Prodotti pericolosi: per l’immissione sul mercato basta la detenzione in disponibilità per la clientela

Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 112, comma 2, d.l.gs. n. 206/2005 l’immissione sul mercato di un prodotto pericoloso comprende non solo la messa in circolazione dello stesso, ma anche la sua detenzione in concreta disponibilità a favore della clientela interessata, dal momento che secondo la disciplina dell’Unione Europea l’immissione sul mercato si realizza quando un prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione al fine di essere distribuito sul mercato comunitario.

Così la Cassazione, con la sentenza n. 45635/15, depositata il 17 novembre. Il caso. L’imputato sottopone al vaglio dei Giudici di legittimità la sentenza con cui la Corte d’appello territorialmente competente l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di immissione sul mercato di prodotti pericolosi di cui all’art. 112 d.lgs. 206/2005. Il ricorrente, in particolare, con il secondo motivo di ricorso lamenta che la messa in vendita da parte sua di prodotti pericolosi oggetto del decreto ministeriale di ritiro dal commercio costituirebbe un mero post factum non punibile , essendo il reato già stato commesso al momento dello stoccaggio, dell’immagazzinamento finalizzato alla distribuzione e della spedizione ai venditori od agli acquirenti di tali prodotti. La definizione di distributore comprende tutti gli operatori della catena di commercializzazione. I Giudici del Supremo Collegio hanno innanzitutto ribadito che per l’integrazione del reato di cui all’art. 112, comma 2, d.lgs. n. 206/2005, l’immissione sul mercato di prodotti pericolosi comprende sia la messa in circolazione del prodotto, sia la sua fornitura al consumatore finale da parte del rivenditore quale ultimo anello della catena di distribuzione la definizione di distributore, infatti, è comprensiva di qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti, con la sola esclusione del produttore Cass. n. 8679/14 . Non solo la messa in circolazione, ma anche la detenzione in disponibilità a favore della clientela. Secondo i Giudici di Piazza Cavour, infatti, ha rilievo decisivo che ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 112, comma 2, d.l.gs. n. 206/2005 l’immissione sul mercato di un prodotto pericoloso comprenda non solo la messa in circolazione dello stesso, ma anche la sua detenzione in concreta disponibilità a favore della clientela interessata , dal momento che secondo la disciplina dell’Unione Europea l’immissione sul mercato si realizza quando un prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione al fine di essere distribuito sul mercato comunitario Cass. n. 15235/14 . Non essendo stata in nessun modo censurata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata relativa alla detenzione da parte dell’imputato dei prodotti pericolosi al fine di rivenderli, il motivo di ricorso esaminato è stato rigettato dalla Corte.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 ottobre – 17 novembre 2015, n. 45635 Presidente Mannino – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'11 novembre 2014 la Corte d'appello di Caltanisetta ha confermato la sentenza dei Tribunale della stessa città del 5 febbraio 2013, che aveva condannato l'attuale ricorrente alla pena di mesi 4 di arresto ed euro 7.000 di ammenda per il reato di cui all'art. 112 del d.lgs. 206/2005 per avere detenuto per il commercio 58 palline igroscopiche denominate Seven Color Cry Stai Ball pericolose per la salute pubblica, ritirate dal commercio con provvedimento dei Ministero della Salute dei 15 luglio 2009 . 1.1. Ha ritenuto la Corte d'appello non fondata l'eccezione di nullità della sentenza sollevata dall'imputato, in ragione della mancata notificazione della informazione di cui all'art. 369 bis cod. proc. pen. all'atto della esecuzione dei sequestro preventivo e della irregolarità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini, trattandosi, quanto al sequestro preventivo, di atto per il quale non è previsto l'avviso al difensore, ed essendo stato notificato presso l'abitazione dell'imputato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. 1.2. Nel merito la Corte territoriale ha ritenuto infondato l'assunto dell'appellante secondo cui tra i destinatari del divieto di cui all'art. 112 del D.Lgs. 206/2005 non rientrerebbero anche i rivenditori al dettaglio, potendo la violazione contestata essere commessa da qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione e dovendo la nozione di immissione sul mercato essere intesa in senso ampio, comprensiva anche della fornitura al consumatore. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per l'annullamento della stessa l'imputato, a mezzo dei suo difensore, affidandolo a due motivi. 2.1. Con il primo articolato motivo ha lamentato violazione di norme processuali art. 606, lett. c, cod. proc. pen. , per l'omissione dell'invito a dichiarare od eleggere domicilio di cui all'art. 161 cod. proc. pen. e la conseguente nullità dell'avviso di conclusione delle indagini e quella, derivata, delle sentenze di primo e secondo grado, e per l'omissione della comunicazione di cui all'art. 369 bis cod. proc. pen. all'atto della esecuzione del sequestro preventivo da parte della polizia giudiziaria. 