Bar utilizzato come base logistica per lo spaccio di cocaina: ‘domiciliari’ per il gestore

Solido il quadro accusatorio nei confronti dell’uomo, che, in qualità di gestore dell’esercizio commerciale, ha utilizzato il bar come punto d’incontro con i compratori per la cessione della droga. Evidente, di conseguenza, la sua pericolosità, anche tenendo presente il numero di clienti, e legittima l’applicazione degli arresti domiciliari.

Proposte ‘extra’ per alcuni clienti ‘particolari’ del bar. Oltre al bere e al mangiare, viene offerto anche da sniffare L’esercizio commerciale, difatti, è utilizzato come base logistica per uno spaccio – assai organizzato – di cocaina. Quadro accusatorio chiarissimo, reso ancor più grave, poi, dal ‘giro’ di clienti. Legittima, di conseguenza, l’applicazione degli arresti domiciliari nei confronti del gestore del bar. Cassazione, sentenza n. 39347, sesta sez. Penale, depositata oggi Spaccio. Arco temporale limitato a pochi mesi, da novembre 2013 a gennaio 2014, in cui il gestore di un bar, assieme a diversi complici, ha messo su e gestito una ‘rete’ per lo spaccio di cocaina. In due occasioni, in particolare, a gennaio 2014, sono stati rinvenuti quantitativi pari a 20 grammi e 17 grammi di sostanza stupefacente. A fronte delle accuse, per i giudici è corretta l’applicazione, nei confronti del gestore del bar, della misura degli arresti domiciliari . Pronta la replica dell’uomo, il quale, con ricorso in Cassazione, ritiene tale misura connotata da una funzione più sanzionatoria che cautelare , soprattutto considerando che i reati sono stati commessi in epoca lontana e che egli aveva già cessato la condotta delittuosa al momento non solo dell’applicazione della misura ma addirittura della richiesta formulata dal pubblico ministero . Per corroborare questa tesi, poi, l’uomo evidenzia anche un altro fatto egli ha smesso di lavorare presso l’esercizio commerciale considerato quale base logistica per lo spaccio di cocaina . Pericolosità. Ogni obiezione difensiva, però, si rivela inutile. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è condivisibile la visione adottata dal Tribunale del riesame è evidente, cioè, la concreta pericolosità dell’uomo, alla luce della spregiudicatezza dell’agire e degli stretti rapporti con altri correi, con cui veniva predisposta l’attività di vendita, con modalità organizzate . All’interno di quel contesto, in sostanza, l’uomo ha dimostrato un’elevata propensione a delinquere, non solo agendo in costanza di un’attività lavorativa ma addirittura utilizzandola allo scopo criminoso, asservendo il bar, di cui era gestore, agli incontri con i compratori di droga e alla gestione del traffico di cocaina , come testimoniato dal rinvenimento di un bilancino e di sacchetti di cellophane nell’esercizio commerciale. Necessaria, di conseguenza – e su questo punto i giudici della Cassazione concordano col Tribunale del riesame –, l’applicazione della misura detentiva per contenere le spinte delittuose dell’uomo, rese ancora più evidenti dal numero di clienti che a lui facevano riferimento , numero che, peraltro, esclude categoricamente l’ipotesi del fatto di lieve entità .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 giugno – 29 settembre 2015, n. 39347 Presidente Milo – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. B. G. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale dei riesame di Torino, in data 7-4-2015, che ha confermato l'applicazione della misura degli arresti domiciliari, in ordine al delitto di cui all'art. 73 DPR 309/90, in relazione a plurimi episodi di detenzione e cessione di cocaina, per quantitativi imprecisati, indicati in grammi 20 e in grammi 17,4 nelle sole date, rispettivamente, del 13 gennaio 2014 e del 21 gennaio 2014. 