Disponibilità giuridica di denaro pubblico: c’è sia con il potere di disporne direttamente, sia con il contributo formale altrui

Si configura il peculato quando sussiste la disponibilità del denaro pubblico, anche se erogato attraverso il pagamento di fatture inesistenti o con predisposizione di documentazione fittizia, senza che tali artifici possano reputarsi necessari all’acquisizione della stessa disponibilità, laddove le risultanze probatorie attestino che il pubblico ufficiale poteva disporre giuridicamente del denaro pubblico degli enti coinvolti attraverso l’adozione di atti amministrativi di sua competenza – seppure posti in essere nell’ambito di procedimenti gestiti in modo anomalo.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 49283/2015, depositata il 14 dicembre scorso. Il caso. I giudici di primo e secondo grado lo hanno ritenuto responsabile dei reati di peculato e truffa aggravata e continuata ai danni di ente pubblico, in concorso con la dirigente dell’Ufficio Finanze del Comune di Reggio Calabria alla quale era legato da una relazione sentimentale l’uomo avrebbe, infatti, predisposto falsi mandati di pagamento per attività professionale in favore del Comune mai richiesta e mai svolta . La donna, grazie al ruolo lavorativo, avrebbe provveduto a effettuare i relativi bonifici. Il tutto per più di 700 mila euro. Truffa o peculato?. La difesa dell’uomo ricorre in cassazione, deducendo cinque motivi di gravame, tre dei quali inammissibili e due ai quali – sebbene infondati – la Corte dedica attenzione. Nello specifico, l’imputato sostiene che vi sia stata erronea applicazione dell’art. 314 c.p., in quanto l’episodio in concreto ritenuto integrante la fattispecie di peculato avrebbe le medesime caratteristiche degli altri accadimenti qualificati come truffa. Lo stesso, inoltre, sostiene di aver avuto un’assoluta inconsapevolezza in ordine alla ricezione delle ingenti somme sul suo conto corrente, tanto è vero che ne avrebbe preso contezza solamente in sede di interrogatorio ed avrebbe pertanto provveduto alla restituzione. Evidenzia, infine, la sua incompetenza professionale allo svolgimento dei lavori di installazione di impianti di depurazione richiamati nei mandati di pagamento. Il tutto, quindi, farebbe emergere il ruolo di mero extraneus inconsapevole”. Quanto al reato di truffa, il difensore del condannato sostiene che non vi sia stato alcun artificio o raggiro da parte dello stesso questi, al più, sarebbe stato vittima dell’amante – dirigente, la quale lo avrebbe ingannato e indotto a sottoscrivere falsi disciplinari di incarico. Ricorso rigettato. Gli Ermellini rigettano il ricorso, facendo alcune affermazioni che permettono di cogliere il discrimine tra peculato e truffa aggravata. Per la Corte, infatti, è integrato il reato di peculato quando sussiste la disponibilità del denaro pubblico, anche a mezzo di documenti fittizi, a patto che tali artifizi non siano indispensabili per l’acquisizione di tale disponibilità/possesso quando il pubblico ufficiale possa giuridicamente disporre di denaro degli enti coinvolti attraverso compimento di atti – ancorché emanati in modo anomalo - che rientrino nella sua competenza, senza che vi sia controllo da parte di altre componenti dell’ufficio o in contesti lavorativi nei quali, per prassi, il pubblico ufficiale è solito ottenere, automaticamente, il contributo formale di altri soggetti. In sintesi, quindi, la disponibilità giuridica si configura anche laddove l’agente sia in grado – sia direttamente, sia servendosi per prassi di altri – di ingerirsi nei maneggi di denaro e di conseguirne l’appropriazione. Nel rapporto tra peculato e truffa aggravata ai danni di enti pubblici, il discrimine è non tanto la precedenza cronologica o la contestualità tra frode e appropriazione, bensì il modo di acquisizione del possesso e della disponibilità. Relazione a delinquere. La Cassazione ribadisce il pregio della ricostruzione effettuata dai giudici di seconde cure in concreto il ricorrente e la dirigente dell’ufficio finanze