Telefonate notturne al marito dell’amante: condannato

Sanzione definitiva per l’autore delle ripetute e fastidiose chiamate. Ammenda di 300 euro e 3mila euro da versare come risarcimento dei danni alla persona destinataria delle telefonate. Decisivi i tabulati telefonici. Evidente l’intento dell’uomo, cioè disturbare il marito della sua amante.

Tabulati telefonici inequivocabili. Condannato un uomo, che si è divertito a tempestare con chiamate notturne il marito della donna con cui sta intrattenendo una relazione. Legittimo parlare di molestia in piena regola. Consequenziale l’ammenda di 300 euro e il risarcimento dei danni, fissati in 3mila euro, al destinatario delle telefonate Cass., sentenza n. 43704/2015, Prima Sezione Penale, depositata oggi . Tabulati. Nessun dubbio per i giudici del Tribunale è lapalissiana la responsabilità dell’uomo finito sotto accusa per una serie di fastidiose telefonate notturne effettuate al numero di un altro uomo. Rilevanti le dichiarazioni della persona offesa e decisivi i tabulati telefonici . Quest’ultima documentazione ha permesso di risalire alla utenza da cui provenivano le chiamate , utenza utilizzata dall’uomo, che, peraltro, è risultato essere l’amante della moglie della persona infastidita dalle telefonate. Logica la condanna, con pena di 300 euro di ammenda e risarcimento dei danni, liquidati in 3mila euro, a favore della persona offesa . Molestia. E la linea di pensiero tracciata in Tribunale viene ora condivisa e fatta propria anche dalla Cassazione. Respinte le obiezioni mosse dall’autore delle telefonate, il quale aveva sostenuto la tesi della mancanza dell’ intento di molestare il marito della propria amante. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, vi sono alcuni dati inequivocabili, emersi grazie ai tabulati telefonici . Su tutto, è certo che la maggior parte delle telefonate era stata effettuata in orario notturno, dopo le ore 3.30 . Allo stesso modo, alla luce del numero elevato e delle modalità moleste delle chiamate , è illogico ipotizzare una natura occasionale dei contatti telefonici . Anzi, è evidente, secondo i giudici, che le telefonate erano connotate da petulanza . Tutto ciò consente di valutare chiaramente la condotta dell’uomo. In sostanza, tenendo presenti le modalità, l’orario notturno e il tenore delle telefonate – nelle quali si faceva anche riferimento allusivo ai familiari del destinatario – è lapalissiana la natura molesta dei contatti telefonici . Definitiva, quindi, la condanna nei confronti dell’uomo, autore di tante, troppe telefonate al marito della sua amante.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 settembre – 29 ottobre 2015, n. 43704 Presidente Giordano – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con sentenza emessa il 23/06/2014 il Tribunale di Sulmona, procedendo con rito ordinario, giudicava P.T. colpevole del reato di molestie telefoniche commesse in danno di A.D.S., con una condotta protrattasi sino al 27/08/2011, condannandolo alla pena di 300,00 euro di ammenda, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile costituita che liquidava in 3.000,00 euro. Si riteneva, in particolare, dimostrata la responsabilità del T. sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che venivano riscontrate dalle dichiarazioni del teste A., il quale aveva effettuato l'acquisizione dei tabulati presso il gestore telefonico delle utenze interessate compiendo i relativi controlli investigativi e confermando che le chiamate provenivano da un'utenza utilizzata dall'imputato. 2. Avverso tale sentenza l'imputato, a -mezzo del suo difensore, proponeva impugnazione davanti alla Corte di appello dell'Aquila che veniva convertita in ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., deducendo quattro motivi di ricorso. Con il primo motivo di ricorso si deduceva l'incompetenza territoriale del Tribunale di Sulmona, dal quale l'imputato era stato giudicato, atteso che il D.S. aveva subito le molestie telefoniche mentre si trovava a Chieti, dove risiedeva, con il conseguente radicamento della competenza territoriale dei procedimento presso il locale Tribunale. Con gli altri motivi di ricorso si deduceva l'insussistenza del fatto contestato al T. per mancanza degli elementi materiale e psicologico dei reato di