Violenza contro gli agenti per tentare di rimanere impunito: è rapina impropria

È configurabile il tentativo di rapina, e non invece il concorso tra il tentativo di furto con un reato di violenza o minaccia, nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44814/15, depositata il 9 novembre. Il caso. Il Tribunale aveva riconosciuto l’imputato responsabile dei reati di furto pluriaggravato, resistenza a pubblico ufficiale, furto aggravato e porto ingiustificato di coltello. Avverso tale pronuncia, propone ricorso immediato per cassazione il Procuratore Generale, lamentando la mancata riqualificazione del reato di tentato furto pluriaggravato in rapina impropria tentata. Rapina impropria o concorso tra furto tentato e violenza o minaccia? Sul punto, da Piazza Cavour hanno ricordato che secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è configurabile il tentativo di rapina, e non invece il concorso tra il tentativo di furto con un reato di violenza o minaccia, nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l’impunità . La norma che disciplina la rapina va letta in modo sistematico. La lettura della giurisprudenza del Supremo Collegio, quindi, chiariscono gli Ermellini, valorizza una lettura logico-sistematica dell’art. 628, comma 2, c.p., stabilendo la configurabilità della fattispecie tentata dalla rapina impropria ogni volta che l’azione tipica non si compia o l’evento non si verifichi, e quindi, anche nel caso di colui che adopera violenza o minaccia al fine di procurarsi l’impunità nei momenti immediatamente successivi al compimento di atti idonei, diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa mobile altrui, non riuscendovi a causa di fattori sopravvenuti estranei al suo volere. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte pertanto ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del reato di furto pluriaggravato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 22 ottobre – 9 novembre 2015, n. 44814 Presidente Romis – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto II Procuratore generale di Firenze propone ricorso immediato avverso la sentenza pronunciata ex art. 442 c.p.p. con la quale il Tribunale di Livorno ha riconosciuto O.B.M. responsabile dei reati di tentato furto pluriaggravato, resistenza a pubblico ufficiale, furto aggravato e porto ingiustificato di coltello. La censura riguarda la mancata riqualificazione dei reato di tentato furto pluriaggravato in rapina impropria tentata, sul rilievo dell'immediato uso di violenza contro gli agenti da parte dell'imputato il quale aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a impossessarsi di sigarette o denaro da un distributore automatico, mediante violenza sulle cose all'evidente scopo di sottrarsi all'arresto e procurarsi l'impunità. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni esposte dal ricorrente. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte Sezioni unite, 19 aprile 2012 12 settembre 2012 n. 34952, Reina,rv.253153 è configurabile il tentativo di rapina, e non invece il concorso tra il tentativo di furto con un reato di violenza o minaccia, nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per fatti indipendenti dalla sua volontà, adoperi violenza o minaccia per procurare a sé o ad altri l'impunità. La S.C. ha valorizzato una lettura logico-sistematica dell'articolo 628, comma 2, c.p., in forza della quale è configurabile la fattispecie tentata della rapina impropria ogni qual volta l'azione tipica non si compia o l'evento non si verifichi, e, quindi, anche nel caso di colui che adopera violenza o minaccia per procurarsi l'impunità immediatamente dopo aver compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa mobile altrui, non riuscendovi a causa di fattori sopravvenuti estranei al suo volere. Si impone, pertanto, l'annullamento con rinvio della impugnata sentenza, con trasmissione degli atti al giudice competente che si atterrà al principio di diritto sopra indicato. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione dei reato di cui al capo A e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Livorno, altro magistrato.