La retrodatazione opera quando i fatti sono desumibili dagli atti precedenti al rinvio a giudizio

In tema di retrodatazione di una misura cautelare, per l’applicazione dell’art. 267, comma 3, c.p.p. è necessario che i fatti oggetto di ordinanze successive siano connessi in maniera qualificata rispetto ai fatti oggetto della prima ordinanza e siano desumibili dagli atti precedenti il decreto che dispone il giudizio.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 45537 depositata 16 novembre 2015. Tre ipotesi di retrodatazione. In tema di richiesta di retrodatazione della custodia cautelare, le Sezioni Unite n. 21957/15 hanno individuato tre differenti ipotesi cui applicare tre differenti discipline. In un primo caso, nei confronti nell’imputato sono emesse nel medesimo procedimento più ordinanze della stessa misura cautelare riferite a diversi fatti legati da concorso formale, continuazione o connessione qualificata. La retrodatazione ex art. 297, comma 3, c.p.p. opera indipendentemente dalla possibilità al momento della prima ordinanza cautelare di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle successive ordinanze o di elementi idonei a giustificare quest’ultime. Non si tratta di una presunzione di conoscenza, ma di una regola affinché i termini della custodia decorrano dal momento della cattura anche per fatti connessi, conosciuti o meno. Il fine è quello di mantenere la custodia entro i limiti temporali di legge, nonostante durante le indagini emergano fatti connessi ex art. 267, comma 3, c.p.p In una seconda ipotesi, sono emesse più ordinanze di custodia cautelare per fatti diversi connessi in maniera qualificata in distinti procedimenti penali. Le retrodatazione rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento opera qualora essi risultino desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza cautelare. La terza ipotesi riguarda il caso in cui vengono emesse nello stesso procedimento più ordinanze che concernono tuttavia fatti diversi tra i quali non sussiste la connessione qualificata di cui all’art. 267, comma 3, c.p.p I termini delle misure disposte successivamente decorrono dal giorno in cui è stata notificata o eseguita la prima ordinanza qualora al momento dell’emissione di quest’ultima risultavano desumibili gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive. Il caso. Nella commentata sentenza, sussiste tra i fatti una connessione qualificata. Nonostante dunque il ricorrente invochi l’applicazione della prima ipotesi descritta, in realtà la disciplina corretta è quella riportata nel secondo caso. I giudici di legittimità specificano infatti che non deve essere confusa la conoscibilità dei fatti oggetto di successive ordinanze con la desumibilità degli stessi. Ai fini dell’applicazione dell’art. 267, comma 3, c.p.p., è necessario che il pubblico ministero sia nella condizione di avvalersi di un quadro indiziario sufficiente per esprimere un adeguato giudizio prognostico sulla gravità e concludenza delle fonti indiziarie suscettibile di dare luogo ad una misura cautelare. Nel caso di specie il quadro indiziario risultava completato solo con l’informativa di reato depositata successivamente al decreto che disponeva il giudizio abbreviato per i fatti concernenti la prima ordinanza.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 1 luglio – 16 novembre 2015, n. 45537 Presidente Sirena _Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 11\3\2015 il Tribunale del Riesame di Catania rigettava l'appello cautelare proposto da M.A., avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di retrodatazione della decorrenza della custodia cautelare. Ha osservato il Tribunale che - l'ordinanza cautelare era stata emessa nel presente procedimento in data 30\6\2014 mentre l'ordinanza che doveva indurre a riconoscere la retrodatazione era stata emessa il 17\12\2010 entrambe le misure erano state adottate dal G.u.p. di Catania - sussistevano due presupposti di operatività del terzo comma dell'art. 297 c.p.p., cioè la loro adozione in procedimenti diversi la sussistenza di una connessione qualificata tra i fatti - il requisito mancante era costituito dalla circostanza che al momento della presentazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del P.M. e la successiva emissione del provvedimento di ammissione al rito abbreviato del 5\7\2011, nel procedimento relativo alla prima ordinanza, non erano desumibili dagli atti gli elementi fondanti la seconda ordinanza, tenuto conto che la notizia di reato era stata depositata in Procura l'11\3\2013, quindi circa due anni dopo. Sulla base di tali valutazioni i Tribunale rigettava l'appello proposto dal difensore dell'imputato. 2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il M., lamentando la erronea applicazione dell'art. 297 c.p.p., laddove il tribunale non aveva tenuto conto che, in presenza di una connessione qualificata tra i fatti, la retrodatazione operava indipendentemente dal requisito della desumibilità dagli atti. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e deve essere rigettato . 