Mantenimento per la figlia, il padre lascia ben due lavori e ‘dimentica’ il versamento: condannato

Condotta inequivocabile, quella di un uomo che non ha provvedimento, per oltre un anno, a versare il proprio contributo per la figlia. A rendere ancor più deprecabile la sua omissione, poi, il fatto che abbia dato le dimissioni volontarie in due occasioni, rinunciando a due differenti attività lavorative.

Condannato per non avere fornito il proprio contributo per il mantenimento della figlia. A rendere ancora più grave la condotta dell’uomo, peraltro, il fatto che egli per ben due volte abbia rinunciato a un lavoro. Impensabile, poi, parlare di tenuità del fatto”, nonostante il limitato peso economico dell’obbligo previsto dal Tribunale a carico dell’uomo Cassazione, sentenza n. 44683, Sesta sezione Penale, depositata oggi . Contributo. Nessun dubbio per i giudici di merito è da sanzionare il padre che ha violato, per oltre un anno , il proprio obbligo di assistenza familiare a favore della figlia minore. Consequenziale la condanna, caratterizzata anche da un risarcimento del danno a favore della moglie. Assolutamente irrilevanti le saltuari regalie fatte dall’uomo alla ragazza. Ciò perché, ricordano i giudici, l’adempimento dell’obbligo si concretizza solo nel mettere a disposizione del genitore affidatario il proprio contributo indispensabile per fronteggiare le quotidiane permanenti essenziali esigenze di vita del minore . Condotta. E la linea di pensiero tracciata tra primo e secondo grado viene ora condivisa anche dalla Cassazione. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è inequivocabile il comportamento tenuto dall’uomo, che ha anche manifestato disinteresse, dal punto di vista affettivo, per la figlia . Significativo, poi, il fatto che egli abbia per due volte rinunciato ad un’attività lavorativa in corso, dimettendosi , e proprio nel periodo in cui non aveva adempiuto il proprio obbligo di genitore. Risibile, infine, la tesi difensiva finalizzata a vedere riconosciuta la tenuità del fatto alla luce della modestia della somma fissata dal Tribunale a carico dell’uomo. Su questo fronte i giudici rimarcano il fatto che il padre ha ignorato volutamente il proprio dovere, con una condotta consapevolmente colposa e protrattasi per lungo tempo, con sottrazione totale all’obbligo, pur dal contenuto modesto . Per giunta, nonostante il mantenimento da versare per la figlia, egli ha pensato bene di dare le dimissioni volontarie da due differenti attività lavorative .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 settembre – 6 novembre 2015, n. 44683 Presidente Conti – Relatore Citterio Ragioni delle decisioni 1. Avverso la sentenza della Corte d'appello di PALERMO che in data 23.5.14 confermava la sua condanna per reato ex art. 570 cod. pen., solo rideterminando la pena, e riducendo la somma liquidata a titolo di risarcimento dei danno, ricorre per cassazione l'imputato T.J.A.L. JR a mezzo del difensore, enunciando motivi di nullità dell'ordinanza reiettiva della richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, e conseguentemente della sentenza, per manifesta illogicità della motivazione, e vizi alternativi della motivazione. Con motivi aggiunti depositati il 21.4.2015 il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza per la sopravvenuta causa di non punibilità per tenuità del fatto, ex art. 131-bis cod. pen. come introdotto dal decreto legislativo 28/15. 2. II ricorso va rigettato. 3. I due motivi del ricorso originario sono manifestamente infondati, nei presupposti giuridici che li sostengono, e diversi da quelli consentiti, per la prospettazione di censure sostanzialmente di merito - a fronte di un duplice conforme specifico apprezzamento in fatto dei due Giudici del merito, sorretto da motivazione non apparente ed immune dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà che, soli, rilevano ai sensi dell'art. 606.1 lett. E cod. proc. pen. -, deduzioni difensive che si risolvono nella mera sollecitazione ad una diversa valutazione, dei tutto preclusa in questa sede di legittimità. In particolare la Corte d'appello, con apprezzamento assorbente di ogni