Il locatore che concede alla prostituta degli appartamenti a prezzo di mercato non risponde né di favoreggiamento né di sfruttamento della prostituzione

La condotta del locatore che concede il proprio immobile ad una prostituta non configura un aiuto all’attività di mercimonio del sesso. In tal caso, infatti, il negozio giuridico che si pone in essere riguarda la persona e le sue esigenze abitative è insussistente, quindi, il nesso di causalità tra la locazione dell’immobile e l’ausilio all’attività di meretricio. Per quel che concerne lo sfruttamento della prostituzione, la medesima situazione richiede, ai fini della condanna dell’imputato, il raggiungimento della prova certa circa la riscossione dei canoni di locazione in misura esagerata e sproporzionata rispetto ai costi di piazza.

La Terza Sezione Penale della Corte di legittimità, con la sentenza n. 39181 del 24 giugno 2015 depositata in data 28 settembre 2015 , chiarisce alcuni aspetti focali in materia di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Come noto, il 20 settembre 1958, a seguito di un lungo dibattito nel Paese, veniva introdotto il reato di sfruttamento della prostituzione, con la conseguente chiusura delle case di tolleranza per mezzo della cosiddetta legge Merlin di Angelina Merlin, esponente del Partito Socialista . L’articolo 3, L. n. 75/1958 punisce lo sfruttamento della prostituzione detto anche lenocinio , equiparando il favoreggiamento allo sfruttamento è, infatti, punibile chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui . Per favoreggiamento si intende quell’attività finalizzata a facilitare, favorire o comunque apportare un contributo determinante all’esercizio della prostituzione trattasi di condotte caratterizzate dalla sussistenza di un rapporto di causalità nel quale si concretizzino tutte quelle condizioni perché si possa realizzare l’esercizio della prostituzione altrui. Mentre, lo sfruttamento consiste nell’approfittare dei proventi ottenuti dall’attività di mercimonio del sesso condotta configurabile anche nel caso in cui la prostituta ceda spontaneamente il denaro derivante dalla sua attività, purché chi lo riceva sia consapevole della provenienza del denaro . Il caso. Il decisum trae origine dal ricorso proposto da un soggetto condannato tanto in primo quanto in secondo grado per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione per aver locato degli immobili di sua proprietà ad alcune persone esercenti l’attività di meretricio. La Corte d’Appello di Milano, in conferma della sentenza emessa dal giudice di prime cure che disponeva anche la confisca degli appartamenti, riteneva sussistenti i reati contestati rilevando che in merito al favoreggiamento vi fosse la prova di aver dato in locazione degli immobili e, in relazione allo sfruttamento, che l’imputato avesse ricavato un provento dal meretricio consistente dal pagamento dei canoni di locazione. Avverso la sentenza pronunciata dalla Corte territoriale l’imputato propone ricorso per Cassazione, proponendo una serie di motivi, tra i quali trova accoglimento quello relativo alla mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Più segnatamente, si lamenta l’assenza di prova, oltre ogni ragionevole dubbio, dello svolgimento dell’attività di meretricio proprio all’interno degli appartamenti confiscati, nonché dell’effettiva percezione del vantaggio economico da parte dell’imputato. L’accoglimento della doglianza difensiva in relazione alla locazione di immobili a prostitute. La Corte di legittimità, sulla scorta dell’orientamento interpretativo da tempo prevalente, ritiene pienamente condivisibile siffatto motivo di censura non è, in effetti, configurabile, sic et simpliciter, il reato di favoreggiamento del meretricio per il solo fatto che vi sia la concessione di un immobile ad una prostituta. Detta condotta, infatti, non fornisce un ausilio alla prostituta in quanto tale, bensì come persona. Vero è che indirettamente viene, di tal guida, agevolata la prostituzione, ma questo modo indiretto non può reggere il nesso di causalità penalmente rilevante tra la condotta dell’agente e l’evento di ausilio alla prostituzione infatti, l’evento non è costituito dal meretricio, bensì dalla sua agevolazione . Per tale motivo, benché trattasi di un reato a forma libera per eccellenza, ai fini della sua configurazione è assolutamente necessaria l’individuazione di un rapporto causa-effetto tra l’azione dell’imputato e l’evento del favoreggiamento della prostituzione, che