Truffa sta ad estorsione come manipolazione sta a coartazione

La distinzione tra il reato di truffa e quello di estorsione deve essere tratteggiata sulla base delle modalità con cui si concretizza il comportamento lesivo ed in relazione all’incidenza dello stesso nella sfera soggettiva della vittima. Elemento decisivo di tale esame è la potenzialità coercitiva della minaccia posta in essere, dovendosi riscontrare una truffa, in caso di manipolazione della volontà ed un’estorsione, in caso di coartazione della stessa.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46084/2015, depositata il 20 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia confermava la condanna di un imputato per il reato di estorsione art. 629 c.p. , riformando la decisione del giudice di prime cure soltanto con riferimento alla determinazione della pena ed alla concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p. riparazione del danno . Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando erronea qualificazione giuridica del fatto come estorsione e non come truffa. Cartina al tornasole è la potenzialità coercitiva della minaccia. La Suprema Corte ha affermato che l’elemento determinante ai fini della distinzione tra la condotta di truffa e la fattispecie di estorsione deve essere individuato nella modalità con cui si concretizza il comportamento lesivo e nell’incidenza dello stesso nella sfera soggettiva della vittima. In particolare, gli Ermellini hanno chiarito che nel caso di truffa, chi prospetta il danno lo raffigura come eventuale e non ne fa dipendere gli effetti dalla propria determinazione, con la conseguenza che la persona offesa non è costretta a realizzare la prestazione. Diversamente, nelle ipotesi di estorsione, il danno viene rappresentato come certo e connesso al reo o ad altri, in modo che la vittima si trovi nella posizione di scegliere tra porre in essere la prestazione o subire una lesione. Elementi da valutare, in sede di giudizio, sono, pertanto, sia la natura del male minacciato reale o immaginario e la sua connessione all’agente, sia la manipolazione della volontà della vittima errore o coartazione . La Corte di legittimità ha evidenziato che la coazione è caratterizzata da condotte artificiose che rendono irresistibile la prestazione al contrario, l’induzione in errore è idonea a manipolare la volontà della vittima, ma non a piegarla o forzarla. La valutazione tra gli illeciti di truffa e di estorsione trova, pertanto, il suo elemento fondamentale e decisivo nella potenzialità coercitiva della minaccia posta in essere, riscontrandosi la prima in caso di assenza di capacità coercitiva e la seconda nel caso essa sussista. L’esame di cui sopra, hanno chiarito gli Ermellini, deve essere realizzato con riguardo alla violenza oggettiva della minaccia ed alla sua efficacia nei confronti della persona offesa. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha chiarito come tale valutazione sia stata posta in essere correttamente da parte della Corte territoriale e , per le ragioni sopra esposte, ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 ottobre - 20 novembre 2015, n. 46084 Presidente Fiandanese – Relatore Recchione Ritenuto n fatto 1.La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Treviso, concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. unitamente alle generiche, rideterminava in anni tre mesi quattro di reclusione ed euro 600 di multa la condanna del L. per il reato di estorsione. Si contestava all'imputato di avere minacciato l'offeso con la frase con quelle persone non si scherza sono delle bestie al fine di ottenere la dazione della somma di euro 1500, acconto della maggiore di somma di euro 5000 chiesta alla persona offesa per rientrare in possesso della sua automobile rubata. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato che deduceva 2.1. violazione # di legge per errata qualifica giuridica dei fatto e correlato vizio di motivazione. Si deduceva che la minaccia contestata non aveva la idoneità a incidere la sfera volitiva dell'offeso il male prospettato non era infatti certo e realizzabile inoltre il L. era consapevole del fatto di dovere pagare una somma di denaro per rientrare in possesso della autovettura. Nella prospettiva difensiva il L. non minacciava l'offeso di un male certo e realizzabile, ma lo avvisava solo del fatto che il suo autoveicolo era in mano a brutti soggetti . Il fatto contestato avrebbe dovuto, dunque, essere qualificato come truffa piuttosto che come estorsione. Considerato in diritto 1.Il ricorso è infondato. 