Offese nel procedimento giudiziario: nessuna esimente se il destinatario non è parte nel giudizio

L’esclusione della punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi all’Autorità Giudiziaria, non trova applicazione qualora l’espressione offensiva sia confermata anche in documenti indirizzati a soggetti che non siano contraddittori legittimi nel procedimento.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45173/2015, depositata l’11 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Ancona dichiarava responsabile, ai soli fini civili, il rappresentante legale di una s.r.l. per il reato di diffamazione, condannandolo al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costituita. In particolare, a carico dell’imputato era stato ipotizzato il reato di diffamazione in quanto quest’ultimo aveva indirizzato ai soci di altra s.r.l. una lettera raccomandata contenente accuse nei confronti dell’ex amministratore della stessa. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla mancata applicazione da parte della Corte territoriale dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative , essendo pendente un giudizio civile possessorio coinvolgente le due società. L’esimente si configura soltanto ove le offese siano indirizzate a legittimi contraddittori nel procedimento. La Suprema Corte ha ribadito il proprio costante orientamento per cui l’esimente di cui all’art. 598 c.p., concernente l’esclusione della punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi all’Autorità Giudiziaria, non trova applicazione qualora l’espressione offensiva sia confermata anche in documenti indirizzati a soggetti che non siano contraddittori legittimi nel procedimento. L’esimente, hanno chiarito gli Ermellini, vede la sua ratio nel libero esercizio del diritto di difesa e la sua operatività, pertanto, è limitata all’ambito del giudizio ordinario o amministrativo. La lettera dell’art. 598 c.p., ha peraltro rilevato la Suprema Corte, fa esclusivo riferimento a parti o patrocinatori , precludendo l’estensione dell’esimente a soggetti meramente interessati dal giudizio o potenziali parti di esso. Gli Ermellini hanno sottolineato come sia presente un diverso orientamento giurisprudenziale, secondo cui è sufficiente che le offese concernano l’oggetto della causa affinchè si configuri l’esimente in esame il Collegio ha evidenziato come, tale tesi estensiva, non possa trovare applicazione nel caso concreto, dal momento che le espressioni contenute nella missiva non sono strettamente riconducibili all’oggetto del giudizio possessorio. Il nesso causale occorrente ai fini dell’applicazione dell’esimente deve, infatti, sussistere tra l’oggetto della causa e le espressioni offensive, le quali devono fare diretto riferimento ai fatti che hanno originato la controversia. La Corte di legittimità ha rilevato come, nel caso di specie, né i soci destinatari della missiva né l’amministratore parte offesa fossero parte del giudizio civile possessorio che vedeva convenuta la loro società, essendo questa rappresentata nel procedimento da un liquidatore. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 maggio – 11 novembre 2015, numero 45173 Presidente Palla – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1.Con sentenza dei 6.2.2014 la Corte d'appello di Ancona , in parziale riforma della sentenza emessa dalla Sezione distaccata di Osimo dei locale Tribunale, dichiarava R.G. responsabile ai soli fini civili e lo condannava al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separata sede. 1.1. II R., in primo grado, era stato assolto dal delitto di diffamazione perché, indirizzando a tutti i soci della società A.G. Erre s.c.a r.l. una lettera raccomandata contenente accuse nei confronti, fra l'altro, dell'amministratore M.M., offendeva l'onore e la reputazione dei predetto, in quanto gli attribuiva una volontà di raggiro e di truffe nella conclusione di due accordi risalenti al 15.06.2000 e al 22.08.2000 fra la A.G. Erre e la società Fina Srl , in nome e per conto della quale scriveva in qualità di legale incaricato, ricorrendo l'esimente di cui all'art. 598 c.p., essendo le espressioni ingiuriose, comunque, riconducibili alla vertenza civile che all'epoca pendeva tra la predetta società e la società Fina srl, assistita appunto dall'avvocato R. e, pertanto, il loro contenuto asseritamente ingiurioso era escluso. 1.2.11 giudice d'appello riteneva, invece, che le espressioni offensive rivolte al M., in qualità di legale rappresentante della A.G. Erre erano contenute in una missiva indirizzata, e ricevuta, dai soci della s.c.a r.l. che era stata citata in giudizio in persona dei liquidatore dott. M.T., con esclusione, quindi, della partecipazione diretta e personale al giudizio, sia dei soci, che dei M., che non rivestiva più la carica di amministratore. 