False comunicazioni sociali: la norma costruita tra continuità normativa e differenze sostanziali

I delitti previsti dagli articoli 2621 e 2622 c.c. hanno struttura pressoché identica e tesa a superare l’assetto ideato dal legislatore del 2002 nel quale era prevista una fattispecie contravvenzionale di pericolo ed un delitto di danno in un rapporto di sostanziale progressione criminosa fra loro. La nuova norma propone invece due reati di pericolo che, come tali, sono integrati anche a prescindere dalla causazione di un danno a soci o a creditori.

Il caso. La Corte, chiamata ad esprimersi in relazione ad un ricorso proposto solo a fini civilistici, coglie l’occasione per effettuare un interessante e per vero anche dettagliato excursus in ordine e relazione alla novella che ha modificato quanto a suo tempo, 2002, introdotto in tema dal legislatore. Sulla scorta delle volontà della Corte, dunque, riteniamo di non offrire spazio al caso, comunque ben dettagliato nella pronuncia allegata, e di dar immediato fuoco alle polveri” effettuando una disamina dei principi e delle affermazioni contenute nella pronuncia. Le fattispecie introdotte dalla novella. La novella, dicono gli Ermellini, introduce nel panorama positivo tre distinte fattispecie portate dagli articoli 2621, 2621 bis e 2622 del codice civile. Si tratta di fattispecie autonome, iscrivibili nella categoria delle fattispecie di reato di pericolo. Dunque reati integrati anche in assenza ed a prescindere dalla effettiva causazione dell’evento. Evento che, nel caso di specie è identificabile con il danno a soci o creditori. Ne discende l’impossibilità di mantenere nella norma il necessario verificarsi dell’evento danno e, tantomeno, la presenza di qualsivoglia soglia di punibilità Dunque, a ben vedere, un sostanziale ritorno alla struttura della fattispecie contenuta nell’articolo 2621 c.c. previgente l’intervento del legislatore del 2002. In relazione alle società non quotate in borsa scompare qualsiasi riferimento alla condizione di procedibilità costituita dalla querela, che, francamente, appariva essere poco conciliabile vuoi con la fattispecie di pericolo vuoi con il bene giuridico tutelato costituito dalla trasparenza della informazione societaria. Le comunicazioni protette . Le nuove fattispecie conservano la tipizzazione delle comunicazioni sociali rilevanti nei confronti delle quali vige la protezione del bene giuridico. Esse sono individuate nei bilanci, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni dirette ai soci ed al pubblico previste dalla legge. Risultano dunque penalmente irrilevanti le condotte che riguardano comunicazioni atipiche, interorganiche o ad unico destinatario, sia esso soggetto pubblico o privato, che assurgono a reato, a seconda dei casi e/o del loro contenuto in relazione alle fattispecie di truffa, ex artt. 2625, 2637 e 2638 c.c. o ancora ai sensi dell’articolo 185 TUF. La condotta richiesta. Le fattispecie richiedono che l’agente dia corso all’esposizione in una delle comunicazioni protette tipizzate dal legislatore di fatti materiali non rispondenti al vero ovvero nell’omissione di fatti materiali la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene. Per la sola fattispecie inerente le società non quotate i fatti materiali, come sopra descritti ed identificati, debbono essere rilevanti. Le comunicazioni debbono possedere il requisito della cosiddetta idoneità ingannatoria”, ovvero la capacità di indurre in errore i destinatari delle stesse. Detta idoneità deve essere concreta. Posto l’utilizzo dell’avverbio concretamente la norma ha introdotto fattispecie penalmente rilevanti di reati di pericolo concreto. L’elemento soggettivo. Confermata con riguardo alle figure di reato descritte la necessità di dolo specifico, caratterizzato dal fine di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto. Irrilevante dunque il dolo eventuale e non richiesto, posta l’intervenuta eliminazione dalla norma dell’inciso con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico , l’elemento soggettivo del cosiddetto dolo intenzionale. Continuità normativa? La Corte indica esistenza di continuità normativa tra le fattispecie previgenti e quelle attuali, posto che le modifiche apportate attraverso la sostituzione del termine informazioni con l’espressione fatti materiali , rivelerebbero solo un contenuto parzialmente abrogativo limitato ad escludere dal novero della punibilità