nel caso di specie non sussiste la prostituta, anche in assenza della locazione di quegli appartamenti, avrebbe comunque esercitato la sua attività. Sul delitto di sfruttamento, evidenziano gli Ermellini che l’aver ceduto in locazione alla prostituta degli immobili a prezzo di mercato non integra una condotta penalmente rilevante. Dovrebbe opinarsi diversamente qualora fossero stati riscossi dei canoni di affitto palesemente sproporzionati ed esagerati, come non è stato dimostrato nel caso de quo . Per tali motivi, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte cassa la sentenza impugnata dal ricorrente e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per una nuova valutazione più aderente ai principi innanzi enucleati.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 giugno – 28 settembre 2015, n. 39181 Presidente Franco – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 Con sentenza 31.1.2014 la Corte d'Appello di Milano - per quanto ancora interessa in questa sede - ha confermato la colpevolezza di P.C. per i reati di favoreggiamento e sfruttamento aggravato e continuato della prostituzione di una pluralità di persone ha confermato altresì la confisca degli immobili in sequestro. Per giungere a tale conclusione la Corte d'Appello ha innanzitutto rigettato le eccezioni di nullità dei decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche, sollevate dalla difesa sotto il profilo della mancanza di motivazione, nonché l'eccezione di inutilizzabilità del materiale fotografico relativo agli appartamenti e depositato dal pubblico ministero dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari. Nel merito ha ritenuto la sussistenza dei reati contestati osservando, quanto al favoreggiamento, che gli appartamenti erano stati dati in locazione a donne che esercitavano la prostituzione quanto allo sfruttamento, che l'imputato percepiva un vantaggio economico sui canoni di affitto, versati a scadenza variabile e in misura rapportata alla quantità di attività svolta dai conduttori. Ha poi ritenuto infondata l'eccezione di violazione del principio di correlazione tra fatto e sentenza sollevata dall'appellante. 2 L'imputato propone ricorso per cassazione affidato a quattro censure. 2.1. Con il primo motivo denunzia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione secondo il ricorrente non vi è prova - oltre ogni ragionevole dubbio - che negli appartamenti confiscati si siano realizzati lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione. Ritiene che nel caso di specie manchi la prova dell'effettiva percezione del vantaggio economico da parte dell'imputato. 2.2. Col secondo motivo, sviluppato attraverso una plurima articolazione, il ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. c cpp, la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità artt. 267, 405, 415 bis e 521 cpp ripropone innanzitutto la questione dei decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche privi dell'indicazione degli elementi probatori da ricercare e motivati per relationem. Osserva inoltre che i rilievi fotografici eseguiti negli appartamento dopo la conclusione delle indagini preliminari e dopo la scadenza del relativo termine rappresentavano autonomi atti di indagine e non mera appendice del provvedimento di sequestro precedentemente disposto. Rileva infine il difetto di correlazione tra accusa e sentenza, osservando che la contestazione riguardava la percezione di canoni di locazione in misura fissa ma superiore a quelli di mercato, mentre invece in sentenza si è ritenuto che l'ammontare dei fitti variasse in funzione del volume di affari del meretricio. Ritiene in tal modo violato il diritto di difesa perché la linea difensiva si era concentrata nella dimostrazione della congruità dei canoni anche attraverso la deposizione di un consulente immobiliare. 2.3 Col terzo motivo deduce il vizio di motivazione sulla confisca degli appartamenti in sequestro, rilevando la mancanza del pericolo di reiterazione dei reati e richiama in proposito una serie di circostanze ritenute ostative alla confisca. 2.4 Infine ed è l'ultima censura deduce il vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio secondo il ricorrente, avrebbe dovuto applicarsi una pena più mite in considerazione del buon comportamento processuale da lui tenuto peraltro rilevato anche dal giudice di primo grado inoltre la sentenza avrebbe dovuto motivare sull'individuazione della pena base. Considerato in diritto 1 Evidenti ragioni di priorità logica consigliano di partire dall'esame del secondo complesso motivo di ricorso, attinente a violazione di norme procedurali. La censura è infondata sotto tutti i profili in cui si articola. 