Condannato in patria, con sentenza esecutiva ma revocabile: ‘via libera’ all’estradizione

Respinte le obiezioni di un cittadino albanese, sanzionato in patria con alcuni anni di reclusione per il reato di truffa. Inutile il richiamo al fatto che la pronuncia di condanna sia esecutiva ma non irrevocabile, come testimoniato anche dall’appello presentato dal suo legale. Definitiva quindi l’estradizione.

Condannato in patria con una sentenza esecutiva ma ancora revocabile. Difatti, il legale dell’uomo, un cittadino albanese, ha già proposto appello. Ciò nonostante, però, è accoglibile la richiesta di estradizione” presentata all’Italia dalla Repubblica dell’Albania Cassazione, sentenza n. 49604, sezione Sesta Penale, depositata il 16 dicembre 2015 . Condanna. Nel proprio Paese d’origine l’uomo è stato ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata . Dura la pena dieci anni di reclusione . Ora, però, egli si trova in Italia Conseguente la richiesta di estradizione presentata dal governo della Repubblica di Albania . E la domanda viene ritenuta legittima dai Giudici d’appello ‘via libera’, quindi, all’ estradizione , e alla consegna dell’uomo per fini di esecuzione penale . Decisione, questa, che non viene messa in discussione neanche dalla pendenza in Albania del processo di appello . Tale dato, secondo i Giudici, non elide l’esecutività della sentenza di condanna . Estradizione. Per il difensore del cittadino albanese, però, le valutazioni compiute in Corte d’appello sono errate. Ciò perché è stato trascurato un dato importante se consegnato alle autorità albanesi, l’uomo sarà sottoposto alla esecuzione di una pena detentiva, benché il giudizio a suo carico non sia divenuto definitivo . Questa prospettiva, secondo il legale, fa a pugni coll’ ordinamento italiano dove sono principi fondamentali del sistema processuale penale l’inviolabilità della libertà personale e la presunzione d’innocenza dell’imputato fino alla condanna definitiva . Nodo gordiano, per l’avvocato, è la mancanza di irrevocabilità o definitività della sentenza di condanna albanese . Per i Giudici di Cassazione, però, tale obiezione non può reggere. Ciò perché non vi è alcuna discrasia tra l’esecutività della sentenza di condanna albanese, che investe – secondo il regime processuale penale vigente in quello Stato – la decisione di merito pronunciata in absentia dall’autorità albanese, e la sua non ancora raggiunta irrevocabilità in ragione della appellabilità della sentenza di condanna che funge da fondamento per la richiesta di estradizione . Detto in maniera ancora più chiara, per i Giudici non può rappresentare causa ostativa alla consegna estradizionale il fatto che l’ordinamento straniero sia qualificato da garanzie processuali non simmetriche rispetto a quelle operanti nell’ordinamento italiano, e in particolare di quelle derivanti dalla non piena coincidenza tra esecutività e irrevocabilità di una decisione di condanna . Di conseguenza, e tenendo conto della ‘Convenzione europea di estradizione’, per l’ accoglimento della domanda dello Stato albanese è sufficiente l’acquisizione della sentenza esecutiva di condanna , anche se suscettibile, nell’ordinamento processuale albanese, di impugnazione , già presentata dal legale del condannato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 luglio – 16 dicembre 2015, n. 49604 Presidente Agrò – Relatore Paoloni Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 12.3.2015 la Corte di Appello di Milano ha dichiarato sussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione avanzata dal Governo della Repubblica di Albania nei confronti dei cittadino albanese K.D., posto in stato di arresto provvisorio art. 716, comma 1, c.p.p. perché raggiunto da mandato di cattura rectius ordine di esecuzione di sentenza penale prot. n. 4253 del 13.6.2014 emesso dalla Procura della Repubblica di Tirana per l'esecuzione della sentenza penale n. 1370 del 23.10.2013 con cui il Tribunale distrettuale di Tirana ha dichiarato il D. colpevole del reato di truffa contrattuale aggravata punito dall'art. 143 del codice penale albanese, commesso in Albania dai dicembre 2008 all'aprile 2010, e lo ha condannato alla pena di dieci anni di reclusione pena ridotta in sede esecutiva a nove anni di reclusione in virtù della amnistia parziale indulto di un anno di reclusione prevista dalla legge albanese n. 22/2014 entrata in vigore dopo la sentenza di condanna. Il Presidente della competente Corte di Appello di Milano D. arrestato a Busto Arsizio il 28.11.2014 ha convalidato