le condotte inerenti il cosiddetto falso qualitativo. Altrettanto inidoneo a compromettere il rapporto di continuità tra le fattispecie, per gli Ermellini, è l’introduzione per le società non quotate del termine rilevanti. Si tratta , così nel testo della pronuncia di qualificazione che certamente restringe l’area di tipicità, escludendo dal fuoco dell’incriminazione alcune condotte a seguito di una valutazione sulla rilevanza dell’oggetto del falso, ma che non incide sul senso della stessa e sulla sua sostanziale identità con quella definita nella precedente formulazione normativa . Dunque nessuna abrogatio ma semplice successione di norma. In conclusione alla luce del rapporto di continuità normativa dichiarato dalla Corte non resta che, con gergo medico, applicare, con judicio , l’articolo 2 comma del codice penale per stabilire quale sia la norma più favorevole al reo .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 luglio – 16 settembre 2015, n. 37570 Presidente Marasca – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Cagliari, in riforma della pronunzia di condanna emessa in primo grado a seguito di giudizio abbreviato, ha assolto per la ritenuta insussistenza del fatto F.F. dal reato di cui all'art. 2622 c.c. commesso nella sua qualità di amministratore nel bilancio infrannuale riepilogativo della situazione aziendale della XRM s.r.l. al 30 settembre 2008 omettendo l'indicazione dei ricavi maturati dalla società nel corso dell'esercizio. 2. Avverso la sentenza ricorre agli effetti civili a mezzo del proprio difensore P.G. , socio e amministratore della XRM, nella sua qualità di parte civile deducendo errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione. 2.1 Il ricorrente eccepisce come la Corte territoriale non abbia assolto l'obbligo di motivazione rinforzata gravante sul giudice dell'appello qualora proceda alla riforma della pronunzia di primo grado e configurabile anche nel caso in cui quella riformata sia una sentenza di condanna. 2.2 In tal senso si osserva come il provvedimento impugnato abbia omesso di considerare come nella predisposizione del bilancio oggetto di contestazione l'imputato avrebbe dovuto corrispondere alle disposizioni normative che ne disciplinano la redazione, tra le quali va annoverato l'art. 2423-bis c.c. che impone l'esposizione secondo il principio di competenza dei ricavi maturati ancorché non materialmente conseguiti, rimanendo dunque irrilevante l'argomento speso dai giudici d'appello in merito al fatto che i soci non avessero ancora stabilito il meccanismo contabile di copertura o l'ammontare dei proventi tratti dal F. dall'attività professionale svolta utilizzando le strutture della società che lo stesso avrebbe dovuto versare alla medesima. Ed in tal senso la Corte territoriale, pur riconoscendone le conclusioni, non avrebbe in particolare tenuto conto di quanto evidenziato nel lodo arbitrale con cui era stata composta la controversia tra la società e il F. e che riconosce come la XRM avrebbe dovuto fatturare all'imputato il menzionato utilizzo e appostare in bilancio i valori conseguenti come ricavi ovvero come crediti, secondo i principi normativi che regolamentano la valutazione di tali poste, al più accompagnando ciò con l'iscrizione di apposito fondo di svalutazione destinato a recepire gli eventuali costi che dovevano essere eventualmente dedotti in favore dell'imputato. Ma ancor più contraddittoriamente i giudici dell'appello avrebbero in realtà ammesso come, secondo la relazione della liquidatrice della società, fosse invero certo l'ammontare dei ricavi che, secondo gli accordi originariamente intervenuti tra i soci, dovevano considerarsi effettivamente percepiti dal F. per mezzo della società e che dunque avrebbero dovuto essere riversati nelle casse di quest'ultima. 2.3 In definitiva il ricorrente lamenta come la sentenza impugnata non abbia in alcun modo considerato come l'integrale mancata rappresentazione nel bilancio di una voce dell'attivo cospicua fosse dolosamente preordinata a far artatamente figurare l'evaporazione del capitale sociale a causa di inesistenti perdite di esercizio e ciò al fine di ottenere, come puntualmente avvenuto, la liquidazione della società con grave danno per il P. , avendo in tal senso omesso di considerare altresì come l'escamotage ordito dall'imputato - e cioè versare a titolo di finanziamento soci l'ammontare dei ricavi che egli riteneva di dovere alla società - in realtà si sarebbe risolto nell'ulteriore aggravamento del passivo dello stato patrimoniale. Considerato in diritto 1. Il ricorso della parte civile è fondato. 