Non configura il favoreggiamento personale l’agevolare consapevolmente, anche con una condotta minima, l’autore di un furto

Il delitto di favoreggiamento personale è configurabile solo nel caso in cui la condotta agevolatrice costituisce un posterius” rispetto alla commissione del reato. Pertanto, il soggetto diverso dall’esecutore materiale dell’illecito penale che fornisca, anche in minima parte, un contributo consapevole e causalmente rilevante alla realizzazione dell’evento delittuoso non risponde della fattispecie di cui all’articolo 378 c.p In tal caso, infatti, dovranno applicarsi le regole proprie del concorso di persone nel reato.

Con la sentenza 38939/2015 la Corte di Cassazione torna ad evidenziare il discrimen per ritenere configurabile il reato di favoreggiamento personale piuttosto che applicabili le norme in materia di concorso di persone nel reato. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado con cui veniva condannato un soggetto accusato del delitto di concorso in furto aggravato. Avverso il provvedimento della Corte territoriale viene proposto, personalmente, ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all’erronea qualificazione della condotta delittuosa contestata al ricorrente. Più segnatamente, la doglianza attiene alla ritenuta configurazione del concorso del prevenuto nel reato di furto aggravato, piuttosto che della fattispecie di favoreggiamento personale, in ragione del differente apporto causale offerto alla realizzazione dell’evento furtivo rispetto all’esecutore materiale del medesimo. Nella specie, l’imputato, così come descritto da egli stesso all’udienza di convalida d’arresto, si trovava nel proprio veicolo in compagnia di altro soggetto che si era fatto lasciare nei pressi di un bar, dove strappava un tablet dalle mani di una ragazza, per poi tornare nell’autovettura alla cui guida si trovava il ricorrente. Insieme si recavano, poi, in una zona della città di Napoli per la rivendita del provento del furto. Condotta agevolatrice, consapevole e causalmente orientata, alla realizzazione del delitto. La Corte di legittimità rigetta il ricorso perché infondato. Emerge dal provvedimento in esame che la Corte d’Appello di Napoli ha correttamente motivato il giudizio di colpevolezza formulato nei confronti dell’imputato, senza incorrere né in violazione di legge né in difetto di argomentazione appare, infatti, pienamente condivisibile la configurazione a carico del ricorrente del delitto di furto aggravato in concorso per aver prestato, anche in maniera minimale, una condotta agevolatrice, consapevole e causalmente orientata, alla realizzazione del delitto. Il favoreggiamento personale richiede una condotta solo postuma. In modo conforme ai numerosissimi arresti giurisprudenziali succedutisi in materia, la Corte di Cassazione ribadisce che il reato di cui all’articolo 378 c.p. può ritenersi sussistente soltanto qualora la condotta del soggetto diverso dall’autore del delitto costituisca un posterius” rispetto alla materiale esecuzione del delitto. Nel caso in esame, è evidente che la condotta del ricorrente non è postuma o avulsa in relazione momento consumativo del reato, bensì si inserisce a pieno titolo nella dinamica esecutiva del disegno criminoso al quale si è aderito consapevolmente. Tra l’altro, la condotta antigiuridica contemplata dall’articolo 378 c.p. è diretta ad eludere le indagini a carico di altro soggetto o a renderne vane le ricerche quando latitante. Per la sussistenza della fattispecie de qua, quindi, è necessario un comportamento agevolatore che si atteggia in tal senso. Ben differente è, invece, l’istituto del concorso di persone del reato di cui agli articolo 110 e ss. c.p., che deve ritenersi applicabile ogni volta in cui il contributo di un soggetto, anche di natura morale, sia idoneo ad agevolare o rafforzare l’intento criminoso dell’esecutore materiale del delitto. Il confine tra concorso di persone nel rato e favoreggiamento personale costituisce una tematica ormai definita ed ampiamente dibattuta che, tuttavia, non cessa mai di tornare all’attenzione dei Giudici di legittimità in virtù delle soggettive connotazioni che possono addebitarsi al contributo causale offerto dal soggetto nell’ambito di un’attività delittuosa posta in essere da altri.