del comune avevano tenuto una sequenza di condotte – evidentemente in concerto - caratterizzate dall’afflusso sul conto corrente del primo di importanti somme di denaro di nota provenienza pubblica, come corrispettivo per presunte attività professionali mai prestate né commissionate. I giudici del merito, pertanto, hanno correttamente argomentato laddove hanno escluso la verosimiglianza di un così prolungato disinteresse per il proprio conto corrente da parte del condannato, tanto che lo stesso avrebbe appreso il suo rimpinguarsi solo in sede di interrogatorio. Confiscato il ricavato dalla vendita di un immobile acquistato in precedenza ai fatti contestati. La Corte afferma la bontà dell’avvenuta confisca della somma di denaro pervenuta all’imputato dall’alienazione di un immobile personale, seppure acquistato vari anni prima dei fatti per cui è processo come insegnano anche le Sezioni Unite, infatti, l’art. 640 quater c.p. può aver ad oggetto beni per un valore equivalente non soltanto al prezzo del reato, ma anche al suo profitto, in ragione del richiamo integrale all’art. 322 ter c.p Alla luce di queste considerazioni, il ricorso dell’impugnante è stato rigettato e lo stesso è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 novembre – 14 dicembre 2015, n. 49283 Presidente Agrò – Relatore Citterio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13.11.14-11.2.15 la Corte d'appello di Reggio calabria ha confermato la condanna di B. L. per concorso in peculato capo A euro 180.000 e truffa aggravata e continuata ai danni di ente pubblico capo B euro 532.590,81 , in relazione alle somme ricevute dalla dirigente dell'ufficio finanze dei comune di Reggio Calabria con cui all'epoca l'imputato aveva una relazione sentimentale , mediante la predisposizione di falsi mandati di pagamento per attività professionali in favore del medesimo comune, in realtà relativi a incarichi mai ricevuti e mai svolti GUP Reggio Calabria, sent. 21.1.13 . I Giudici dei due gradi del merito ritenevano corretta la qualificazione di peculato quanto all'unico episodio per il quale il falso mandato neppure faceva riferimento ad alcun altro precedente atto deliberativo pur inesistente, come negli altri casi , essendo risolto nella materiale apprensione di somme di cui la donna aveva già la disponibilità diretta in relazione alla funzione svolta. E' incontestato che l'imputato abbia restituito tale ultima somma, di euro 180.000. 2. A mezzo dei difensore ricorre L. che, premessa la generale doglianza di mancato confronto o travisamento dei motivi d'appello, enuncia motivi di -1. Erronea applicazione dell'art. 314 c.p. e vizi alternativi della motivazione, perché anche l'episodio considerato sub A avrebbe le medesime caratteristiche degli altri qualificati come truffa, posto che anche per questi ultimi disciplinari ed elaborati richiamati nei mandati non erano in realtà mai pervenuti in comune, quindi essendo inidonei a costituire raggiri o artifici né era stato spiegato perché invece per il primo episodio gli imputati avessero una diretta disponibilità del denaro avendo dovuto la donna comunque redigere un mandato di pagamento eseguito da altri -2. Violazione degli artt. 187 e 192 c.p.p., con vizi alternativi della motivazione, sul ritenuto concorso di L. per il capo A la difesa ripropone sul punto la tesi difensiva dell'assoluta inconsapevolezza dell'imputato in ordine alla ricezione di tale rilevante somma sul suo conto corrente, comprovata dal documentato mancato accesso allo stesso dalla ricezione alla consapevole attivazione restitutoria dopo aver appreso la notizia solo in sede di interrogatorio prive di ogni certezza sarebbero le argomentazioni con cui la Corte ha valorizzato gli aspetti logici indiziari del contesto, tenuto anche conto della sua non competenza professionale per i lavori ad impianti di depurazione che quel decreto richiamava in definitiva, l'imputato sarebbe stato mero extraneus inconsapevole -3. medesimi vizi in relazione all'art. 640 c.p La condotta di 'consegna' degli elaborati