La detenzione del malato grave: no al carcere se la pena diventa contraria al senso di umanità

Il giudice a cui sia sottoposta una richiesta di differimento della esecuzione della pena per grave infermità fisica deve verificare se le condizioni del condannato permettono la valorizzazione della finalità rieducativa del trattamento sanzionatorio. Va disposto il differimento della pena che, per le patologie da cui è affetto il condannato, dovesse assumere connotazioni tali da farla apparire contraria al senso di umanità.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza n. 39140 depositata il 28 settembre 2015. Sicurezza sociale Vs. tutela della salute quale interesse prevale? Nessuno, dovremmo rispondere. In una società matura, retta da un ordinamento costituzionale nel quale alcuni valori fondamentali – la salute e la tutela della sicurezza della società, per restare nell’ambito dell’argomento che tratteremo – sono compresenti, non può esservi alcuna risposta assolutistica. Le esigenze di tutela di beni particolarmente importanti, e quelli appena citati meritano a pieno titolo questa qualificazione, devono essere necessariamente contemperate le une con le altre. Ecco il leitmotiv delle autorevoli parole degli Ermellini. E’ una sentenza, quella in commento, che colpisce non è frequente che un provvedimento giudiziario abbia anche il dono di possedere un certo pathos. Questa decisione, con alcune argomentazioni snelle e asciutte detta importantissime linee guida in tema di rapporto tra detenzione e tutela della salute del condannato. Nel caso di specie, un soggetto, in critiche condizioni di salute, lotta per rimanere ai domiciliari dopo un tortuoso percorso processuale il provvedimento di rigetto del differimento viene annullato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza competente per territorio. La valorizzazione della finalità rieducativa della pena Su questo i Supremi Giudici insistono in un passaggio della motivazione la richiesta di rinvio della esecuzione della pena per grave infermità fisica deve essere valutata dal giudice al quale è diretta sotto il profilo della compatibilità tra pena eseguita in condizioni fisiche proibitive e reinserimento sociale del condannato. A che serve tenere in galera una persona che non può nemmeno partecipare al processo rieducativo che gli si dovrebbe offrire? L’interrogativo, che noi esprimiamo in termini volutamente espliciti, è sotteso agli ammonimenti della Cassazione. La carcerazione, eseguita in condizioni di gravissima infermità si risolverebbe in un trattamento inumano e degradante la Costituzione e la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo vietano questo genere di degenerazioni. Se il condannato non è in condizioni fisiche di partecipare al trattamento rieducativo, la pena va rinviata. senza dimenticare la tutela della sicurezza sociale. Si diceva poc’anzi della necessità di contemperare interessi che, nel caso concreto, possono assumere posizioni di conflitto. Sospendere la pena per il condannato malato va bene, se le sue condizioni sono effettivamente critiche. Se, invece, rileva la Suprema Corte, nonostante la malattia dovesse rimanere impregiudicata la possibilità di partecipare consapevolmente a un processo rieducativo” e il diretto interessato fosse anche socialmente pericoloso, in luogo del differimento puro e semplice della pena potrebbe ricorrersi alla detenzione domiciliare per un periodo predeterminato e prorogabile . E’ un meccanismo semplice, dietro il quale, però, vi sono valutazioni difficili. Valutazioni che richiedono particolare attenzione sotto il profilo della esatta determinazione delle condizioni di salute del condannato ognuno potrà facilmente immaginare che se un perito, chiamato a valutare lo stato di un certo soggetto, dovesse sbagliare per eccesso cioè ritenendo gravissime patologie facilmente gestibili in contesto carcerario o per difetto sottovalutando la criticità dello stato di salute del condannato , il gioco” del bilanciamento degli opposti interessi ne uscirebbe truccato. A questo punto, la questione si sposta sul giudizio di merito e, in definitiva, sulla magistratura di Sorveglianza. Cosa fare nel dubbio? Meglio un malato immaginario ai domiciliari o un malato grave dietro le sbarre? Se fosse un giudizio di merito sul fatto risponderemmo facilmente nel dubbio si assolve. Ma qui l’oggetto di valutazione è la salute, cioè la vita. La sua qualità e la sua durata. E’ un giudizio davvero drammatico, quello