Per valutare la tempestività della querela si considera il momento della consumazione del delitto

In tema di diffamazione tramite internet, per valutare la tempestività della querela, non si può prescindere dalla considerazione che la diffamazione - avente natura di reato di evento - si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l‘espressione ingiuriosa.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38099/15, depositata il 18 settembre. Il caso. Il tribunale della libertà confermava, dopo vari passaggi giudiziari, il decreto di sequestro preventivo - avente ad oggetto un sito web - emesso nell’ambito del procedimento penale instaurato a carico di in uomo indagato per il delitto di diffamazione aggravato ai sensi dell’art. 595, commi 1 e 3, c.p Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l’uomo, deducendo violazione di legge nella parte in cui il tribunale delle libertà afferma la sussistenza di un giudicato cautelare con riferimento all’eccezione di tardività della querela e il gip sostiene che il momento consumativo del delitto di diffamazione realizzato su un sito internet coincide con l’ultimo momento con cui i terzi percepiscono la lesione dell’onore. Per valutare la tempestività della querela si fa riferimento al momento della consumazione del delitto. La censura svolta dal ricorrente relativamente alla sussistenza del giudicato cautelare con riferimento all’eccezione di tardività viene condivisa dagli Ermellini. Sul punto, infatti, secondo il Collegio, non si può prescindere dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo la quale in tema di diffamazione tramite internet, per valutare la tempestività della querela, non si può prescindere dalla considerazione che la diffamazione - avente natura di reato di evento - si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l‘espressione ingiuriosa nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul web, dunque, tale momento va individuato nel frangente temporale in cui il collegamento sia attivato, di talché l’interessato, normalmente, ha notizia dell’immissione in internet del messaggio offensivo o accedendo direttamente in rete o mediante altri soggetti che ne siano venuti a conoscenza. Ne deriva se non l’assoluta contestualità tra immissione in rete e cognizione del diffamato, almeno una prossimità temporale di essi, sempre che l’interessato non dia dimostrazione del contrario . Nel caso di specie, i Giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che tra la presentazione della querela e l’inserimento delle espressioni ingiuriose sul web è trascorso quasi un anno. Per tutte le considerazioni sovraesposte, pertanto, la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 maggio – 18 settembre 2015, n. 38099 Presidente Nappi – Relatore Positano Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Bologna, sezione impugnazioni cautelare penali, con ordinanza dei 7 marzo 2012, ha confermato il decreto di sequestro preventivo, emesso il 13 febbraio precedente dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, avente ad oggetto il sito web www.garantedelcarcere.it , nell'ambito del procedimento penale instaurato a carico di M.C., indagato con riferimento al delitto di diffamazione, aggravato ai sensi dei commi primo e terzo dell'art. 595 cod. pen., per avere offeso la reputazione dell'avv. D.B., nominata dal Comune di Bologna quale Garante dei diritti dei detenuti, cui il C., secondo la tesi di accusa, aveva addebitato una condotta scorretta, in quanto la stessa avrebbe utilizzato la funzione pubblica sopraindicata per trarne utilità personali e professionali, essendo la B. avvocato penalista. 2. II Gip del Tribunale di Bologna, con ordinanza dei 30 maggio 2014, ha rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo emesso dal Gip il 13-2-2012 del sito web www.garantedelcarcere.it, proposta da C., indagato per il reato di cui all'art. 595 c.p., commi 1 e 3. 3. C. ha proposto personalmente ricorso per cassazione avverso tale provvedimento con unico motivo con il quale, con argomentazioni in fatto e in diritto, reitera la questione della tardività della querela proposta dalla persona offesa avv. D.B., chiedendo l'annullamento senza, o in subordine, con rinvio dell'ordinanza. 4. Questa Corte, con sentenza del 29 gennaio 2015 qualificava l'impugnazione come appello ai sensi dell'art. 322 bis c.p.p., disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Bologna, poiché il ricorso di C. non aveva ad oggetto l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, genetica della misura cautelare reale, avendo rigettato la richiesta di revoca dei sequestro preventivo già disposto. 5. Nelle more, avverso l'ordinanza dell'8 aprile 2014 del Gup che rigettava l'istanza di dissequestro del sito Web o, comunque, di alcuni files ivi presenti, avanzata da C., questi proponeva personalmente appello chiedendo la riforma dell'impugnata ordinanza. 