l'arresto del D., cui ha contestualmente applicato la misura coercitiva della custodia carceraria art. 716 comma 3 c.p.p. , in prosieguo mitigata con la misura degli arresti domiciliare. Svolta l'audizione dell'estradando, che ha rifiutato la consegna senza formalità all'autorità albanese, la Corte ambrosiana ha acquisito i documenti, previamente tradotti in italiano, connessi alla procedura di consegna e pervenuti, attraverso il Ministero della Giustizia, dalla Repubblica albanese unitamente alla formale domanda di estradizione del D 2. Va subito chiarito che in base ai dati enunciati dallo Stato richiedente e alla disciplina dei rapporti bilaterali di assistenza giudiziaria tra Italia e Albania la specifica posizione del richiesto D. è operativamente regolata dalla Convenzione europea di estradizione adottata a Parigi il 13.12.1957 ratificata da entrambi gli Stati dall'Italia con L. 30.1.1963 n. 300 dalla Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate adottata a Strasburgo il 21.3.1983 ratificata da entrambi gli Stati dall'Italia con L. 25.71988 n, 334 dall'Accordo Italia-Albania aggiuntivo alle due predette convenzioni e inteso a facilitarne l'applicazione raggiunto a Roma nell'aprile 2002 ratificato dall'Italia con L. 11.7.2003 n. 204 . Con la suddetta sentenza La Corte di Appello di Milano ha dichiarato meritevole di accoglimento la richiesta di estradizione verso l'Albania del D., poiché in base alla documentazione estradizionale mandato di cattura per l'esecuzione della pena detentiva sentenza di condanna esecutiva sentenza albanese di restituzione nel termine per appellare detta sentenza di condanna emessa in absentia appello depositato dal difensore albanese del D. relazione di accompagnamento della domanda di estradizione emerge che a K.D. non è stato accusato e condannato per reati politici, né si profilano circostanze che facciano temere persecuzioni per motivi razziali, religiosi, etnici nei suoi confronti b il reato di truffa aggravata di cui è stato giudicato colpevole in Albania riveste univoca natura di reato comune, connotato dal requisito della doppia punibilità, essendo punito anche dalla legge penale italiana c la pendenza del processo di appello avverso la sentenza di condanna oggetto della domanda di estradizione non elide l'esecutività di tale sentenza, come specificamente chiarito dalle autorità governativa e giudiziaria albanesi in base alla perdurante validità dell'ordine di esecuzione, attestata con nota del 21.1.2015 de Procuratore generale della Repubblica di Tirana d ricorrono tutti i presupposti indicati dalle menzionate convenzioni europee di estradizione e assistenza penale e dagli accordi bilaterali aggiuntivi tra Italia e Albania perché si faccia luogo alla consegna dei D. per fini di esecuzione penale. 3. Avverso la sentenza favorevole all'estradizione ha interposto ricorso per cassazione il difensore dell'estradando, deducendo i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione di seguito sintetizzati. 3.1. Erronea applicazione dell'art. 12 comma 2, lett. a Convenzione E.E. Sebbene la scissione tra irrevocabilità ed esecutività delle sentenze penali di condanna non sia fenomeno sconosciuto ad altri ordinamenti giudiziari, si da non essere di ostacolo alla consegna di persone condannate nell'ambito dei rapporti di cooperazione internazionale, il richiamo della Corte di Appello alla sola anzidetta disposizione dell'art. 12 comma 2, lett. a della convenzione europea di estradizione è insufficiente ad inquadrarne la disciplina in tema di procedimenti celebrati in absentia, quale quello svoltosi in Albania nei confronti dei D., oggetto della attuale domanda di estradizione albanese. L'art. 3 del Secondo Protocollo Addizionale alla Convenzione Europea di Estradizione adottato a Strasburgo il 17.3,1978 ratificato dall'Italia con legge 10.10.1984 n. 755 facoltizza lo Stato richiesto a rifiutare la consegna del condannato in contumacia, qualora la procedura del giudizio svoltosi a suo carico non abbia soddisfatto i diritti minimi della difesa riconosciuti ad ogni persona accusata di un reato . Vero è che nel caso del D. questi è stato restituito nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna emessa nei suoi confronti e, come emerge dagli atti depositati dalla difesa, ha proposto appello contro la sentenza di condanna , di guisa che i predetti diritti di difesa paiono essere stati garantiti al consegnando. 