Violenza sessuale di gruppo: basta l’adesione consapevole, anche se occasionale

Configura reato di violenza sessuale di gruppo la condotta di due soggetti che, nell’ambito di una pluralità di azioni finalizzate alla sopraffazione ed all’umiliazione della vittima, già indotta in precedenza in stato di completa soggezione mediante atti vessatori, la costringano con minaccia a compiere su di sé atti sessuali.

Ad affermarlo, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40366/15, depositata l’8 ottobre. Il fatto. La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla condanna nei confronti di un uomo che era stato accusato di aver commesso, in concorso con un minore giudicato in separato giudizio, delitti di violenza privata, percosse e lesioni, atti persecutori, reati in materia di stupefacenti, violenza sessuale di gruppo, detenzione di materiale pedopornografico e rapina aggravata. Le vittime erano due minori che ripetutamente hanno dovuto subire atti di sopraffazione, vessazione e violenza. Contro la sentenza di condanna della Corte d’appello, ha fatto ricorso l’uomo per due ordini di motivi. Primo la presenza dell’imputato al momento della commissione di uno dei fatti o la materiale commissione del reato di violenza sessuale non sono mai state accertate. Secondo il ricorrente ha denunciato un vizio di motivazione laddove i giudici di merito non hanno riconosciuto prevalenti le circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti. Per la responsabilità penale basta la partecipazione ad un segmento dell’azione delittuosa. Secondo i Giudici di legittimità, non riveste importanza alcuna, relativamente all’attribuzione di responsabilità, la considerazione dell’assenza o della mancata azione materiale del ricorrente al momento della commissione dei fatti, rilevando, invero, il collocarsi di ciascun evento all’interno di un programma criminoso previamente progettato e concordato. Nello specifico, il coimputato ricorrente ha ricoperto il ruolo di ideatore iniziatore dell’impresa criminosa . In particolare, per la Suprema Corte, non rileva che l’uomo non abbia materialmente posto in essere la violenza sessuale la semplice sua presenza al momento degli atti è sufficiente a renderlo corresponsabile, permanendo l’effetto intimidatorio derivante dalla consapevolezza, da parte della vittima, di essere in balia di un gruppo di persone, con accrescimento, quindi, del suo stato di prostrazione ed ulteriore diminuzione della possibilità di sottrarsi alla violenza . Gli Ermellini hanno rilevato che è integrata la fattispecie della violenza sessuale di gruppo anche qualora non vi sia stato un previo accordo di tutti i partecipanti, in quanto basta la consapevole adesione, anche occasionale, all’altrui progetto violento. È sufficiente, pertanto, la sola partecipazione ad un segmento dell’azione delittuosa che esso sia materiale o solo psicologicamente incentivante, oppure precedente, contemporaneo, o successivo all’atto sessuale in sé non ha alcuna maggiore o minore incidenza sulla configurabilità di una paritaria responsabilità nel delitto di violenza sessuale di gruppo. L’unico elemento idoneo a diminuire la responsabilità di uno dei partecipanti è l’aver coperto, sia nella preparazione sia nell’esecuzione, un ruolo di minima importanza. Circostanza attenuante che, per la Cassazione, i giudici di merito hanno a ragione escluso, considerata l’identica posizione e l’intento comune dei due coimputati nel programma vessatorio insieme ideato. Qualche riflessione. Comparare, da un punto di vista sia di responsabilità sia di pena, condotte materialmente differenti può apparire, da una prospettiva formale, errato. Tuttavia, se si guarda la effettiva incidenza causale e psicologica del contributo apportato da ciascun membro del gruppo, la decisione del legislatore e l’orientamento della Cassazione non devono apparire così illogici. L’effetto intimidatorio e traumatico sulla vittima è pressoché identico sia che un soggetto materialmente partecipi alla violenza sessuale, sia che rimanga, per così dire, inerte a godersi lo spettacolo”, incentivando ed esaltando i compagni e umiliando ulteriormente la vittima. Azzerare completamente ogni differenziazione, però, potrebbe andare incontro al rischio che l’autore del reato, a posteriori, più difficilmente comprenda la gravità delle sue azioni e con maggiori remore sia disponibile a seguire quel programma rieducativo cui la pena dovrebbe tendere. Come dire che, dietro la verosimile maturata convinzione di non aver materialmente commesso nulla, l’ormai condannato possa ritenersi non bisognoso di rieducazione alcuna, essendo stato punito per un fatto commesso da altri con un livello di gravità e incidenza maggiore rispetto al suo apporto. Non si può negare che la funzione tendenzialmente rieducativa della pena sia più efficace qualora maggiori siano le probabilità che il condannato percepisca come correttamente calibrata la pena irrogatagli. E, allora, una differenziazione, anche minima, della pena in relazione alla condotta posta in essere, potrebbe rispondere più efficacemente all’esigenza di prevenzione speciale anche in materia di reati di violenza sessuale. Il giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti ed attenuanti. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ribadito il principio di diritto secondo cui, nel giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, è sufficiente ad integrare l’obbligo di motivazione la menzione, da parte del giudice, dell’avvenuta sua valutazione delle circostanze concorrenti. Gli Ermellini giustificano il loro convincimento affermando che ad esso impone di approdare la constatazione che la comparazione delle circostanze costituisca un giudizio rientrante nella discrezionalità del giudice . La statuizione relativa a tale operazione, proprio perché implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito , non può essere sottoposta ad un sindacato di legittimità, a meno che non provenga da un ragionamento illogico e arbitrario e non sia sostenuta da una motivazione sufficiente. Ora, risulta quantomeno bizzarro che possa ritenersi motivazione sufficiente la mera enunciazione dell’avvenuto giudizio di comparazione una motivazione implica l’esposizione dei motivi che abbiano fatto pervenire ad un giudizio, non la sola attestazione del giudizio stesso. Dando per buono il secondo dei due significati, si impedirebbe totalmente al difensore e al suo assistito di comprendere perché siano o non siano state valutate talune circostanze da loro ritenute irrilevanti o rilevanti. Non solo si impedirebbe agli stessi giudici di legittimità di, anche semplicemente, dubitare della logicità o meno del ragionamento seguito nei gradi del merito. Peraltro, l’obbligo di motivazione del giudice ha senso proprio laddove sia necessario un giudizio discrezionale, giudizio non obbligato dalla semplice applicazione matematica delle norme e, pertanto, alle altre parti processuali comprensibile nella sua logicità motivazionale tramite la sola lettura del codice. Più il giudizio è discrezionale, maggiormente aumenta la necessità che di esso venga data una motivazione dettagliata. Anche il giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e attenuanti necessiterebbe, dunque, di una vera ed esaustiva motivazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 settembre – 8 ottobre 2015, n. 40366 Presidente Franco – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 24/2/2015 ha confermato la decisione con la quale, in data 16/10/2014, il Tribunale di quella città aveva riconosciuto K.J. responsabile, in concorso con un minore separatamente giudicato, di plurimi atti di sopraffazione, vessazione e violenza in danno dei minori B.G. , infraquattordicenne e A.G.P. , con i quali conviveva all'interno di una comunità. Tali condotte, poste in essere in un arco di tempo compreso tra il OMISSIS , integravano, secondo i giudici del merito, i delitti di violenza privata, percosse e lesioni capi B, C, E, F, G, H, I e J della rubrica e, unitariamente considerati, il delitto di atti persecutori capo A , configurando, riguardo ad alcuni sviluppi dei singoli episodi, autonomi reati in materia di stupefacenti capo C , violenza sessuale di gruppo, detenzione di materiale pedo-pornografico e rapina aggravata capo H . Avverso tale pronuncia il predetto propone personalmente ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, osservando che, nel corso del giudizio di merito, non sarebbe stata accertata la sua presenza all'atto della commissione di alcuni tra i reati contestati e, segnatamente, per la violenza sessuale di gruppo, che sarebbe stata consumata dal solo coimputato in via mediata. Aggiunge che neppure i fatti per i quali aveva confessato la partecipazione sarebbero riconducibili in via prodromica al reato di cui all'art. 609-octies cod. pen., trovandosi egli in altro luogo al momento dei fatti e non avendo offerto alcun contributo causale, come dimostrato dalle videoriprese, alla violenza effettuata dal coimputato. Rileva che, in ogni caso, la sua partecipazione avrebbe dovuto essere valutata in termini di minimo rilievo, con conseguente applicazione dell'attenuante di cui all'ultimo comma dell'art. 609-octies cod. pen., ovvero, considerando il suo ruolo totalmente defilato, come mero concorso nel reato di cui all'art. 609-bis cod. pen 3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alle contestate aggravanti, rilevando che i giudici del merito non avrebbero tenuto conto della condotta processuale collaborativa e della confessione resa. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. La vicenda presa in esame dai giudici del merito riguarda, per quanto è dato rilevare dai capi di imputazione e dai contenuti della decisione impugnata, una serie considerevole di atti vessatori, di obiettiva gravità, posti in essere dall'imputato e da altro soggetto minorenne nei confronti di due minori, uno dei quali infraquattordicenne, ospitati all'interno della medesima comunità e concretatesi in minacce, anche con arma, percosse infette mediante pugni, calci, schiaffi e colpi con oggetti contundenti, umiliazioni consistite nel sottoporre domande pretestuose reagendo con colpi su tutto il corpo dopo ogni risposta, fino a costringere uno dei due minori ad inginocchiarsi, urinandogli addosso e riprendendo il tutto con la videocamera di un telefono, costringendolo anche ad un gesto di saluto agli spettatori. In altre occasioni, il minore B. veniva costretto ad assumere sostanze stupefacenti, indotto a procacciare acquirenti di stupefacente tra i propri coetanei, a compiere a sua volta, grazie allo stato di soggezione indottogli, atti vessatori nei confronti dell'altro minore, A.G.P. e costretto, in altra occasione, dopo ripetute percosse e con minaccia, ad inserirsi le dita nell'ano alla presenza dell'imputato e del suo complice, che videoregistrava la scena. 2. La Corte territoriale, con motivazione lineare, pone in evidenza tutti gli elementi sui quali il Tribunale aveva riconosciuto la responsabilità dell'imputato e rappresentati dalle dichiarazioni delle persone offese, confermate dagli educatori, dai file video ed audio reperiti nel telefono del coimputato, nei referti sanitari e nei rilievi degli educatori predetti e della polizia giudiziaria che documentavano lo stato dei due minori. I giudici del gravame hanno anche posto in evidenza, in maniera puntuale, la circostanza che l'imputato ed il suo complice agivano sempre in piena sintonia, allo scopo di piegare le vittime alla loro volontà, ottenendo vantaggi sia nella vita all'interno della comunità e nelle attività esterne, sia nello spaccio di sostanze stupefacenti, al quale le due vittime erano costrette a collaborare. 3. A tali considerazioni il ricorrente oppone, nel primo motivo di ricorso, del tutto genericamente, che non vi sarebbe la prova della sua partecipazione ai più gravi tra i fatti contestatigli. L'assunto, oltre che infondato, appare del tutto privo di correlazione con quanto evidenziato dai giudici dell'appello, oggetto, dunque, di laconiche censure, meramente assertive. La sentenza impugnata, infatti, non manca di soffermarsi su tale particolare aspetto, oggetto di specifica doglianza anche nell'atto di appello, osservando come gli autori dei fatti fossero accomunati dal perseguimento dei loro fini ed agissero sempre di comune accordo, cosicché, con riferimento all'episodio che vede il B. costretto ad inginocchiarsi e farsi urinare addosso mentre viene video-ripreso, i giudici del gravame fanno rilevare come la episodica assenza del ricorrente non sminuisse affatto la sua responsabilità, collocandosi tale episodio nell'ambito di un programma criminoso ben definito e previamente concordato. La Corte del merito, peraltro, chiarisce anche il ruolo svolto da ciascun autore dei fatti, riconoscendo all'odierno ricorrente il ruolo di ideatore iniziatore dell'impresa criminosa, essendo risultato che egli, ancor prima dell'ingresso del correo in comunità, già vessava, seppure con minore incidenza, gli altri ospiti, avvalendosi successivamente della collaborazione del nuovo arrivato, il quale, sebbene dimostratosi particolarmente violento e dotato di maggiore inventiva nella scelta delle umiliazioni da infliggere alle vittime, agiva con l'imputato in condizione perfettamente paritaria. 4. Il ricorrente aggiunge, con maggior convinzione, alle generiche censure di cui si è appena detto, più puntuali osservazioni in merito alla violenza sessuale di gruppo, richiamando anche alcuni principi affermati da questa Corte, ma non intaccando minimamente, anche in questo caso, la solidità dell'apparato argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata. Osserva infatti la Corte territoriale, in modo netto, che la compresenza del ricorrente e del suo complice durante la consumazione della violenza sessuale risulta dimostrata dalle inequivocabili dichiarazioni della persona offesa e dal fatto che, in ogni caso, questa condotta si inseriva nel complessivo disegno criminoso di sopraffazione ed umiliazione delle vittime preventivamente concordato ed attuato da entrambi. Altrettanto efficacemente i giudici dell'appello rilevano che la circostanza, valorizzata