2. Il ricorrente deduce , con unico , articolato motivo, violazione dell'art. 275 cod. proc. pen., poiché la misura sembra connotata da una funzione più sanzionatoria che cautelare, atteso che i reati sono stati commessi in epoca lontana novembre 2013- gennaio 2014 e che il ricorrente aveva già cessato la condotta delittuosa al momento non solo dell'applicazione della misura ma addirittura della richiesta formulata dal pubblico ministero giugno 2014 . Il B. inoltre ha smesso di lavorare presso l'esercizio commerciale che veniva indicato quale luogo di ritrovo dei correi. L'indagato è totalmente incensurato, esente da precedenti di polizia ed espleta attività lavorativa regolare. Inoltre la pena irrogata potrà anche essere soggetta alla sospensione condizionale, all'esito del giudizio. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Le doglianze formulate esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, poiché la valutazione delle esigenze cautelaci di cui all'art. 274 cod. proc. pen. integra un giudizio di merito che , se supportato da motivazione congrua , esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum, è insindacabile in cassazione Cass. 2-8-1996 , Colucci . L'indagine che il giudice deve compiere per accertare l'adeguatezza di misure gradate , presuppone , in particolare, l'individuazione delle esigenze cautelaci da soddisfare e l'indicazione delle ragioni per le quali misure di minore afflittività vengano ritenute inidonee allo scopo e non proporzionate all'entità e gravità dei fatti di reato Cass. 21 7-92 , Gardino , Rv. 191652 Cass. 26-5-94, Montaperto , Rv. 199030 . In presenza di adeguata motivazione al riguardo, le determinazioni del giudice a quo sfuggono al sindacato di legittimità, al quale è estraneo ogni profilo di rivalutazione nel merito delle relative statuizioni. 2. Al riguardo il Tribunale ha evidenziato la sussistenza di esigenze cautelaci connesse al rischio di recidiva , desumibile dallo svolgimento, da parte del ricorrente e del coindagato, di un'attività di illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, protrattasi per un periodo prolungato, con riferimento a quantitativi non precisati ma dell'ordine anche di decine di grammi. Ciò denota una concreta pericolosità, connessa alla spregiudicatezza dell'agire e agli stretti rapporti con altri correi, con cui veniva predisposta un'attività di vendita, con modalità organizzate. In questo contesto, il B. ha dimostrato un'elevata propensione a delinquere, non solo agendo in costanza di una attività lavorativa ma sostanzialmente asservendo la stessa il bar di cui era gestore agli incontri con i compratori di droga ed alla gestione del traffico di cocaina, tenuto anche conto del rinvenimento di un bilancino e di sacchetti di cellophane nel locale pubblico. Di qui la conclusione del Tribunale secondo cui è necessaria una misura detentiva per contenere le spinte delittuose del ricorrente, atteso anche il numero di clienti che a lui facevano riferimento, ciò che rende non configurabile l'ipotesi di cui all'art 73 comma 5 DPR 309/90. 3. Trattasi di apparato giustificativo adeguato, esente da vizi logico-giuridici ed aderente alle linee concettuali in tema di motivazione dei provvedimento cautelare appena richiamate , segnatamente in relazione al parametro di cui all'art 275 cod. proc. pen., in quanto ancorato a specifiche circostanze di fatto Cass, Sez III , 3-12- 2003 n 306/04, Scotti e pienamente idoneo ad individuare , in modo puntuale e dettagliato , gli elementi atti a denotare l'attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa , non fronteggiabile con misure meno gravose di quella disposta Cass 24-5-1996 , Aloè , Rv. 205306 con esclusione di ogni presunzione o congettura Cass 19-9-1995, Lorenzetti e attenta focalizzazione dei termini dell'attuale ed effettiva potenzialità di commettere determinati reati, connessa alla disponibilità di mezzi e alla possibilità di fruire di circostanze che renderebbero altamente probabile la ripetizione di delitti della stessa specie Cass. 28-11-1997, Filippi , Rv. 209876 Cass. 9-6-1995 , Biancato , Rv. 202259 . 4. Il ricorso, in quanto fondato su motivi non consentiti dalla legge, va dichiarato inammissibile, a norma dell'art. 606, comma 3 cod. proc. pen., con conseguente condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma a favore della Cassa delle ammende che si stima equo quantificare in euro mille. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di e. 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.