2. Preliminarmente è necessario verificare se il fatto per cui si procede sia tuttora previsto dalla legge come reato, atteso che successivamente alla proposizione del ricorso è entrata in vigore la L. n. 69/2015 che ha significativamente ridisegnato le fattispecie di false comunicazioni sociali previste dal testo degli artt. 2621 e 2622 c.c. vigente all'epoca dei fatti e della pronunzia della sentenza impugnata. 2.1 La legge menzionata ha infatti configurato due autonomi titoli di reato, configurati entrambi come delitti e collocati, rispettivamente, nei citati artt. 2621 e 2622 c.c. al fine di differenziare la repressione delle false comunicazioni sociali a seconda che il fatto sia commesso nell'ambito di una società non quotata ovvero di una quotata . Differenziazione che si traduce soprattutto nella previsione di diverse cornici edittali di pena da uno a cinque anni di reclusione nel primo caso, da tre a otto nel secondo. Ed infatti, a parte alcuni pur non marginali dettagli di cui si dirà in seguito, la struttura delle due incriminazioni è pressoché identica e tesa a superare l'assetto ideato dal legislatore del 2002 nel quale era prevista una fattispecie contravvenzionale di pericolo ed un delitto di danno - in un rapporto di sostanziale progressione criminosa tra loro - quest'ultimo diversamente configurato qualora il fatto riguardasse una quotata esclusivamente in merito al profilo del trattamento sanzionatorio ed al regime di procedibilità. 2.2 La novella propone invece due reati di pericolo invero tre se si considera anche l'ipotesi attenuata di cui all'art. 2621-bis c.c., configurata come vero e proprio titolo autonomo di reato , integrati a prescindere dalla causazione di un danno a soci o creditori, che ripropongono in buona parte il profilo strutturale della fattispecie contravvenzionale contenuta nel previgente testo dell'art. 2621 c.c Scompare altresì per le società non quotate la procedibilità a querela della persona offesa, rivelandosi in tal senso l'intenzione di recuperare coerenza sistematica attraverso la tutela esclusiva della trasparenza dell'informazione societaria. Quelli di nuovo conio rimangono invece reati propri degli amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, dei sindaci e dei liquidatori. 2.3 Con riguardo all'oggetto materiale del reato è stata conservata la tipizzazione delle comunicazioni sociali rilevanti introdotta dalla precedente riforma del 2002, individuate nei bilanci, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni dirette ai soci e al pubblico previste dalla legge. Invero tale ultimo inciso è stato spostato , rispetto alla formulazione previgente, in coda all'elenco, con l'apparente intento di fugare eventuali residui dubbi circa il fatto che la specificazione riguardi non solo le comunicazioni, ma altresì le relazioni. Viene dunque confermata l'irrilevanza penale delle condotte che riguardano comunicazioni atipiche , comunicazioni interorganiche e quelle dirette ad unico destinatario, sia esso un soggetto privato o pubblico, le quali, sussistendone le condizioni, possono configurare, a seconda dei casi, i reati di truffa ovvero quelli previsti dagli artt. 2625, 2637 e 2638 c.c. o ancora quello di cui all'art. 185 TUIF. 2.4 Il legislatore ha invece provveduto, come già accennato, all'eliminazione dell'evento di danno e delle soglie previsti nella previgente formulazione dei due articoli menzionati. Eliminazione cui ha corrisposto una rimodulazione delle condotte tipiche, ora integrate dall'esposizione in una delle comunicazioni tipizzate di fatti materiali non rispondenti al vero” ovvero nell'omissione di fatti materiali la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene”. Nell'ipotesi prevista dall'art. 2621 - dedicata come ricordato alle sole società non quotate - i fatti materiali non rispondenti al vero ovvero quelli occultati devono inoltre essere rilevanti”. 2.5 La novella ha dunque ripreso la molto discussa formula utilizzata dal legislatore del 2002 per circoscrivere l'oggetto della condotta attiva, amputandola però del riferimento alle valutazioni ancorché oggetto di valutazioni” contenuto nel testo previgente dei due articoli e provvedendo contestualmente a replicarla anche nella definizione di quello della condotta omissiva, in relazione alla quale le due norme incriminatrici in precedenza evocavano le informazioni” oggetto di omessa comunicazione. 