cui all'art. 660 cod. pen. in relazione ai quali non era stata acquisita nel giudizio di merito la prova della commissione del fatto da parte dell'imputato e comunque dell'intento di molestare la persona offesa. Considerato in diritto 1. II ricorso non merita accoglimento. Il primo motivo di ricorsoè infondato, atteso che, secondo quanto accertato dal teste A. che eseguiva le verifiche investigative dalle quali traeva origine il presente procedimento penale su delega dei pubblico ministero, le telefonate moleste venivano effettuate dal T. mentre la persona offesa si trovava nel territorio di P., che è una località che ricade nel territorio di competenza dei Tribunale di Sulmona. A fronte di tale dato processuale, univoco e non contestato dalla difesa dell'imputato, non emergevano elementi di segno contrario, idonei a radicare la competenza territoriale del procedimento presso il Tribunale di Chieti, rispetto ai quali la prospettazione difensiva risulta sprovvista di supporto probatorio 2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso in relazione alle ulteriori doglianze difensive, proposte come secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, mediante le quali si censurava l'erroneo inquadramento della condotta illecita ascritta al T., non sussumibile nella fattispecie tipizzata dall'art. 660 cod. pen., sia sotto il profilo dell'elemento oggettivo che sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Deve, in proposito, rilevarsi che la motivazione dei provvedimento impugnato risulta congrua dal punto di vista della ricostruzione dei presupposti indispensabili per la configurazione della fattispecie di reato contestata al T., essendo provato processualmente che le molestie si concretizzavano attraverso l'effettuazione di numerose telefonate presso l'utenza del D.S., marito della donna con cui il ricorrente aveva una relazione, alcune delle quali avvenivano in orario notturno. Questo dato processuale, peraltro, deve ritenersi incontrovertibile, tenuto conto delle risultanze dei tabulati telefonici trasmessi dai gestori telefonici interessati - sui quali riferiva il teste A. - e delle dichiarazioni della stessa persona offesa dei reato, la quale precisava che la maggior parte delle telefonate era stata effettuata in orario notturno, dopo le ore 3.30 il che rende irrilevante le deduzioni difensive secondo cui le telefonate erano avvenute mentre nell'abitazione dell'imputato erano presenti altri soggetti, tra cui i testi Tanzi e T In questa cornice processuale, il numero elevato e le modalità inequivocabilmente moleste con cui le chiamate telefoniche venivano effettuate presso l'utenza del D.S. non consentono di ipotizzare la natura occasionale di tali contatti telefonici, anche alla luce del contenuto univoco della deposizione resa all'udienza dei 03/02/2014 dalla persona offesa. Tali incontroversi elementi probatori, dunque, consentono di ritenere provato - in linea con quanto affermato nella sentenza impugnata - che le molestie telefoniche poste in essere in danno del D.S., per le connotazioni di petulanza che le caratterizzavano, erano idonee a configurare il reato contestato all'imputato ai sensi dell'art. 660 cod. pen., sotto il duplice profilo oggettivo e soggettivo cfr. Sez. 1, n. 20200 del 07/03/2013, De Piano, Rv. 256158 . In definitiva, le modalità, l'orario notturno e il tenore delle telefonate - nelle quali si faceva anche riferimento allusivo ai familiari dei D.S. – non consentono di dubitare della natura molesta di tali contatti telefonici, anche alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Il reato di molestia di cui all'art. 660 cod. pen. non è necessariamente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri cfr. Sez. 1, n. 3578 dei 07/11/2013, Moresco, Rv. 258260 . Ne discende conclusivamente che anche tali doglianze difensive risultano infondate. 3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell'interesse di P.T. deve essere rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione in favore della parte civile A.D.S. delle spese sostenute nel presente giudizio, che si liquidano in complessivi 2.500,00 euro, oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalla parte civile D.S. Antonio, che liquida in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.