Prodotti in cattivo stato di conservazione nel punto vendita: responsabile il legale rappresentante?

Nell’ambito della disciplina degli alimenti, non può ritenersi responsabile penalmente il rappresentante legale di una s.r.l. gestrice di supermercati, qualora questa sia articolata in più unità territoriali autonome, affidate a soggetti qualificati con mansioni direttive.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44335, depositata il 3 novembre. Il caso. Il Tribunale di Foggia riconosceva il legale rappresentante di una s.r.l. responsabile per il reato di cui agli artt. 5, lett. b e 6 della l. n. 283/1962 disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande , per aver esposto, nel proprio esercizio commerciale, dei prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione, al fine di venderli. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando l’erronea applicazione degli artt. 40, comma 1, 42, comma 4, c.p. e 5 lett. b della l. n. 283/1962. Il ricorrente rilevava, in particolare, che il giudice di merito aveva affermato la sua responsabilità penale perché non aveva provveduto a delegare per iscritto gli altri dipendenti a controllare la merce. La forma scritta per determinate tipologie di atti, se non è prevista dalla legge, soddisfa più esigenze di prova che di sostanza . La Suprema Corte ha ribadito il proprio consolidato orientamento per cui, nell’ambito della disciplina degli alimenti, non può ritenersi responsabile il legale rappresentante di una società gestrice di una catena di supermercati, qualora la stessa sia articolata in più unità territoriali autonome. Gli Ermellini hanno, infatti, precisato che quando sussiste un’organizzazione come sopra delineata, ogni unità autonoma è affidata ad un soggetto qualificato, che esercita mansioni direttive, senza la necessità di alcuna delega. La sussistenza di una delega di responsabilità , che comprende organizzazione e vigilanza, nelle strutture complesse, deve presumersi anche in assenza di atto scritto. La Corte di legittimità ha, infine, evidenziato che ogni responsabilità prevista dalla direzione di un punto vendita può essere desunta dalla valutazione dell’organigramma aziendale e che l’organizzazione dell’impresa deriva dall’esercizio della piena autonomia contrattuale la forma scritta per determinate tipologie di atti, se non è prevista dalla legge, soddisfa più esigenze di prova che di sostanza . La Suprema Corte ha chiarito che la responsabilità penale del titolare dell’impresa non può essere ricostruita sulla base dell’esistenza o meno di una delega scritta, bensì accertando se le dimensioni della s.r.l. impedissero o meno il monitoraggio delle attività del direttore del punto vendita, delle sue capacità e di sue eventuali negligenze. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 settembre – 3 novembre 2015, n. 44335 Presidente Fiale – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il sig. D.S. ricorre, per il tramite del difensore di fiducia, per l'annullamento della sentenza del 07/01/2014 del Tribunale di Foggia che l'ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 350,00 Euro di ammenda per il reato di cui agli artt. 5, lett. b e 6, legge 30 aprile 1962, n. 283 perché, quale legale rappresentante della società GE.DA. S.r.l.”, che gestiva il punto vendita Convi”, supermercato corrente in omissis , deteneva per la vendita, esposti nel banco frigo del reparto di salumeria e nella annessa cella frigorifero, numerosi prodotti alimentari salumi, mortadelle, salsicce, ecc. in cattivo stato di conservazione e scaduti. Il fatto è contestato come commesso in omissis . 1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b , cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 40, comma 1, 42, comma 4, cod. pen., 5, lett. b , legge n. 283 del 1962. Lamenta che la propria responsabilità è stata affermata perché, quale legale rappresentante della società che gestiva il punto vendita, non aveva delegato per iscritto ad altri dipendenti il compito di monitorare la merce. Deduce che al momento dell'accesso del personale ispettivo della ASL cui era stato segnalato l'acquisto di una mozzarella alterata nel supermercato erano presenti, insieme con lui, il direttore del punto vendita, sig. M.G. , suo del ricorrente fratello ed il personale dipendente addetto al banco salumeria. Incontestata la sussistenza materiale del fatto, ricorda che secondo la giurisprudenza di questa Corte, che ha abbracciato una concezione moderna dell'impresa, la complessità dell'organizzazione aziendale e la sua preventiva suddivisione in più sedi territoriali comporta automaticamente la