1.1. Secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e nella diversa incidenza nella sfera soggettiva della vittima. Ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non dipendente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, sicchè la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente. Di contro, si configura l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera dei reo o di altri, in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato Cass. sez. 2, n. 7662 dei 27/01/2015, Rv. 262574 . La diagnosi differenziale tra il reato di truffa e quello di estorsione deve essere operata attraverso una attenta indagine delle emergenze processuali volta a verificare a se il male minacciato sia reale o immaginario e se questo dipenda dall'agente se sia cioè da questi gestibile o da altri b se la prospettazione di tale male produca, in concreto, una manipolazione della volontà riconducibile ad un errore piuttosto che ad una coartazione delle facoltà volitive. Per quanto la prospettazione di un effetto negativo abbia - comunque e ragionevolmente - come conseguenza una reazione di evitamento del male prospettato, quel che rileva ai fini dei corretto inquadramento del fatto è se tale reazione sia riconducibile ad una condotta fraudolenta, piuttosto che ad una irresistibile coartazione. Se, cioè, la volontà della vittima risulti semplicemente manipolata o, piuttosto, irresistibilmente coartata. La coazione della volontà si distingue dalla manipolazione attraverso condotte artificiose in quanto solo nel primo caso la condotta dell'agente si presenta irresistibile. Evidentemente l'effetto manipolativo, piuttosto che coercitivo, della minaccia dipende dalla caratteristiche più o meno intimidatorie della stessa, oltre che dalla specifica resilienza della vittima al male prospettato. L'induzione ìn errore è azione diversa dalla costrizione sebbene sia comunque idonea a deviare il fisiologico sviluppo dei processi volitivi la condotta induttiva, anche quando si manifesta con la esposizione di pericoli inesistenti, si differenzia dalla condotta estorsiva nella misura in cui la volontà risulti diretta ma non piegata . La idoneità della rappresentazione del male a dirigere piuttosto che piegare la volontà non può essere stabilita in astratto, ma necessita di una indagine che verifichi in concreto la consistenza della azione minatoria, anche rispetto alla resilienza della vittima. 1.2. Deve dunque essere affermato che la diagnosi differenziale tra il reato di truffa consumata, attraverso la prospettazione di un pericolo immaginario, ed il reato di estorsione deve essere effettuata valutando la potenzialità coercitiva della minaccia, dovendosi ritenere che si verte nella ipotesi estorsiva quando il male prospettato si presenta irresistibile e coarta la volontà della vittima di contro, si verte nell'ipotesi della truffa quando la minaccia del pericolo immaginario, per la sua intrinseca consistenza, non ha capacità coercitiva, ma si limita ad influire sul processo di formazione della volontà attraverso la prospettazione di dati di realtà inesistenti, che inducono in errore la vittima. La valutazione della capacità di concreta ed effettiva coazione della minaccia è una indagine di merito che deve essere effettuata prendendo in esame le circostanze del caso concreto ovvero sia la violenza oggettiva della minaccia che la sua soggettiva efficacia sulla specifica vittima Cass. sez. 6, n. 27996 del 28.5.14, Rv 261479 . 1.3. Nel caso di specie la condotta contestata è stata correttamente inquadrata nella fattispecie prevista dall'art. 629 cod. pen. in quanto il male ingiusto prospettato, ovvero possibili esiti violenti dei mancato pagamento del riscatto dell'autovettura da parte di persone che sono delle bestie è da ritenersi idonea a operare una concreta coercizione della volontà in quanto il male, pur riferito a condotte provenienti da persone diverse dall'agente ma a questo ragionevolmente collegate , essendo rivolto ad incidere su un bene di rilevanza primaria come l'incolumità fisica, si presenta idoneo a coartare la volontà. Sotto il profilo soggettivo non sono emersi elementi indicativi di una inidoneità specifica della condotta ad incidere sul processo volitivo della vittima che effettivamente si determinava a corrispondere la somma richiesta. 2.Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.