questione relativa alla necessità di ulteriore materiale probatorio, ha osservato come risultasse pacifico agli atti che l'imputato avesse, nel periodo in cui non aveva adempiuto il proprio obbligo, per due volte rinunciato ad un'attività lavorativa in corso, dimettendosi da ciò ha argomentato la non giustificazione del suo inadempimento, osservando inoltre che l'uomo si era anche dal punto di vista affettivo disinteressato della figlia minore. Si tratta di apprezzamento che, in relazione al fatto in concreto contestato, è stato giudicato determinante in termini non palesemente incongrui ed illogici. Né saltuari regalie da parte del soggetto obbligato rilevano, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l'adempimento dell'obbligo si concretizza, infatti, solo nel mettere a disposizione dei genitore in concreto affidatario il proprio contributo indispensabile per fronteggiare le quotidiane permanenti essenziali esigenze di vita del minore. Ancora, diversamente da quanto poi dedotto nei motivi di ricorso e per altrettanto consolidata giurisprudenza di legittimità, lo stato di bisogno dei minore è presunto, salvo i casi in cui egli abbia personali autonome risorse economiche o finanziarie sufficienti in grado di permettere a chi ne ha il contingente affidamento l'utilizzazione finalizzata all'autonomo sostentamento. Nulla perciò rileva che il genitore affidatario, o la sua famiglia di origine, abbia i mezzi per provvedere essi, autonomamente, all'intero sostentamento in supplenza dell'obbligo violato dall'altro genitore. E' pertanto evidente la manifesta infondatezza del motivo pure su tali punti specifici, a fronte di consolidati insegnamenti di legittimità, dei tutto opposti alle generiche deduzioni dei ricorrente. 4. II motivo nuovo tempestivo ai sensi dell'art. 609.2 cod. proc. pen., trattandosi di richiesta di applicazione di normativa sopravvenuta è infondato. 4.1 L'art. 131-bis cod. pen. ha introdotto una nuova causa di esclusione soggettiva della punibilità considerando che ai presupposti oggettivi - entità della pena edittale e offesa di particolare tenuità - si aggiungono quelli soggettivi dei comportamento non abituale e dell'intensità del dolo o della colpa . La causa di non punibilità è idonea a determinare l'assoluzione art. 530, comma 1, cod. proc. pen. . Da qui l'applicabilità della stessa ai processi in corso in ragione dell'art. 2, comma 4, cod. pen. Sez.6, sent. 17065/12 . 4.2 L'applicazione della legge posteriore 'sostanziale' più favorevole può avvenire anche nel giudizio di cassazione artt. 609, comma 2 619, comma 3 620, lett. L, cod. proc. pen. quanto alla specifica fattispecie dell'art. 131-bis si vedano tra le altre Sez. 3 sent. 15449/15 Sez.4 sent. 22381/15 Sez.3 sent. 21474/15 Sez.3 sent. 24358/15. Le perplessità manifestate da autorevole dottrina sulla riconducibilità dell'intervento della Corte di legittimità, per questo peculiare caso di sopravvenuta normativa più favorevole, alla disciplina dell'art. 129 cod. proc. pen. perché tale articolo non richiama esplicitamente anche la causa di non punibilità sono nel nostro caso in cui vi è stata richiesta specifica della parte non rilevanti e comunque non decisive, posto che il capoverso dell'art. 609 cod. proc. pen. fa espresso riferimento alternativo all'intervento d'ufficio alle questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d'appello , delle quali è in realtà esempio significativo proprio il mutamento in senso favorevole del quadro normativo pertinente al processo Sez. 3, sent. 15449/15, paragr.9 . Il legislatore non ha inteso disporre una disciplina transitoria per l'applicazione della nuova norma ai procedimenti in corso, in particolare quelli pendenti nella peculiare fase di legittimità. E' tuttavia possibile ricostruire i limiti entro i quali il nuovo istituto può trovare applicazione davanti alla Corte di cassazione, muovendo dai principi generali che caratterizzano il giudizio di legittimità. 