cui sono chiamati, in questi casi, i giudici di Sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 aprile – 28 settembre 2015, n. 39140 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6 novembre 2013 questa Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza del 26 marzo 2013 del Tribunale di sorveglianza di Palermo, che aveva negato la proroga del differimento dell'esecuzione della pena, già concesso per la durata di un anno, nelle forme della detenzione domiciliare, ad Afelio Michele con provvedimento reso il 28 febbraio 2012 dal Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ai sensi degli artt. 147 cod. pen. e 47-ter, comma I-ter, Ord. Pen., rilevando che, in attuazione del principio stabilito dall'art. 656, comma 6, cod. proc. pen., quale espressione di quello più generale della perpetuatio jurisdictionis , la competenza si era radicata con riferimento alla situazione esistente al momento della prima richiesta della misura alternativa e apparteneva, pertanto, al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, cui disponeva la trasmissione degli atti per quanto di competenza. 2. Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, con ordinanza dell'8 aprile 2014, ha disposto non doversi far luogo alla chiesta proroga del rinvio dell'esecuzione della pena già concesso, statuendo la prosecuzione della sua esecuzione in regime carcerario presso la Casa di reclusione di Milano Opera , ove l'istante era stato già associato dal mese di aprile 2013. Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che - oggetto del giudizio, avuto riguardo al contenuto della sentenza di annullamento, era la sola decisione relativa alla proroga della detenzione domiciliare, esulando dallo stesso ogni ulteriore richiesta per la quale non era territorialmente competente - la Direzione della Casa di reclusione di Opera , richiesta con ordinanza del 4 marzo 2014 di trasmettere dettagliata relazione sanitaria sulle patologie del condannato e sull'assistenza concretamente fornita allo stesso dall'Istituto quanto al regime alimentare somministrato, alle terapie praticate e agli accorgimenti presi per fronteggiare necessità terapeutiche e rischi da contagio, aveva trasmesso il 26 marzo 2014 relazione sanitaria e il successivo 7 aprile 2014 un aggiornamento alla stessa, unitamente alla copia dei provvedimenti di rigetto della istanza di differimento della pena anche nella forma della detenzione domiciliare, emessi il 17 luglio 2013 dal Magistrato di sorveglianza di Milano e il 14 gennaio 2014 dal Tribunale di sorveglianza di Milano - nella relazione sanitaria del 26 marzo 2014 erano illustrate le plurime patologie da cui era affetto il condannato, la sua storia clinica, l'evoluzione del suo calo ponderale, le visite specialistiche cui era stato sottoposto, le terapie praticate, gli esami svolti e i loro esiti - gli elementi emersi non consentivano di ritenere sussistenti le condizioni richieste dalle norme di riferimento per disporre - per ragioni sanitarie - la proroga del chiesto regime, poiché le condizioni di salute, rimaste stazionarie, erano attentamente monitorate dai sanitari curanti e trattate in ambiente penitenziario - il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, in particolare, nel disporre, con ordinanza del 28 febbraio 2012, il differimento della pena nella forma della detenzione domiciliare, aveva ritenuto, sulla base delle conclusioni dei periti e degli allarmanti episodi allergici già manifestatisi, che il favismo e la intolleranza a molteplici farmaci potevano determinare crisi emolitiche, interagendo tra loro e in assenza di adeguata dieta alimentare e di somministrazione di farmaci appropriati - il Tribunale di sorveglianza di Palermo, con l'ordinanza annullata per ragioni di competenza da questa Corte, aveva rilevato che erano risultate del tutto inappropriate le modalità di gestione del condannato presso il carcere di Sulmona, gli effetti negativi conseguiti erano stati evidenziati dai periti, e, in assenza delle poi emerse, mancanze di rilievo disciplinare, il carcere avrebbe potuto assicurare al medesimo vitto e farmaci non dannosi, e aveva disposto che l'esecuzione della pena proseguisse in regime carcerario, poiché un centro specificamente destinato all'assistenza sanitaria, individuato nel CDT annesso alla Casa di reclusione di Opera , poteva assicurare dieta adeguata, farmaci appropriati ed efficaci, accertamenti diagnostici e interventi terapeutici - dall'ultima relazione sanitaria acquisita del 26 marzo 2014, aggiornata al 7 aprile 2014, si evinceva che, a fronte delle rilevate principali patologie del condannato, si era provveduto a somministrare vitto specifico, a effettuare visite dietologiche, a predisporre un elenco specifico e aggiornato dei farmaci assumibili, a eseguire esami diagnostici, colloqui psicologici e cicli di FKT, con previsione di ulteriori accertamenti circa il calo di peso e l'aumento dei marcatori tumorali. 