e quelle per cui è processo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla concedibilità dei benefici richiesti, con rinvio al Tribunale di Pesaro. Rigetta nel resto i ricorsi.