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 aprile – 24 settembre 2015, n. 38939 Presidente Zaza – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 14.4.2014 la corte di appello di Napoli confermava la sentenza con cui il tribunale di Napoli, in data 8.11.2013, aveva condannato B.G. alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624 bis, co. 1, 2, 3, 625, n. 6 , c.p. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, personalmente, lamentando 1 violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la corte territoriale qualificato la condotta dei B. ai sensi dell'art. 378, c.p., fattispecie applicabile al caso in esame, poiché da parte del B. non vi era nessuna volontà di cooperare con il soggetto non identificato nella consumazione del furto in contestazione, di cui il ricorrente era venuto a conoscenza solo dopo la sua perpetrazione, dandosi alla fuga al fine di aiutare l'autore del furto ad eludere le investigazioni ovvero a sottrarsi alle ricerche 2 violazione di legge e mancanza di motivazione, in ordine sia all'entità della pena inflitta, sia alle ragioni per cui le circostanze attenuanti generiche sono state riconosciute con giudizio di equivalenza, anziché di prevalenza, sulle contestate aggravante e recidiva. 3. II ricorso non può essere accolto, perché infondato. 4. Il tema giuridico che deve essere affrontato per primo attiene alla differenza che sussiste tra il concorso di persone nel reato ed il delitto di favoreggiamento personale di cui all'art. 378, c.p. Al riguardo ritiene il collegio che non vi sia motivo per discostarsi dal consolidato orientamento del Supremo Collegio, secondo cui il delitto di favoreggiamento personale è configurabile solo nel caso in cui la cui condotta agevolatrice costituisce un posterius rispetto alla commissione del reato, quando, cioè, l'attività dei complice si presenta come un fatto successivo alla consumazione dei reato, laddove non è configurabile il delitto di favoreggiamento personale, ma troveranno applicazione le regole ordinarie in materia di concorso di persone nel reato, nel caso in cui il soggetto diverso dall'esecutore materiale dell'azione criminosa, abbia fornito un consapevole contributo, causalmente rilevante, anche in minima parte, alla realizzazione dell'attività delittuosa cfr. Cass. sez. VI, 4.2.2008, n. 22394, rv. 241119 Cass., sez. II, 25.1.2002, n. 10778, rv. 221123 Cass., sez. II, 13.2.1991, n. 5519, rv. 187511 . Orbene correttamente la corte territoriale, nel rigettare l'appello dell'imputato sul punto, ha richiamato il suddetto principio di diritto, rifinendo che trovi applicazione nella fattispecie in esame. La condotta del B., infatti, per come descritta dallo stesso imputato nel corso dell'interrogatorio reso in sede di udienza di convalida dell'arresto, letta complessivamente, non può definirsi un posterius rispetto alla materiale esecuzione del furto da parte dei complice, rimasto sconosciuto. Quest'ultimo, trovandosi in compagnia del B. a bordo dell'autoveicolo di proprietà dell'imputato, si era fatto lasciare nei pressi di un bar, dove si era impadronito di un tablet , strappandolo dalle mani di una ragazza, seduta ad un tavolino, per fare, poi, poco dopo, ritorno nell'automobile, alla cui guida si trovava il ricorrente, che, in sua compagnia, si era subito recato nella zona della città di Napoli, nota come la Maddalena , per rivendere l'oggetto, provento di furto cfr. p. 3 della sentenza di primo grado, utilizzabile in questa sede, formando un prodotto unitario con la sentenza di appello, in quanto entrambe le decisioni di merito sono sorrette dal medesimo omogeneo apparato argomentativo . Orbene le modalità dell'azione criminosa e la condotta posta in essere dal B. subito dopo la materiale apprensione del tablet , consentono di affermare che il furto ha formato oggetto di una preventiva decisione condivisa dal B., il quale ha messo a disposizione la sua autovettura, su cui il