1.1 Motivazione dei decreti di proroga delle intercettazioni La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che in tema di intercettazioni telefoniche, la motivazione dei decreti di proroga può essere ispirata anche a criteri di minore specificità rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della constatata plausibilità delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero cfr. Sez. 4, Sentenza n. 16430 del 19/03/2015 Ccomma dep. 20/04/2015 Rv. 263401 Sez. 4, Sentenza n. 32924 del 14/05/2004 Ud. dep. 29/07/2004 Rv. 229105 . È stato altresì affermato che in tema di intercettazioni, l'onere di motivazione dei decreti, sia di convalida di quelli emessi in via di urgenza dal P.M., sia di proroga, è assolto anche per relationem , mediante il richiamo al provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio di adesione ad essi, essendo preclusa al giudice l'integrazione di una motivazione mancante - intesa questa anche come motivazione solo apparente perché meramente riproduttiva del dato normativo - ma non quella di una motivazione incompleta, insufficiente o inadeguata, emendabile dal giudice al quale la doglianza venga prospettata, sia esso quello di merito, che deve utilizzare gli esiti delle intercettazioni, o quello dell'impugnazione, nella fase di merito o in quella di legittimità v. Sez. 1, Sentenza n. 9764 del 10/02/2010 Ccomma dep. 11/03/2010 Rv. 246518. Nel caso di specie, lo stesso ricorrente pag. 6 ricorso afferma che i decreti di proroga fanno riferimento alla indispensabilità delle indagini e richiamano il contenuto delle note di PG contenenti il riferimento alla attività di affitto degli immobili alle prostitute non merita pertanto nessuna censura la sentenza laddove, del tutto in linea con i principi sopra esposti, ha rilevato - che la proroga trova la sua legittimazione nel provvedimento autorizzativo iniziale e che la sua motivazione da conto della attualità e utilità di quel mezzo di indagine senza la necessità di specificità, richiesta per il provvedimento iniziale - che pacificamente è ammessa la motivazione per relationem con riferimento alle annotazioni di PG in ordine all'avanzamento delle indagini e alla necessità di quello strumento per la prosecuzione delle stesse - che, trattandosi di decreto, la motivazione è intrinsecamente limitata. 1.2 Rilievi fotografici effettuati dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari e dopo la conclusione delle stesse. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità art. 581 lett. c e 591 lett. c cpp prima di dilungarsi sulla ritualità o meno della acquisizione dei rilievi, il ricorrente avrebbe dovuto indicare il materiale oggetto dei rilievi fotografici eseguiti nell'interno degli appartamenti e, soprattutto, la connessione di esso con le condotte di favoreggiamento e sfruttamento addebitate, posto che non è mai stato contestato dall'imputato l'utilizzo degli immobili locati dalle prostitute per l'esercizio della loro attività professionale attività che includeva, evidentemente, anche il possesso di particolari accessori . Il ricorrente avrebbe dovuto chiarire insomma la rilevanza di tali fotografie nel giudizio di responsabilità emesso nei suoi confronti, perché la sentenza impugnata ha dato peso essenzialmente alle conversazioni telefoniche intercettate e all'ammontare dei canoni percepiti ma non ha dato alcun peso alle fotografie. 1.3 Difetto di correlazione tra imputazione e sentenza di condanna. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione, cfr. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. dep. 13/10/2010 Rv. 248051 cass. Sez. 4, Sentenza n. 16900 del 04/02/2004 Ud. dep. 09/04/2004 Rv. 22804 . Nel caso di specie, si è palesemente fuori dalla violazione del suddetto principio perché la trasformazione della fattispecie non può ritenersi avvenuta in modo radicale comunque è stata ravvisata una attività di sfruttamento della prostituzione collegata alla irregolare percezione dei canoni di locazione e quindi non può ritenersi verificato quel radicale pregiudizio del diritto di difesa dell'Imputato, chiamato pur sempre a difendersi sull'ammontare dei canoni incassati. Né la ricostruzione dei giudici di merito circa le modalità di percezione dei fitti in forma variabile, in rapporto agli introiti del meretricio fa venir meno il tema di fondo dell'imputazione che è pur sempre legato alla congruità del canone. Il diverso aspetto considerato in sentenza il volume d'affari della attività di prostituzione e la sua incidenza sugli importi dei canoni serviva pur sempre a dimostrare l'elemento costitutivo del reato, cioè l'utilità economica ricavata dall'attività sessuale delle prostitute. 