4.3 II primo principio che viene in rilievo è quello che esclude la compatibilità coi sistema processuale di un annullamento con mere finalità esplorative Sez. Unite sent. 25887/03, Giordano e altri . La disciplina dell'annullamento, con e senza rinvio artt. 620 - 624 cod. proc. pen. , presuppone infatti l'individuazione di `vizi' specifici dei provvedimento impugnato una situazione, quindi, che allo stato sarebbe, per ragioni specifiche pertinenti il caso concreto, idonea a condurre anche a decisione di diverso contenuto. Ciò vale anche per la fattispecie della sopravvenuta norma più favorevole anche tale novità rileva in tanto in quanto, allo stato degli atti e in relazione alle peculiarità dei caso quali delineatesi nei precedenti gradi di merito del processo attraverso l'imputazione, le sentenze e gli atti di impugnazione , risulti potenzialmente effettivamente pertinente, perché congrua ad una possibile diversa decisione. Questo comporta che va innanzitutto esclusa la eventualità di un annullamento con rinvio generalizzato delle sentenze deliberate in procedimenti già pendenti davanti a questa Corte al momento della sopravvenuta disciplina dell'art. 131-bis cod. pen., quando sia in questa stessa fase di legittimità proposto il motivo nuovo dell'applicabilità di tale più favorevole normativa. 4.4 Le soluzioni quindi uniche ipotizzabili, sul piano sistematico, sono quelle dell'annullamento con rinvio in ragione delle peculiarità dei caso limitato al nuovo esame del giudice dei merito, che ha pronunciato il provvedimento impugnato, avente per oggetto solo l'applicazione della nuova causa di non punibilità dell'annullamento senza rinvio in seguito alla diretta sua applicazione da parte della Corte di legittimità dell'inammissibilità o del rigetto del motivo nel primo caso quando sia evidente la mancanza di uno dei presupposti di applicazione si pensi al limite edittale di pena incompatibile con quello previsto dall'art. 131-bis cod. pen. o all'esistenza di un presupposto soggettivo ostativo nel secondo caso quando le deduzioni relative al caso concreto risultino infondate alla luce dello specifico contenuto della sentenza impugnata . 4.4.1 Va in proposito subito osservato che la deliberazione nel corso dei giudizio di legittimità relativa all'applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis non trova ostacoli connessi all'interlocuzione della persona offesa sul punto differentemente da quanto pare affermato nella richiamata sentenza 15449/15, paragr. 9 . L'interlocuzione della persona offesa, infatti, è espressamente prevista solo nel caso di richiesta di archiviazione art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. , perché in tale contesto la persona offesa non ha ancora avuto la possibilità di farsi `parte' del processo. Ma una volta esercitata l'azione penale, o la persona offesa si è costituita parte civile acquisendo la possibilità di esercitare tutti i poteri e le facoltà che il codice di rito assegna alla `parte' dei processo oppure mantiene solo il diritto di esercitare nel processo i diritti e le facoltà previsti in via generale dall'art. 90 cod. proc. pen. e quelli ulteriori espressamente riconosciutile dalla legge tra cui non vi è l'interlocuzione sull'applicazione dell'art. 131-bis in fase processuale . Pare opportuno osservare che in realtà anche quando la persona offesa si fosse costituita parte civile deve dubitarsi della sua legittimazione ad interloquire sulla richiesta dell'imputato di applicazione dell'art. 131-bis, atteso che tale soluzione non pregiudica gli interessi civili art. 651-bis cod. proc. pen. . 4.5 Non pare fondato l'assunto che la deliberazione 'favorevole' della Corte di legittimità debba necessariamente essere quella dell'annullamento con rinvio per il successivo e 'funzionale' apprezzamento dei Giudice del merito. Osserva la Corte che, in ragione della diversità dell'istituto ex art. 131-bis cod. pen. rispetto a quello ex art. 34 d. Igs. n. 274/2000 per la natura sostanziale del primo e quella processuale del secondo e, quindi, della non pertinenza al nostro caso dei precedente Sez.5 sent. 25063/02, non vi è ragione, anche solo sistematica, per escludere la diretta applicazione della causa di non punibilità nel giudizio di legittimità, in applicazione dei poteri che l'art. 620, Iett.L , cod. proc. pen. le riconosce e quindi con