divisione e la conseguente ripartizione dei vari compiti, doveri e poteri delle singole unità territoriali nella quali si articola l'impresa, rendendo superflua la necessità di una delega scritta. La fonte della responsabilità penale, in ultima analisi, va ricavata dalla stessa articolazione dell'impresa in più settori, zone, unità produttive, senza che sia necessaria una delega scritta, trattandosi di requisito formale non richiesto ad substantiam”, né ad probationem” nemmeno dalla giurisprudenza di legittimità. L'assenza di una delega scritta, pertanto, non può costituire la fonte della responsabilità del legale rappresentante dell'impresa. Trattandosi di reato comune, tra l'altro, la responsabilità andrebbe ricostruita in base al criterio dell'effettività, accertando chi ha materialmente tenuto la condotta incriminata e vi ha dato causa. Ne consegue che la responsabilità va individuata all'interno della singola struttura aziendale, a prescindere da una delega scritta. 1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. d , cod. proc. pen., mancanza, illogicità, incongruenza della motivazione e travisamento della prova. Il Tribunale, lamenta, sulla scorta dell'errata affermazione per la quale la esistenza della delega deve essere dimostrata solo per iscritto, ha conseguentemente svalutato le testimonianze utili a provare che la società aveva più di 10 punti vendita e che nell'esercizio commerciale in questione esisteva un direttore responsabile che esercitava in concreto tutti i poteri/doveri gestori. Nel caso di specie il fatto non è addebitabile ad un vizio strutturale - organizzativo dell'azienda, ma all'occasionale negligenza del direttore responsabile del punto vendita e del responsabile di reparto, incaricati di controllare e vigilare sulla genuinità dei prodotti. 1.3. Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b , cod. proc. pen., erronea applicazione degli artt. 163, cod. pen. avendo il Tribunale concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena in violazione del divieto sancito dall'art. 6, comma 4, legge n. 283 del 1962, in caso di condanna per frode tossica o comunque dannosa alla salute. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 3. La sussistenza materiale del fatto non è oggetto di contestazione. 3.1. Risulta dal testo della sentenza che, a seguito della segnalazione di una cliente del supermercato, gli ispettori della ASL vi effettuarono un'ispezione rinvenendo nel banco frigo del reparto salumi e nella cella frigorifero prodotti alterati e scaduti. In sede di accesso erano presenti due dipendenti ed il direttore del punto vendita da cui non era esibita alcuna delega scritta in merito alla gestione della merce”. Escussi in dibattimento, costoro, afferma il Tribunale, non hanno aggiunto spunti significativi in merito alla ripartizione degli obblighi di controllo all'interno del supermercato, limitandosi entrambi a descrivere le proprie mansioni ed a confermare di essere stati assunti dal D. ”. 3.2. Il Tribunale ne ha così tratto spunto per affermare la responsabilità penale dell'imputato in considerazione della legale rappresentanza della società che amministrava il supermercato e della assenza di una delega di funzioni rilasciata per iscritto, a nulla valendo un mero conferimento orale per il monitoraggio della merce ad altre figure professionali operanti nel medesimo esercizio commerciale, utile a esonerare il titolare dell'attività dalla responsabilità penale connessa alla sua posizione di garanzia”. 3.3. Ai fini di un corretto inquadramento della questione sollevata con l'odierno ricorso, premette la Corte che è certo che nel caso di specie non v'era stata alcuna delega, né scritta, né orale. Ne è prova la stessa impostazione difensiva secondo la quale da un lato la necessità della delega, aldilà del suo conferimento orale o scritto non conta , sarebbe nei fatti, nell'ineludibile principio che presiede alla distribuzione dei compiti in un'organizzazione complessa dall'altro il giudice avrebbe travisato la prova testimoniale dalla quale risulta che il conferimento di tale delega v'era stato. 3.4. Tanto premesso, questa Corte deve ribadire il proprio insegnamento secondo il quale in tema di disciplina degli alimenti, il legale rappresentante della società gestrice di una catena di supermercati non è responsabile qualora essa sia articolata in plurime unità territoriali autonome, ciascuna affidata ad un soggetto qualificato ed investito di mansioni direttive, in quanto la responsabilità del rispetto dei requisiti igienico-sanitari dei prodotti va individuata all'interno della singola struttura aziendale, non essendo necessariamente richiesta la prova dell'esistenza di una apposita delega Sez. 3, n. 11835 del 19/02/2013, Kash, Rv. 254761 Sez. 3, n. 4304 del 26/02/1998, Rv. 210510 Sez. 3, n. 3272 del 22/02/1991, Palma, Rv. 186615 Sez. 3, n. 19642 del 06/03/2003, Rossetto, Rv. 224848, secondo la quale, in casi di organizzazioni complesse, la sussistenza di una delega di responsabilità, anche organizzative e di vigilanza, per le singole sedi, si deve presumere in re ipsa , anche in assenza di un atto scritto . 