6. Con ordinanza del 6 marzo 2015 il Tribunale della Libertà di Bologna confermava l'ordinanza impugnata. 7. Avverso tale ultimo provvedimento propone personalmente ricorso per cassazione C. M. deducendo violazione di legge nella parte in cui il Tribunale della libertà afferma la sussistenza di un giudicato cautelare con riferimento all'eccezione di tardività della querela e il giudice per le indagini preliminari sostiene che il momento consumativo del delitto di diffamazione realizzato su un sito Internet coincide con l'ultimo momento con cui i terzi percepiscono la lesione dell'onore. 8. Con memoria ex art. 121 c.p.p. dei 19 maggio 2015 il ricorrente ribadisce le argomentazioni poste a sostegno dei motivi di ricorso, riguardo all'insussistenza de giudicato cautelare e alla tardività della querela. Considerato in diritto L'ordinanza impugnata merita censura. 1. Con unico articolato motivo, ribadito nelle memorie ex art. 121 c.p.p, M.C. deduce la violazione di legge nella parte in cui il Tribunale del Riesame di Bologna afferma la sussistenza del giudicato cautelare, con riferimento all'eccezione di tardività della querela. In particolare, la tesi sarebbe infondata poiché il giudicato cautelare copre solo le questioni già dedotte e non quelle nuove che modificano il quadro probatorio di riferimento rappresentate dal fatto che, poiché le querele sono state presentate in data 9 novembre 2010 e l'avvocato D.B. ha affermato nella querela che le espressioni lesive si riferivano anche al periodo in cui ricopriva la carica di Garante dei detenuti del Comune di Bologna, incarico cessato alla data dei 30 luglio 2010, da tali elementi emergerebbe la tardività della querela. Sotto tale profilo deve ritenersi errata la motivazione del Giudice per le indagini preliminari nella parte in cui afferma che il momento di consumazione del delitto di diffamazione, mediante inserimento di espressioni lesive della reputazione su un sito Internet, coincide con l'ultimo momento nel quale i terzi percepiscono la lesione dell'onore. Al contrario il reato si consuma nel momento dell'immissione nel sito Web del contenuto offensivo. Pertanto, poiché le espressioni lesive sarebbero state inserite in data precedente al 30 luglio 2010, consegue la tardività della querela. 2. La questione è fondata. Trattandosi di sequestro preventivo appare doverosa ed imprescindibile la questione, sollevata dal ricorrente, relativa alla tempestività della querela. Rispetto a tale indagine non appare preclusiva la decisione erroneamente richiamata dal Tribunale del Riesame adottata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza emessa il 28 marzo 2013, poiché dal contenuto del provvedimento appare evidente che la Corte non si è occupata della tempestività della querela non entrando nel merito della questione e limitandosi a dichiarare inammissibile il ricorso rilevando che, in relazione a una misura cautelare reale, si deduceva da parte della difesa il vizio di motivazione illogicità, incompletezza, contraddittorietà , con ciò travalicando il limite posto dall'art. 325 cod. proc. pen., che, prevede il ricorso per cassazione solo per violazione di legge. 3. Va invece richiamato l'indirizzo costante della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di diffamazione tramite internet , ai fini della tempestività della querela, occorre considerare che la diffamazione, avente natura di reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul web , nel momento in cui il collegamento sia attivato, di guisa che l'interessato, normalmente, ha notizia della immissione in internet dei messaggio offensivo o accedendo direttamente 'in rete o mediante altri soggetti che, in tal modo, ne siano venuti a conoscenza. Ne deriva se non la assoluta contestualità tra immissione in rete e cognizione dei diffamato, almeno una prossimità temporale di essi, sempre che l'interessato non dia dimostrazione del contrario Sez. 5, n. 23624 del 27/04/2012 - dep. 14/06/2012, P.C. in proc. Ayroldi, Rv. 252964 . 4. Nel caso di specie le querele sono state presentate in data 9 novembre 2010 mentre le espressioni sconvenienti sono state inserite sul sito web in data 7 luglio 2009 in ogni caso la querelante lamentava, tra l'altro, che le espressioni lesive si riferivano anche al periodo in cui il professionista ricopriva la carica di Garante dei detenuti del Comune di Bologna, incarico cessato alla data dei 30 luglio 2010. 5. Pertanto, le risultanze processuali non consentono di individuare alcun elemento per fare decorrere la conoscenza delle espressioni lesive dell'onore da una data successiva a quelle sopra indicate. 6. Alla luce delle considerazioni che precedono l'ordinanza impugnata va annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.