“Antididattico”: il dirigente censura il docente. Critica legittima, nessuna offesa

Pomo della discordia le comunicazioni ufficiali inviate ai dirigenti degli uffici scolastici. Lì sono messe ‘nero su bianco’ le contestazioni nei confronti del docente di ruolo di un istituto professionale. Espressioni forti, quelle utilizzate dal dirigente della scuola, ma legittime.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44398, depositata oggi. Docente definito antididattico” e di ostacolo allo sviluppo degli allievi”. Praticamente, l’opposto dei valori centrali nell’insegnamento. Osservazioni durissime, quelle messe ‘nero su bianco’ dal dirigente scolastico, che, però, non superano, pur sfiorandolo, il limite della critica. Cade, di conseguenza, l’ipotesi della diffamazione. Comunicazioni. Casus belli le comunicazioni ufficiali del dirigente scolastico di un istituto professionale, consegnate all’ufficio scolastico regionale e al dirigente dell’ufficio scolastico provinciale . Pesantissimo il contenuto un docente viene definito irrispettoso, temperamento minaccioso, intollerabile arrogante, non collaborativo, scorretto, antididattico e di ostacolo allo sviluppo degli allievi . Levata di scudi del professore, che ritiene duramente e immeritatamente ‘ferita’ la propria reputazione . Ma per i giudici di merito le espressioni utilizzate dal dirigente vanno ricomprese nell’ambito delle legittime attribuzioni del dirigente scolastico, titolare del diritto-dovere di richiedere l’intervento degli organi superiori per visite ispettive, anche finalizzate all’adozione di provvedimenti disciplinari . Giudizi. E la linea di pensiero tracciata dal Giudice di pace e confermata dal Tribunale viene fatta propria anche dai giudici della Cassazione. Illogico, in sostanza, parlare di diffamazione . Nessuna offesa, quindi, nei confronti del docente. Per i giudici è evidente, innanzitutto, la strumentalità della comunicazione , ritenuta lesiva dal professore, rispetto alla richiesta di una visita ispettiva finalizzata proprio a esaminare gli addebiti mossi alla persona del docente. Allo stesso tempo, le espressioni utilizzate vanno lette, ad avviso dei magistrati, come meri giudizi del dirigente, giudizi che, senza sfociare in alcuna aggressione verbale , sono agganciati a specifici comportamenti dell’insegnante. E, in questa ottica, anche la valutazione della dannosità didattica presunta del docente non esula di certo dalle attribuzioni del dirigente scolastico . Quest’ultimo, difatti, è responsabile dei risultati del servizio e organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa , e promuove interventi per assicurare l’esercizio della libertà di insegnamento , ma, evidenziano i giudici, ha anche il compito di garantire l’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli alunni .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 giugno – 3 novembre 2015, n. 44398 Presidente Vessichelli – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18/06/2013 il Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Osimo, ha confermato la decisione di primo grado che aveva assolto R.C. dal reato di cui all'art. 595 cod. pen., contestatogli per avere, quale dirigente scolastico dell'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato - IPSIA - di Corridonia, mediante missive indirizzate all'Ufficio scolastico regionale per le Marche, al Dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale di Macerata e al direttore della sede IPSIA di Civitanova Marche, dove A.I. prestava servizio quale docente di ruolo, offeso la reputazione dello stesso, definendolo irrispettoso, temperamento minaccioso, intollerabile arrogante, non collaborativo, scorretto, antididattico e di ostacolo allo sviluppo negli allievi dell'educazione . Il Tribunale ha ritenuto che ricorresse nella specie la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen., in quanto le uniche espressioni utilizzate nel testo delle relazioni sottoscritte dall'imputato non collaborativo e antididattico e di ostacolo allo sviluppo negli allievi dell'educazione erano circoscritte, puntuali e non esulavano dai limiti delle attribuzioni del dirigente scolastico, titolare del diritto - dovere di richiedere l'intervento degli organi superiori per visite ispettive, anche finalizzate all'adozione di provvedimenti disciplinari. 2. Nell'interesse della parte civile è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando che gli atti diffamatori attribuiti all'imputato non potevano essere considerati espressione del diritto di critica, in quanto non erano qualificabili come semplici richieste di verifica ispettiva o come atti di impulso di un procedimento disciplinare. In particolare, il ricorrente sottolinea che siffatta configurazione è esclusa non solo per l'invio delle missive anche a destinatari privi di competenza sia in materia disciplinare giacché il d.lgs. n. 165 del 2001 prevede solo l'intervento del Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale che in materia ispettiva, ma anche perché, lungi dal rappresentare situazioni oggettive, comunicano un giudizio personale rappresentato in maniera volutamente diffamatoria. Si aggiunge a che tale ricostruzione è sorretta anche dalle ammissioni dell'imputato nel corso dell'esame svoltosi nell'udienza del 26/04/2011 e nella lettera del 20/11/2008, ossia da risultanze probatorie sulle quali non si era sviluppato il contraddittorio, in quanto solo con la sentenza di secondo grado si era individuata la scriminante dell'esercizio del diritto di critica b che, in ogni caso, difettavano i requisiti della verità e della continenza c che dall'art. 598 cod. pen. si trae conferma del fatto che la scriminante non può essere invocata al di fuori delle espressioni contenute in atti difensivi, ossia in relazioni disciplinari o ufficiali d che, dei resto, le richieste avanzate dal dirigente scolastico, ossia la verifica dell'idoneità all'insegnamento e il trasferimento dei ricorrente per incompatibilità ambientale, non erano state accolte e che, d'altra parte, una delle offese rivolte al ricorrente, ossia quella di essere antididattico non poteva comunque ritenersi inerente ad una verifica ispettiva, alla luce dell'art. 33 Cost. e dei poteri conferiti al dirigente scolastico dal d. Igs. n. 125 dei 2001. 