Confisca per equivalente: la Cassazione ribadisce l’insegnamento della sentenza Gubert

Nell’ambito dei reati tributari posti in essere da una persona giuridica, può essere disposto il sequestro preventivo nella forma per equivalente ai danni del legale rappresentante, dopo una valutazione, allo stato degli atti, sul patrimonio dell’ente che ha tratto beneficio dall’illecito.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 43833 depositata il 30 ottobre 2015. Il caso. Il Tribunale di L’Aquila disponeva sequestro preventivo per equivalente dei beni mobili ed immobili, nella disponibilità del legale rappresentante di una s.r.l., indagato per l’illecito di cui all’art. 10- ter, d. lgs. n. 74/2000 omesso versamento di IVA . L’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 321 c.p.p., per l’assenza del requisito del fumus commissi delicti, dal momento che il ricorrente non poteva assolvere l’obbligo del versamento dell’IVA, avendo presentato domanda, poi omologata, di concordato preventivo. Il ricorrente rilevava, inoltre, come il Tribunale avesse disposto il sequestro direttamente sui suoi beni personali, senza previa valutazione della capienza del patrimonio societario, con violazione degli artt. 321 c.p.p. e 322 – ter c.p. . Il sequestro per equivalente ai danni del legale rappresentante è ammesso ove ci sia stata una previa valutazione della capienza del patrimonio societario. La Suprema Corte ha precisato, in riferimento al primo motivo di doglianza, che la s.r.l. è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo successivamente alla scadenza del debito fiscale ed il Collegio di merito ha, pertanto, riconosciuto sussistente il fumus commissi delicti. Gli Ermellini hanno, infatti, ribadito il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui l’illecito di omesso versamento di IVA ha natura omissiva ed è reato a carattere istantaneo, che si perfeziona con il mancato pagamento alla scadenza del termine. Da quanto sopra deriva, secondo la Corte di legittimità, che ogni successiva vicenda inerente all’adempimento delle obbligazioni tributarie non elimina né le conseguenze patrimoniali dell’illecito, né la responsabilità di chi lo ha posto in essere. La Suprema Corte ha rilevato la sussistenza di un orientamento opposto a quello di cui sopra, ma ha sottolineato come il presupposto per l’applicazione dello stesso sia che l’ammissione al concordato preventivo abbia preceduto la scadenza del debito erariale. Nel caso di specie, tale ipotesi non è stata integrata. Per quanto concerne il secondo motivo di doglianza, gli Ermellini hanno richiamato quanto affermato dalla nota pronuncia Gubert, secondo la quale, nell’ambito dei reati tributari posti in essere dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto derivante dall’illecito deve ritenersi legittimo. La Corte di legittimità ha chiarito come la società non possa essere considerata come persona estranea al reato, ai sensi dell’art. 322-ter c.p. . Presupposto necessario ai fini della legittimità del sequestro di cui sopra è che il profitto sia rimasto nella disponibilità dell’ente e possa essere soggetto ad aggressione immediata. Gli Ermellini hanno ribadito la tesi della sentenza Gubert, per cui il pubblico ministero può chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per equivalente, preferendola a quella diretta, dopo una valutazione allo stato degli atti sul patrimonio dell’ente che ha tratto beneficio dall’illecito. Gli Ermellini hanno rilevato come, nel caso di specie, il Tribunale di merito abbia disatteso tale orientamento, omettendo tale valutazione sulla capienza del patrimonio societario. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 ottobre – 30 ottobre 2015, n. 43833 Presidente Squassoni – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16/3/2015, il Tribunale di L'Aquila, in riforma del provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avezzano il 16/2/2015 e su appello dei pubblico ministero, disponeva sequestro preventivo per equivalente di beni mobili ed immobili, titoli o danaro nella disponibilità di D.L., fino alla concorrenza di 1.727.935 euro allo stesso, nella qualità di legale rappresentante della Presider s.r.I. , era contestato il delitto di cui all'art. 10-ter, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, per non aver versato l'i.v.a. relativa all'anno di imposta 2012, per l'importo di cui alla misura. 2. Propone ricorso per cassazione il L., a mezzo dei proprio difensore, deducendo due motivi - violazione dell'art. 321 cod. proc. pen. per insussistenza del fumus commissi delicti. Il Tribunale, nel disporre la misura, non avrebbe considerato che il 23/12/2013 - ovvero quattro giorni prima della scadenza dei termine per il pagamento dell'imposta in questione - la Presider aveva presentato domanda di concordato preventivo, successivamente omologato dal Tribunale di Avezzano con decreto dell'11/3/2015 ne deriverebbe - come già affermato da questa Corte - che il ricorrente si trovava nell'impossibilità giuridica di assolvere al pagamento dell'i.v.a., attesi gli effetti della procedura di concordato di cui agli artt. 167 ss., r.d. 16 marzo 1942, n. 267. Inoltre, la proposta di concordato avrebbe previsto l'integrale pagamento del debito erariale, con dilazione di 34 mesi dalla data di omologazione al pari degli altri debiti quel che impedirebbe di configurare il reato, derivandone diversamente il paradossale effetto di qualificare la dilazione riconosciuta ex se come condotta di cui all'art. 10-ter in esame - violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 322-ter cod. pen II Tribunale avrebbe disposto direttamente il sequestro sui beni personali dei ricorrente, finalizzato alla confisca per equivalente, senza prima valutare l'eventuale capienza del patrimonio societario, come invece dovuto capienza che, peraltro, sussisteva, ed in misura assai superiore all'imposta