Dolce e Gabbana assolti: nessuna rilevanza penale per le condotte elusive

In nessun caso le condotte elusive possono avere di per sé penale rilevanza estendendo il fatto tipico oltre i confini tassativamente determinati.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’attesa sentenza n. 43809/15, depositata il 30 ottobre, con la quale il Supremo Collegio ha scritto la parola fine al ‘caso Dolce& amp Gabbana’. Il caso. La vicenda nasce dalla cessione operata nel 2004 dai noti stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana dei marchi DolceGabbana” e D& amp G” ad una società con sede in Lussemburgo. Il Tribunale e la Corte d’appello meneghini avevano contestato agli stilisti l’omessa dichiarazione, l’esterovestizione e l’elusione fiscale. Il Supremo Collegio, tuttavia, ha completamente capovolto il verdetto dei giudici di merito. Le disposizioni antielusive tributarie rilevano penalmente solo per identificare gli elementi normativi della fattispecie. Gli Ermellini hanno infatti chiarito che le disposizioni antielusive in materia tributaria di cui agli artt. 37 e 37 bis, d.P.R. n. 600/1973 hanno rilevanza in sede penale solamente quali norme che concorrono a definire, sul piano oggettivo, alcuni degli elementi normativi della fattispecie l’imposta effettivamente dovuta e gli elementi attivi e passivi rilevanti ai fini della determinazione del reddito o delle basi imponibili. Niente dolo specifico di evasione se manca una valida ragione economica per l’operazione elusiva. Con una diversa ricostruzione, precisano dal Palazzaccio, si rischia di identificare il dolo specifico di evasione con la pura e semplice constatazione dell’assenza di una valida ragione economica dell’operazione elusiva e del risultato ottenuto . E sarebbe un’operazione errata, che porterebbe a trasformare il dolo specifico di evasione nella generica volontà di dichiarare al fisco un’imposta inferiore a quella dovuta o di non dichiararla affatto nella consapevolezza della natura elusiva dell’operazione utilizzata per indicare elementi passivi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi . La conseguenza del ragionamento svolto dalla Corte di legittimità, quindi, è che il solo perseguimento di un risparmio fiscale o, ancor più, la sola presenza marginale di ragioni extrafiscali, se può valere a qualificare l’operazione come elusiva, e quindi a definire l’ an e il quantum dell’imposta effettivamente dovuta e non dichiarata, non è di per sé sufficiente a dimostrare il dolo di evasione, soprattutto quando l’operazione economica sia reale ed effettiva . Le condotte elusive non hanno di per sé rilevanza penale. La Corte, pertanto, ha affermato il seguente principio di diritto le disposizioni antielusive in materia tributaria di cui agli artt. 37 e 37 bis , d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, hanno rilevanza in quanto concorrono a definire, sul piano oggettivo, gli elementi normativi della fattispecie penale ed, in particolare, l’imposta effettivamente dovuta e gli elementi attivi e passivi rilevanti ai fini delle determinazione del reddito e delle basi imponibili in quanto norme che concorrono a definire gli elementi normativi della fattispecie ed, in particolare, della condotta materiale, si traducono, sul versante penale, nella generica consapevolezza e volontarietà di tali elementi costitutivi del reato e dunque della condotta il dolo specifico di evasione, che costituisce il fine della condotta materiale e ne presuppone la perfezione, non si identifica con la generica volontà consapevole della condotta stessa il dolo d’elusione non si identifica pertanto con il dolo di evasione, che esprime un disvalore ulteriore tale da selezionare gli illeciti penalmente rilevanti da quelli che non lo sono in nessun caso le condotte elusive possono avere di per sé penale rilevanza estendendo il fatto tipico oltre i confini tassativamente determinati .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 ottobre 2014 – 30 ottobre 2015, n. 43809 Presidente Teresi Relatore Aceto