complice poteva fare affidamento, per consentire a quest'ultimo di giungere sul luogo del delitto e di allontanarsene indisturbato, una volta impossessatosi dell'oggetto elettronico, alla volta del ricettatore che lo avrebbe acquistato, consentendo la monetizzazione del provento dell'azione criminosa. Ciò appare evidente ove si tenga conto, da un lato che, come si evince dal racconto dello stesso imputato, nessuna reazione o richiesta di spiegazioni vi fu da parte dei B. alla vista del tablet con cui il complice aveva fatto ritorno nella sua autovettura dall'altro che i due complici avevano già ben chiara la zona dove sarebbe stato possibile trovare un ricettatore disponibile ad acquistare il tablet , verso la quale, infatti, il B. dirigeva senza esitazione la propria autovettura subito dopo che il suo complice vi aveva fatto ritorno con il frutto dell'azione delittuosa. La condotta dei B., dunque, rientra a pieno titolo nell'attività costitutiva del concorso di persone nel reato, di cui all'art. 110 c.p.p., che, come chiarito da tempo dalla giurisprudenza di legittimità, non è soltanto quella rappresentata dalla partecipazione all'esecuzione materiale dello stesso, ma anche quella riguardante la decisione e la preparazione del delitto, la messa a disposizione dei mezzi occorrenti, un qualsiasi concreto apporto causale all'attività criminosa dell'autore materiale, in guisa da consentire e agevolarne l'azione né ai fini della sussistenza dei concorso, è richiesto un preciso preventivo accordo, essendo sufficiente un apporto causale all'azione, accompagnato dalla consapevolezza del disegno criminoso del correo, desumibile anche da un comportamento che valga a dimostrare la volontà comune con quella dell'esecutore materiale cfr., ex plurimis, Cass., sez. II, 11/02/1985, n. 6684, rv. 170009 . 5. Del pari infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, che, anzi, si colloca ai confini dell'inammissibilità, perché con esso si fanno valere questioni di merito che attengono all'entità dei trattamento sanzionatorio. Del resto, come affermato da un condivisibile arresto della giurisprudenza di legittimità, in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell'ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, e non anche qualora risulti sufficientemente motivata, anche implicitamente, la soluzione dell'equivalenza allorché il giudice, nell'esercizio dei potere discrezionale previsto dall'art. 69, c.p., l'abbia ritenuta la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena in concreto irrogata cfr. Cass., sez. VI, 25.11.2009, n. 6866, rv. 246134 . Nel caso portato all'attenzione del Supremo Collegio, il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la contestata recidiva è stato ritenuto implicitamente confermato dal giudice di secondo grado, nel dare atto della congruità della pena inflitta dal giudice di prime cure, al pari di quanto accaduto nella fattispecie in esame. Il ricorrente, peraltro, non ha indicato quali indici positivi, non considerati dalla corte territoriale, avrebbero consentito un giudizio di comparazione in termini di prevalenza, piuttosto che di equivalenza, denunciando, al riguardo, una ritenuta ed immotivata insussistenza di presupposti sintomatici di un sincero ravvedimento dell'appellante, che, invece, la corte territoriale ha implicitamente riconosciuto nel dare atto della congruità della pena inflitta in primo grado, in cui è stata valorizzata dal giudice procedente sia la resipiscenza del B., dichiaratosi disposto a risarcire il danno arrecato alla persona offesa, sia il suo positivo atteggiamento dopo l'arresto cfr. p. 5 della sentenza di primo grado . Per quanto riguarda, infine, l'entità della pena finale inflitta, la corte territoriale ha puntualmente adempiuto al suo onere motivazionale, ritenendola congrua alla luce dei criteri di cui all'art. 133, c.p., con particolare riferimento alla gravità del fatto ed alla personalità dell'imputato, gravato da numerosi precedenti penali. 6.5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese dei procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.