2.2. Con il secondo motivo, si lamenta erronea applicazione della legge penale, rilevando che erroneamente il giudice di primo grado aveva escluso la sussistenza di prove idonee a dimostrare la volontà dei C. di offendere la reputazione dell'I., dal momento che il dolo richiesto dalla fattispecie incriminatrice ha carattere generico. 3. È stata depositata memoria nell'interesse dell'imputato. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Le affermazioni contestate all'imputato si collocano all'interno di una relazione dei 27/10/2008 indirizzata, oltre che al ricorrente, anche al Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per le Marche, al Coordinatore dei Servizio Ispettivo presso il medesimo Ufficio scolastico, al Dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale di Macerata e al direttore della sede IPSIA di Civitanova Marche, e di una missiva inviata ai medesimi soggetti e ad uno studio legale al quale l'I. si era nel frattempo rivolto. Ora, il Collegio è consapevole che, in altra occasione, si è affermato che integra il reato di diffamazione la condotta dei dipendente che invii un esposto - contenente espressioni offensive nei confronti di soggetto svolgente funzioni sopraordinate - al diretto superiore gerarchico e per conoscenza a soggetti sovraordinati a quest'ultimo, il cui intervento può giustificarsi solo in un momento successivo e a fronte dell'inerzia del diretto superiore gerarchico, con la conseguenza che, in tal caso, si esorbita dalla causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen., sub specie del diritto-dovere di segnalazione critica, esponendo la persona offesa al discredito dell'intera amministrazione di appartenenza Sez. 5, n. 7410 del 28/09/2012 - dep. 14/02/2013, Manfredini, Rv. 255212 . Tuttavia, non si ritiene che ricorra tale ipotesi nel caso di specie, giacché, indiscussa la competenza disciplinare dei Direttore dell'Ufficio Scolastico Generale, secondo quanto ammette lo stesso ricorrente, ed evidente la strumentalità, rispetto alla richiesta visita ispettiva, della comunicazione al Coordinatore del relativo servizio, il coinvolgimento del Dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale e dei direttore della sede di Civitanova Marche, presso la quale l'I. prestava servizio, scaturisce dal significato degli addebiti mossi a quest'ultimo nella sua attività svolta presso tale sede e dalla necessità dell'imputato, al quale l'I. aveva contestato i criteri di gestione della cd. Terza Area, di chiarire la sua posizione. In definitiva, la finale richiesta di visita ispettiva o di adozione di ulteriori provvedimenti nei confronti dell'I. si accompagna, nell'ampia relazione della quale si discute ad un'analitica esposizione delle ragioni della condotta dei dirigente, ossia dell'imputato, in vista della paventata apertura da parte dell'odierno ricorrente di un nuovo fronte contenzioso . E può osservarsi che la previsione si è, in effetti, rivelata tutt'altro che infondata, come dimostra la seconda missiva, inviata a seguito dell'intervento di uno studio legale. Naturalmente, in questa sede non si discute della fondatezza o non dell'una o dell'altra posizione e, pertanto, appaiono privi di decisività gli esiti delle due relazioni , assumendo piuttosto rilievo il contesto ordinamentale in cui le comunicazioni si collocano e, in ultima analisi, la coerente individuazione dei loro destinatari. Sul piano contenutistico, poi, le espressioni adoperate si traducono in giudizi che, senza sfociare in alcuna aggressione verbale, sono puntualmente agganciati come osservato anche dalla decisione di primo grado, a specifici comportamenti dell'I., sottoposti all'attenzione dei destinatari. E può aggiungersi quanto alla valutazione sulla dannosità didattica che essa non esula affatto dalle attribuzioni dei Dirigente scolastico, giacché, ai sensi dell'art. 25 del d. Igs. n. 165 del 2001, invocato dal medesimo ricorrente, il dirigente è responsabile, tra l'altro, dei risultati dei servizio e organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa comma 2 . È certamente esatto che egli promuove gli interventi per assicurare l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, ma tale finalità persegue garantendo anche l'attuazione del diritto all'apprendimento da parte degli alunni comma 3 . Deve, pertanto, escludersi la fondatezza dei rilievo dei ricorrente, quanto alla mancanza di pertinenza delle considerazioni censurate rispetto ai poteri spettanti al dirigente. 2. Il secondo motivo è inammissibile, poiché è diretto contro considerazioni svolte dalla sentenza di primo grado, quanto alla insussistenza dell'elemento soggettivo, che non sono state recepite dalla decisione impugnata, la quale ha confermato la pronuncia assolutoria, valorizzando piuttosto la portata scriminante dell'art. 51 cod. pen. Può aggiungersi, per completezza argomentativa, che la sentenza di primo grado introduce prioritariamente il tema della finalizzazione dell'attività dei dirigente all'espletamento dei suoi doveri istituzionali. Il riferimento alla mancanza di prova dei dolo, inteso come volontà di offendere, va, dunque, inteso, alla luce dei complesso della motivazione, proprio come espressivo della finalità perseguita dal dirigente di richiedere l'intervento degli organi superiori a fronte delle condotte dell'insegnante, ossia di una finalità non compatibile con un disegno diffamatorio cui l'imputato avrebbe piegato l'esercizio dei propri poteri. 3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ritiene il Collegio che le peculiarità della vicenda giustifichino la compensazione tra le parti private delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara compensate le spese tra le parti private.