Donna “ragno” tesse tela attorno a tre uomini con le sue doti ammaliatrici: teorema poco convincente, la vittima della violenza è solo lei

Non può concedersi la diminuente della minore gravità in ordine al reato di violenza sessuale se la vittima era oggetto di controllo maschile, denigrazione incessante e violenze continue la concessione dell’attenuante deve considerare anche le condizioni fisiche e psichiche della persona offesa .

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 44004 del 2 novembre 2015. Il caso. Il Giudice dell’udienza preliminare di Teramo aveva condannato l’imputato per violenza sessuale, minacce e ingiurie nei confronti di una donna, più grande di lui di quindici anni, con cui aveva avuto una relazione sentimentale extraconiugale in quanto la persona offesa era sposata con un altro uomo. La Corte d’appello, con doppia conforme, confermava la condanna. Libertà di autodeterminazione della sfera sessuale e costrizione. Un punto fermo è quello subito espresso dalla Suprema Corte secondo cui avere una relazione con una persona, vi sia o meno un vincolo coniugale, non attribuisce un dominio sulla sfera sessuale altrui né conferisce una sorta di bonus per rapporti sessuali anche a prescindere da uno specifico consenso per ciascuno di essi, consenso che, se presente, esclude la lesione del diritto alla libertà sessuale. Nuova lettura non consentita. Il ricorrente censura il travisamento della prova e chiede alla Cassazione una valutazione in fatto non in relazione ad uno specifico elemento probatorio travisato bensì a tutti gli elementi che costituiscono il compendio probatorio e una nuova valutazione delle risultanze processuali. In altri termini, al giudice di legittimità non è chiesto di verificare se sussista effettivamente la struttura motivazione del provvedimento scevra da illogicità manifeste né la rettifica di un travisamento di prova decisiva bensì un terzo grado di merito. La richiesta è palesemente inammissibile. Processo alla vittima. Tutto il ricorso è costruito su una versione alternativa a quella risultante dal provvedimento impugnato e che si traduce in un processo alla vittima, presentata come inattendibile, denigrata come persona con riferimento anche a situazioni che non riguardano il processo quale il rapporto con le figlie nonché come persona menzognera. Vittima mendace? La Cassazione precisa che il giudice territoriale non ha etichettato la personalità della persona offesa come mendace, ma ha riferito solo di come l’assistente sociale avesse definito la donna come affetta da immaturità e da infantile egocentrismo autoreferenziale. Pure il fatto che la vittima avesse due relazioni extraconiugali di cui una con l’imputato ventenne e l’altra con un cinquantenne non sembra – se non a scopo denigratorio e strategicamente aggressivo – contaminare il giudizio di attendibilità della persona offesa, testimone chiave per i reati di cui si discute. A giudizio della Cassazione questi aspetti non giocano alcun ruolo nel valutare le dichiarazioni in relazione alla commissione dei reati in esame irrilevante il quadro che ne esce in cui la persona offesa, insoddisfatta del matrimonio, allacciava due relazioni extraconiugali l’una estintasi con l’inizio dell’altra del pari la differenza di età non è elemento da cui trarre alcuna inferenza sul giudizio di personalità della dichiarante. No, vittima subornata. A ciò si aggiunga che è stato riportato che secondo gli esperti del centro antiviolenza a cui la donna si era rivolta, la vittima era stata stravolta dall’innamoramento nei confronti del giovane imputato da non voler ammettere l’errore del riallacciare la relazione bensì illudendosi sulla base delle temporanee resipiscenze dell’uomo e, così, pervenendo ad una totale subordinazione che rendeva più difficile la definitiva rottura della relazione sentimentale. Deontologia, questa sconosciuta. La Suprema Corte, affermando, a scanso di equivoci, che non le compete alcuna rivalutazione in fatto neppure sotto il profilo dell’attendibilità della persona offesa, incisivamente, al buon uditore, ricorda che una difesa deontologicamente corretta non deve fondarsi sulla denigrazione della persona offesa, di cui prospetta l’inattendibilità, specie se adducono, a sostegno di tale tesi, insinuazioni e assunti anche offensivi quali quelli che compaiono, a più riprese, nel ricorso. Si sostiene che tutti gli uomini con cui la donna era venuta in contatto erano stati irretiti da lei, dedita e avvezza alla menzogna, una predatrice che faceva cadere tre uomini contemporaneamente nelle sue trappole un quadro da cui emerge che l’imputato era colpevole solo di aver voluto uscire dalla ragnatela” tessuta dalla persona offesa che era un’ ammaliatrice”. Motivazione reale. La motivazione della sentenza impugnata è reale e non apparente, né presenta illogicità. L’attendibilità della persona offesa è stata vagliata con l’intensità necessaria alla fattispecie e sono stati altresì indicati riscontri esterni. Testimonianza de relato e irrilevanza nel giudizio abbreviato. Ulteriori profili di doglianza riguardavano l’uso delle sommarie informazioni testimoniali della persona offesa e della madre, atti tacciati di inutilizzabilità perché non era stato sentito il soggetto costituente fonte primaria della prova. In proposito, già il giudice territoriale osservava che la sanzione dell’inutilizzabilità della testimonianza indiretta ricorre quando non sia identificata la fonte primaria e nel caso in cui, nonostante l’istanza di parte, ne sia omessa la citazione. Nel caso in esame, tuttavia, l’imputato, avendo acceduto al rito abbreviato, non ne subordinava l’istanza all’integrazione probatoria costituita dall’assunzione testimoniale dei testi che costituivano fonte primaria. Esercizio del potere dispositivo di giudizio allo stato degli atti”. Optando per il giudizio abbreviato l’imputato conferisce al giudice il potere di definire il processo allo stato degli atti”, salvo che chieda l’integrazione probatoria quale condizione giudizio abbreviato condizionato” . In ogni caso, gli atti contenuti nel fascicolo del PM sono utilizzabili dal momento che l’accesso al rito abbreviato è espressione di un potere dispositivo dell’interessato che consente all’utilizzo del materiale di prova raccolto. Sono quindi infondate le variegate doglianze relative all’inutilizzabilità degli elementi probatori inclusi legittimamente nel fascicolo delle indagini. Tanto è vero se si considera che anche la querela è utilizzabile