2.6 Sempre con riguardo all'elemento oggettivo delle due fattispecie, è stato inoltre riproposto il requisito dell'idoneità ingannatoria della falsa comunicazione e cioè della attitudine delle medesime ad indurre in errore i loro destinatari , che è stato peraltro rafforzato attraverso l'aggiunta dell'avverbio concretamente”, in grado di qualificare i due delitti come reati di pericolo, per l'appunto, concreto. 2.7 Per quanto riguarda invece le modifiche apportate alla struttura dell'elemento soggettivo, deve osservarsi come il legislatore abbia confermato, con riguardo ad entrambe le figure di reato, la necessità di un dolo specifico, caratterizzato dal fine di procurare per sé o per altri un ingiusto profitto. La novella non ha invece riproposto la espressa caratterizzazione dello stesso come intenzionale, attraverso la soppressione dell'inciso con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico” che era stato introdotto nel 2002. In diretta relazione alla descrizione della condotta ha fatto invece la sua comparsa l'avverbio consapevolmente”, che appare sintomatico della volontà del legislatore di escludere la rilevanza del dolo eventuale. 3. Nel caso di specie al F. è stata contestata la fattispecie di false comunicazioni sociali dannose di cui al previgente teso dell'art. 2622 c.c., reato commesso nel 2008 nell'ambito della gestione di una società non quotata, quale pacificamente è la XRM s.r.l. 3.1 Deve allora osservarsi come le modifiche apportate dalla L. n. 69/2015 abbiano innanzi tutto ampliato l'ambito di operatività dell'incriminazione delle false comunicazioni sociali, avendo comportato, come evidenziato, l'eliminazione dell'evento e delle soglie previste dal precedente testo dell'art. 2622 c.c., mantenendo invece nella sostanza identico il profilo della condotta tipica. In tal senso l'odierno fenomeno successorio assume caratteristiche opposte a quello generato dal D.Lgs. n. 61/2002, che aveva invece ristretto gli orizzonti applicativi della fattispecie tracciati nell'originario testo della disposizione del codice civile. Ma non è in dubbio che tra la fattispecie previgente e quella di nuova configurazione nell'art. 2621 c.c. sussista un evidente rapporto di continuità normativa. 3.2 Qualche perplessità può suscitare la già segnalata epurazione dello specifico riferimento alle valutazioni contenuto nel testo previgente dei due articoli e alla sostituzione, con riguardo all'ipotesi omissiva, del termine informazioni” con la locuzione fatti materiali”. Scelte che se dovessero essere interpretate nel senso di escludere la rilevanza del falso cd. qualitativo indubbiamente determinerebbero, al contrario, un ridimensionamento dell'elemento oggettivo delle false comunicazioni sociali. Ma si tratterebbe in parte qua di un effetto solo parzialmente abrogativo, limitato a quei fatti che non troverebbero più corrispondenza nelle nuove previsioni normative. Si tratta comunque di questione che non necessita di essere approfondita in questa sede, atteso che l'oggetto della contestazione mossa all'imputato riguarda la mancata esposizione nel bilancio di poste attive effettivamente esistenti nel patrimonio della società. Un fatto, dunque, riconducibile allo schema della nuova incriminazione anche qualora dovesse propendersi per una interpretazione restrittiva della nozione di fatti materiali . 3.3 Parimenti inidoneo a compromettere l'affermato rapporto di continuità normativa è la precisazione introdotta nel nuovo testo dell'art. 2621 c.c. per cui il falso delle non quotate deve avere ad oggetto fatti materiali rilevanti . Si tratta di qualificazione che certamente restringe l'area di tipicità, escludendo dal fuoco dell'incriminazione alcune condotte a seguito di una valutazione sulla rilevanza dell'oggetto del falso, ma che non incide sul senso della stessa e sulla sua sostanziale identità con quella definita nella precedente formulazione normativa. 3.4 Ovviamente le evidenziate differenze nella modulazione della fattispecie, se non determinano discontinuità, evidenziano però la necessità ai sensi dell'art. 2 comma 4 c.p. di stabilire quale sia la norma più favorevole. Valutazione che deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo nel loro complesso. Ed in tal senso nel caso di specie la norma più favorevole appare essere quella di cui all'art. 2622 c.c. nella sua previgente formulazione in ragione della maggiore selettività della fattispecie tipizzata. 