dall'imputato, secondo la quale nelle video riprese si sentirebbe soltanto la voce dell'altro autore dei fatti, è ininfluente, atteso che per le modalità con cui la violenza veniva attuata, costringendo la vittima al compimento di atti sessuali sulla sua persona e per gli scopi e modalità di attuazione del piano comune, non era richiesto al K. alcun intervento diretto. Va a tale proposito ricordato che, ai fini della configurabilità del reato in esame, non è richiesto neppure l'accordo preventivo dei partecipanti, essendo sufficiente una consapevole adesione, anche estemporanea, all'altrui progetto criminoso Sez. 3, n. 32928 del 16/4/2013, V, Rv. 257275 Sez. 3, n. 44408 del 18/10/2011, B. e altri, Rv. 251610 Sez. 3, n. 34212 del 1/7/2010, V., Rv. 248230 e risponde di tale reato anche chi, pur non avendo compiuto atti di minaccia o di violenza, dia comunque un contributo causale alla commissione del fatto, anche solo partecipando ad un segmento dell'azione delittuosa Sez. 3, n. 8775 del 02/12/2010 dep. 2011 , R, Rv. 249767 Sez. 3, n. 15089 del 11/3/2010, Rossi, Rv. 246614 Sez. 3, n. 11560 del 11/3/2010, M., Rv. 246448 . Non è inoltre richiesto che l'atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, essendo sufficiente la mera presenza di tutti anche se l'atto viene posto in essere a turno da ciascuno Sez. 3, n. 40121 del 23/5/2012, A. altri, Rv. 253674 Sez. 3, n. 42111 del 12/10/2007, Salvin, Rv. 238149 poiché, in tal caso, permane l'effetto intimidatorio derivante dalla consapevolezza, da parte della vittima, di essere in balia di un gruppo di persone, con accrescimento, quindi, del suo stato di prostrazione ed ulteriore diminuzione della possibilità di sottrarsi alla violenza Sez. 3, n. 45970 del 09/11/2005, Andrei ed altri, Rv. 232537 . È pertanto evidente che, nella fattispecie, ricorrono appieno gli elementi costitutivi del reato, avendo i giudici del merito accertato in fatto la compresenza degli autori alla violenza ed il preventivo accordo nei termini in precedenza specificati. 5. Deve conseguentemente affermarsi che configura il delitto di violenza sessuale di gruppo la condotta di due soggetti che, nell'ambito di una pluralità di azioni finalizzate alla sopraffazione ed all'umiliazione della vittima, già indotta in precedenza in stato di completa soggezione mediante atti vessatori, la costringano con minaccia a compiere su di sé atti sessuali . 6. La sentenza impugnata appare immune da censure anche nella parte in cui nega la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della circostanza attenuante del contributo di minima importanza di cui all'art. 609-octies, comma 4, cod. pen Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, tale circostanza può essere riconosciuta solo quando l'apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria, quanto anche in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa Sez. 3, n. 31842 del 2/4/2014, P.G. in proc. M., Rv. 259939 evenienza, questa, non verificatasi nella fattispecie in esame, attesa la più volte ricordata posizione paritetica dei due autori ed il loro comune intento. 7. Infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come, ai fini del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, anche la sola enunciazione dell'eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfi l'obbligo della motivazione, trattandosi di un giudizio rientrante nella discrezionalità del giudice e che, come tale, non postula un'analitica esposizione dei criteri di valutazione così, testualmente, Sez. 2, n. 36265 del 8/7/2010, P.G. in proc. Barbera, Rv. 248535 conf. Sez. 1, n. 2668 del 9/12/2010 dep.2011 , Falaschi, Rv. 249549 Sez. 4, n. 10379 del 26/03/1990, Di Carlo, Rv. 184914 Sez. 4, n. 4244 del 27/1/1989, Bifolco, Rv. 180855. V. anche Sez. 1, n. 2668 del 9/12/2010 dep. 2011 , Falaschi, Rv. 249549 . Le Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, n. 10713 del 25/2/2010, Contaldo, Rv. 245931 hanno ulteriormente specificato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell'equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto. Nella fattispecie, i giudici del gravame hanno chiaramente specificato che le attenuanti generiche sono state riconosciute dai primi giudici con criterio di ampia generosità e per motivi di scarsa incisività ” pervenendo, quindi, alla conclusione che l'aggravante della violenza sessuale di gruppo commessa in danno di minore infraquattordicenne e la recidiva pluriaggravata per reati oggettivamente gravi giustificavano ampiamente la conferma del giudizio di equivalenza. Tale motivazione, alla luce di richiamati principi, deve ritenersi più che adeguata. 8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 D.Lv. 196/03 in quanto imposto dalla legge.