che si assume evasa 2,5 milioni di euro contro 1,7 milioni , come da relazione ex art. 180 l.f. redatta dai commissari giudiziali. Considerato in diritto 3. II ricorso è parzialmente fondato. Con riguardo al primo motivo, rileva il Collegio che - come correttamente affermato dal Tribunale di L'Aquila - la società Presider è stata ammessa al concordato preventivo in epoca successiva alla scadenza del debito fiscale in particolare, a fronte di un ricorso ex art. 161 l.f. presentato il 23/12/2013 ovvero 4 giorni prima della scadenza fiscale in esame , il decreto di ammissione di cui all'art. 163 I.f. è stato emesso non prima del 21/6/2014, allorquando - come afferma il presente ricorso - la società in esame ha presentato il piano di concordato con la relativa documentazione prevista ex lege. II concordato medesimo, da ultimo, è stato omologato con decreto dei Tribunale di Avezzano in data 11/3/2015. In forza di questa premessa, il Collegio di merito ha quindi riconosciuto il fumus dei reato contestato, così aderendo al costante e condiviso orientamento giurisprudenziale in forza dei quale il delitto in oggetto - che ha natura di reato omissivo a carattere istantaneo - si perfeziona con l'omesso pagamento alla scadenza del termine tra le altre, Sez. 3, n. 8352 del 24/6/2014, Schirosi, Rv. 263126 Sez. 3, n. 19099 del 6/3/2013, Di Vora, Rv. 255327 con l'effetto che ogni vicenda successiva in ordine alla sistemazione delle obbligazioni tributarie dell'ente così come di quelle altre civili , alla presenza di garanti e di controllori il Commissario Giudiziale , come il concordato preventivo, non elide le conseguenze patrimoniali del delitto e la responsabilità di colui che l'ha commesso Sez. 3, n. 39101 del 24/4/2013, Mammi, Rv. 257285 . II Collegio, peraltro, ben conosce l'orientamento solo apparentemente difforme maturato in questa stessa Terza sezione Sez. 3, n. 15853 del 12/3/2015, Fantini, Rv. 263436 ed in modo diffuso segnalato nel ricorso, ma ne conosce anche il presupposto, nella stessa sentenza indicato esplicitamente come difforme e non assimilabile al presente ovvero, che l'ammissione al concordato sia precedente alla scadenza dei debito erariale, non successiva come nel caso in esame. E senza che, pertanto, possa aver rilievo la retrodatazione della cristallizzazione del patrimonio debitorio al momento di presentazione dell'istanza di ammissione, ancora dedotta nel ricorso, atteso che la stessa richiede, comunque, che l'istante la cui proposta potrebbe anche esser dichiarata inammissibile, ex art. 162 l.f. sia stato ammesso alla procedura ai sensi dell'art. 163 l.f. quel che non era avvenuto alla data del 27/12/2013. Il motivo proposto, pertanto, non può essere accolto. 4. A conclusioni diverse, invece, perviene il Collegio in ordine al successivo, relativo alla mancata, previa escussione dei patrimonio societario. A questo riguardo, osserva il Collegio che la nota sentenza Gubert delle Sezioni unite di questa Corte Sez. U., n. 10561 del 30/1/2014, Gubert, Rv. 258646 - richiamata anche dal Tribunale, ancorché in chiave parzialmente critica - ha affermato che, in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta dei profitto, derivante dal reato medesimo, non potendosi considerare, in tal caso, la società come persona estranea al reato ai sensi dell'art. 322-ter cod. pen. ciò, peraltro, solo a condizione che il profitto medesimo - anche sotto forma di risparmio di imposta - sia rimasto nella disponibilità dell'ente e, pertanto, sia suscettibile di aggressione immediata. Dato questo principio di carattere generale, la sentenza in esame ha quindi evidenziato che il pubblico ministero è legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente, a chiedere al Giudice il sequestro preventivo nella forma per equivalente , invece che in quella diretta , all'esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine al patrimonio dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione dei reato, non essendo invece necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della società o per ricercare in forma generalizzata i beni che ne costituiscono la trasformazione quel che, all'evidenza, richiederebbe un tempo potenzialmente idoneo a vanificare le finalità di cautela, consentendo l'occultamento degli altri beni suscettibili di confisca in senso conforme, Sez. 3, n. 1738 dell'11/11/2014, Bartolini, Rv. 261929 sì che è legittimo il sequestro preventivo per equivalente anche quando l'impossibilità del reperimento - presso l'ente - dei beni costituenti il profitto diretto sia soltanto transitoria e reversibile. Orbene, ciò premesso, il Tribunale di L'Aquila ha dei tutto disatteso tale principio, cui il Collegio invece aderisce, optando per una lettura parziale della citata sentenza Gubert, dalla quale emergerebbe che l'autorità giudiziaria non sia tenuta ad applicare preventivamente una misura diretta sui beni della società, potendo ben disporre immediatamente il sequestro per equivalente nei riguardi dei legale rappresentante, proprio al fine di evitare che i tempi necessari per effettuare detta ricerca frustrino definitivamente le esigenze di garanzia sottese al provvedimento cautelare sequestro per equivalente che la stessa pronuncia dei Supremo Collegio di certo ammette, previa, però, una necessaria - ancorché sommaria ed allo stato degli atti - verifica della capienza dei patrimonio societario. Orbene, nel caso di specie ciò è pacificamente mancato. Circostanza ancor più rilevante, peraltro, considerando che - come affermato nel ricorso e non contestato - all'udienza camerale dei 16/3/2015 la difesa del ricorrente aveva prodotto documentazione che attesterebbe la sussistenza di un attivo concordatario dei tutto sufficiente a coprire il debito i.v.a L'ordinanza, pertanto, deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata. Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2015