Respinta la richiesta di Giardiello: il processo per reati fallimentari resta al Tribunale di Milano

L’uomo, che dovrà affrontare un procedimento per la bancarotta di una sua società, è anche accusato per i tre omicidi commessi ad aprile di quest’anno al Palazzo di Giustizia di Milano. Tale dato, accompagnato dall’inevitabile clamore mediatico, non è sufficiente per ritenere non certa la serenità e l’autonomia dei giudici milanesi.

Nessun trasferimento ad altra sede giudiziaria Claudio Giardiello sarà giudicato, per i reati a lui contestati in materia fallimentare, dalla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Milano. Respinta la richiesta di rimessione del processo presentata dal legale, poggiata sulla presunta mancanza di serenità dei magistrati alla luce della strage compiuta dall’uomo ad aprile di quest’anno nel Palazzo di Giustizia di Milano. Giardiello, difatti, è giusto ricordarlo, è attualmente sotto accusa per tre omicidi commessi in occasione di una udienza relativa a una ipotesi di bancarotta per il fallimento di una sua società. Corte di Cassazione, sez. V Penale, ordinanza n. 42413/15 depositata oggi Processo. Proprio i tre omicidi rappresentano un dato inequivocabile, secondo il legale di Giardiello quelle vicende minano la serenità dei magistrati della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Milano, che dovranno giudicare sui reati fallimentari contestati all’uomo. Che, peraltro, aggiunge il legale, non sarà nelle condizioni psicologiche di difendersi adeguatamente e di affrontare il processo nella sede giudiziaria dove si sono consumati gli omicidi . Per completare il quadro, poi, viene anche richiamata la sicura presenza di mass media e pubblico , e, ovviamente, di un considerevole numero di appartenenti alle forze dell’ordine . Per il legale di Giardiello vi sono seri motivi di disagio e di mancanza di serenità nell’ ordinario andamento del processo . Sede. Di parere completamente opposto, invece, i Giudici della Cassazione, che ritengono per nulla dimostrati i presupposti per la rimessione del procedimento ad altro giudice che non sia quello milanese. Mancano, in sostanza, la grave situazione locale e il pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo , cioè i giudici che dovranno pronunciarsi su Giardiello. Per i Giudici del Palazzaccio non è sufficiente il richiamo al timore di meri condizionamenti di tipo psicologico in capo al giudice , bensì occorre che si sia in presenza di vere e proprie pressioni esercitate sull’organo giudicante , a prescindere dalla sua composizione . Ciò significa che è necessario dimostrare la presenza, nel luogo del giudizio, di una grave situazione inquinante radicata nel territorio fuori del quadro processuale e destinata a proiettarsi in chiave perturbatrice dentro il processo . Detto in maniera ancora più chiara, bisogna dimostrare la sussistenza di un nesso ambientale tra le accertate situazioni locali e gli effetti pregiudizievoli da essere prodotte sulla serenità e sull’autonomia di decisione del giudice . Ora, a fronte del quadro tracciato dal legale di Giardiello, non è dimostrato il requisito delle gravi situazioni locali . E, in questa ottica, proprio il richiamo fatto dal difensore al clamore mediatico a livello nazionale consente di escludere l’ipotesi del condizionamento dei magistrati legato ad una situazione locale . Gli elementi proposti vengono, in conclusione, valutati dai Giudici della Cassazione come semplici illazioni . Consequenziale quindi la risposta negativa alla richiesta di rimessione del processo Giardiello dovrà affrontare il procedimento per reati fallimentari nel contesto del Tribunale di Milano.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 luglio – 21 ottobre 2015, n. 42413 Presidente Lapalorcia – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con richiesta del 6.5.2015, a firma dei proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, avv. A.C. del Foro di Milano, G.C., imputato di reati in materia fallimentare nell'ambito di procedimento penale pendente innanzi la Seconda Sezione Penale del Tribunale di Milano, chiedeva, ai sensi dell'art. 45, c.p.p., la rimessione del processo innanzi ad altro giudice, designato ex art. 11, c.p.p. Ritiene il richiedente che, in conseguenza delle note vicende di cui è stato protagonista l'imputato, il quale è attualmente indagato, tra l'altro, per tre omicidi commessi in danno di un magistrato, di un avvocato, chiamato a deporre nell'ambito dei menzionato processo in qualità di testimone, nonché di un coimputato, fatti verificatisi all'interno dei Palazzo di Giustizia di Milano il 9 aprile dei 2015, sia compromessa la serenità dei magistrati della stessa Seconda Sezione Penale che dovranno giudicare il G. per i reati fallimentari innanzi indicati. Inoltre, rileva l'istante, da un lato lo stesso Giardìello non sarà nelle condizioni psicologiche di difendersi adeguatamente e di affrontare il processo nella medesima sede giudiziaria dove si sono consumati gli omicidi per i quali è indagato dall'altro che, proprio per i noti fatti accaduti il 9 aprile dei 2015, i mass media ed il pubblico accorreranno numerosi, quantomeno all'esterno dei Palazzo di Giustizia, situazione che, in uno con la sicura presenza in considerevole numero di appartenenti alle forze dell'ordine, con funzioni di prevenzione, rappresentano un serio motivo di disagio e di mancanza di serenità nell'ordinario andamento e svolgimento del processo. 