2 È invece fondato il primo motivo. 2.1 Secondo l'orientamento interpretativo da tempo affermato e prevalente, non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi conceda in locazione, a prezzo di mercato mentre qualora il canone sia superiore potrebbe ipotizzarsi lo sfruttamento , un appartamento ad una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione tra le varie, v. Sez. 3, Sentenza n. 33160 del 2013 non massimata v. altresì Sez. 3, 6.5.1971, n. 999, Campo, m. 119000 Sez. 3, 5.3.1984, n. 4996, Siclari, m. 164513 Sez. 3, 3.5.1991, n. 6400, Tebaldi, m. 188540 Sez. 3, 19.5.1999, n. 8600, Campanella, m. 214228 . Questo orientamento, che qui deve essere ribadito, è stato riaffermato, tra l'altro, anche da Sez. 3, 12.1.2012, n. 7076, Moscoloni, m. 252099 Sez. 3, 22.5.2012, n. 36595,m. 253390 Sez. 3, 11.12.2012, n. 3088 del 2013, Nannetti. È vero che a volte si richiamano in senso contrario Sez. 3, 23.5.2007, n. 35373, Galindo Ortiz, m. 237400 secondo cui costituisce favoreggiamento della prostituzione il mettere a disposizione di una prostituta, anche a titolo di locazione, un appartamento, in quanto ciò costituisce attività idonea a procurare favorevoli condizioni per l'esercizio della prostituzione stessa nonché Sez. 3, 13.4.2000, n. 8345, Donati, m. 217080. In realtà, però, a parte il non condivisibile principio affermato, la sentenza Galindo Ortiz, nella motivazione, richiede pur sempre che, per aversi favoreggiamento, vi siano prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione a prezzo di mercato. La sentenza Donati, poi, sostiene proprio l'orientamento qui ribadito e rileva giustamente che è vero che il legislatore incrimina chiunque favorisca in qualsiasi modo la prostituzione altrui, e che la giurisprudenza corrente ritiene irrilevante per l'integrazione del reato il movente che determina la condotta anche se è significativo sottolineare che in genere queste sentenze affermano l'irrilevanza del motivo per escludere specificamente la necessità del fine di lucro o del fine di servire l'altrui libidine. Ma è pur sempre necessario che la condotta materiale concreti oggettivamente un aiuto all'esercizio del meretricio in quanto tale. Se invece l'aiuto è prestato solo alla prostituta in quanto persona, non può configurarsi il reato di favoreggiamento, se non a costo di conseguenze aberranti non solo sul piano dell'etica e del senso comune ma anche in rapporto alla ratio e alla intentio legis . A ben vedere, è proprio per evitare queste aberrazioni che una giurisprudenza ormai affermata ha escluso il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione un appartamento a una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione cfr. Cass. Sez. 3, n. 4996 del 29.5.1984, ud. 5.3.1984, Siclari, rv. 164513 Cass. Sez. 3, n. 6400 del 10.6.1991, ud. 3.5.1991, Tebaldi, rv. 188540 . Infatti, se la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell'immobile locato una casa di prostituzione nel qual caso ricorrerebbe l'ipotesi di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 2 , la condotta del locatore non configura propriamente un aiuto alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito a quest'ultima di realizzare il suo diritto all'abitazione. Insomma l'aiuto o più esattamente il negozio giuridico riguarda la persona e le sue esigenze abitative, e non la sua attività di prostituta. È vero che indirettamente ne è agevolata anche la prostituzione ma questo rapporto indiretto non può essere incluso nel nesso causale penalmente rilevante tra condotta dell'agente ed evento di favoreggiamento della prostituzione. In verità - com'è noto - secondo la L. n. 75 del 1958 la prostituzione per se stessa non è prevista come reato, mentre è penalmente sanzionata ogni attività che induca, favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, giacché il legislatore è mosso dallo scopo evidente di evitare che il mercimonio del sesso penalmente irrilevante, ma socialmente riprovevole sia comunque incentivato o agevolato da interessi o da comportamenti di terzi. Orbene, anche quando il reato previsto è a forma