3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore avv. Antonio Albano, l'interessato A. , che ne ha chiesto l'annullamento sulla base di due motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità per violazione dell'art. 620 cod. proc. pen., in relazione all'art. 656, comma 6, cod. proc. pen Secondo il ricorrente, il principio di diritto fissato da questa Corte con sentenza a puro effetto rescindente del 26 marzo 2013 - alla cui stregua la competenza per territorio, radicatasi con riferimento al momento della prima richiesta della misura alternativa, rimaneva ferma con riguardo alle sopraggiunte istanze difensive volte a incidere su di essa e comunque a essa collegate e connesse - operava come lex specialis ed era da ritenere irretrattabile. Il Tribunale di L'Aquila era incorso, pertanto, nel denunciato vizio nel dichiarare la propria incompetenza a conoscere della richiesta di detenzione domiciliare avanzata, ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lett. c , Ord. Pen., dopo la maturazione, con la protrazione dello stato di detenzione, della preliminare condizione temporale prevista dalla detta norma, trattandosi di richiesta collegata o connessa a quella originaria. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità per violazione degli artt. 666, comma 5, 185 disp. att. e 678, comma 2, cod. proc. pen., in riferimento all'art. 111, comma 3, Cost., e, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., mancanza e illogicità della motivazione. 3.2.1. Secondo il ricorrente, la difesa preparata, e cioè approntata con anticipo rispetto alla trattazione e con il massimo della conoscibilità degli elementi probatori disponibili, imponeva il deposito anticipato della sua cartella personale e di tutti gli atti e i documenti acquisiti ex officio dal giudice o prodotti a iniziativa delle parti. Né avrebbero giustificazione razionale la comunicazione anticipata della data di udienza e la facoltà consentita alle parti, ai sensi dell'art. 666, comma 3, cod. proc. pen., di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell'udienza, se a esse non fosse correlato il corrispondente diritto della parte di prendere cognizione degli atti. Nel caso in esame, l'udienza è stata sospesa alle ore 10,30 per consentire alla difesa di esaminare la documentazione, rappresentata dalla richiesta relazione sanitaria, pervenuta lo stesso giorno, e sia il Procuratore Generale sia la difesa avevano chiesto accertamenti tecnici a mezzo perizia e la seconda, in subordine, anche termine per esame della relazione a opera del consulente tecnico di parte e per deposito di memoria difensiva. 3.2.2. Il ricorrente, che ha ripercorso il contenuto del ricorso per cassazione proposto avverso la decisione del 6 marzo 2013 del Tribunale di sorveglianza di Palermo, annullata senza rinvio da questa Corte con sentenza del 6 novembre 2013, e le deduzioni svolte, e non esaminate con detta sentenza per essere assorbente il primo motivo di natura processuale, con riferimento alle proprie condizioni di salute, ha illustrato le gravi patologie da cui era affetto, già evidenziate nella consulenza collegiale disposta dal Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, mai regredite e aggravatesi durante la detenzione domiciliare, incompatibili con lo stato di detenzione carceraria, e ha rappresentato che il Tribunale di sorveglianza di Palermo, dopo aver richiesto informazioni al D.A.P. circa le strutture dell'Amministrazione penitenziaria idonee all'adeguato trattamento delle sue plurime patologie e aver ricevuto risposte negative dai centri clinici di Pisa e di Parma, lo ha collocato nella struttura di Milano Opera , dichiaratasi disponibile a gestire le sue problematiche sanitarie con l'ausilio di strutture esterne, senza previa acquisizione della prova della concreta idoneità della stessa. 3.2.3. Le perizie collegiali di natura medico-legale, disposte dai Tribunali di sorveglianza di L'Aquila e di Palermo, ad avviso del ricorrente, erano concordanti in riferimento alla incompatibilità del regime carcerario con le sue condizioni di salute. Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, che neppure poteva ignorare, con l'ordinanza impugnata, che la relazione peritale disposta a Palermo non aveva indicato il Centro diagnostico di Opera quale struttura idonea a controllare le sue gravi patologie, doveva effettuare un preliminare e doveroso controllo diretto a verificare la idoneità della struttura e, nel caso di opzione favorevole, giustificare adeguatamente le ragioni della scelta, mentre si era limitato a prendere atto della scelta operata dal Tribunale di Palermo con l'ordinanza annullata e travolta dalla sentenza di annullamento per violazione delle norme sulla competenza, e della documentazione dell'indicato Centro, senza accertare, preliminarmente e autonomamente, attraverso una indagine medica aggiornata, le sue attuali condizioni di salute e la praticabilità di un ricovero in centro adeguato a trattare il suo quadro clinico di particolare complessità. 3.2.4. La inidoneità del Centro clinico di Opera era attestata dalla stessa affermazione del Tribunale circa la incapacità dello stesso di individuare dopo oltre un anno la causa del suo abnorme progressivo deperimento, ponendosi la vicenda che lo riguardava in evidente collisione con il senso di umanità e con il principio di tutela della salute, costituzionalmente garantiti. 3.2.5. Il Tribunale ha ignorato le richieste istruttorie di parte, fondando la sua decisione su documenti non conosciuti né conoscibili perché pervenuti nel corso dell'udienza di trattazione, senza consentire di esercitare in contraddittorio il diritto di difendersi provando. 4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato il 19 dicembre 2014 requisitoria scritta e ha concluso per il rigetto del ricorso, rilevandone la infondatezza. 5. Il 2 aprile 2015 è pervenuta memoria di replica alla requisitoria del Procuratore Generale. Il ricorrente, riportandosi integralmente al contenuto del ricorso, ha contestato la fondatezza delle considerazioni del Procuratore Generale, ulteriormente illustrando e argomentando le proprie richieste e conclusioni. Considerato in diritto 1. Il primo motivo del ricorso, integrato con la memoria di replica, è destituito di fondamento. Risponde, invero, a corretta lettura dei limiti del principio di diritto fissato da questa Corte sul punto della perpetuatio jurisdictionis , posto a fondamento del disposto annullamento della ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo, che si era pronunciata in senso negativo sulla richiesta di proroga del differimento della esecuzione della pena - già concesso per un anno dal Tribunale di sorveglianza di L'Aquila - nella forma della detenzione domiciliare, la decisione, successiva alla sentenza di annullamento, di detto Tribunale, che ha ritenuto limitata detta perpetuatio alle istanze volte a incidere sulla misura a suo tempo concessa, e a essa collegate e connesse, e ha apprezzato come estranea alla propria competenza l'istanza di detenzione domiciliare, avanzata ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lett. c , Ord. Pen. e fondata su presupposti autonomi e diversi. 2. Priva di giuridico pregio è anche la questione processuale posta con il secondo motivo e afferente alla chiesta concessione del termine per l'esame della relazione sanitaria, pervenuta il giorno stesso dell'udienza, poiché, mentre non sussiste alcuna regola processuale che impone il deposito anticipato degli atti e i documenti acquisiti ex officio dal giudice o prodotti a iniziativa delle parti in vista della predisponenda difesa, la modulazione della durata del termine per il loro esame rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che nella specie è stato logicamente esercitato con la ragionevole concessione di uno spazio temporale di quattro ore, salva la valutazione, che attiene al merito che si apprezza separatamente , della sussistenza e della coerenza delle risposte rese alle richieste correlate all'indicato esame. 3. Le ulteriori doglianze svolte con il secondo motivo, e pure richiamate con la memoria di replica, sono fondate. 