2. Avverso tale sentenza l'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso, con il quale lamenta la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606, primo comma, lett. b, c ed e c.p.p., per erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla ritenuta non applicabilità dell'esimente di cui all'art. 598 c.p., non apparendo condivisibile la valutazione dalla Corte d'Appello, che ha considerato il M. ed i soci della AG Erre soggetti estranei alla vertenza civile in particolare, il M. nella sua veste di ex amministratore della cooperativa AG Erre, era stato il diretto responsabile della condotta che aveva dato origine alla vertenza possessoria civilistica, per cui non poteva non essere considerato parte ai fini civilistici, avendo egli titolo e, dunque, essendo pienamente legittimato non solo a prenderne parte come autore degli atti gestori che avevano dato luogo alla vertenza, ma anche parteciparvi in veste di convenuto personalmente, proprio per quegli atti compiuti, quando rivestiva l'incarico di amministratore dunque l'amministratore, pur non partecipe al giudizio possessorio, avrebbe potuto comunque prendervi parte o comunque essere chiamato in causa, mentre i soci, ai quali pure la missiva era stata indirizzata, andavano considerati non certo come estranei, proprio perché la lettera era stata loro indirizzata nella veste di soci per avvisarli dell'operato dell'amministratore e per contestare anche una loro ipotetica responsabilità, considerato che per i fatti in contestazione era stata sporta una denuncia penale all'Autorità Giudiziaria al di là della pacifica possibilità dell'applicazione della scriminante di cui all'art. 598 c.p., a ben vedere nel testo della lettera non è nemmeno minimamente ravvisabile un intento diffamatorio poiché essa si è risolta in una presa di posizione e quindi sostanzialmente in una inequivocabile contestazione di responsabilità nei confronti di tutti i destinatari, quindi anche nei confronti dei soci cui era stata volutamente indirizzata per tale scopo inoltre la sentenza della Corte d'Appello non è neppure condivisibile laddove afferma che lo stesso imputato era consapevole del fatto che tale missiva non era destinata ad essere utilizzata unicamente all'interno dei processo, poiché essa non è stata nemmeno prodotta unitamente al ricorso possessorio, atteso che come dimostrato al primo giudice la missiva era stata inviata quando il giudizio civile possessorio era già stato radicato dalla società Fina s.r.l. e, comunque, nel medesimo contesto temporale con lo scopo di informare i soci di quanto si era verificato per l'adozione di eventuali misure nei confronti dei responsabili ed anche eventuali azioni di responsabilità nell'ambito del procedimento civile instaurato il ricorso, infatti, è stato depositato in Tribunale il 23.8.2001, ma predisposto dall'avv. R. il 14.8.2001 e consegnato al collega domiciliatario, perché provvedesse al deposito materiale il 18.8.01 mentre la missiva è stata spedita il giorno 24.8.2001 a distanza di 9 giorni dal ricorso a dimostrazione del fatto che l'unico intento perseguito dall'avv. R., lungi dall'essere diffamatorio, era esclusivamente quello di informare dell'accaduto tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. 3. In data 13.5.2015 è stata depositata dal difensore della parte civile M.M. memoria ex art. 121 c.p.p., con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese. Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento. 1.Punto cruciale dei presente giudizio è l'applicabilità della scriminante di cui all'art. 598 c.p. alle offese nei confronti di M.M., ex amministratore della A.G. Erre s.c.ar.l., contenute nella missiva inviata a mezzo raccomandata dall'avv. R. Giambattista a tutti i soci della predetta A.G. Erre. Da quanto è dato evincere dalla sentenza impugnata nei confronti della A.G. Erre s.c.ar.l. in persona del liquidatore M.T., era stata proposta azione possessoria dalla Fina s.r.l. e la missiva in contestazione risulta inviata dal legale della Fina, avv. R., in pendenza dell'azione civile possessoria, al fine di portare a conoscenza dei soci della A.G. il comportamento dei M. in occasione della conclusione dei due accordi indicati in imputazione ritenuti caratterizzati da una volontà di raggiro e di truffe da parte del M 2. Giova innanzitutto richiamare i principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui l'esimente di cui all'art. 598 c.p. concernente la non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative nella specie un procediment disciplinare non è applicabile, qualora le espressioni offensive in scritti inviatiìi!roggetti che non siano i legittimi contraddittori dei procedimento, in quanto l'operatività dell'esimente funzionale al libero esercizio del diritto di difesa deve restare circoscritta all'ambito del giudizio, ordinario od amministrativo nel corso dei quale le offese siano profferite, a condizione che siano pertinenti all'oggetto della causa o del ricorso amministrativo cfr. Sez. 5, numero 7633 del 18/11/2011, Rv. 252161 con la conseguenza che essa non è applicabile qualora le espressioni offensive siano divulgate in altra sede Sez. 5, numero 20058 dei 06/11/2014 . 