2.2. Con il secondo motivo ha prospettato violazione di norme penali e contraddittorietà della motivazione art. 606, lett. b et e, cod. proc. pen. , sulla base del rilievo che la messa in vendita da parte dell'imputato di prodotti pericolosi oggetto dei decreto ministeriale di ritiro dal commercio costituirebbe un mero post factum non punibile, per essere il reato già stato commesso al momento dello stoccaggio, dell'immagazzinamento finalizzato alla distribuzione e della spedizione ai venditori od agli acquirenti di tali prodotti, con la conseguente irrilevanza penale della successiva messa in vendita di tali prodotti da parte dell'imputato, mero rivenditore al dettaglio degli stessi. Considerato in diritto 1. II primo motivo di ricorso, mediante il quale il ricorrente ha dedotto violazione di norme processuali, per l'omissione dell'invito a dichiarare od eleggere domicilio di cui all'art. 161 cod. proc. pen., con la conseguente nullità dell'avviso di conclusione delle indagini e quella, derivata, delle sentenze di primo e secondo grado, risulta infondato, non essendo prescritta a pena di nullità la formulazione di detto invito ed essendo, peraltro, il decreto di citazione a giudizio stato notificato presso l'abitazione dei ricorrente a mani di familiare convivente. Tale ultimo rilievo, contenuto nella sentenza di secondo grado e non oggetto di alcuna censura da parte dell'imputato, rende del tutto privo di interesse il ricorrente a formulare la doglianza in esame, non essendosi verificata alcuna violazione di norme processuali sanzionata da nullità o, comunque, incidente sulla partecipazione o sull'intervento dell'imputato. 1.1. Neppure pare abbia determinato alcuna nullità la mancanza delle comunicazioni di cui agli artt. 369 e 369 bis cod. proc. pen. all'atto della esecuzione del sequestro preventivo dei prodotti pericolosi nei confronti dell'imputato ed alla sua presenza, risultando dei tutto corretto, oltre che non oggetto di specifica censura, il rilievo contenuto nella sentenza di secondo grado secondo cui trattandosi di atto a sorpresa non è prevista la necessità di alcuna delle dette comunicazioni. Il sequestro preventivo non deve, infatti, essere preceduto dall'informazione di garanzia e dalla informazione sul diritto di difesa prevista dall'art. 369 bis cod. proc. pen., in quanto atto a sorpresa , diretto alla ricerca della prova, per il quale non è previsto il previo avviso al difensore Sez. 6, Sentenza n. 36429 del 25/06/2014, Rv. 26011 Sez. 2, Sentenza n. 13678 del 17/03/2009, Rv. 244253 . Il ricorrente, non ha, poi, censurato l'affermazione della Corte d'appello secondo cui contestualmente alla esecuzione dei sequestro vennero date all'indagato, che era presente, una serie di informazioni equipollenti alla informazione sul diritto di difesa di cui all'art. 369 bis cod. proc. pen., tra cui la notifica dei decreto di sequestro, l'invito a nominare un difensore di fiducia e la designazione, in mancanza, di un difensore di ufficio, con la conseguente insussistenza della violazione lamentata dal ricorrente, non avendo il ricorrente lamentato l'incompletezza o l'insufficienza delle informazioni ricevute all'atto della esecuzione dei sequestro e non essendosi, di conseguenza, verificata neppure a questo proposito alcuna violazione delle norme relative alla partecipazione ed all'intervento dell'imputato. 2. Anche il secondo motivo, mediante il quale il ricorrente ha dedotto violazione di norme penali e contraddittorietà della motivazione, sulla base del rilievo che la messa in vendita dei prodotti pericolosi oggetto del decreto ministeriale di ritiro dal commercio costituirebbe un mero post factum non punibile, risulta infondato, essendo più volte stato affermato da questa Corte che al fine della integrazione dei reato di cui all'art. 112, comma secondo, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, l'immissione sul mercato di prodotti pericolosi comprende sia la messa in circolazione del prodotto, sia la sua fornitura al consumatore finale da parte del rivenditore quale ultimo anello della catena di distribuzione, in quanto la definizione di distributore è comprensiva di qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti, con la esclusione del solo produttore Sez. 3, Sentenza n. 8679 del 13/11/2013, Rv. 258841 . Risulta, infatti, decisivo il rilievo secondo cui ai fini della integrazione dei reato di cui all'art. 112, comma secondo, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 l'immissione sul mercato di un prodotto pericoloso comprende non solo la messa in circolazione dello stesso, ma anche la sua detenzione in concreta disponibilità a favore della clientela interessata, poiché secondo la disciplina dell'Unione Europea, cui dà attuazione la disposizione citata, l'immissione sul mercato si realizza quando un prodotto fuoriesce dalla fase di fabbricazione al fine di essere distribuito sul mercato comunitario Sez. 3, Sentenza n. 15235 del 11/11/2014, Rv. 263041 . Non essendo stata in alcun modo censurata l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata relativa alla detenzione da parte dell'imputato dei prodotti pericolosi al fine di rivenderli anche il secondo motivo idi ricorso risulta infondato. 3. Ne consegue il rigetto dei ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.