come mezzo di prova in relazione al suo contenuto descrittivo laddove vi sia giudizio abbreviato perché la scelta di tale rito legalizza” come utilizzabili tutti gli elementi non patologicamente acquisiti al fascicolo del PM. Attenuante della minore gravità? La Suprema Corte giudica legittimo il diniego dell’attenuante della minore gravità che si configura in ipotesi di minore lesività del bene giuridico tutelato ovvero quando non viene inferta una compressione significativa della libertà sessuale della persona offesa. La verifica deve essere svolta valutando il fatto nel suo complesso mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione della vittima, condizioni fisiche e psichiche, anche in base all’età, l’entità della lesione, il danno arrecato per accertare la misura” della compressione della libertà sessuale e del danno derivato. Nel caso esaminato la Corte d’appello ha ritenuto non ravvisabile la diminuente in ragione della qualità degli atti compiuti, della violenza fisica esercitata e delle condizioni psicologiche in cui versava la persona offesa rispetto all’imputato. La vittima era oggetto di controllo maschile, denigrazione incessante e violenze continue.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 settembre - 2 novembre 2015, numero 44004 Presidente Mannino – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13 febbraio 2014 la Corte d'appello di L'Aquila, a seguito di due appelli proposti rispettivamente dall'avv. C. Mariano e dall'avv. A. Candeloro nell'interesse di P.A. avverso sentenza del 28 maggio 2013 con cui il G.U.P. del Tribunale di Teramo lo aveva condannato alla pena di sei anni di reclusione per i reati di cui agli articoli 609 bis c.p. capi A, C, E , 612, comma 2, e 594 c.p. capo D , 582 c.p. capo F e 610 c.p. capo G - tutti commessi nei confronti di A.E. -, in parziale riforma, riconosciute le attenuanti generiche, rideterminava la pena in quattro anni di reclusione. 2. Hanno presentato ricorso i difensori, sulla base dei tre motivi. Il primo motivo denuncia vizio motivazionale ex articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p. in relazione agli articoli 546, lettera e , e 125, comma 3, c.p.p., omessa valutazione degli elementi di prova a discarico dell'imputato, valutazione di elementi di prova inutilizzabili, erronea valutazione di attendibilità e concludenza del compendio probatorio, violazione dei criteri di valutazione della prova per avere ritenuto A.E. attendibile nonostante le numerose contraddizioni, violazione degli articoli 191, 192 e 195 c.p.p., travisamento dei fatti nonché, ex articolo 606, primo comma, lettera c, c.p.p., violazione di norme procedurali penali stabilite a pena di nullità, inammissibilità e inutilizzabilità. Il motivo si incentra sul vizio motivazionale in ordine alla attendibilità della persona offesa, che la corte territoriale avrebbe erroneamente riconosciuto, giungendo al travisamento di elementi probatori esso lamenta altresì l'inattendibilità di ulteriori persone che hanno reso dichiarazioni come informate sui fatti e contesta l'utilizzabilità di alcuni elementi del compendio probatorio, concludendo nel senso del mancato superamento del ragionevole dubbio ex articolo 533, comma 1, c.p.p Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento della attenuante speciale di cui all'articolo 609 bis, ultimo comma, c.p., tenendo conto del fatto che il giudice d'appello ha concesso le attenuanti generiche e tenendo conto altresì delle caratteristiche della relazione sentimentale che era intercorsa tra l'imputato e la vittima, con particolare riguardo alla peculiare personalità di quest'ultima. Il terzo motivo ex articolo 606, primo comma, lettera d, c.p.p. lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva dal momento che il G.U.P. avrebbe dovuto disporre d'ufficio una perizia psichiatrica, ex articolo 441, comma 5, c.p.p. - e parimenti avrebbe dovuto disporla la Corte d'appello - su un disturbo mentale dell'imputato e sul nesso eziologico tra tale disturbo e il fatto di reato. Le emergenze processuali dimostrerebbero infatti l'influsso della patologica personalità della vittima sul P., che avrebbe avuto la fragile personalità di un giovane ragazzo e sarebbe finito in balia dell'A. . Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1.1 Il primo motivo è indubbiamente quello principale, per cui viene sviluppato con una ampiezza tale da costituire ben 70 delle 80 pagine in cui si dipana il ricorso, al quale da una impostazione complessiva che connnota, come si vedrà, anche i due motivi seguenti. Dopo avere correttamente inquadrato, seguendo l'insegnamento della giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, la corretta interpretazione dell'articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p. - ricordando cioè che la motivazione del giudice di merito non deve considerare specificamente tutti gli elementi probatori e tutti gli argomenti difensivi, tranne quelli dotati di decisività sulla motivazione conseguentemente implicita v. Cass. sez. I, 22 maggio 2013 numero 27825 Cass. sez. II, 8 febbraio 2013 numero 9242 Cass. sez. VI, 19 ottobre 2012 numero 49970 Cass. sez.I, 19 ottobre 2011 numero 41738 Cass. sez. IV, 13 maggio 2011 numero 26660 e Cass. sez. VI, 4 maggio 2011 numero 20092 Cass. sez. VI, 2 dicembre 2010 numero 45036 sul concetto di decisività, nel noto senso di idoneità a rendere inevitabilmente diverso l'esito del compendio probatorio cfr. Cass. sez. V, 7 novembre 2013-25 febbraio 2014 numero 9069 Cass. sez. II, 20 marzo 2013 numero 21884 Cass. sez. Ili, 15 giugno 2010 numero 27581 Cass. sez. VI, 11 giugno 2008 numero 37173 Cass. sez. II, 22 novembre 2005-24 gennaio 2006 numero 2827 e che il compito del giudice di legittimità si circoscrive nel verificare l'esistenza di un apparato motivazionale logico e non apparente, per cui il ricorso per vizio motivazionale consente a tale giudice di prendere cognizione del fatto solo in modo indiretto -, nonché la natura del vaglio della prova dichiarativa fornita dalla persona offesa, tanto più quando riveste il ruolo, e quindi l'interesse, della parte civile pur non essendo necessari riscontri, occorre in tal caso una verifica particolarmente rigorosa sia sul piano intrinseco che sul piano estrinseco della sua attendibilità per tutti, S.U. 19 luglio 2012 numero 41461 , il ricorrente si avvia peraltro a discostarsi dalla giurisprudenza nomofilattica laddove afferma che non basta la testimonianza della vittima a giustificare una condanna