libera come il favoreggiamento e lo sfruttamento, che possono essere commessi in qualsiasi modo , la condotta dell'agente deve essere legata all'evento da un nesso causale penalmente rilevante. Poiché l'evento del reato non è la prostituzione, bensì - nella fattispecie de qua - l'aiuto alla prostituzione, ciò significa che esula il reato ove la condotta dell'agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti. È alla luce di questi principi che appare corretta e condivisibile anche quella giurisprudenza secondo cui chi fa il cameriere al servizio di una donna che si prostituisce non incorre nel reato di favoreggiamento se la sua opera non oltrepassa i limiti delle mansioni tipiche del collaboratore domestico sicché aprire la porta e colloquiare con le persone in attesa, pur con la piena consapevolezza delle ragioni della visita di costoro, non costituiscono fatti specifici di interposizione personale, idonei a facilitare l'esercizio della prostituzione Cass. Sez. 3, n. 2296 del 23.2.1999, ud. 13.1.1999, Nanno, rv. 213155 mentre incaricarsi delle iscrizioni pubblicitarie, anche da parte di una collaboratrice domestica, integra il favoreggiamento Cass. Sez. 3, n. 6280 del 6.7.1983, c.comma 11.4.1983, Aquilanti, rv. 159795 . 5. Deve allora essere qui confermato il principio che non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione a prezzo di mercato un appartamento ad una prostituta, anche se sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione. Appare pertanto errata la contraria affermazione contenuta nella sentenza impugnata a pag. 13 secondo cui non è necessario per la consumazione del reato di favoreggiamento della prostituzione contestato che essi - cioè gli appartamenti, ndr - fossero adibiti in via esclusiva alla prostituzione, potendo costituire anche l'abitazione di chi vi svolgeva quell'attività . Nella specie, non è stato nemmeno prospettato che l'imputato abbia in concreto fornito prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in godimento degli appartamenti a persone che esercitavano la prostituzione e della riscossione dei canoni. 2.2 Anche sul reato di sfruttamento la motivazione della sentenza mostra seri profili di criticità. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini della sussistenza del delitto di sfruttamento della prostituzione, è indispensabile che lo sfruttatore tragga qualche utilità, anche se non necessariamente economica, dall'attività sessuale della prostituta, e tale condizione deve essere oggetto di rigorosa dimostrazione sotto il profilo probatorio Sez. 3, Sentenza n. 7608 del 20/05/1998 Ud. dep. 01/07/1998 Rv. 211338 Sez. 3, Sentenza n. 9065 del 11/07/1996 Ud. dep. 09/10/1996 Rv. 206418 Sez. 3, Sentenza n. 98 del 24/11/1999 Ud. dep. 11/01/2000 Rv. 215061 e, più di recente, cfr. altresì più di recente, Sez. 3, Sentenza n. 40539 del 27/09/2007 Ud. dep. 06/11/2007 Rv. 238005 ove si ritiene la configurabilità del concorso col reato di favoreggiamento . Si è ritenuto in particolare che la locazione ad una prostituta di un appartamento anche per svolgervi l'attività potrebbe integrare il reato di sfruttamento della prostituzione qualora vi sia la prova che il locatore, attraverso la riscossione di un canone sicuramente esagerato e sproporzionato rispetto a quelli di mercato, tragga un ingiusto vantaggio economico dalla prostituzione altrui v. Sez. 3, Sentenza n. 33160 del 2013 cit. . Nella specie, questa sproporzione ed esagerazione non risultano dimostrate in alcun modo. I giudici di merito avrebbero dovuto infatti accertare, per giustificare la conclusione a cui sono pervenuti, innanzitutto quali fossero i canoni di mercato degli appartamenti locati alle prostitute e sottoposti a sequestro e quali fossero quelli effettivamente corrisposti al locatore, e solo in caso di maggiorazione di questi ultimi rispetto agli altri, avrebbero potuto ritenere provata l'utilità economica dalla attività di meretricio. La violazione della normativa sulla registrazione dei contratti rileva solo ai fini tributari ma non è sintomo di una utilità economica connessa alla attività di prostituzione. Le evidenziate falle motivazionali, che denotano la mancata considerazione dei principi di diritto esposti, rendono necessario l'annullamento con rinvio per un nuovo esame della vicenda, restando così logicamente assorbite le ultime due censure proposte relative alla confisca degli appartamenti e al trattamento sanzionatorio . P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.