3.5. Il Collegio non ignora che, secondo un diverso indirizzo interpretativo, questa Corte ha ritenuto necessaria sia la delega, che la forma scritta Sez. 3, n. 6872 del 19/01/2011, Trinca, Rv. 249536 Sez. 3, n. 16452 del 17/10/2012, Conti, Rv. 255394 , ma non lo condivide. 3.6. L'organizzazione dell'impresa appartiene all'autonomia negoziale privata e, al di fuori dei casi in cui il conferimento di procure, deleghe o altri atti con i quali vengono attribuite responsabilità e/o conferiti compiti precisi, non sia espressamente preteso dalla legge in forma scritta ai fini della validità dell'atto stesso, la pretesa penalistica che esso abbia tale forma soddisfa più esigenze di prova che di sostanza. Le responsabilità derivanti dalla direzione di un punto vendita o di un reparto e i compiti ad esse connesse possono essere ricavate dall'organigramma dell'impresa o dalle mansioni esercitate dal lavoratore dipendente, dirigente o no che sia, e persino dalle corrispondenti previsioni del contratto collettivo di lavoro applicato nell'impresa tanto più che, nell'ambito del sinallagma contrattuale, il dipendente è retribuito per lo svolgimento proprio delle mansioni contrattualmente pattuite e correlate alla sua specifica posizione aziendale. Sarebbe perciò quantomeno contraddittorio escludere, a fini penalistici, l'efficacia della causa negoziale concreta dell'assunzione di responsabilità di un'articolazione dell'impresa da parte del lavoratore dipendente che a tanto sia destinato dal titolare dell'impresa, sol perché manchi un atto scritto. Eppure tale causa non cesserebbe di produrre i suoi effetti sul piano civilistico obbligando l'imprenditore a corrispondere al dipendente che si sia assunto tali responsabilità organizzative una retribuzione che costituisce anche il corrispettivo proprio di tale assunzione di responsabilità e per il sol fatto che tali mansioni sono state esercitate, non essendo richiesto a tal fine alcun atto scritto. Come correttamente è stato affermato da Sez. 3, n. 39268 del 13/07/2004, Beltrami, Rv. 230088, solo in campo amministrativo sussiste l'esigenza di una formalizzazione dei rapporti organizzativi all'interno della struttura. Nel settore privato, aggiunge il Collegio, la realtà della delega se così la si vuoi continuare a chiamare è nei fatti ed è nell'articolazione dell'azienda e nei rapporti giuridici che fanno capo all'imprenditore. 3.7. La responsabilità del titolare dell'impresa - che resta pur sempre il destinatario principale del precetto penale - va perciò ricostruita su altre basi, diverse dalla mera presenza di una delega scritta, che devono bensì essere ricercate esclusivamente nella norma che giustifica, ai sensi dell'art. 43, cod. pen., l'addebito della condotta anche a titolo colposo. 3.8. Sicché, dato per scontato che la società legalmente rappresentata dall'imputato è titolare di più punti vendita, che il supermercato nel quale si trovavano gli alimenti in questione era dotato di un direttore del quale sarà necessario accertare le mansioni pattuite e i compiti connessi alla gestione del punto vendita , occorrerà - esemplificativamente - accertare che la dimensione dell'impresa non impedisse il monitoraggio dell'attività del direttore stesso, la capacità ed idoneità tecnica di questi, la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del direttore, che in ogni caso il fatto non derivi da cause strutturali dovute ad omissioni di scelte generali di pertinenza esclusiva del titolare dell'impresa, quali, tra queste, l'omessa adozione di procedure di autocontrollo proposte dai manuali adottati in conformità dell'art. 8, del Regolamento CE n. 852 del 2004 del 29 aprile 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari e validati dal Ministero della Salute e prescritte, più in generale, anche dall'allegato II del Regolamento stesso. 3.9. La fondatezza del primo motivo è assorbente rispetto agli altri. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Foggia che riesaminerà la vicenda alla luce dei principi di diritto indicati ai paragrafi 3.4 e 3.8. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Foggia.