per violenza sessuale se le dichiarazioni non coincidono con altri riscontri , anche perché il confine tra libertà di autodeterminazione della sfera sessuale e costrizione, in alcuni casi , è abbastanza labile ricorso, pagina 6 . Quest'ultimo asserto di labilità del confine è palesemente non condivisibile, poiché sminuisce la libertà, lasciandola assorbire , a ben guardare, in una sorta di legittima costrizione, con implicito ma evidente riferimento alle ipotesi in cui la costrizione viene inflitta dalla persona con cui si ha un vincolo coniugale o comunque sentimentale. Non occorre più di tanto soffermarsi su una realtà indiscutibile stare insieme ad una persona non significa attribuire a questa persona dominio sulla propria sfera sessuale, ovvero conferirle una sorta di bonus per rapporti sessuali anche indipendentemente dallo specifico consenso per ciascuno di essi consenso normativamente imprescindibile, invece, per escludere una lesione penalmente rilevante del diritto alla libertà sessuale. Quanto poi all'ulteriore asserto che la condanna per violenza sessuale non possa sostenersi esclusivamente sulle dichiarazioni della vittima, occorrendo riscontri esterni - vale a dire, che sia applicabile l'articolo 192, comma 3, c.p.p. anche a questa ipotesi, parificando in sostanza la vittima al correo -, questo è stato chiaramente escluso da un recente e più che noto intervento delle Sezioni Unite, senza lasciare spazio per alcuna eccezione, e quindi neppure per i reati sessuali S.U. 19 luglio 2012 numero 41461, già citato né le successive pronunce di questa Suprema Corte si sono discostate da tale punto fermo, pur riconoscendo l'eventuale opportunità - che non è però necessità - di riscontri esterni nei casi specifici Cass. sez. V, 8 luglio 2014-14 gennaio 2015 numero 1666 Cass. sez. V, 20 dicembre 2013-4 febbraio 2014 numero 5609 le stesse Sezioni Unite appena richiamate rimarcano la possibile opportunità di riscontri esterni nel caso in cui la vittima si sia costituita come parte civile . 3.1.2 Al di là di questi profili che è stato necessario puntualizzare, deve comunque darsi atto che la sostanza del motivo viene configurata, poi, in esplicito contrasto con la sua stessa corretta impostazione introduttiva sul contenuto proprio di un motivo ex articolo 606, primo comma, lettera e , c.p.p Per sostenere una inammissibile discesa diretta nel campo fattuale, che in effetti viene nel seguito a operare, il ricorrente adduce che il percorso argomentativo della sentenza non ha una sua logica e coerenza interna e risulta frutto di un travisamento dei fatti e delle prove pur richiamando, ancora una volta correttamente, la giurisprudenza in ordine alla fattispecie del travisamento che rileva soltanto per le prove decisive integra infatti il travisamento di prova una palese e non controvertibile difformità tra i risultati obbiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito medesimo ne abbia inopinatamente tratto - così p. es. Cass. sez. Ili, 7 luglio 2011 numero 37756 -, sia quando il risultato probatorio sia diverso da quello reale in termini di evidente incontestabilità , sia quando il giudice si fonda su una prova in realtà inesistente - cfr. Cass. sez. I, 17 novembre 2011 numero 47252 Cass. sez. II, 3 ottobre 2013 numero 47035 - il che significa, come già sopra si accennava a proposito della decisività, che questa non può identificarsi in una mera versione alternativa degli esiti probatori, occorrendo invece una versione dei fatti univoca, e solo così idonea a sradicare quella posta a base della decisione in punto di fatto - Cass. sez. VI, 8 marzo 2012 numero 11189 Cass. sez. VI, 16 gennaio 2014 numero 5146 - una versione fattuale configurabile solo come opzione alternativa trascende invece i limiti della cognizione di legittimità che, quanto alla valutazione degli elementi probatori, come pure si è già anticipato, ne circoscrivono il controllo alla verifica della rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all'esigenza di adeguata integrità motivazionale - ex multis, Cass. sez. VI, 4 aprile 2012 numero 18190 - , il ricorrente travalica il limite normativo, chiedendo espressamente al giudice di legittimità di operare una valutazione di fatto, e ciò non in relazione a uno specifico elemento probatorio travisato, bensì in relazione a tutti gli elementi che costituiscono il compendio probatorio. Inequivoca è la posizione del ricorrente in tal senso Il percorso argomentativo dell'impugnata sentenza, non solo non è perfettamente aderente ai principi di diritto sull'elemento costitutivo del reato, ma non ha una sua logica e coerenza interna e risulta frutto di un travisamento dei fatti e delle prove, si da consentire una rivisitazione da parte del giudice di legittimità, con una nuova lettura degli elementi del processo sulla base di nuovi parametri di valutazione, cioè una nuova valutazione delle risultanze processuali utilizzabili attraverso una diversa valutazione delle dichiarazioni della parte offesa e di quelle rese dagli altri soggetti sentiti a s.i.t., nonché di tutto il restante materiale agli atti utilizzabile ricorso, pagina 8 il corsivo è stato introdotto trascrivendo la frase per evidenziarne la parte più significativa . È chiaro che, in tal modo, quel che il ricorrente chiede al giudice di legittimità non è più la verifica della sussistenza effettiva di un apparato motivazionale e l'assenza in esso di manifeste illogicità, né la rettifica di un travisamento di prova decisiva non può certo ritenersi decisivo l'intero compendio probatorio il ricorrente richiede, invece - e lo fa in modo espresso -, un terzo grado di merito, in cui siano poste a confronto le valutazioni operate dai giudici di primo e secondo grado la sentenza impugnata costituisce una doppia conforme rispetto alla sentenza di primo grado in ordine alla responsabilità dell'imputato per i reati a lui ascritti sul noto principio della integrazione reciproca che connette l'apparato motivativo delle pronunce c.d. doppie conformi qualora siano stati adottati, come nel caso di specie, criteri valutativi omogenei v. Cass. sez. III, 16 luglio 2013 numero 44418 Cass. sez. III, 1 dicembre 2011-12 aprile 2012 numero 13926 Cass. sez. II, 10 gennaio 2007 numero 5606 Cass. sez. III, 1 febbraio 2002, numero 10163 Cass. sez. I, 20 giugno 2000 numero 8868 con la versione alternativa della difesa, reinterpretando tutto il compendio probatorio e ricostruendo dalle radici l'accertamento fattuale. È pertanto inequivoco che il ricorrente presenta una richiesta inammissibile. 