4. Ciò premesso e come già accennato le censure della parte civile ricorrente devono ritenersi fondate. 4.1 Manifestamente illogica e contraddittoria si rivela la motivazione della sentenza nella misura in cui, dal mancato perfezionamento degli accordi tra il F. e il P. in merito all'entità di quanto dovuto dal primo alla società, ha fatto discendere la sostanziale legittimità del comportamento dell'imputato. 4.2 Infatti è la stessa Corte territoriale a riconoscere l'oggettività di alcuni fatti a che il F. , nella contingente impossibilità di trasferire la convenzione con l'Asl di cui era titolare in capo alla società, continuò ad applicarla svolgendo la propria personale attività professionale utilizzando i locali e le apparecchiature della società b che conseguentemente la società doveva essere remunerata per lo sfruttamento delle sue strutture c che il bilancio oggetto di contestazione non fa menzione alcuna di tali compensi o del relativo credito vantato nei confronti dell'imputato, se non registrando l'avvenuto versamento da parte del F. nelle casse della società di una somma corrispondente a titolo di finanziamento soci. 4.3 Ed allora, sia che si voglia ritenere che la XRM sia stata di fatto trasformata temporaneamente in una società di mezzi come sembrerebbe aver ritenuto la Corte territoriale , sia che invece oggetto dell'accordo intervenuto tra i soci sia stato, pur nell'impossibilità contingente di intestarle la convenzione, quello di sviluppare comunque il progetto originario, devolvendo di fatto i ricavi alla stessa e distribuendoli poi al P. e al F. sotto forma di utili, non è in dubbio nemmeno per i giudici dell'appello che l'imputato dovesse del danaro alla società e che quest'ultima avesse dunque maturato nel corso dell'esercizio cui si riferisce il bilancio incriminato quantomeno un consistente credito, rimanendo al più incerta la determinazione della sua esatta consistenza e la sua corretta classificazione contabile. 4.4 Incertezza che però - contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata - non consentiva al redattore del bilancio di ignorare un fatto così rilevante per la comunicazione della situazione economica e patrimoniale della società. Nel coniugare il principio di prudenza con quello di verità, il F. avrebbe, per contro, dovuto manifestare la posta attiva, quantomeno nei limiti in cui egli stesso riteneva certo ed esigibile il proprio debito , fornendo adeguata spiegazione nella relazione integrativa del criterio utilizzato nella sua quantificazione, ovvero appostare nella loro integralità i ricavi di cui si discute che non essendo stati ancora fatturati - adempimento a cui provvederà il P. solo dopo la redazione del bilancio - dovevano essere rilevati come ratei attivi , configurando eventualmente un apposito fondo destinato a recepire le prudenziali valutazioni sull'entità di quelli effettivamente ritenuti conseguibili dalla società. 4.5 Che la società avesse comunque maturato nell'esercizio dei ricavi consistenti in ragione dello sfruttamento delle sue strutture, è circostanza di cui, del resto, il F. era non solo consapevole, ma che a più riprese ha egli stesso certificato. In tal senso, oltre all'erogazione del finanziamento soci, la Corte territoriale ha omesso di considerare quanto osservato nella relazione del consulente tecnico allegata al ricorso in merito ad un passaggio della nota integrativa, nella quale viene fatto espresso, ancorché generico ed ambiguo, riferimento a tali ricavi, seppure quantificati in maniera oltremodo ridotta e senza che poi nemmeno tale riduttiva annotazione abbia trovato traduzione nel bilancio. Il che consente altresì di superare l'obiezione svolta dalla difesa dell'imputato in ordine all'addebitabilità allo stesso soltanto e al più di un eccesso di prudenza. Obiezione che peraltro si scontra, come già detto, con l'oggetti va circostanza per cui l'incertezza sul quantum debeatur riguardava solo una parte degli introiti del F. comunque valutabile proprio facendo ricorso al principio di prudenza in termini che non avrebbero compromesso l'appostabilità della consistente somma certamente dovuta a XRM. 5. Gli evidenziati vizi motivazionali comportano l'annullamento agli effetti civili della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.