3. Orbene, nel caso di specie, i soggetti destinatari della missiva non erano parte dei giudizio civile possessorio che vedeva, invece, quale convenuta la A.G. Erre s.c.ar.l., società munita di personalità giuridica, e non i singoli soci, né tantomeno l'ex amministratore M.M., essendo la società predetta rappresentata dal liquidatore. In tale contesto, pertanto, la decisione dei giudici di merito, con la quale è stata ritenuta ingiuriosa l'attribuzione della volontà di raggiro e di truffe al M. e che non ha applicato l'esimente in questione appare priva di vizi, alla luce dei principi innanzi riportati, che escludono la ricorrenza della scriminante in caso di invio degli scritti difensivi a soggetti diversi dai legittimi contradditori nel processo cfr., tra le altre, Cass sez. 5, 16.10.2002, numero 40725, rv. 22318 . 4. Neppure può sostenersi, come fa il ricorrente, che le offese contenute nello scritto oggetto di contestazione debbano ritenersi scriminate, siccome contenute in una missiva inviata a soggetti i soci della AG Erre comunque interessati alla vicenda, oggetto di giudizio, potendo essi intervenire nel processo, ovvero agire successivamente nei confronti dei M. per la responsabilità di quest'ultimo nella vicenda. 4.1. Tale interpretazione non appare condivisibile, in primo luogo, per il dato letterale della previsione di cui all'art. 598 c.p., che, nel riferimento testuale a parti o patrocinatori , non pare consentire un'interpretazione estensiva sino a ricomprendere offese contenute in scritti non rivolti alle parti attuali dei giudizio, ma a soggetti terzi, potenziali parti, o comunque a meri interessati alle sorti del giudizio. li dato letterale, si coniuga con la ratio della norma, che è indubbiamente quella di consentire, a certe condizioni, un ridimensionamento o meglio una valenza scriminante di quelle offese sviluppatesi in un ambito circoscritto, già in sé conflittuale, quale è un procedimento amministrativo o giudiziario, che vede contrapporsi interessi nell'ambito di un contraddittorio che frequentemente è caratterizzato da toni aspri siccome strumentali ad una conclusione favorevole dei procedimento. Ricomprendere nel l'esimente in questione ipotesi in cui le offese siano portate fuori dal procedimento, che deve occasionarle, appare contrastare con lo spirito e le finalità della norma. 4.2. In ogni caso, anche a voler condividere, un indirizzo di legittimità, secondo il quale è sufficiente che le offese provengano da una parte o dal suo patrocinatore e che concernano l'oggetto della causa o del ricorso pendente innanzi alla autorità giudiziaria, a nulla rilevando che esse siano dirette a persone diverse dalle controparti o dai loro patrocinatori Sez. 5, numero 22743 del 23/03/2011 , si osserva che nella fattispecie in esame non pare che le offese in contestazione siano, comunque, strettamente riferibili all'oggetto del giudizio possessorio, essendo volte a rappresentare, nel riferimento alla volontà di raggiro e di truffe del M., qualità negative dello stesso che paiono prescindere dalla vicenda oggetto di giudizio. 4.2.1.Sul punto giova richiamare il principio, secondo cui il nesso occorrente ai fini dell'applicazione dell'esimente di cui all'art. 598 cod. penumero deve intercorrere non già tra gli scritti o discorsi e l'oggetto della causa, bensì tra questo oggetto e le offese eventualmente contenute in quegli scritti o discorsi che devono riferirsi in modo diretto e non mediato ai fatti che hanno dato luogo alla controversia pertanto, il giudice deve prendere in esame specificamente e separatamente le espressioni offensive per stabilire se esse concernano l'oggetto dei procedimento e in tale caso rientrino nell' ambito di applicazione dell'esimente , o siano invece del tutto estranee all'oggetto dei giudizio Sez. 5, numero 1368 del 26/11/1986 . 5.I1 ricorso va, dunque, respinto, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi € 1900,00 oltre accessori. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in complessivi € 1900,00 oltre accessori di legge.