3.1.3 D'altronde, come già si anticipava, le successive pagine in cui ampiamente il ricorrente illustra il motivo confermano una siffatta inammissibile impostazione. Il ricorrente, invero, costruisce tutta una sua versione, sia in ordine alla attendibilità in generale della vittima, sia in riferimento agli specifici episodi criminosi dei vari capi d'imputazione. E lo fa, d'altronde, sulla base di un leitmotiv che può qualificarsi una sorta di processo alla vittima, la quale viene presentata come persona denigrabile sotto plurimi profili perfino per quanto concerne il rapporto con le sue figlie, che non ha la minima incidenza con le vicende del presente processo penale e menzognera al punto che pure la corte territoriale l'avrebbe riconosciuta tale, contraddicendosi poi nel ritenere non menzognere le sue dichiarazioni ricorso, pagina 7 la corte territoriale avrebbe fornito sull'attendibilità dell'A. proprie argomentazioni, del tutto carenti, oltre che illogiche e contraddittorie, tanto da ritenere menzognera la personalità dell'A., ma non menzognere le sue dichiarazioni e v. pure pagina 13 del ricorso, nella parte finale . In realtà, non si può non rilevare fin d'ora, il giudice d'appello non ha ritenuto mendace la personalità della vittima, bensì ha riportato nella sintesi del contenuto degli appelli la prospettazione della difesa secondo cui l'A. sarebbe stata dedita ed avvezza alla menzogna pagina 5 della motivazione , richiamando poi invece, con sostanziale adesione quanto alla personalità della vittima integrata peraltro dall'ulteriore adesione alla valutazione della dottoressa Pi.Anumero Ri., di cui si dirà infra, e che non dipinge la donna come una persona mendace, bensì subornata , una relazione del 28 novembre 2011 dell'assistente sociale C.L. laddove la definisce affetta da immaturità e da infantile egocentrismo autoreferenziale pagina 10 . Comunque, secondo la prospettazione del ricorrente, la vittima sarebbe una donna avvezza alla menzogna per non avere informato suo marito delle proprie relazioni extraconiugali per la verità, notoriamente non è usuale che un coniuge informi l'altro coniuge di averlo tradito . , e sarebbe quanto mai denigrabile, in sintesi a parte la questione del rapporto con le figlie per inciso, deve notarsi che la relazione dell'assistente sociale C. riconosce, pur tra le varie censure che con severità muove alla A., che la signora si rapporta serenamente con le figlie , come riportato dallo stesso ricorrente a pagina 41 del ricorso , per avere avuto nello stesso periodo di tempo due relazioni extraconiugali, una con un uomo cinquantenne e l'altra con il P., per di più essendo quest'ultimo, ventenne, più giovane di quindici anni della donna. Non si vede in qual modo questi aspetti della vita della A. logicamente ne comportino l'inattendibilità, dovendosi d'altronde osservare che dall'ampia ricostruzione dei fatti fornita dallo stesso ricorrente si deduce che la donna non aveva più rapporti sessuali con il marito e che la relazione con il cinquantenne in realtà venne meno quando ella improvvisamente si innamorò del ventenne, come attesta il fatto che rimase incinta due volte durante il periodo della relazione con l'imputato, e tutte due le volte non vi fu dubbio alcuno che il padre era il P Si tratta quindi, semplicemente, di una persona che non aveva una vita matrimoniale soddisfacente il che non significa che di questo la colpa fosse sua o solo sua, non essendovi dati per giudicarlo , per cui aveva vissuto due relazioni extraconiugali, la prima praticamente estintasi dopo l'insorgere dell'altra, per quanto si è appena rilevato sulla paternità dei figli uno abortito e uno partorito . Che poi l'innamoramento abbia avuto ad oggetto un uomo più giovane di lei di quindici anni non ha alcun particolare significato reale, poiché tra l'altro si trattava di una donna ancora giovane e non sono certo da seguire nel valutare una personalità impostazioni misogine, tenendo conto che nessuno troverebbe così aspramente criticabile il fatto che un uomo trentacinquenne intrecci una relazione con una ragazza di vent'anni. Questi rilievi vengono formulati ad abundantiam , dal momento che, come già più volte si è osservato, al giudice di legittimità non compete una nuova valutazione di fatto, neanche sotto profilo dell'attendibilità della persona offesa è tuttavia opportuno ricordare che una difesa deontologicamente corretta non deve fondarsi sulla denigrazione della persona di cui prospetta l'inattendibilità, argomentando tale pretesa inattendibilità, tra l'altro, mediante insinuazioni e asserti anche offensivi, che invece figurano sovente nel ricorso in esame, estendendosi talora perfino al di lei coniuge qualche esempio pagina 13 dalle risultanze processuali è emersa un'A. incline, dedita ed avvezza alla menzogna , che ha una patologica personalità come risulterebbe dalla relazione C. pagina 16 l'A. ha una personalità i cui infingimenti mietono come un'altra vittima, la dottoressa Pi. di un centro antiviolenza, e non accorda alcuna importanza neppure alle figlie nate dal suo matrimonio pagina 21 la donna e suo marito, per avere deciso di tenere il figlio di cui la prima era stata messa incinta dall'imputato, spudoratamente, mentivano con fare menzognero e spregiudicato pagina 20 il marito, per non avere deciso di disconoscere il bambino, bensì di dargli, se necessario peraltro, il proprio nome, è stato disposto a mentire ed a commettere reato , al punto che gli stessi difensori che hanno redatto il ricorso concludono - dopo esser giunti, nel terzo motivo, ad affermare che la patologica personalità della A. aveva investito sia il P., sia il marito, sia l'altro amante come tutti irretiti da lei pagina 77 e che la A. era una predatrice, tanto da far cadere nelle sue trappole tutti, ben tre uomini in contemporanea , l'imputato avendo soltanto commesso il grave errore di uscire dalla ragnatela tessuta dall'ammaliatrice A. pagina 79 - precisando che il tipo di difesa svolto non vuole assolutamente essere insensibile ed irrispettoso nei riguardi delle donne realmente bersaglio di riprovevoli violenze e dimostrandosi così consapevoli che il tono delle loro argomentazioni avverso la A. si riscontra nel ricorso negativo oltre la norma. 