3.1. Si premette in diritto che questa Corte ha più volte affermato che, mentre la detenzione domiciliare, alla pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo della esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell'art. 147 n. 2 cod. pen., mira a evitare che l'esecuzione della pena avvenga in contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11 Ord. Pen., operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato a essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività tra le altre, Sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, dep. 06/12/2007, De Witt, Rv. 238140 Sez. 1, n. 27313 del 24/06/2008, dep. 04/07/2008, Commisso, Rv. 240877 Sez. 1. n. 972 del 14/10/2011, dep. 13/01/2012, Farinella, Rv. 251674 Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 10/01/2014, Mossuto, Rv. 258406 , e il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art. 146, comma 1, n. 3, cod. pen., suppone che il condannato sia affetto da una delle patologie previste dalla legge, giunte a una fase così avanzata da escludere la rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative tra le altre, Sez. 1, n. 41580 del 01/10/2009, dep. 29/10/2009, Cesarini, Rv. 245054 Sez. 1, n. 42276 del 27/0/2010, dep. 30/11/2010, Gradizzi, Rv. 249019 . 3.1.1. Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio, obbligatorio o facoltativo, della esecuzione della pena per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato siano o no compatibili con le finalità rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale conseguenti alla rieducazione. Qualora, all'esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell'infermità e di un'eventuale prognosi infausta quoad vitam l'espiazione di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza della impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul condannato, deve trovare applicazione l'istituto del differimento previsto dal codice penale. 3.1.2. Se, invece, malgrado la presenza di gravi condizioni di salute, il condannato sia in grado di partecipare consapevolmente a un processo rieducativo, che si attua attraverso i previsti interventi obbligatori del servizio sociale, e residui un margine di pericolosità sociale che, nel bilanciamento tra le esigenze del condannato e quelle della difesa sociale, faccia ritenere necessario un minimo controllo da parte dello Stato, può essere disposta, in luogo del differimento della pena e per un periodo predeterminato e prorogabile, la detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen Tale misura espressamente prescinde dalla durata della pena da espiare e non ne sospende l'esecuzione tra le altre, Sez. 1, n. 4326 del 12/06/2000, dep. 04/08/2000, Sibio, Rv. 216912 Sez. 1, n. 4750 del 14/01/2011, dep. 09/02/2011, Tinelli, Rv. 249794 , e richiede, per l'effetto, una duplice valutazione del Tribunale, che deve dapprima verificare la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per concedere il differimento e poi disporre, eventualmente, la detenzione domiciliare in alternativa alla sospensione dell'esecuzione, qualora ricorrano ragioni particolari, rilevanti sul piano delle caratteristiche del reo e delle sue condizioni personali e familiari o sul piano della gravità e durata della pena da scontare tra le altre, Sez. 1, n. 656 del 28/01/2000, dep. 06/03/2000, Ranieri, Rv. 215494 Sez. 1, n. 23512 del 08/04/2003, dep. 28/05/2003, Bisogno, Rv. 224424 . L'introduzione con legge n. 165 del 1998 di tale regime detentivo, come alternativo alla pura e semplice sospensione dell'esecuzione della pena, ha, in tal modo, chiaramente risposto alla finalità di colmare una lacuna della previgente normativa, per la quale, in presenza dei presupposti di fatto indicati negli artt. 146 e 147 cod. pen., si imponeva una alternativa secca tra carcerazione e libertà senza vincoli, mirando tale polifunzionale regime - da disporsi a termine in presenza di una negativa condizione soggettiva del condannato che non ne consenta la piena liberazione -, per un verso, all'esigenza di effettività dell'espiazione della pena e del necessario controllo cui vanno sottoposti i soggetti pericolosi e, per altro verso, a una esecuzione mediante forme compatibili con il senso di umanità tra le altre, Sez. 1, n. 6952 del 07/12/1999, dep. 14/02/2000, Saraco, Rv. 215203 Sez. 1, n. 8641 del 19/09/2000, dep. 28/02/2001, Mule, Rv. 218133 Sez. 1, n. 41492 del 09/10/2001, dep. 17/11/2001, Guddo, Rv. 220086 . 3.2. Di tali condivisi principi non è stata fatta, nel caso di specie, corretta applicazione. 