Illeciti del legale rappresentante: è possibile il sequestro preventivo nei confronti della società?

È possibile, nei confronti di persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante della stessa, operare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sequestro da intendere operato non già per equivalente bensì in via diretta, e dunque legittimo, laddove avente ad oggetto beni che, come le somme di denaro, rappresentano beni fungibili

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 49673, depositata il 17 dicembre 2015. Il caso. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Modena convalidava il sequestro preventivo disposto d’urgenza dal Pubblico Ministero ed il contestuale decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di somme di denaro, beni mobili ed immobili rinvenuti nella disponibilità di G.E. e della società di cui lo stesso era rappresentante legale – la O.G. S.r.l. – essendo indagato per il reato di cui all’art. 10- bis del d.lgs. n. 74/2000. Avverso il decreto del gip proponeva ricorso per cassazione l’indagato avanzando due differenti motivi di gravame. In primis , violazione dell’art. 322- ter c.p., in quanto il decreto impugnato individua quale profitto del reato confiscabile somme di denaro non derivanti direttamente dal reato ipotizzato, con la conseguenza dell’intervenuta illegittima adozione di un sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica. In altri termini, sostiene il ricorrente, seppure nei reati tributari il profitto corrisponde a risparmio di imposta, nel caso di specie mancherebbe il nesso di derivazione causale necessaria a fondare la natura diretta del sequestro, come il solo consentito nei confronti di persona giuridica, atteso che le somme presenti nelle casse della società al momento della consumazione del reato – il sequestro è invece intervenuto circa un anno dopo – sono state destinate alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale. In secundis , violazione dell’art. 321 comma 3- bis c.p.p., per non avere il pm richiesto la convalida del provvedimento d’urgenza né tanto meno l’emissione del decreto di sequestro preventivo con conseguente nullità assoluta del provvedimento impugnato. Il sequestro nei confronti di una persona giuridica. Con riferimento al primo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha anzitutto precisato che l’ordinanza del gip ha disposto, così come in precedenza aveva fatto il pm in via d’urgenza, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente in via diretta di somme di denaro costituenti saldi di conti correnti e valori mobiliari nei confronti della O.G. S.r.l. ed il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni analoghi nei confronti dell’indagato. In particolare, con riferimento al primo sequestro – cioè quello a carico della società – i Supremi Giudici hanno chiarito come, sulla scorta di una recente statuizione a Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimità sia orientata nel ritenere assolutamente possibile, nei confronti di persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante della stessa, operare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sequestro da intendere operato non già per equivalente bensì in via diretta e, dunque, legittimo, laddove avente ad oggetto beni che, come le somme di denaro, rappresentano beni fungibili. Fermo restando che l’assunto difensivo si pone in contrasto anche con altro orientamento giurisprudenziale assolutamente autorevole e consolidato secondo cui, qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere sempre qualificata come confisca diretta, ed in tal caso, tenuto conto appunto della particolare natura del bene, non occorre come invece erroneamente preteso dal ricorrente la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca ed il reato. Il sequestro preventivo d’urgenza e la sua convalida. Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte Regolatrice. In effetti, chiariscono i Supremi Giudici, risulta dall’incipit dello stesso provvedimento del gip con cui sono stati convalidati i decreti di sequestro preventivo adottati d’urgenza dal pm e disposto, sui medesimi beni, il sequestro preventivo, che vi è stata, da parte del pm, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, apposita richiesta di convalida e di emissione di autonomo decreto di sequestro preventivo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 ottobre – 17 dicembre 2015, n. 49673 Presidente Fiale – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. G.E. ha proposto ricorso avverso il decreto di convalida dei G.i.p. del Tribunale di Modena del sequestro preventivo disposto dal P.M. d'urgenza ed il contestuale decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di somme, titoli, beni mobili ed immobili rinvenuti nella disponibilità di G. e della Opera Group S.r.l. per il reato di cui all'art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del 2000. 