3.1.4 Come già rilevato, comunque, la conformazione del primo motivo, al di là della tattica non esente da aggressività adottata nei confronti della vittima per cercare di dimostrarne l'inattendibilità, rientra in una vera e propria impugnazione di merito, argomentando con assoluta minuzia se non su tutti, su numerosissimi dati fattuali sia in generale, in relazione appunto all'attendibilità della A., sia in riferimento ai singoli episodi criminosi contestati all'imputato. Ciò è sufficiente a rendere inammissibile il motivo. Ad abundantiam , peraltro, si osserva che la motivazione della sentenza impugnata è definibile reale, e non apparente, e non presenta alcuna manifesta illogicità. La corte territoriale ha esaminato con specificità le doglianze presentate nei due appelli, e ha espresso la sua valutazione - la cui condivisibilità o meno, in difetto di manifeste illogicità, non rientra nella cognizione del giudice di legittimità - in modo congruo e privo di carenze o di errori nel suo percorso logico. L'attendibilità della vittima è stata vagliata con la intensità necessaria alla fattispecie - anche a prescindere dalla integrazione motivazionale che la sentenza di secondo grado può fruire da quella di primo grado quando, come nel caso di specie, trattasi di doppia conforme -, confutando dettagliatamente i rilievi della difesa, e sono stati altresì indicati vari riscontri esterni, non tutti privi di incidenza. Particolarmente significativa, tra essi, è la spiegazione che la dottoressa Pi. del Centro Antiviolenza omissis , indubbiamente esperta di vicende come quella in esame, ha dato della condotta - a prima vista assolutamente irragionevole se veritiero è ciò di cui l'A. accusa l'imputato - tenuta dalla donna nei confronti del P. , cioè lo spontaneo reiterato riallacciamento, nonostante le percosse e le violenze, del rapporto con lui motivazione, pagine 9 e 11 il che non si discosta neppure, si osserva per inciso, dalla effettivamente severa relazione dell'assistente sociale C., ampiamente riportata e più volte invocata nel primo motivo del ricorso, laddove l'assistente sociale rileva che la concentrazione della signora è riservata esclusivamente e sconclusionatamente su Al., che sembra diventato catalizzatore privilegiato dei propri interessi dal quale viene totalmente escluso il resto la personalità, evidentemente fragile, della A. era stata a tal punto stravolta dall'innamoramento nei confronti dell'imputato, da non volere poi la donna, a ogni costo, ammettere il proprio errore, inconsciamente scegliendo di illudersi sulla base delle temporanee resipiscenze dell'uomo e così pervenendo a una totale subornazione, dalla quale le è stato alla fine difficile e lento uscire per giungere alla definitiva rottura sequenza che ben descrive la corte territoriale, logicamente valorizzando l'ulteriore aggravamento, nel periodo conclusivo, della condotta dall'imputato nei confronti della donna, così da introdurre quella dose di terrore che ne ha risvegliato gli istinti di difesa mediante la denuncia-querela. D'altronde, l'attendibilità della A. - che appunto risulta sostanzialmente sussistente, al di là di dettagli privi di ragionevole incidenza, dalla congrua motivazione della corte territoriale - nel tessuto motivativo trova fonte di riscontro, si osserva a tacer d'altro, nello stesso imputato oltre alla provenienza di tutti gli SMS, trascritti dalla A. e dall'inequivoco contenuto, dal cellulare di lui pur avendo tentato il P. di attribuirne la redazione alla donna mentre stavano insieme in auto, prospettazione tutt'altro che verosimile , esistono ammissioni indubbiamente significative, seppur parziali, come quella a proposito dei segni di percosse motivazione, pagina 12 e quella sul suo periodico uscire di testa , nonostante il quale l'A. restava con lui perché lo capiva , nella lettera indirizzata al gip motivazione, pagina 7 . 3.1.5 Per quanto concerne, poi, le denunciate inutilizzabilità probatorie, viene riproposto quanto era già stato addotto in sede di appello, e che è stato oggetto di una specifica confutazione da parte della corte territoriale. In primo luogo, secondo il ricorrente, sarebbero inutilizzabili, anche nel giudizio abbreviato, le s.i.t. della A. su quello che avrebbe detto la madre dell'imputato, Pe.Do., non essendo stata sentita quest'ultima come fonte, in violazione dell'articolo 195, commi 1, 2 e 3, c.p.p. ricorso, pagine 29-30, nonché pagina 59 s. . Parimenti inutilizzabili sarebbero le s.i.t. rese il 12 novembre 2012 da D.P.F., madre dell'A., relative a episodi di violenza fisica che le sarebbero stati raccontati dal figlio Carlo anche in questo caso vi sarebbe violazione dell'articolo 195, commi 1, 2 e 3, perché A.C. non è stato mai sentito ricorso, pagina 51 e pagina 60 . Inutilizzabili sarebbero poi i fogli di carta ove sarebbero stati trascritti gli SMS consegnati dalla A. alla polizia giudiziaria e a suo dire rappresentanti i contatti tra lei e il P. nessun accertamento ufficiale è stato fatto, nessun messaggio è stato estrapolato o visionato dalla P.G. o trascritto ufficialmente con idonea perizia nessun sequestro dei cellulari in questione è stato operato nessuna foto agli atti ritraente l'utenza chiamante e quella chiamata è stata acquisita nessun riscontro mediante acquisizione dei tabulati, quanto meno in ordine all'effettività dell'invio del messaggio, del mittente e del destinatario e delle celle, è stato eseguito ricorso, pagine 53 ss. . Per di più questi fogli di carta sarebbero stati oggetto di un travisamento non avendo l'imputato ammesso di avere inviato lui gli SMS relativi alle violenze sessuali. Vi sarebbe stato un travisamento anche in ordine a un CD-ROM in cui sarebbero state versate dalla donna conversazioni telefoniche, essendo ciò stato disconosciuto dal P. pagina 56 . Non essendovi certezza sulla provenienza e sulla data, le registrazioni su CD-ROM, peraltro non trascritte, sarebbero inutilizzabili. Pure le fotografie sarebbero inutilizzabili, in quanto estranee al presente processo ricorso, pagine 56 ss. . Premesso che la questione delle fotografie non è propriamente riconducibile alla utilizzabilità, bensì, visto l'effettivo contenuto della censura, attiene alla rilevanza - che il ricorrente appunto nega - delle fotografie stesse allo scopo di dimostrare la responsabilità dell'imputato, occorre anzitutto dare atto di quanto sulla pretesa inutilizzabilità delle sommarie informazioni indirette rese rispettivamente dalla vittima e da sua madre non essendo stato sentito il soggetto costituente la fonte primaria della prova ha osservato il giudice d'appello motivazione, pagina 12 , il quale afferma che l'inutilizzabilità della testimonianza indiretta ricorre soltanto