3.2. Violazione dell'art. 705, comma 2 c.p.p. La disciplina prevista dalla Convenzione E.E. soggiace in ogni caso ai divieti di consegna sanciti dalla normativa interna italiana in tema di estradizione e segnatamente ai divieto di consegna a fronte di un processo, quale quello svoltosi in Albania nei confronti del ricorrente, che non ha assicurato allo stesso il rispetto dei diritti fondamentali . Se consegnato alla Repubblica albanese, il D. sarà sottoposto alla esecuzione di una pena detentiva, benché il giudizio a suo carico non sia divenuto definitivo. Nell'ordinamento italiano costituiscono principi fondamentali diritti del sistema processuale penale l'inviolabilità della libertà personale art. 13 Cost. e la presunzione di innocenza dell'imputato fino alla condanna definitiva art. 27, comma 2, Cost. . 4. II ricorso proposto nell'interesse di K.D. deve essere rigettato per l'infondatezza dei delineati motivi di impugnazione. 5. Le doglianze relative al titolo esecutivo della sentenza di condanna albanese, perché non contraddistinta dal connotato della irrevocabilità o definitività, e le connesse deduzioni critiche non hanno pregio il secondo motivo di ricorso, afferente alla pretesa violazione dell'art. 705 c.p.p. costituisce mera surrettizia riproposizione del primo motivo di censura . E' agevole osservare, infatti, che non si delinea nessuna discrasia tra l'esecutività della sentenza di condanna albanese, che investe -secondo il regime processuale penale vigente in quello Stato la decisione di merito pronunciata in absentia dall'autorità giudiziaria albanese, e la sua non ancora raggiunta irrevocabilità in ragione della appellabilità della sentenza di condanna oggetto della richiesta estradizionale. Appello in concreto proposto in Albania e ivi tuttora pendente nell'interesse del D. avverso la sentenza del 23.10.2013 del Tribunale di Tirana. Occorre ribadire che non ogni regola o disciplina procedimentale richiamata nella Costituzione italiana assurge, per ciò solo al rango di principio fondamentale e irrinunciabile dell'ordinamento giudiziario, quale componente strutturale e qualificante in termini di cogente decisività di un sistema o settore dell'apparato statuale, la cui assenza o inosservanza ne snaturerebbe l'identità precettiva e funzionale. Per quel che concerne il sistema processuale penale questa S.C. ha già chiarito che l'art. 111 Cost., anche nel testo introduttivo del principio che -con improprio ossimoro si suole definire del giusto processo, non valga ad istituire ogni norma o disciplina settoriale del processo penale nazionale come principio fondamentale dell'ordinamento cfr. Sez. 6, n. 6864 del 30.1.2004, Halimi, Rv. 227885 Sez. 6, n. 400¡07 del 14.12.2006, Tabacaru, Rv. 235730 Sez. 6, n. 5006 del 28.1.2010, Kohut, Rv. 245771 . In siffatta proiezione comparativa deve allora convenirsi che non può certo costituire causa ostativa ex art. 705 c.p.p. ad una consegna estradizionale regolata, come nel caso del ricorrente D., in forma pattizia per l'adesione degli Stati richiedente e richiesto ad una convenzione internazionale di assistenza giudiziaria convenzioni europee di estradizione del 1957 e convenzione sul trasferimento di persone condannate del 1983 e accordi bilaterali integrativi la semplice evenienza che l'ordinamento straniero sia qualificato da garanzie processuali non simmetriche rispetto a quelle operanti nell'ordinamento italiano e in particolare di quelle derivanti dalla non piena coincidenza tra esecutività e irrevocabilità di una decisione di condanna artt. 648, 650 c.p.p. . Tanto chiarito, é agevole precisare che l'art. 12 della L. 30.1.1963 n. 300 con cui l'Italia ha ratificato la C.E. di estradizione del 13.12.1957 richiede, tra le condizioni legittimanti la consegna estradizionale per fini di esecuzione penale, unicamente la esecutività della condanna e non anche la irrevocabilità della decisione cfr. Sez. 6, n. 22693 del 1.4.2004, Vasile, Rv. 229637 Sez. 6, n. 1122 del 7.1.2009, Hajdini, Rv. 242151 Sez. 6, n. 27466 del 19.4.2011, Arleo, Rv. 250730 . Di tal che nei caso del D. é sufficiente, ai fini dell'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dalla Repubblica di Albania, l'acquisizione di una sentenza esecutiva di condanna, quale quella emessa nei confronti del D. dai Tribunale distrettuale di Tirana, benché suscettibile di impugnazione per l'ordinamento processuale albanese, pur già ritualmente proposta dall'estradando. Al rigetto dell'impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. La cancelleria curerà gli incombenti informativi previsti dall'art. 203 disp. att. c.p.p. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p,p.