Andatura ‘sospetta’ dell’automobile, il conducente accosta e si allontana, barcollando, a piedi, evitando l’etilometro: condannato

Risibile la tesi difensiva dell’uomo, che sostiene manchi la ‘prova provata’ della sua presenza alla guida del veicolo. Condotta inequivocabile, quella da lui tenuta e finalizzata a evitare l’alcoltest.

Preoccupante l’andatura dell’automobile. Ciò richiama l’attenzione delle forze dell’ordine obiettivo è verificare le condizioni psico-fisiche del conducente. Quest’ultimo, però, accosta il veicolo a bordo strada e si allontana a piedi, con una camminata non proprio sicura Legittima, comunque, la contestazione del reato di rifiuto dell’accertamento” etilometrico Cass., sentenza n. 40066/2015, Quarta Sezione Penale, depositata oggi Via a piedi. Colpevolezza evidente, secondo i giudici di merito. E questa linea di pensiero viene ora condivisa anche dai giudici della Cassazione, i quali, difatti, ritengono non accettabili le obiezioni proposte dal legale dell’uomo. Illogico, in sostanza, sostenere la carenza di prove sulla responsabilità poggiandola sulla presunta non certezza sulla presenza dell’uomo alla guida del veicolo . Su questo punto, in particolare, i giudici ritengono corretta la lettura adottata in primo e in secondo grado, laddove è stata delineata la condotta dell’uomo, il quale, dopo avere accostato l’autovettura , decideva di proseguire a piedi, in evidente stato di ebbrezza , rifiutando così di sottoporsi all’alcoltest . Evidenti, quindi, i presupposti per ritenere acclarato il reato di rifiuto dell’etilometro . E congrua, aggiungono i giudici, la pena così come decisa in Appello, soprattutto tenendo conto dei numerosi precedenti penali dell’uomo, della sua condotta non collaborativa e, infine, della gravità del fatto .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 settembre – 5 ottobre 2015, n. 40066 Presidente Romis – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto B.P. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole dei reato di rifiuto di sottoporsi all'alcoltest ex articolo 186, comma 7, del codice della strada fatto del 13.10.2012 . In sede di appello, la Corte rilevava la genericità della doglianza sulla responsabilità, basata sul non essere l'imputato alla guida del veicolo, ritenuta non conferente rispetto a quanto accertato. Parimenti, corrispondendo ad altra doglianza, la Corte di merito riteneva la pena congrua, in assenza di elementi valorizzabili per concedere le generiche, anche tenuto conto dei numerosi precedenti penali, della gravità del fatto, della condotta non collaborativa. Con il ricorso si prospetta, con il primo motivo, la nullità della sentenza di primo grado, assumendo l'irritualità della notificazione che avrebbe dovuto essere effettuata al domicilio dichiarato. Con il secondo motivo lamenta la violazione di norma processuale sul rilievo di non aver mai firmato il verbale in cui era presente la nomina a difensore di fiducia. Con il terzo motivo, ripropone la carenza di prove sulla responsabilità, sostenendo l'assenza di prova sulla circostanza di fatto che fosse l'imputato alla guida dei veicolo. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Dalla verifica degli atti processuali, imposta dalla natura della censura, sollevata per la prima volta in sede di legittimità, emerge che il decreto di citazione per il giudizio di primo grado, venne notificato, in doppia copia, presso lo studio dei difensore di fiducia solo dopo il tentativo di notifica eseguito al domicilio dichiarato, presso il quale il B. non venne rinvenuto. La doglianza si rivela, pertanto, infondata, alla luce del principio consolidato secondo il quale la nullità conseguente alla notifica all'imputato dei decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato, è di ordine generale a regime intermedio in quanto detta notifica, seppur irritualmente eseguita, non è inidonea a determinare la conoscenza dell'atto da parte dell'imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lo lega al difensore v. Sezioni unite, 27 ottobre 2004, n. 119, Palumbo e, da ultimo, Sezione V, 20 marzo 2014, Di Giovanni e altro, rv. 262822 . Anche il secondo motivo mai comunque proposto in appello è assertivo e generico, priva di alcun riscontro documentale, come imposto dalla regola della autosufficienza del ricorso, operante anche in sede penale, secondo cui è onere del ricorrente, che lamenti l'omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, provvedere alla trascrizione nel ricorso dell'integrale contenuto degli atti medesimi ovvero alla allegazione di tali atti al ricorso ovvero, ancora, alla loro specifica indicazione, nei limiti in cui il relativo contenuto sia ritenuto idoneo a scardinare l'impianto motivazionale della decisione contestata. Ciò in quanto il giudice di legittimità non deve essere costretto alla ricerca di quegli atti che confermerebbero la tesi del ricorrente, essendo piuttosto onere di chi impugna e dispone dell'intero incarto processuale mettere la Corte di legittimità in grado valutare la fondatezza della doglianza Sezione VI, 11 dicembre 2012, Proc. Rep. Trib. Roma in proc. Montenero ed altro . Parimenti assertiva, oltre che dimentica del ruolo della Corte di legittimità, si palesa la censura sul giudizio di responsabilità, a fronte di doppia e conforma statuizione di merito, che ha ricostruito nei dettagli il fatto e la condotta dell'imputato, che dopo aver accostato l'autovettura, proseguiva a piedi in evidente stato di ebbrezza, rifiutandosi di sottoporsi all'alcoltest. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.