nel caso in cui non sia stata identificata la fonte primaria e nel caso in cui, nonostante la relativa istanza di parte, ne sia stata omessa la citazione. E nell'ipotesi in esame, l'imputato, rileva la corte territoriale, non ha subordinato l'accesso al rito abbreviato alla integrazione probatoria costituita dalla assunzione dei testi che costituivano la fonte primaria. Il giudice di merito richiama una pronuncia di questa Suprema Corte, Cass. sez. III, 29 gennaio 2008 numero 11100, per cui in tema di testimonianza indiretta, l'inutilizzabilità della deposizione di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame art. 195, comma settimo, c.p.p. opera, in caso di giudizio abbreviato, solo nell'ipotesi in cui la parte abbia subordinato l'accesso al rito ad un'integrazione probatoria costituita dall'assunzione del teste indiretto e se, nonostante l'audizione, sia rimasta non individuata la fonte dell'informazione . L'arresto citato non è realmente pertinente, dato che, nel caso di specie, la fonte è stata immediatamente identificata. Occorre affrontare la questione inquadrandola sia nel dettato dell'articolo 195, sia nella natura del rito abbreviato. L'invocato articolo 195 c.p.p. disciplina la testimonianza, cioè le modalità di assunzione della prova dichiarativa nell'ambito del dibattimento. Durante le indagini preliminari, la prova dichiarativa è assunta ex articolo 362 c.p.p. dal PM o ai sensi dell'articolo 351 c.p.p. dalla polizia giudiziaria. In entrambi i casi, vista l'applicabilità anche alle sommarie informazioni raccolte dalla polizia giudiziaria del secondo e terzo periodo del primo comma dell'articolo 362, delle formalità previste per la testimonianza sono applicabili solo gli articoli 197,197 bis, 198, 199, 200, 201,202 e 203. Non è dunque applicabile l'articolo 195, per cui le s.i.t. che facciano riferimento, come fonte primaria, ad altre persone non occorre siano integrate dalla deposizione di queste, potendo comunque essere legittimamente inserite nel fascicolo del PM. Nel momento in cui, dunque, l'imputato opta per il rito abbreviato, conferisce al giudice il potere di definire il processo allo stato degli atti, senza osservare le forme dibattimentali v. già Cass. sez. II, 16 aprile 1993 numero 5787 , tranne nell'ipotesi in cui si tratti di rito abbreviato condizionato ai sensi dell'articolo 440, comma 5, c.p.p. Ma anche in questo caso quel che viene meno è lo stato degli atti come compendio cristallizzato, non la utilizzabilità degli atti ritualmente raccolti durante le indagini preliminari permane invero - come stabilisce detta norma - la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 442, comma I-bis . E l'articolo 442, comma 1 bis, c.p.p. sancisce che ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, la documentazione di cui all'articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza . Dunque, quanto è stato legittimamente inserito nel fascicolo del PM è sempre utilizzabile nel rito abbreviato, come ribadito dalla consolidata giurisprudenza di legittimità dal momento che il rito abbreviato, espressione di un potere dispositivo dell'imputato, nella sua richiesta comporta il consenso all'utilizzazione delle fonti e del materiale di prova presenti nel fascicolo del PM cfr. Cass. sez. III, 26 settembre 2013 numero 44420 , utilizzabili sono tutti gli atti legittimamente acquisiti nel fascicolo suddetto Cass. sez. V, 26 marzo 2013 numero 20055 Cass. sez. VI, ord. 24 marzo 2010 numero 16823 Cass. sez. VI, 26 novembre 2002 - 4 febbraio 2003 numero 5362 . Non solo, pertanto, le s.i.t. che riferiscono fatti appresi da altre fonti, ma anche gli ulteriori elementi legittimamente inseriti nel fascicolo rimangono comunque utilizzabili dal momento che l'imputato ha chiesto di fruire del rito abbreviato - rito che, non può non ricordarsi, gode di un alto corrispettivo in termini sanzionatori, realizzando così un vero e proprio negozio processuale precipuamente nell'ipotesi in cui l'esito del processo risulti la condanna -. Sono quindi tutte infondate le doglianze relative alla inutilizzabilità, come elementi probatori, di ciò che non illegittimamente è incluso nel fascicolo del PM, e quindi anche la trascrizione degli SMS e il CD-ROM recante le conversazioni telefoniche. Che poi questi elementi provenissero dalla denunciante, ciò non significa illegittimità di inclusione nel fascicolo del PM, poiché nel rito abbreviato perfino la querela è utilizzabile come mezzo di prova anche in relazione al suo contenuto, e questo sempre per lo stesso motivo, ovvero perché la scelta del rito abbreviato legalizza come utilizzabili tutti gli elementi non patologicamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero cfr. da ultimo, proprio in ordine alla querela, Cass. sez. V, 22 aprile 2014 numero 46473 . Tutte le doglianze sulla inutilizzabilità avanzate dal ricorrente sono, in conclusione, prive di pregio. Per quanto concerne, poi, le argomentazioni motivazionali tramite le quali la corte territoriale ha illustrato la valutazione degli elementi suddetti, non emerge né travisamento tenuto conto anche del criterio della decisività nel contesto probatorio né manifesta illogicità. Quanto, infine, alla pretesa violazione dell'articolo 533, primo comma, c.p.p., con la cui denuncia si conclude il primo motivo del ricorso, tale argomento altro non è il sigillo di quello che, come già si è osservato, è consistito in un inequivoco sforzo di far valere una versione alternativa dell'esito del compendio probatorio, ovvero di ottenere dal giudice di legittimità un vero e proprio terzo grado di merito. In conclusione, il primo motivo del ricorso risulta manifestamente infondato. 