alla donna sarebbe stata smentita dalla presentazione degli stessi in sede di interrogatorio e dal loro mancato rinvenimento negli uffici comunali da qui, per il ricorrente, il loro mancato apporto ad alcun artificio o raggiro e, anzi, la sua qualità di vittima di raggiri da parte della dirigente con cui aveva la relazione sentimentale, essendo stato ingannato ed indotto a sottoscrivere falsi disciplinari di incarico, come pure comprovato dall'aver dovuto il sequestro colpire l'unico suo immobile per incapienza di contante -4. medesimi vizi in relazione all'art. 62-bis c.p. -5. medesimi vizi in relazione agli artt. 640-quater e 322-ter c.p. l'immobile era stato acquistato nel 2001, mentre le vicende sono del 2009-2010, quindi erroneamente sarebbe stata sequestrata la somma ricavata dalla sua vendita, ritenuta erroneamente profitto illecito o prezzo delle condotte incriminate. Ragione della decisione 3. II ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di difesa sostenute dalla parte civile per il grado, liquidate come da dispositivo, tenuto conto dell'attività prestata. 3.1 II primo motivo è infondato. Con sentenze 39010/13 e 36189/14 questa Sezione ha affermato che è corretta la qualificazione di peculato quando sussiste la disponibilità del denaro pubblico, anche erogato attraverso pagamenti di fatture inesistenti ovvero in favore di società fittizie comunque riconducibili all'imputato ovvero con predisposizione di fittizia documentazione, senza che quegli artifici potessero ritenersi necessari all'acquisizione di tale disponibilità/possesso, ogniqualvolta le emergenze probatorie abbiano attestato secondo la ricostruzione in fatto dei giudici del merito che il pubblico ufficiale poteva giuridicamente disporre del denaro pubblico degli enti coinvolti, attraverso l'adozione di atti amministrativi di sua competenza nell'ambito di procedimenti complessivamente gestiti in modo anomalo, senza effettivo controllo di altre componenti dell'ufficio o in contesti lavorativi nei quali, per consolidate prassi illecite o anche solo sistematicamente neghittose, il pubblico ufficiale fosse nelle condizioni di ottenere sempre il contributo formale di altri soggetti. In particolare - ed è il punto che rileva pure in questo caso - la Sezione ha chiarito che la disponibilità giuridica si configura anche quando il soggetto agente sia in grado, mediante un atto dispositivo di sua competenza ovvero connesso a prassi e consuetudini invalse nell'ufficio, di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità del denaro e di conseguire quanto poi oggetto di appropriazione così pure Sez. 6 sent. 11633/2007 . Nel rapporto con la diversa fattispecie della truffa aggravata rileva pertanto non tanto la precedenza cronologica o la contestualità tra frode e appropriazione, quanto piuttosto il modo dell'acquisizione dei possesso e della disponibilità. Tale insegnamento si attaglia appunto al nostro caso e conduce alla conferma della qualificazione giuridica data da entrambi i Giudici del merito, che hanno argomentato specificamente di risultanze probatorie che attestavano la sussistenza, nella varia casistica, di materiale o giuridica immediata disponibilità dell'accesso diretto al denaro pubblico da parte della dirigente dell'ufficio finanze. E' significativo in proposito che lo stesso originario atto d'appello di L. deducesse, riferendosi alla dirigente, di manifestazione, in diverse occasioni accertate, de/la capacità di disporre a piacimento delle risorse amministrative p.2 app. . Nella vicenda oggetto del capo A i Giudici dei primi due gradi di giudizio hanno argomentato specificamente l'esser risultati assenti anche gli `addentellati' artificiosi che avrebbero dovuto attestare falsamente ineseguite attività previ inesistenti incarichi. Occorre osservare che la richiamata, e qui confermata, giurisprudenza avrebbe potuto seriamente prospettare anche per i fatti di cui al capo B la riqualificazione in termini di peculato il che priva di interesse giuridico la doglianza del ricorrente alla 