3.2.1. Il Tribunale è partito dal rilievo - dopo avere annotato che, con proprio provvedimento del 28 febbraio 2012, aveva concesso al ricorrente il differimento della pena nella forma della detenzione domiciliare, sulla scorta delle condivise conclusioni peritali circa le crisi emolitiche cui il medesimo era esposto in dipendenza delle sue patologie favismo e intolleranza a molteplici farmaci - che tale giudizio era correlato all'assenza di adeguata dieta alimentare e di somministrazione di farmaci appropriati. Nel suo percorso argomentativo il Tribunale, richiamando la decisione del Tribunale di sorveglianza di Palermo, poi annullata per ragioni di competenza, ha evidenziato che in essa si era dato conto della sopravvenienza, rispetto alla ordinanza pregressa, delle modalità del tutto inappropriate della gestione del detenuto presso il carcere di Sulmona per le emerse persistenti mancanze di rilievo disciplinare degli operatori di vertice si era ritenuto che, ove tali mancanze non vi fossero state, sarebbe stato agevole assicurare al detenuto vitto e farmaci non dannosi, e si era pervenuto al rilievo conclusivo che il CDT, annesso alla Casa di reclusione di Opera , quale centro specificamente destinato all'assistenza sanitaria, fosse idoneo allo scopo. 3.2.2. L'ordinanza, nel prendere atto del regime carcerario cui era in atto sottoposto il ricorrente, ha valorizzato le emergenze, che ha ripercorso, di due relazioni sanitarie redatte dalla Direzione della indicata Casa circondariale il 26 marzo 2014 e il 7 aprile 2014, e, apprezzandole, ha ritenuto, in particolare, che le principali patologie dello stesso fossero gestite attraverso la somministrazione di vitto specifico e la segnalazione nella cartella personale, a mezzo apposito e aggiornato elenco, dei farmaci ai quali era risultato allergico. Illustrando le ulteriori emergenze disponibili, il Tribunale ha menzionato le visite dietologiche richieste ed effettuate dal ricorrente, ha riportato le ulteriori indicazioni contenute nelle stesse relazioni circa gli esami diagnostici, i colloqui con lo psicologo e i cicli di FKT pure effettuati dal medesimo, e ha ricordato che né era stata accertata la causa del calo di peso, né erano stati svolti accertamenti relativi all'aumento dei marcatori ematici evidenziato dagli esami clinici. 3.3. All'esito di tali passaggi motivazionali il Tribunale ha conclusivamente rilevato, escludendo nella situazione descritta la ricorrenza delle condizioni per l'applicazione del chiesto rinvio dell'esecuzione della pena per ragioni sanitarie e, per l'effetto, per la sua proroga nelle forme della detenzione domiciliare, che - le condizioni generali del paziente sono stazionarie rispetto alle relazioni precedenti e attualmente . non presentano acuzie - le condizioni di salute vengono costantemente trattate e seguite in ambiente penitenziario, in cui viene assicurata al detenuto una dieta rispondente alle sue esigenze familiari e somministrati farmaci appropriati ed efficaci nella cura delle diverse infermità . 4. Lo sviluppo motivazionale che sorregge la decisione presenta vuoti e incoerenze argomentative, che non la sottraggono alle censure difensive. 4.1. Il Tribunale, invero, ponendo a base della sua decisione le indicazioni provenienti dalla ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo sotto il duplice profilo della inidoneità, per ragioni interne alla pregressa struttura penitenziaria, della gestione del ricorrente quanto agli aspetti dietologico e curativo, correlati alle patologie sofferte, e dell'adeguatezza del CDT annesso alla Casa di reclusione di Opera , ha valorizzato il carattere stazionario delle condizioni generali del ricorrente, posta la sua associazione in corso al detto Centro, e ha rimarcato, a conferma di tale rilevato carattere, le emergenze delle relazioni sanitarie del 26 marzo e 7 aprile 2014, interne alla struttura penitenziaria, circa la somministrazione al ricorrente di vitto specifico, la formazione e l'aggiornamento dell'elenco dei farmaci assumibili, senza reazioni allergiche, dal medesimo, e la sua sottoposizione a esami diagnostici, colloqui psicologici e cicli fisioterapici. 