3.2.1 Il secondo motivo lamenta, sotto forma di violazione di legge e di vizio motivazionale, il diniego di applicazione dell'articolo 609 bis, ultimo comma, c.p. In questa doglianza il ricorrente, dopo avere asserito che la motivazione del giudice d'appello sarebbe priva di alcun logico e lineare ragionamento probatorio e giuridico , cade peraltro nella genericità, poiché non indica sulla base di quali elementi avrebbe dovuto essere riconosciuta la fattispecie della minore gravità nel caso in esame. Il motivo prende le mosse infatti da una - singolare - censura alla vittima per non avere fatto uso di anticoncezionali come se questo fosse un obbligo l'argomento viene utilizzato in riferimento a un inciso - penetrazioni complete e senza precauzioni - che non è rinvenibile nella sentenza impugnata, e che il ricorrente estrapola invece dalla sentenza di primo grado , e adduce poi genericamente che non possono incidere sul diniego dell'attenuante speciale fatti ultronei alle contestazioni , né comunque quelli addotti dalla corte territoriale, poiché rileverebbero soltanto i fatti del primo, e non quelli del secondo comma dell'articolo 133 c.p. Richiamata giurisprudenza in termini astratti, insiste infine il ricorrente nell'asserire che nella fattispecie in esame, v'erano, come vi sono, plurimi elementi deponenti per il riconoscimento dell'attenuante speciale , senza però identificarli, limitandosi invece a negare la incidenza sul diniego di plurimi dati la protrazione nel tempo della condotta criminosa, l'elevato grado di coartazione, le particolari modalità esecutive, le condizioni psicofisiche della persona offesa e le sue caratteristiche psicologiche, l'entità della compressione della libertà sessuale, le conseguenze derivate alla persona offesa è evidente, si nota per inciso, che nell'ottica del ricorrente l'attenuante può essere riconosciuta in ogni caso . L'unico passo in cui il ricorrente supera la mera negazione di incidenza è laddove afferma che è la stessa corte territoriale a dare atto che la vittima aveva intrecciato con l'imputato una patologica relazione sentimentale, aggiungendo il ricorrente che questa relazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, era venuta meno solo perché l'imputato ne aveva intrapreso un'altra con una sua coetanea. Non si vede, peraltro, quale rilievo possa avere la natura patologica della relazione a parte che, contestualizzando la frase del giudice d'appello, si comprende che la qualificazione riguarda la vittima, poiché questa, nonostante la condotta violenta dell'uomo, continuava a frequentarlo e ad esserne assoggettata, così come spiegato dalla dottoressa Pi. nel senso del riconoscimento della diminuente in questione, per cui deve concludersi che la doglianza rimane del tutto generica, ciò rendendo superfluo esaminare la motivazione della corte territoriale. Meramente ad abundantiam , allora, si rileva che, seppure in modo sintetico, il giudice d'appello ha valutato la lesività del fatto come insegna la giurisprudenza di questa Suprema Corte sia per la diminuente in esame sia per la parallela previsione di cui all'articolo 609 quater, quarto comma, c.p. cfr. Cass. sez. III, 3 ottobre 2006 numero 38112 in rapporto al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale della vittima, potendo la diminuente configurarsi solo in ipotesi di minore lesività del bene giuridico tutelato, ovvero quando non viene inferta una compressione significativa alla libertà sessuale della persona offesa cfr. Cass. sez. III, 15 ottobre 2013 numero 45179 Cass. sez. IV, 12 aprile 2013 numero 18662 Cass. sez. III, 11 maggio 2011 numero 23093 Cass. sez. III, 15 giugno 2010 numero 27272 Cass. sez. III, 3 ottobre 2006 numero 38112, cit. . La corrispondente verifica deve essere espletata valutando globalmente il fatto Cass. sez. Ili, 15 ottobre 2013 numero 45179 , in relazione perciò ai mezzi, alle modalità esecutive e al grado di coartazione della vittima attraverso i quali è stato commesso, nonché alle condizioni fisiche e psicologiche anche in relazione all'età di quest'ultima, per accertare appunto se la libertà sessuale è stata compressa in modo non grave e se il danno anche in termini psichici ne sia derivato in misura significativamente contenuta di recente Cass. sez. III, 14 maggio 2014 numero 23913 Cass. sez. III, 1 luglio 2014 numero 39445 e cfr. ancora Cass. sez. IV, 12 aprile 2013 numero 18662 . La corte territoriale ha formulato una valutazione di esito negativo proprio in considerazione della qualità degli atti compiuti, della violenza fisica esercitata e delle condizioni psicologiche in cui versava la parte offesa nei confronti dell'imputato , da un lato sottolineando che la parte offesa era oggetto di controllo maschile, denigrazione incessante e minacce continue a lei e ai suoi familiari da parte dell'imputato, e dall'altro rinviando - con legittima contestualizzazione, pertanto, della questione specifica nella complessiva illustrazione anteriormente offerta - alla puntuale descrizione, formulata nelle precedenti pagine, delle caratteristiche della condotta criminosa e delle sue conseguenze motivazione, pagina 16 . 3.2.2 Sempre nel secondo motivo, poi, il ricorrente sostiene che il giudice d'appello non ha motivato sul trattamento sanzionatorio. Anche in questo caso, peraltro, la doglianza si presenta generica, non spiegando in alcun modo il ricorrente perché, modificando quanto aveva già operato il primo giudice, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto giungere a prendere come pena base il minimo edittale peraltro, la pena base adottata è assai prossima al minimo sei anni in luogo di cinque, con evidente negativa conseguenza sull'intensità dell'obbligo motivazionale quanto all'indicazione dei criteri estratti dall'articolo 133 c.p. cfr. Cass. sez. III, 25 marzo 2014 numero 26340 Cass. sez. IV, 18 giugno 2013 numero 27959 Cass. sez. II, 8 maggio 2013 numero 28852 Cass. sez. IV, 20 marzo 2013 numero 21294 Cass. sez. I, 15 marzo 2013 numero 24213 Cass. sez. II, 26 giugno 2009 numero 36245 Cass. sez. VI, 12 giugno 2008 numero 35346 Cass. sez. VI, 18 novembre 1999 - 9 marzo 2000 numero 2925 , non potendosi certo ritenere giustificativo di una pena inferiore il fatto che nel frattempo, dopo la sua condotta criminosa, l'imputato si era messo con un'altra donna e ne aveva avuto una figlia. Palesemente insostenibile, poi, è l'ulteriore asserto che la stessa vittima avrebbe negato la personalità violenta dell'imputato, visto quanto emerge dal complessivo tessuto motivazionale della sentenza. Ancora generica è la censura che presenta come eccessivo l'aumento di pena per continuazione, senza specificamente indicare i fondamenti di tale pretesa eccessività. Solo nella parte finale del motivo il ricorrente tenta di dare una concretezza alla sua doglianza avrebbero meritato di essere considerati al fine della dosimetria sanzionatoria la giovane età dell'imputato, l'incensuratezza, il fatto che la donna con cui avrebbe avuto relazione sentimentale aveva quindici anni più di lui, l'aver dovuto subire l'aborto del primo figlio e per il secondo figlio il celamento della gravidanza e la tresca di spacciarlo come figlio del marito con la complicità di quest'ultimo , l'aver ripreso la sua vita in mano costruendo una sana relazione sentimentale con una coetanea da