annullamento senza rinvio , ogniqualvolta già dalla sentenza impugnata risultino palesi la ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi formali e un apprezzamento del giudice del merito coerente alla conclusione logica che il caso di specie vada sussunto nella particolare tenuità del fatto. Si pensi, per questo secondo aspetto, al caso emblematico in cui le sentenze di merito, da leggere anche alla luce dell'atto d'appello, diano conto di un imputato incensurato e che abbia commesso il reato occasionalmente e con condotta di durata temporale contenutissima, di un danno esiguo eventualmente pure risarcito, di una pena irrogata nel minimo ed eventualmente nella specie più favorevole, con concorso di attenuanti generiche e con benefici argomentati sulla sussistenza della prognosi più favorevole. Restituire gli atti al giudice del merito previo annullamento con rinvio per chiedere se questo contesto configuri o meno anche un'ipotesi di particolare tenuità del fatto appare soluzione in rito non solo disapplicante il richiamato art. 620 lett. L, non solo contrastante con i principi costituzionali della ragionevole durata del processo e della sua economia ed efficienza, ma a ben vedere anche intrinsecamente contraddittorio perché non si vede come potrebbe una motivazione del giudice dei merito che negasse la sussistenza, in un tal genere di fattispecie, della causa di non punibilità essere sostenuta da una motivazione non apparente, non contraddittoria o non manifestamente illogica. 5. Con tali premesse in rito, giudica la Corte l'infondatezza della richiesta proposta col motivo aggiunto. E' contestato al ricorrente di non aver provveduto al mantenimento della figlia minore nulla corrispondendo di quanto pur somma contenuta stabilito dal Tribunale per i minorenni di Palermo per oltre un anno dal luglio 2008 al dicembre 2009 . La violazione dell'obbligo di provvedere al mantenimento si concretizza, sul piano civile, ad ogni scadenza. Rileva sul piano penale quando tale violazione, per la sua non assoluta episodicità e la conseguente concreta insuscettibilità di determinare 'assenza' dei mezzi di sostentamento, superi, per apprezzamento dei giudice dei merito, la soglia dell'offensività ex art. 49, comma 2, cod. pen Verificatasi la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale, il suo protrarsi determina la permanenza della condotta arg. ex Sez.6 sent. 5423/2015 . Non occorre nella fattispecie affrontare il tema se la reiterazione della violazione dell'obbligo ex art. 570 cod. pen. configuri per sè l'abitualità preclusiva tema connesso a quello se, pur in assenza di una preclusione specifica nella norma, la struttura dei reato abituale in quanto tale, presupponendo ripetizione di condotte, conduca l'intera categoria dei reati abituali fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., come la relazione parlamentare parrebbe escludere senza che il testo della norma indirizzi con immediatezza a tale conclusione . E' sufficiente infatti rilevare che gli apprezzamenti dei Giudici del merito una condotta consapevolmente colposa e protrattasi per lungo tempo e con sottrazione totale all'obbligo pur dal contenuto modesto, le due dimissioni volontarie da attività lavorative, l'irrogazione di pena che - pur con la sostituzione di quella detentiva nella corrispondente pecuniaria da parte della Corte d'appello, su richiesta dell'imputato - non si attesta al minimo edittale sono all'evidenza ostativi alla configurabilità della fattispecie di speciale tenuità. E' infatti in diritto erronea la prospettazione difensiva secondo la quale in definitiva la modestia del contenuto dell'obbligo comporta la modestia della sua violazione. Si sovrappongono così due aspetti del tutto diversi. Il primo è quello dell'entità dell'obbligo che comunque sempre si riferisce al sostentamento di un minore privo di redditi propri il secondo attiene alle modalità della violazione di quell'obbligo nella fattispecie secondo il conforme parere dei Giudici dei merito prolungatosi nel tempo, totale e privo di alcuna giustificazione penalmente apprezzabile . Consegue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.