2. La richiesta non può essere accolta, in quanto difettano nel caso in esami i rigorosi presupposti ai quali la norma invocata subordina la rimessione del processo ad altro giudice. Ed invero, secondo il costante orientamento dei Supremo Collegio, in tema di rimessione, premesso che essa può trovare giustificazione soltanto in presenza di una grave situazione locale che dia luogo a taluna delle condizioni previste dall'art. 45 c.p.p., deve intendersi per pregiudizio alla libertà dideterminazione delle persone che partecipano al processo quello che derivi da una vera e propria coartazione fisica o psichica, mentre il legittimo sospetto è costituito dal ragionevole dubbio necessariamente basato, per essere tale, su dati obiettivi e concreti , che il giudice, inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo, sia esposto al pericolo, anche non derivante da coartazione fisica o psichica, di non essere imparziale e sereno, vale a dire neutrale rispetto al futuro esito del giudizio cfr., ex plurimis, Cass. sez. I, 12/10/2011, n. 41715 . Perché possa darsi luogo alla rimessione dei processo, ai sensi dell'art. 45 c.p.p., per la presenza di gravi situazioni locali , ha, dunque, ulteriormente precisato la Suprema Corte, occorre che queste ultime risultino radicate sul territorio al di fuori del quadro processuale e che da esse derivi, come necessario posterius , il pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo per il che non è sufficiente avuto riguardo alla eliminazione dei riferimento al legittimo sospetto , contenuto nella corrispondente disposizione di cui all'art. 55 del codice di rito previgente il timore di meri condizionamenti di tipo psicologico in capo al giudice, ma occorre che si sia in presenza di vere e proprie pressioni esercitate sull'organo giudicante, indipendentemente dalla sua composizione. Occorre, in altri termini, ai fini dell'accoglimento della richiesta, dimostrare la presenza nel luogo dei giudizio di una grave situazione inquinante radicata nel territorio fuori del quadro processuale e destinata a proiettarsi in chiave perturbatrice dentro il processo, attraverso le diverse figure di pregiudizio rilevanti indicate nell'art. 45 c.p.p. È necessario, quindi, dimostrare e verificare la sussistenza di un ben definito nesso ambientale tra le accertate situazioni locali e gli effetti pregiudizievoli da esse prodotte sulla necessaria serenità ed autonomia di decisione del giudice cfr. Cass., sez. I, 23/02/1998, n. 1125 . Né va dimenticato che, rappresentando le norme sulla rimessione una deroga alla competenza dei giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25, co. 1, Cost., esse vanno interpretate restrittivamente ed applicate ai casi tassativamente previsti, con la conseguenza che, da un lato sono rilevanti soltanto quelle situazioni obbiettive che risultino realmente idonee a fuorviare la correttezza e la serenità del giudizio, dall'altro che i prospettati impedimenti alla libertà di determinazione dei soggetti che partecipano al processo devono emergere da dati di fatto certi e univocamente significativi. Tali situazioni, inoltre, devono essere, per espressa previsione normativa, non altrimenti eliminabili deve trattarsi di situazioni, cioè, cui non possa porvi rimedio con l'adozione di speciali accorgimenti e cautele idonei ad impedire l'insorgenza di tumulti o la perpetrazione di atti violenti in danno di un numero indeterminato di persone o di uno o più dei soggetti che partecipano al processo ovvero con il ricorso agli altri strumenti predisposti dall'ordinamento per i casi di possibili alterazioni dei corso normale della giustizia, come, ad esempio, l'astensione o la ricusazione del giudice cfr. Cass., sez. I, 21/02/1996, n. 1169 Cass., sez. I, 30/01/1996, n. 634 . Orbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, appare evidente come la situazione rappresentata nell'interesse dei G. non sia riconducibile al paradigma normativo di cui all'art. 45, c.p.p. Rileva, in tal senso, innanzitutto, l'impossibilità di configurare l'esistenza del requisito delle gravi situazioni locali richiesto dalla norma, in quanto, come affermato da un condivisibile arresto del Supremo Collegio, è proprio l'estensione del clamore mediatico a livello nazionale sottolineata dallo stesso richiedente a sostegno della propria istanza ad impedire di ricondurre la pretesa sussistenza dei condizionamento ad una situazione locale cfr. la già richiamata Cass., sez. I, 12/10/2011, n. 41715 . D'altro canto non può non rilevarsi anche una certa genericità della richiesta che non indica con chiarezza quali delle ipotesi di rimessione giustificherebbero la remissione del processo per i reati fallimentari presso altra sede giudiziaria, tutte riconducibili, come si è detto, ad una situazione locale esterna al processo di cui deve dimostrarsi l'idoneità a porre a rischio l'indipendenza di giudizio e la terzietà dell'organo giudicante, che non può fondarsi su semplici dubbi o illazioni cfr. Cass., sez. VI, 06/05/2013, n. 22113 , come quelli prospettati dal richiedente, la cui particolare condizione psicologica, peraltro, non assume rilievo ai fini dell'applicazione dell'istituto processuale invocato. Infine proprio l'avvenuto accoglimento della dichiarazione di astensione di tre giudici della Seconda Sezione Penale, motivato da gravi ragioni di convenienza legate ai gravi fatti verificatisi nel corso dell'udienza dibattimentale del 9 aprile 2015 innanzi al suddetto collegio giudicante, ritenute idonee ad ingenerare il sospetto di una non completa imparzialità dell'organo giudicante, dimostra come ad eventuali situazioni obbiettive, che risultino realmente idonee a fuorviare la correttezza e la serenità del giudizio la cui sussistenza, lo si ripete, non è stata provata dal richiedente può farsi comunque fronte nella sede giudiziaria precostituita per legge attraverso l'istituto dell'astensione. 3 Sulla base delle svolte considerazioni la richiesta presentata nell'interesse dei G. va, dunque, rigettata, con condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese dei procedimento, nonché, ai sensi dell'art. 48, co. 6, c.p.p., in considerazione della evidente infondatezza delle ragioni poste a sostegno dei ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che appare equo fissare nella misura di euro 2000,00. P.Q.M. rigetta la richiesta e condanna il richiedente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 alla cassa delle ammende.