cui aveva avuto una figlia. A ciò dovrebbe aggiungersi che il PM aveva offerto patteggiamento determinando la pena in due anni e sei mesi di reclusione. Anche questa parte del motivo, tuttavia, non mostra pregio. Premesso che non può incidere la valutazione di un PM ai fini di un patteggiamento che non è stato concluso in quanto ogni tipo di accertamento è riservato al giudicante - e nel caso di specie il giudice ha esercitato il potere conferitogli dall'articolo 444, comma 3, c.p.p. nel senso di negare l'applicazione della pena nella misura richiesta - e premesso altresì che non si vede quale incidenza sulla valutazione sanzionatoria possa avere il fatto che la vittima aveva quindici anni di più dell'imputato - l'aumento dell'età della vittima non affievolisce di certo la gravità del reato, non figurando tra i parametri dell'articolo 133 c.p. -, si osserva che non hanno pertinenza né gli elementi indicati a proposito dei figli frutto della relazione né una relazione posteriore che ha dato altra prole all'imputato, essendo dati del tutto estranei alla condotta criminosa contestata, e non risultando neppure che alcuni di essi abbiano inciso come provocazione tali elementi, pertanto, in quanto assolutamente avulsi dalla vicenda criminale, non riescono a superare la soglia della genericità della doglianza. Quanto, infine, alla incensuratezza e alla età, la corte territoriale le ha invece prese in considerazione ai fini della concessione delle attenuanti generiche, per cui non è sostenibile che non abbiano inciso sul trattamento sanzionatorio. Il secondo motivo, in conclusione, risulta del tutto privo di pregio. 3.3 Il terzo motivo denuncia omessa assunzione di prova decisiva rappresentata da una perizia psichiatrica d'ufficio, che avrebbe dovuto disporre il primo giudice ex articolo 441, comma 5, c.p.p. e che parimenti avrebbe dovuto in seguito disporre il giudice d'appello per accertare un disturbo mentale del P. e quindi un nesso eziologico tra il disturbo mentale ed il fatto di reato . Secondo il ricorrente il giudice d'appello, pur in presenza di elementi significativi crisi epilettiche durante l'infanzia, ricorso recente al reparto di psichiatria del locale ospedale ed a determinati farmaci che imponevano un'indagine mirata e concreta , si sarebbe sostituito a un esperto lasciandosi andare ad una dissertazione meramente scolastica , conforme alla giurisprudenza ma assolutamente inconferente nel caso di specie , per concludere che l'imputato era pienamente imputabile. Illogica e contraddittoria sarebbe la motivazione della corte territoriale laddove ha escluso la patologia dell'imputato sulla base delle s.i.t. rese dalla sua compagna S.A. e della madre di lei, S.F., che dichiaravano di vivere in armonia con l'imputato, mai nervoso o violento, mentre ha anche affermato la conferma del mero carattere iroso e violento dell'imputato. Così avrebbe ritenuto la condotta dell'imputato, piuttosto che una conferma di uno stato emotivo e passionale dello stesso provocato da quella che la stessa Corte territoriale definisce nel prosieguo della sentenza come una patologica relazione sentimentale tra il P. e l'A., che le emergenze processuali hanno dimostrato connessa alla patologica personalità della stessa A. incidente in modo negativo sulla fragile personalità del giovane, come su quella del coniuge e dell'altro amante, tutti irretiti da lei sempre alla A. addebita il ricorrente l'avere cagionato stati emozionali e passionali dalla stessa provocatoriamente portati all'esasperazione con il proprio stile di vita dissoluto e fuori da quei canoni di vita normale a cui ogni giovane, e non solo, ambisce nel vivere una relazione amorosa . E dopo questa evidente versione fattuale alternativa a quanto accertato dal giudice di merito sarebbe stata la vittima, con le sue provocazioni, a esasperare l'innamorato e quindi a indurlo a delinquere , il ricorrente ripropone ancora la contestazione della responsabilità dell'imputato per i fatti a lui addebitati, come se il giudice di legittimità potesse decidere il merito In definitiva, a tutto voler concedere, pur a non voler considerare la capacità di intendere e di volere, era, com'è, indubbio che possa essere stato solo uno stato fortemente emotivo del P., provocato dagli atteggiamenti e dai comportamenti dell'A., a dare origine agli atti per cui è processo che avrebbe dovuto e dovrebbe essere valutato almeno con riferimento al quoad poenam . Di qui l'ultimo attacco sferrato alla vittima, adducendosi che l'imputato era in sua balia, che la donna aveva una personalità immatura, altalenante, irresponsabile ed egocentrica , e si era decisa di denunciare l'imputato, non a caso, quando questo si era messo con un'altra donna ad avviso del ricorrente è difficile pensare all'A. come preda, semmai come predatrice, tanto da far cadere nelle sue trappole tutti, ben tre uomini in contemporanea , per cui l'imputato, appena ventenne, non poteva che essere divorato, devastato ed annientato da una donna più grande di lui di ben 15 anni . Peraltro l'imputato si sarebbe limitato ad alcuni episodi maneschi per una gelosia gustosamente alimentata dalla condotta della A., ma tutto ciò non fa di lui un violentatore ricorso, pagine 77 ss. . Ben chiaro risulta che il tessuto del motivo non è pertinente all'omessa assunzione di una prova decisiva la quale, per di più, a tacer d'altro, non può mai consistere in una perizia, come insegna la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte cfr. Cass. sez. Ili, 19 marzo 2013 numero 19498, Cass. sez. IV, 17 gennaio 2013 numero 7444 Cass. sez. VI, 3 ottobre 2012 numero 43526 Cass. sez. VI, 3 ottobre 2010 numero 43526 . Ancora una volta ad abundantiam , quindi, si osserva che sulla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria per disporre perizia psichiatrica la corte territoriale ha fornito una risposta specifica e dettagliata, non limitandosi alle dichiarazioni dell'attuale compagna dell'imputato e della di lei madre, in quanto conviventi col P., bensì considerando anche le s.i.t. del dottor p. e la ragionevolmente presumibile esclusione della diagnosi di psicosi da parte dello psichiatra dottor Se. motivazione, pagine7-8 . Il motivo, dunque, è privo di ogni consistenza. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento occorre omettere le generalità e gli altri dati identificativi, ex articolo 52 d.lgs. 196/2003 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro1000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.