2. Va ricordato che questa Corte di legittimità è giunta in tema di retrodatazione ad approdi interpretativi definitivi, con decisione adottata delle Sezioni Unite con sentenza n. 21957 del 2005. Con tale pronuncia sono state distinte tre ipotesi a cui ricollegare una differente disciplina applicabile. La prima ipotesi ricorre quando nei confronti di un imputato, nel medesimo procedimento, sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica c.d. connessione qualificata in tal caso la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive art. 297, comma terzo, cod. proc. pen. opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell'emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l'esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l'esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. dep. 10/06/2005 , Rahulia, Rv. 231057 . Nell'affermare tale principio le Sezioni Unite hanno precisato che non si tratta di una presunzione di conoscenza dell'esistenza di tali condizioni, ma si tratta, più semplicemente, di una regola diretta a far decorrere gli effetti della custodia in carcere dal momento della cattura anche per i fatti connessi a norma dell'art. 297, comma 3, c.p.p., conosciuti o meno che questi fossero da parte del pubblico ministero, esistenti o meno che fossero all'epoca le condizioni per l'emissione anche rispetto ad essi della misura cautelare la ratio della disposizione è quella individuata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 89 del 1996 di mantenere la durata della custodia cautelare nei limiti stabiliti dalla legge, anche quando nel corso delle indagini emergono fatti diversi legati da connessione qualificata. La seconda ipotesi ricorre quando nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze cautelare per fatti diversi, in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, in procedimenti diversi in tal caso opera la retrodatazione anche, quindi, rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento , se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza nell'affermare tale principio, questa Corte di legittimità ha precisato che quello previsto dall'art. 297 è l'unico caso in cui opera la regola della retrodatazione per fatti oggetto di procedimenti diversi cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. dep. 10/06/2005 , Rahulia, Rv. 231058 . La terza ipotesi ricorre nel caso di emissione nei confronti di un imputato, nello stesso procedimento, di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall'art. 297, comma terzo c.d. connessione qualificata in tal caso i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento dell'emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive. Le Sezioni Unite, hanno poi precisato che tale regola di retrodatazione, non si applica con riferimento a misure cautelari disposte in procedimenti diversi cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 21957 del 22/03/2005 Cc. dep. 10/06/2005 , Rahulia, Rv. 231059 . La giurisprudenza di questa Corte ha però stabilito che, nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi, riguardino fatti tra i quali non sussiste la connessione qualificata e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero Cass. Sez. U, Sentenza n. 14535 del 19/12/2006Cc. dep. 10/04/2007 , Rv. 235909 . 3. Nel caso in esame viene invocata, erroneamente, la retrodatazione secondo i principi indicati nella prima ipotesi invece, sussistendo connessione qualificata in processi diversi , le regole da applicare sono quelle indicate nella seconda ipotesi analizzata ed in ordine a cui il ricorrente non fornisce alcuna circostanza da cui rilevare la desumibilità . Sul punto va peraltro osservato che la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha statuito che In tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore 'desumibilità' delle fonti indiziarie, poste a fondamento dell'ordinanza cautelare successiva, dagli atti inerenti la prima ordinanza cautelare, non va confusa con quella di semplice 'conoscenza' o 'conoscibilità' di determinate evenienze fattuali. Infatti, la desumibilità, per essere rilevante ai fini del meccanismo di cui all'art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., deve essere individuata nella condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi ad un determinato fatto-reato che abbiano in sé una specifica significanza processuale ciò che si verifica allorquando il pubblico ministero procedente sia nella reale condizione di avvalersi di un quadro sufficientemente compiuto ed esauriente sebbene modificabile nel prosieguo delle indagini del panorama indiziario, tale da consentirgli di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie, suscettibili di dare luogo - in presenza di concrete esigenze cautelari - alla richiesta ed all'adozione di una misura cautelare ex plurimis, Cass. Sez. 4, Sentenza n. 15451 del 14/03/2012 Cc. dep. 20/04/2012 , Rv. 253509 Cass. Sez. 6, Sentenza n. 11807 del 11/02/2013 Cc. dep. 12/03/2013 , Rv. 255722 . Nel caso che ci occupa, come coerentemente osservato dal Riesame, il quadro indiziario si era completato in modo significativo solo con l'informativa di reato depositata al P.M. l'11\3\2013, ampiamente successivamente al decreto che aveva disposto il giudizio abbreviato in data 5\7\2011 per i fatti della prima misura. Si impone per quanto detto il rigetto dei ricorso, non essendo stata consumata alcuna violazione di legge e non palesando il provvedimento impugnato manifeste illogicità. Alla declaratoria di infondatezza del ricorso, segue, per legge ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell'Istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito dall'art. 94, co. 1° ter, disp. att. c.p.p.