2. Con un primo motivo lamenta, con riguardo al sequestro attuato nei confronti della persona giuridica, la violazione dell'art. 322 ter c.p. giacché il decreto impugnato individua quale profitto del reato confiscabile somme di denaro non derivanti direttamente dal reato ipotizzato con la conseguenza dell'intervenuta illegittima adozione di un sequestro per equivalente nei confronti di persona giuridica. Infatti, seppure nei reati tributari il profitto corrisponde a risparmio di imposta, nella specie mancherebbe il nesso di derivazione causale necessaria a fondare la natura diretta dei sequestro, come il solo consentito nei confronti di persona giuridica, atteso che le somme presenti nelle casse della società al momento della consumazione del reato il sequestro è invece intervenuto circa un anno dopo sono state destinate alla prosecuzione dell'attività imprenditoriale. 3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 321, comma 3 bis, c.p.p. per non avere il P.M. richiesto la convalida del provvedimento d'urgenza né tanto meno l'emissione del decreto di sequestro preventivo con conseguente nullità assoluta del provvedimento impugnato. Se anche si ritenesse implicita la richiesta di convalida in forza del riferimento alla necessità per la p.g. di comunicargli immediatamente gli esiti onde consentire la convalida al G.i.p. entro le 48 ore, nessuna richiesta comunque di emissione del provvedimento di sequestro è stata effettuata. Considerato in diritto 4. Il secondo motivo di ricorso, in realtà da esaminare prioritariamente perché pregiudiziale in senso logico, è manifestamente infondato. Risulta, invero, dall'incipit dello stesso provvedimento del 25/06/2014 del G.i.p. con cui sono stati convalidati i decreti di sequestro preventivo adottati in via di urgenza dal P.M. e disposto, sui medesimi beni, il sequestro preventivo, che in data 18/06/2014 vi è stata, da parte del P.M., e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, apposita richiesta di convalida e di emissione di autonomo decreto di sequestro preventivo. 5. II primo motivo è infondato. Come si trae chiaramente dai passaggi del provvedimento impugnato, l'ordinanza dei G.i.p. ha disposto, così come in precedenza aveva fatto il P.M. in via di urgenza, il sequestro finalizzato alla confisca in via diretta di somme di denaro costituenti saldi di conti correnti e valori mobiliari nei confronti della Opera Group S.rl. ed il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni analoghi nei confronti dell'indagato G.E. quanto al primo, in particolare, l'ordinanza ha richiamato i principi segnatamente affermati dalla sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647, che ha precisato come ben sia possibile, nei confronti di persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante della stessa, operare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sequestro da intendere operato non già per equivalente bensì in via diretta, e dunque legittimo, laddove avente ad oggetto beni che, come le somme di denaro, rappresentano beni fungibili. L'assunto da cui muove il ricorrente per sostenere la illegittimità del provvedimento di sequestro muove invece dalla considerazione che, difettando un nesso di derivazione causale tra quanto sequestrato e il contestato illecito di omesso versamento di ritenute posto che le somme di denaro attinte dal vincolo cautelare, intervenuto a distanza di un anno dai fatti, non potevano corrispondere a quelle esistenti sui conti della società al momento della consumazione del reato , il sequestro operato sarebbe in realtà stato finalizzato ad una confisca per equivalente, confisca, tuttavia, di per sé non consentita nei confronti di persona giuridica salvo che la stessa rappresenti un apparato fittizio utilizzato dai reo per commettere gli illeciti secondo quanto affermato sempre dalle Sezioni Unite. Sennonché, a ben vedere, una tale prospettazione finisce per porsi in contrasto proprio con i principi già affermati da Sez. U., n. n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647 e successivamente ribaditi da Sez. U. n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264437, secondo cui, qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere sempre qualificata come confisca diretta, ed in tal caso, tenuto conto appunto della particolare natura del bene, non occorre come invece erroneamente preteso dal ricorrente la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca ed il reato. E se è ben vero che, specie ove si tratti di reati tributari, il cui profitto, consistente nel mancato pagamento di imposta, è certamente caratterizzato non già da un accrescimento del patrimonio bensì da una non diminuzione dello stesso, la mancata individuazione, naturalisticamente non possibile, del profitto direttamente derivato dal reato potrebbe, sotto tale profilo, comportare che la confisca sia in realtà più propriamente considerabile come una confisca per equivalente, una diversa conclusione nel senso della natura diretta della confisca si impone, a monte, secondo l'orientamento delle Sezioni Unite appena menzionate, in ragione appunto della natura fungibile dei bene appreso. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.