4.2. In tal modo, il Tribunale non ha esplicato - a fronte delle patologie del ricorrente - le ragioni della condivisa individuazione del detto Centro, operata con pregressa ordinanza di diverso Tribunale, annullata da questa Corte per ragioni di competenza, pur in presenza delle opposte osservazioni critiche circa la sua contestata idoneità operativa, enunciate con il ricorso per cassazione avverso detta ordinanza e non considerate perché assorbite dall'accoglimento del primo motivo. Né si è rappresentato nell'ordinanza in rapporto a quali relazioni precedenti sia stato ritenuto stazionario il quadro clinico, omettendosi anche un congruente confronto con le relazioni di perizia che, nel tempo, sono state disposte ed eseguite per gli accertamenti relativi alle patologie del ricorrente e alla loro compatibilità con il regime carcerario, avuto riguardo sia al limitato riferimento al superamento delle conclusioni dei periti già poste a fondamento del disposto differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare con ordinanza del 28 febbraio 2012 dello stesso Tribunale di sorveglianza di L'Aquila per effetto della predetta, e annullata, decisione del 26 marzo 2013 del Tribunale di sorveglianza di Palermo, sia al mancato riferimento ai contenuti e alle conclusioni della perizia disposta da detto ultimo Tribunale, oggetto di disamina difensiva nel precedente e nell'attuale ricorso per cassazione. 4.3. Tali carenze, che, traducendosi in omesso, correlazione con le ragioni espresse dalla difesa, hanno evidenti riflessi sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione tra le altre, Sez. 6, n. 18543 del 28/02/2012, dep. 15/05/2012, Cataldo, Rv. 252713 Sez. 6, n. 269 del 05/11/2013, dep. 07/01/2014, Cattafi, Rv. 258456 , sono ulteriormente evidenziate dal mancato coerente apprezzamento del pur rilevato calo ponderale del ricorrente, del quale, intervenuto in termini evidenti, secondo i dati riportati nella stessa ordinanza, nel corso dell'attuale regime detentivo, è enunciato il solo non avvenuto accertamento quanto alla causa, astratto da ogni ragionevole analisi della sua incidenza negativa sulle altre patologie o della dipendenza da esso delle stesse. 4.4. Né sono state oggetto di alcuna considerazione da parte del Tribunale la richiesta di perizia medica, espressamente enunciata nel verbale di udienza allegato al ricorso e riportato in termini nella memoria di replica del ricorrente alla requisitoria del Procuratore Generale, e la stessa richiesta subordinata della difesa volta al riconoscimento della possibilità di far esaminare dal consulente tecnico di parte la relazione sanitaria depositata prima della sospensione della stessa udienza, e da essa esaminata nel termine concesso, sottolineate nella memoria come essenziali per una difesa effettiva, e infondatamente ritenute rinunciate nella requisitoria scritta. Non si è, infatti, resa alcuna congruente risposta sulla non ritenuta necessità di una ulteriore indagine tecnica né sulla non concessa possibilità alla difesa di un contraddittorio tecnico, pur in presenza dei giudizi tecnici che hanno sorretto le precedenti decisioni, della limitazione della disamina svolta nell'ordinanza alla documentazione trasmessa dal CDT di Opera , della complessità del quadro emerso e della non completezza degli accertamenti pertinenti, perché carenti quanto alla causa del calo di peso in regime dietetico specifico e controllato e all'aumento dei marcatori tumorali. 4.5. Il Tribunale, che nella sintesi conclusiva della decisione ha ritenuto che l'esecuzione della pena dovesse proseguire in regime carcerario per non essere integrate le caratteristiche volute dalle norme di riferimento dalla sola sussistenza di plurime e gravi patologie, occorrendo anche l'accertamento che il regime di detenzione intramuraria non possa assicurare l'apprestamento di adeguate cure e trattamenti, invece nella specie assicurati, neppure ha svolto alcuna riflessione critica in relazione al principio consolidato - derivante dalla necessità ex art. 27, comma 3, Cost., e art. 3 Convenzione EDU che la pena non si risolva in un trattamento inumano o degradante - che lo stato di salute incompatibile con il regime carcerario, idoneo a giustificare il differimento dell'esecuzione della pena per infermità fisica o l'applicazione della detenzione domiciliare, è oltre alla patologia implicante un pericolo per la vita ogni stato morboso o scadimento fisico che, in quanto capace di determinare una situazione di esistenza al di sotto di quella soglia di dignità da rispettare pure nella condizione di restrizione carceraria, è contrario al senso di umanità tra le altre, Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv. 244132 Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, dep. 29/04/2011, Buonanno, Rv. 249966 . 5. Il provvedimento impugnato va, di conseguenza, annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila, che procederà a nuovo esame tenendo presenti i principi e i rilievi prima formulati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.