Vede la moglie con l’amante degli anni del matrimonio: li aggredisce e li offende. Condannato

Nessun alibi per l’uomo, che ha aggredito, offeso e minacciato la coppia. Impossibile parlare di provocazione, nonostante lei, da moglie separata, gli faccia problemi con le visite del figlio, e lui sia l’attuale compagno della donna e, soprattutto, vecchio amante durante il matrimonio.

Sfogo verbale di un uomo contro una coppia. Volgarità inequivocabili che gli costano una condanna. A rendere la situazione ancora più grave, poi, il fatto che le parole siano state accompagnate anche da un’aggressione fisica. Quelle frasi, checché ne dica l’uomo, non possono essere considerate una reazione alla provocazione vivente rappresentata dalla coppia, in cui lei è la sua ex moglie, e lui è l’attuale compagno e, soprattutto, vecchio amante Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 46453/15 depositata oggi Ira. Momento di follia. Si ritrova di fronte la moglie, da cui si è separato, e l’attuale compagno di lei, e perde la testa Solo così si può spiegare la raffica di offese e di minacce, e l’aggressione, ai danni della coppia. Tale raptus , però, costa carissimo all’uomo. Sia in primo che in secondo grado, difatti, viene condannato per i reati di lesioni, ingiurie, minacce . Nessun dubbio per i giudici di merito. E tale visione viene condivisa anche dalla Cassazione. Inutile l’obiezione proposta dal difensore dell’uomo, e centrata su una presunta provocazione da parte della coppia. Più precisamente, il legale spiega che la donna avrebbe tenuto un comportamento tale da non consentire al padre di vedere il figlio minore . E, subito dopo, aggiunge che il compagno della donna aveva avuto con lei un’amicizia intima già durante gli anni del matrimonio , e per giunta si era poi collocato nell’abitazione del marito della donna, assegnata a quest’ultima in sede di separazione . Ma questi elementi vengono ritenuti irrilevanti dai Giudici del Palazzaccio illogico, in sostanza, sostenere la tesi dello stato d’ira . Condanna, quindi, legittima. E, per giunta, l’uomo viene anche sanzionato perché, in occasione del fattaccio, ha danneggiato il cancello in alluminio della sua abitazione, che però è utilizzata dalla moglie. E lei, chiariscono i Giudici, è persona offesa, in quanto detentrice della casa .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 maggio – 23 novembre 2015, n. 46453 Presidente Lapalorcia – Relatore Positano Ritenuto in fatto 1. II difensore di F.F. propone ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ragusa 10 luglio 2014, con la quale è stata confermata la decisione del Giudice di pace di Scicli del 20 dicembre 2011, che aveva condannato l'imputato per i reati previsti dagli articoli 635, 594, 582 e 612 del codice penale, anche al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, E.R. e P.F., liquidati in euro 250 in favore di quest'ultimo, limitatamente al reato previsto all'articolo 612 codice penale e da liquidare in separata sede, con riferimento agli altri reati. 2. II ricorso è articolato in due motivi con i quali il difensore lamenta vizio della motivazione relativamente agli articoli 594, 612, 599 e 635 del codice penale, attesa la valutazione parcellizzata e lacunosa delle testimonianze delle persone offese violazione dell'articolo 157 del codice penale per la mancata dichiarazione di prescrizione dei reati contestati. Considerato in diritto La sentenza impugnata non merita censura. 1. Con il primo motivo la difesa lamenta vizio di della motivazione relativamente agli articoli 594, 612, 599 e 635 del codice penale attesa la valutazione parcellizzata e lacunosa delle testimonianze delle persone offese. In particolare, la frase volgare espressa dall'imputato non sarebbe idonea a minacciare P.F., mentre con riferimento al reato di ingiuria, l'espressione proferita sarebbe priva di valore offensivo, dovendo essere riferite al contesto nel quale è stata pronunziata e secondo il linguaggio comune delle parole. Si tratterebbe di espressioni che rappresentano una reazione, sicuramente scomposta giustificabile, all'atteggiamento provocatorio adottato dalla ex moglie nei confronti dell'imputato, esasperato dai conflitti relativi alle modalità di visita del figlio comune. Secondo il difensore la E. avrebbe tenuto un comportamento tale da non consentire all'imputato di vedere il figlio minore. Nello stesso modo, l'epiteto offensivo pronunziato nei confronti di P. troverebbe spiegazione nel fatto che questi, durante gli anni del matrimonio, aveva avuto un'amicizia intima con la moglie dell'imputato e si era, poi, collocato nell'abitazione di questi. Conseguentemente, sarebbe possibile sostenere che la condotta dell'imputato era stata determinata da uno stato d'ira, riferibile alle condotte delle persone offese, con conseguente applicabilità dell'articolo 599 del codice penale. Infine, riguardo al danneggiamento del cancello in alluminio, la sentenza sarebbe priva di motivazione. 2. Con il secondo motivo il difensore deduce violazione dell'articolo 157 del codice penale per la mancata dichiarazione di prescrizione dei reati contestati. 3. Preliminarmente va presa in esame la seconda doglianza, che è infondata poiché non prende in considerazione il lungo periodo di sospensione dei termini, pari a 283 giorni, per cui al termine di sette anni e sei mesi decorrente dal 28 gennaio 2007 che scade in data 28 luglio 2014 occorre aggiungere il periodo di sospensione pervenendo alla data del 7 maggio 2015. 4. II primo motivo è inammissibile, poiché del tutto privo di specificità, risolvendosi nella prospettazione della mancanza di valore offensivo o minaccioso delle espressioni oggetto dei reati di ingiuria e minaccia. Quanto alla ventilata applicabilità dell'articolo 599 C.P. lil Tribunale ha correttamente evidenziato l'assenza del fatto ingiusto, che non potrebbe consistere nell'esistenza di una relazione tra P. e la E., e neppure nella presunta violazione, da parte di quest'ultima idel diritto di visita prevista in favore dell'imputato, trattandosi di circostanza in alcun modo documentata. 5. Nello stesso modo manifestamente infondato è il rilievo relativo al danneggiamento del cancello, in quanto la tesi dei ricorrente, secondo cui la fattispecie non potrebbe ricorrere per essere il F., proprietario dell'abitazione assegnata in sede di separazione alla moglie, appare destituita di fondamento poiché quest'ultima, in quanto detentrice della casa di abitazione è persona offesa dei contestato danneggiamento del relativo cancello. 6. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00. 7. Considerata la peculiarità della fattispecie, riguardante reati commessi in ambito familiare, la Corte ritiene - ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - di disporre l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti dei processo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende. Dispone l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.