'parificazione' di tutti i casi sotto un'unica qualificazione giuridica, che sarebbe più grave tuttavia proprio la ritenuta diversità in fatto dei mandati ha introdotto uno specifico apprezzamento in fatto che appartiene alla competenza esclusiva del giudizio di merito e, in assenza di tempestivi rilievi della parte pubblica sul punto, non impone. Va da ultimo, per completezza espositiva posto che il rilievo comunque per sé sarebbe idoneo a costituire concorrente ma autonoma ragione di inammissibilità del motivo , osservato che la deduzione difensiva sulla inesistenza di diversità strutturale tra il mandato oggetto del capo A e quelli oggetto del capo B risulta sostanzialmente generica, per la mancata allegazione del mandato sub A e di almeno campioni di quelli sub B, con lettura specifica delle asserite omogeneità, in espresso contrasto con quanto invece affermato da entrambi i Giudici dei merito. 3.2 II secondo motivo è infondato, prossimo alla stessa inammissibilità laddove si risolve in sollecitazione a diverso apprezzamento del merito probatorio. La Corte d'appello ha evidenziato la sequela di condotte che hanno visto protagonisti la dirigente e il ricorrente, complessivamente caratterizzate dall'afflusso sistematico al conto corrente dell'imputato di ingenti somme di conosciuta provenienza pubblica, per presunte attività professionali tutte prive di alcun supporto formale, incontro personale, accesso ai luoghi, contatto o discussione tecnica. Lo stesso atto d'appello di L. aveva riconosciuto che l'esecuzione delle operazioni effettuate dalla dirigente non sarebbe potuta avvenire se non vi fosse stata la disponibilità dei conto dell'imputato p.7 . Si sottrae pertanto a censure di manifesta illogicità, contraddittorietà o mera apparenza di motivazione l'argomentazione con cui la Corte d'appello conformemente al primo Giudice ha spiegato la giudicata intrinseca inverosimiglianza di un disinteresse prolungato per l'andamento del proprio conto corrente, pur a fronte delle normali esigenze di vita p.9 p. 10 quanto alla tesi della regalia da parte della dirigente, a sua insaputa . 3.3 Il terzo motivo è inammissibile perché in parte generico e in parte diverso da quelli consentiti. In definitiva il motivo, volto a ribadire l'irrilevanza della redazione dei progetti non rinvenuti negli uffici comunali, d'altra parte essendo pertinenti a pratiche mai aperte alcuni prodotti in copia dall'imputato in sede di interrogatorio , non solo si risolve in censura di merito, a fronte di specifica motivazione dei Giudici d'appello in particolare p. 8, 11 e 12 , ma pare anche muovere da una ricostruzione in fatto sostanzialmente contraddittoria e, quindi, conducente autonomamente la doglianza ad intrinseca genericità redigere progetti che non si consegnerebbero, se non, forse, alla donna brevi manu, e tuttavia essere il tramite necessario per incassare centinaia di migliaia di euro, il tutto in buona fede . 3.4 II quarto motivo è inammissibile perché si risolve in censure di merito. 3.5 II quinto motivo è inammissibile perché manifestamente infondato. In primo luogo, infatti, nella fattispecie si verte in contesto di sequestro e confisca per equivalente, sicchè è irrilevante che il denaro ottenuto con la vendita dell'immobile personale acquistato prima dei fatti , o lo stesso immobile, non sia il profitto o prezzo diretto dei reati per cui si procede aspetto che attiene al diverso istituto della confisca diretta . In secondo luogo, il ricorrente non si confronta con la sentenza delle Sezioni Unite n. 41936/05, invece correttamente considerata dai Giudici d'appello, secondo il cui insegnamento la confisca per i reati indicati dall'art. 640-quater cod. pen. può avere per oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo ma anche al profitto del reato, in ragione del richiamo all'intero art. 322-ter cod. proc. pen P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché a rifondere le spese sostenute dalla parte civile per il grado, che liquida in complessivi euro 3500 oltre spese generali, iva e cpa.